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SOMMARIO - 2008.1-2 STEFANO MERLI, Il laboratorio socialista de L'Av -venire dei Lavoratori FILIPPO TURATI, Compagni amici, e compagniav ver sari; non voglio, non debbo dire nemici FILIPPO TURATI, Una convergenza dovrà ricon -giun gerci tutti quanti in una azione comune POLITICA, ECONOMIA E CULTURA PAOLO BAGNOLI, I socialisti e la sinistra italiana FELICE BESOSTRI, Il mondo va a destra? MARIO BARINO, I nostri "incontri" tra poeti,scrit trici e testi inediti LAURA PARIANI, Per resuscitare i morti SILVIA RICCI LEMPEN, Cara Clarissa ANDREA ERMANO, Il dibattito intorno al fascismo Stanzetta lirica Periodico socialista di politica, economia e cultura Fondato nel 1897 - Anno CXII QUADERNI TRIMESTRALI Numero doppio 2008.1-2 Zurigo, 19.11.2008 Casella 6589 - CH 8036 Zurigo Telefono: +41 044 2914521 Telefax: +41 044 2914522 Realizzazione tecnica: I manoscritti inviati non saranno resi. La redazione non assume responsabilità per la loro eventuale perdita 1. Le cicliche intermittenze organizzative, chiamia-mole così, del socialismo in Italia, si possono ascri-vere a una ben nota inclinazione del nostro establish-ment, inclinazione che don Luigi Sturzo – costrettonel 1924 all'esilio – ebbe a battezzare: "clerico-fasci-smo". Niente di nuovo sotto il sole: otto secoli primail gran padre Dante aveva compianto il sangue che"stilla" dal patto di potere cesaro-petrista. E ancoracinquant'anni fa Ernesto Rossi denunciava l'insanaalleanza tra "manganello e aspersorio".
In Ita lia, e solo in Italia, viene mes sa in forse l'esi- stenza stessa di una formazione politica socialista.
Solo in Italia si sono verificate, durante il secolo tra-scorso, le intermittenze di cui dicevamo. Eppure i so -cia listi continuano a rappresentare la più antica tradi-zione politica italiana dall'unità ad oggi, senza solu-zione di continuità. In fasi storiche, nelle quali nelnostro Paese è venuta a cessare una visibile presenzadel Psi, la continuità organizzativa del socialismo ita-liano è stata garantita dal Cen tro estero di Zurigo. La vicenda del socialismo italiano all'estero è ovviamente segnata dai cicli della storia nazionale.
L'AVVENIRE DEI LAVORATORI, 08/1-2 Ricordiamo i sindacalisti scampati alle persecuzionidel generale Bava Beccaris, che nel 1898 prendeva acannonate il popolo sceso in piazza contro il rincarodel pane. Ricordiamo i giovani del 1915-1918, reni-tenti al grande macello della Prima guerra mondiale.
Non dimentichiamo gli antifascisti evasi dalla galeramussoliniana. Né dimentichiamo, nel secondoDopoguerra, le grandi masse dei "cafoni" catapultatidai latifondi dentro l'odiosa xenofobia alemanna. Il socialismo italiano all'estero è la forma politi- ca assunta da queste e altre ondate migratorie, nelgerminale impegno per l'auto-organizzazione ope-raia, per il mutuo soccorso, per la pace internaziona-le, per il dialogo tra le culture. Oltre cento anni distoria dell'emigrazione organizzata, nella logicadella cittadinanza globale, rappresentano un patri-monio politico in e sti ma bile. Oggi più che mai. 2. Una cesura epocale si sta consumando proprio inquesti mesi sotto i nostri occhi increduli, in seguitoallo tsunami finanziario che, innescatosi negli Usa,ha investito l'economia mondiale. Le banche abbiso-gnano di danaro pubblico. E gli aiuti statali, già supe-ratissimi, sono nuovamente di moda. I media ci spie-gano che è morto il reaganismo.
Ma non era vivo?! Fino a ieri era vivissimo! Oggi leggiamo però che: "lo scandalo della Enron, ildeficit commerciale, le crescenti ineguaglianzeall'interno della società americana, la pasticciataoccupazione dell'Iraq, la risposta inadeguata al tor- nado Katrina erano tutti segnali che l'era Reagansarebbe dovuta finire molto tempo fa". Parola diFrancis Fukuyama, politologo washingtonianoassurto nel 1989 a fama mondiale con un saggio suLa fine della storia.
La storia non finì affatto nel 1989 con la caduta del Muro di Berlino, dove poggiava non soltanto unbasamento del potere sovietico, ma evidentementeanche un bel po' di appeal americano. Per dicianno-ve anni abbiamo considerato molto logico che l'Urss,da Chruscev a Gorbaciov, si sia in fine ri velata "nonriformabile". Oggi dovremmo chiederci come maiinvece gli Usa, da Bush padre a Bush figlio, nonsiano riusciti nemmeno ad attenuare le storture, idifetti o gli eccessi più vistosi del liberismo selvag-gio.
Già. Washington, nonostante i "segnali" elencati più sopra, è giunta a destabilizzare il mondo anzichériformare la propria economia. Perché? Tutto ciòaccade – scrive Fukuyama – essendo mancato agliStati Uniti un vero mutamento politico. E non s'èavuto perché "le classi operaie – che in Europa vota-no i partiti di sinistra – in America ondeggiano trarepubblicani e democratici sulla base di temi cultura-li". Posto che in Europa "i partiti di sinistra" cui si fa riferimento sono poi sostanzialmente quelli aderential PSE, se ne deduce che le avanguardie intellettualiliberal statunitensi riscoprono la funzione storico-politica di un riformismo saldamente ancorato al L'AVVENIRE DEI LAVORATORI, 08/1-2 movimento operaio. Dunque, ironia delle ironie, laQuestione socialista riemerge. in America.
Peccato che nel nostro Paese, mirando a revocare l'approdo nel porto sicuro del socialismo democra-tico europeo, l'establishment abbia menato il popo-lo di sinistra dentro all'ennesima eccezione italiana.
3. Il punto più alto dell'elaborazione condotta nelCentro estero di Zurigo si ebbe, sotto la direzionesiloniana, negli anni Quaranta: "Socialismo, umani-smo, federalismo, unità europea sono le parole fon-damentali del nostro programma politico" – scrivevaEugenio Colorni su L'Avvenire dei lavoratori il 1°febbraio del 1944. – "Questi valori morali hanno sal-vato l'antifascismo sotto la dittatura fascista. Questivalori morali dovranno ispirare il costume politicodella nostra vita pubblica in regime di libertà". Suquesta la base ebbe luogo il "passaggio delle conse-gne" da Zurigo a Roma, cioè dal Centro estero diSilone al Centro interno di Colorni.
Ma pochi giorni prima della liberazione di Roma, il 28 maggio 1944, Eugenio Colorni viene fermatoda una pattuglia di militi fascisti della banda Koch.
Tenta di fuggire. Raggiunto da tre colpi di pistola eferito gravemente, il leader socialista viene tra-sportato all'Ospedale San Giovanni. Muore il 30maggio sotto la falsa identità di Franco Tanzi.
Il passaggio delle consegne tra Zurigo e Roma era avvenuto sei settimane prima: "Il 16 aprile del 1944il Centro di Zurigo viene sciolto: conserva la respon- sabilità dell'Avvenire e il coor di namento dei sociali-sti italiani all'estero, come organo della Federazionesocialista italiana della Svizzera", scrive StefanoMerli nello splendido saggio storico che apre eimpronta il presente quaderno trimestrale.
Morto con Colorni il leader naturale del nuovo socialismo, la transizione tra Zurigo e Roma vieneprivata dei suoi contenuti ideali più decisivi. Ilsocialismo etico, umanista ed europeista cede ilpasso alla sovietizzazione. Una vera tragedia per lavita politica italiana che la leadership del PSI nonsia rimasta nelle mani di Colorni. Ma il suo socia-lismo, sebbene a lungo minoritario, è tutt'altro chesconfitto. Fin qui Stefano Merli.
Ora bisogna porre in risalto che il testo di Merli appare per la prima volta come saggio introduttivo inun volume sulle annate 1944 e 1945 de L'Avveniredei lavoratori. Giulio Polotti ne cura la riproduzioneanastatica: un'opera davvero pregevole. Il reprintesce a Milano nell'anno 1992, cioè nel centenario delPSI, editore l'Istituto Europeo di Studi Sociali,Piazza del Duomo 19, vale a dire Bettino Craxi.
Data, luogo e fautori dell'edizione rendono ineludi- bile la seguente domanda: si trattò di un altro "pas-saggio delle consegne", stavolta tra Centro interno eCentro estero? Se di un "passaggio delle consegne" si trattò, inscritto nell'intentio operis di quella pubblicazio-ne milanese, esso venne come affidato a un mes-saggio in bottiglia e al mare incerto.
L'AVVENIRE DEI LAVORATORI, 08/1-2 Di lì a poco seguì un divorzio. I socialisti d'emi- grazione, con crescente furore verso lo scenario dicorruttela emerso a "Tangentopoli", deliberarononel 1993 di separarsi dal partito in Italia, giunto peraltro alla vigilia del suo ennesimo scioglimento.
4. Dal pathos di quei primi anni Novanta, chesegnarono la fine della Prima Repubblica, sono tra-scorsi tre lustri. Il capro espiatorio ha subito losgozzamento rituale. La corruzione non è cessata.
La casta partitocratica non ha mollato la presa. Lacriminalità organizzata ha esteso la propria perver-sa sovranità su varie regioni. Lo strapotere clerica-le è tornato, come diceva Stendhal, "minuzioso edimplacabile". La razza padrona si è saldata allarazza padana.
Rieccolo, il Gattopardo, in pompa magna, prota- gonista e dominus della scena politica nazionale.
Sotto i trionfi cinici nella Seconda Repubblica,ormai agonizzante, cresce l'onda neo-razzista.
L'Italia rischia di diventare un paese nel quale la "sinistra" come compagine politicamente organiz-zata e strutturata potrebbe tout court scomparire.
Ma una "sinistra" che voglia resistere organizzatanon può non porsi in una prospettiva umanistica,europeista e cosmopolita. Perciò la lezione delCentro estero rimane valida. 5. Affrontare il grande rimosso, la Questione sociali-sta, ci aiuterebbe ad affrancarci dalla retorica neo- togliattiana del "partito nazionale": pura estenuazio-ne tattica nel contesto globale in cui viviamo. Lasinistra italiana comprenderebbe allora il senso poli-tico non arbitrario dell'opzione sociale, laica edeuropea sottesa alla storia e alle prospettive sociali-ste.
Riconoscere il ruolo dell'economia di mercato o il valore della cultura religiosa non costringe a unduplice e paradossale naufragio, prima sulla Scillaneo-clericale, poi sulla Cariddi neo-liberista, o vice-versa. E dialogare con la sinistra statunitense nonobbliga a liquidare ogni socialismo e ogni laburismocome reperti antiquari.
Il movimento operaio europeo rappresenta – con i suoi centocinquanta anni di storia e la sua vocazioneinternazionalista – una risorsa per l'intera umanitànella prospettiva cosmopolita di un governo globale,senza la quale ogni sforzo appare insensato e vano.
6. È l'Europa lo strumento atto per noi ad affrontarele grandi sfide future, imminenti. Pensiamo al surri-scaldamento climatico, che può innescare crisi idri-che ed alimentari, che possono tendere i moti migra-tori oltre ogni sostenibilità. Pensiamo alle possibiliconseguenze geo-politiche di tutto ciò.
Un governo del mondo è necessario: non un gover- no di tecnocrati e strateghi, né un direttorio finanzia-rio o chiesastico. Queste logiche di potere e potenzadividono l'umanità e l'avvicinano al disastro.
Occorre un governo politico. Perché la materia L'AVVENIRE DEI LAVORATORI, 08/1-2 prima di un governo globale non può venire che daun consenso vastissimo, cioè radicato nei cuori enelle coscienze della maggior parte dei nostri simili.
Non si vede alcuna via d'avvenire senza una coope-razione di governo cosmopolita fondata sul consensoe la pace.
Ecco, dunque, perché parliamo di Europa: in tanti decenni di esperienze comuni, ha sviluppato unatecnologia istituzionale preziosa a modellare lagovernance globale che serve con urgenza. Noi, però, osiamo parlare anche di Europa sociali- sta, come ai tempi del Centro estero di Silone e delCentro interno di Colorni. Perché una politica diconsenso globale non può essere fondata né sul libe-rismo selvaggio né sull'integralismo religioso, masolo sui grandi ideali del socialismo democratico elaburista europeo: Giustizia e Libertà.
7. Il socialismo di Colorni e Silone indicava una stra-da che la sinistra italiana infine ha quasi imboccato.
Diciamo "quasi" nel senso che il Pci-Pds-Ds sembra-va essersi collocato proprio sul solco ideale di quel-l'esperienza. Ma poi è arrivato il PD a scompaginareogni cosa. E non è dato ancora sapere dove il PDintenda collocarsi nel Parlamento di Strasburgo.
Qui si pone il problema del rapporto storico tra dirigenti socialisti e comunisti. Nel presente quader-no le posizioni di Merli-Polotti-Craxi (anno 1992)sono fatte seguire non a caso dalle parole di Turati aLivorno (anno 1921). Turati si schiera con "il vile riformismo, il marcio riformismo, per alcuni, ilsocialismo vero per altri, immortale, invincibile, ine-sorabile. che crea lentamente ma sicuramente lamaturità delle cose e degli animi. Sempre socialtra-ditori, in un momento, sempre vincitori alla fine".
E si rivolge ai delegati comunisti con queste parole:"compagni avversari, ma non voglio, non debbodire nemici", ma lancia infine un suo cieco tributoalla speranza di "una convergenza che dovrà ungiorno ricongiungerci tutti quanti in una azionecomune".
Il giudizio della storia è noto a tutti, dopo le inenar- rabili peregrinazioni bolsceviche, i processi diMosca, gli orrori staliniani, i fatti d'Ungheria, i carriarmati di Praga, gli scioperi di Danzica e la demoli-zione del Muro, dopo mille prove, chi di piaggeria,chi di coraggio civile, e dopo anche la fine senzaritorno del bipolarismo Usa-Urss.
La posta in palio era e resta: una sinistra italiana capace di riprendere il proprio posto in Europa, den-tro la grande casa madre.
Perciò, rileggendo le posizioni di Merli-Polotti- Craxi non possiamo non interrogarci sui motivi cheimpedirono al Psi di promuovere una coerente politi-ca unitaria nei riguardi del Pci. Si proclamò l'Unitàsocialista, financo nel simbolo del partito, ma intan-to si rileggeva la storia del Centro estero puntandol'indice contro Nenni e i "fusionisti". A che pro, dopoil crollo dell'impero sovietico? E perché il Psi si rin-serrò nella conservazione, nel pentapartito, nel CAF? L'AVVENIRE DEI LAVORATORI, 08/1-2 Nell'istante decisivo mancò ai socialisti, tra tante zavorre abusive, un grammo di genuinità garibaldi-na? O furono i comunisti a non fare i conti con lapropria storia, volendo solo tirare a campare?Oppure qualche "manina" influenzò gli uni e gli altriperché quel matrimonio non s'aveva da fare? Ungiorno forse avremo le risposte che cerchiamo. Per ora ci contentiamo di tener fermo all'eredità di "valori morali dell'antifascismo" che il Centrointerno di Colorni e il Centro estero di Silone seppe-ro radicare, non solo a parole, in una prospettivad'avvenire tuttora ben viva e feconda.
NOTA AL TESTO DI STEFANO MERLI STEFANO MERLI (1925-1994), storico del socialismo e del lavoro in -du striale in Italia (Ca pitalismo e proletariato di fabbrica, 1880-1900,Fi ren ze 1973, 2 voll.), fu docente presso le uni ver si tà di Ve nezia eSie na. Condirettore con Luigi Cortesi della "Ri vi sta stori ca del so -cialismo" (1958-1967), fondò e diresse "Classe" (1969-1981), cu -rò le opere di Ro dolfo Mo randi (To ri no 1958-1961) nonché i do -cu menti del Centro so cialista interno (Mi la no 1963) e gli scritti diRaniero Pan zieri (To rino 1982; Ve ne zia 1986-'87; Pisa 1994).
Il te sto che qui ri pub blichiamo fungeva da In tro du zio ne al reprint: «L'Av ve ni re dei La vo ra to ri» (Zu ri go-Lu ga no, 1944-1945). Di ret toriI gna zio Si lone e Gu gliel mo Usellini. Il volume, cu ra to da Giu lio Po -lot ti, uscì nel 1992 in cin quecento e sem plari nu me rati pres so l'I sti tu -to Eu ro peo Stu di So ciali di Mi la no, Piazza Duomo 19.
Il valore do cu me n ta rio che questo testo riveste in rapporto al dram- matico passaggio epocale in cui esso apparve, ci fa astenere da inter-venti d'aggiornamento bibliografico. Con la formula "Do cu menti ADL" si rimanda qui al l'apparato di scritti e carteggi cu rati dal lo stesso Merli a corredo del reprint citato.
IL LABORATORIO SOCIALISTA DE «L'AVVENIRE DEI LAVORATORI» 1. Molti sono i motivi che spingono a rileggere«L'Avvenire dei Lavoratori» di Zurigo nel primocente nario del socialismo italiano, e ancor più do poil crollo del comunismo in Urss e nei paesi sa tel litie il ridimen sionamento anche nel suo porto più ac -co gliente, l'Italia.
Innanzi tutto non è mai stata seriamente presa in considerazione dalla storiografia l'incidenza cheque sto periodico (e il gruppo che lo sosteneva) hanella ricostituzione del Psi (o Psiup come si chia-mava allora) nell'agosto 1943 e men che me no –im perante l'egemonia culturale comunista e quellasub-comunista o comunisteggiante – è stato analiz-zato il modello di socialismo che es so esprime, «di -verso» rispetto alle vie che si so no poi affermate inItalia.
Eppure il contributo che ha dato sia sul piano po - li tico che culturale non è stato certamente insignifi -cante, anche se minoritario e perdente nel bre ve pe -riodo, tanto che solo ora siamo nelle condizioni diva lutarne ade guatamente la ricchezza di elabora - L'AVVENIRE DEI LAVORATORI, 08/1-2 zio ne e di apprezzarne del tutto la lungimiranza dipro posta.
A motivi storiografici si aggiungono dunque mo - tivi ideali: da un lato questo periodico costituisceun capitolo del problema Silone nella sinistra ita -lia na, e dall'altro la sua rilettura scopre in mo dopa radigmatico la pluralità delle culture co sti tutivedel Psi nel dopoguerra, la ricchezza (e nel lo stes-so tempo le difficoltà di pe netrazione) del so cia li -smo li berale, etico e federalista di cui si fa mes -saggero.
Infatti la ricostituzione del Psi nell'agosto 1943 è uno dei rompicapo più intriganti della storiografia– ancora oggi dopo la pubblicazione di archivifinora sconosciuti e studi importanti che mettono afuoco quello specifico momento –, per la moltepli-cità di affluenti e innesti, per l'intreccio tra nuovoe tradizione, per la dia lettica, spesso conflittualema sempre creativa, tra reduci e reclute, tra mili-tanti interni e emigrati.
In sostanza quella combinazione che si chiamerà Psiup nella riunione romana di fine agosto 1943 èquanto di più politicamente e culturalmente com-posito ma anche ricco che l'antifascismo potessemettere in campo. Tanto che può meravigliare chela storiografia abbia assunto sbrigativamente i cli-ché polemici del tempo, che descrivono questorinato partito socialista come uno zombie (si direb-be oggi) che fa un'ultima comparsa, un residuato di MERLI, LABORATORIO SILONIANO un movimento già glorioso, che però sia fascismoche comunismo han no spazzato via da molti anni.
Questo cliché diviene un vero e proprio luogo co - mune nella pubblicistica ed è accreditato an che dadiversi dirigenti socialisti di prestigio, sia della nuo -va che della vecchia generazione; essi infatti conce-pirono spesso il rapporto unitario do po il 1934, inseguito alla stipula del primo pat to d'unità d'azio-ne, come l'anticamera della fu sione nel partito co -mu nista, che era considerato (e si considerava) l'e -re de e il successore della tra dizione socialista.
Da questo convincimento deriva quel senso di religiosità che i socialisti hanno messo spesso nelloro impegno, tanto da porre al centro della lo ropreoccupazione più la «causa dei lavoratori», la«causa del popolo» che le sorti del loro partito, peril quale avevano previsto un destino sa crificale sul-l'ara dell'unità.
La nota affermazione del testamento politico di Morandi («Al di sopra del partito ho sempre posto la
causa dei lavoratori, la causa del popolo»)1 non ha
pertanto niente di retorico e sentimentale, ma sem -
plicemente condensa quel rapporto mistico che il
socialismo tendeva a stabilire con la classe e con l'al-
tro partito di sinistra, esponendosi spesso ad ac cuse
di subalternità, connivenze, «fusionismo». Fin da
quando Pietro Nenni (e Saragat che allora ne con -
R. MORANDI, Al partito, ai miei compagni, ora in Il Partito e laClasse, Torino, Einaudi, 1961, pp. 469sg.
L'AVVENIRE DEI LAVORATORI, 08/1-2 divideva le direttive) non rischiarono l'espulsioneper il loro atteggiamento ritenuto «liquidazionista»,che li aveva portati ad una collaborazione non anco-ra del tutto chiarita con i comunisti e a contrastare glisforzi, che allora parvero disperati, per salvare lacontinuità politica e organizzativa del partito, dopol'invasione tedesca della Francia nel maggio 1940.
Aldo Garosci ha descritto nella sua ormai classica Storia dei fuoriusciti2 come si formò in Svizzera, a
Zurigo, un Centro Estero del Psi; e Ignazio Silone,
che ne fu il primo segretario, nel suo altrettanto clas-
sico Nel bagaglio degli esuli,3 ha narrato come fun-
zionò questo Centro nel periodo della sua direzione.
Il fatto che Ignazio Silone si trovi a gestire l'ere- dità e il futuro del glorioso partito socialista nondice nien te o quasi ai suoi biografi, i quali lo ricor-dano solo per essere stato comunista, o che al mas-simo lo difendono dalle volgarità del Migliore,impegnandosi per una riabilitazione che lui (comedel resto anche l'altro «rinne gato», Angelo Tasca)né cercava né avrebbe accettata.
Così il Silone socialista – che conosce una lun ga e intensa vicenda, dagli anni Venti alla mor prima e dopo la breve parentesi comunista, presto A. GAROSCI, Storia dei fuoriusciti, Bari, Laterza, 1953, pp. 283-289.
Vedi anche ELISA SIGNORI, Silone nell'esilio svizzero, «NuovaAntologia», ottobre-dicembre 1979.
I. SILONE, Nel bagaglio degli esuli, in Esperienze e studi socialisti inonore di Ugo Guido Mondolfo. A cura di «Critica So ciale», Firenze,La Nuova Italia, 1957, pp. 301-315.
MERLI, LABORATORIO SILONIANO sconfessata – è ancora largamente ignorato nellasua complessità precorritrice, nonostante che lanemesi storica abbia consumato la sua vendetta.
Quando Silone accetta nel 1940 di dirigere il Centro Estero del Psi, egli è «un socialista indipen-
dente» dal 1931, l'anno in cui fa di tutto per farsi
espellere dal Pcd'I (non essendo ammesse le dimis-
sioni), nel modo e con le motivazioni che egli
descrive in Uscita di sicurezza.4
Fuori dall'organizzazione che anche per lui è stata «famiglia scuola chiesa caserma», Siloneevita «accu ratamente di finire in qualcuno dei numerosi gruppi e frazioni di ex-comunisti» chehanno tutti i difetti della casa madre senza averne ivantaggi e ripensa seriamente l'esperienza soffertae i motivi del distacco, per sco prire che sotto lacorazza comunista è rimasta più che mai viva lasua fede giovanile nel socialismo.
«Nel suo nucleo essenziale essa è tornata ad essere – confessa – quella ch'era quando dapprima mi ri vol -tai contro il vecchio ordine sociale: una negazionedel destino, anche sotto lo pseudonimo di Storia; unae stensione dell'esigenza etica dalla ri stretta sfera in -di viduale e familiare a tutto il dominio dell'attività u -mana; un bisogno di effettiva fraternità; un'afferma-zione della superiorità della persona umana su tutti imeccanismi economici e sociali che l'opprimono».
I. SILONE, Uscita di sicurezza, Firenze, Vallecchi, 1965, pp. 55-115. L'AVVENIRE DEI LAVORATORI, 08/1-2 Un socialismo «etico» non dedotto da teorie «scientifiche» ma costruito sui «valori» che sono
perenni, con il passare degli anni arricchitosi di sen-
sibilità religiosa «verso ciò che nell'uomo incessan-
temente tende a sorpassarsi ed e alla radice della sua
inappagabile inquietudine».5
Questo rinnovato socialismo affonda le radici nel "nuo vo incontro" (che data dal 1938) con Mazzini eProud hon, nella riscoperta di alcuni ingredienti delsin golare impasto della cultura della Prima In ter na zio -nale e nelle autocritiche condotte dalle correnti re vi -sionistiche del movimento operaio italiano e eu ro peo.
Scriverà alcuni anni dopo, al momento del suo rientro in Italia dopo l'esilio: «Dopo questa guerra
il socialismo europeo si ripresenterà sulla scena
politica notevolmente modificato. La guerra ha
accelerato un'evo luzione dei partiti socialisti che si
era iniziata negli ultimi anni della cosidetta "pace".
I tratti nuovi del socia lismo europeo non si limita-
no alla sfera della tattica politica, ma coinvolgono
lo stesso programma e pensiero socialista».6
Un back-ground che ha fatto i conti con l'orto- dossia marxista e le manipolazioni massimaliste ecomu niste, e che pone le premesse per l'incontrotra Silone e la federazione socialista italiana inSvizzera (segretario Enrico Dezza), sulle posizionidel Consiglio nazionale che il 27-28 aprile 1940 Ibidem, pp. 114sg.
MERLI, LABORATORIO SILONIANO estromette Nenni dalla direzio ne e della Tesi di To -losa legata ai nomi di Caffi e Faravelli.
La federazione di Zurigo, formata prevalentemente da lavoratori della vecchia emigrazione e quindi po -
vera di quadri intellettuali, si rivolge a Silone, stima-
to «scrittore socialista indipendente»,7 perché dia una
mano a gestire il patrimonio politico e ideale tra-
smesso (tramite la Federazione del Sud-Ovest) dalla
direzione di Parigi prima di disperdersi al momento
della disfatta militare della Francia, ed a salvarlo
dalla manovra co munista (complice Nenni) di appro-
fittare di quei momenti drammatici.
Questa è la motivazione che Silone stesso, nel bellissimo Memoriale scritto nella notte del 17
dicembre 1942 nel carcere cantonale di Zurigo, dà
del suo rientro nella militanza socialista per contra-
stare il «tentativo liquidazionista» messo in atto dal
Pcd'I e avallato da Nenni con l'invito ai militanti
interni a confluire in gruppi social-comunísti in
preparazione del «partito unico» dei lavoratori.8
Silone, che l'anno prima ha pubblicato La scuola dei dittatori (un libro che gli vale la gratifica di«Ma chiavelli del proletariato» per aver colto i trat-ti comuni delle moderne dittature, sia nazi-fascisteche comuniste e smontato la macchina dei «princi-pi» del nostro tempo), non può accettare un disegno FRANCA MAGNANI, Una famiglia italiana, Milano, Feltrinelli, 1991.
I. SILONE, Memoriale dal carcere svizzero. A cura di LAMBERTOMERCURI, Roma, Lerici, 1979, pp. 18sg.
L'AVVENIRE DEI LAVORATORI, 08/1-2 che mira a disperdere quei «valori» che viene ri -
sco prendo, o (come dice anche) «le ragioni fonda-
mentali di principio e mora lità» che fanno diversi i
socialisti dai comunisti.9
Ma un altro motivo ancora determina Silone alla ripresa dell'impegno politico al servizio del partitosocialista.
A Silone interessa infatti innanzitutto orientare l'at- teggiamento delle classi lavoratrici italiane, perchénon ricadano negli errori e nelle illusioni del primodo poguerra, quando per il loro massimalismo con tri -bui rono a bloccare la crisi italiana attorno al «tristedi lemma: fascismo o bolscevismo».
«La mia preoccupazione – scrive nel Memoriale – era, alla vigilia di una grave crisi politica del mio
paese, ispirare ad un'avanguardia di operai audaci
idee di libertà, entusiasmarli per quelle idee ben
superiori a quelle rozze e demagogiche del comu-
nismo, in modo che possano diventare la guida e la
salvezza del nostro infelice paese».10
Così egli prende la decisione di rientrare nell'impe- gno politico, accettando la proposta fattagli da O -lindo Gorni della Federazione svizzera del Psi (Ios).
I. SILONE, La scuola dei dittatori, Milano, Mondadori, 1962, prima e -dizione Zurigo 1939. La definizione di Silone come «Machiavelli delproletariato» è di L. SALVATORELLI (La scuola dei dittatori, «La Stam -pa», Torino, 12 settembre 1962) ed è riportata in LUCE D'E RA MO, L'o -pera di Ignazio Silone, Milano, Mondadori, 1971, p. 187. Vedi anche:R. GUARINI, Sotto la maschera ogni dit tatura ha tratti comuni, «A -van ti!», 17-18 novembre 1991.
10. I. SILONE, Memoriale., cit. p. 25.
MERLI, LABORATORIO SILONIANO Questa era sulle posizioni autonomiste della di - sciolta Direzione e in modo particolare si sentiva vi -
cina alla Tesi di Tolosa scritta da Caffi (e firmata da
Fa ravelli, Bertoluzzi, Zannerini), che propugna un
so cialismo autogestionario e federalista basato sul
pri mato della società e delle libere associazioni, del
re sto già teorizzato da Olindo Gorni stesso («un mae-
stro») nel suo opuscolo del 1937 Socialismo federa-
lista
,11 che abbiamo trop po a lun go dimenticato.
Su questi fermenti revisionisti, Silone innesta la proposta politica del «Terzo Fronte» (bandiera rac-colta poi anche da «Libérer et Fédérer» di SilvioTrentin), che garantisce autonomia e apre prospet-tive al socialismo nella rivoluzione antifascista enel l'imminente dopoguerra.
«Il fronte decisivo sul quale il fascismo può esse- re arginato e distrutto è il fronte interno di ognipaese – sintetizza Silone la sua parola d'ordine –.
So lo su questo "Terzo Fronte" potranno essere ri -solti i problemi sociali e politici dai quali il fasci-smo è sorto. L'unico avversario capace di battere ilfascismo sul terzo fronte è il socialismo. La disfat- 11. OLINDO GORNI, Socialismo federalista. Zurigo, Edizioni italiane del Partito Socialista Svizzero, 1944, Collana «Liberare e federare!»,Prima edizione, 1937. – Sul socialismo di GORNI vedi anche: COR - RADO MALANDRINO, Socialismo e libertà, Milano, F. Angeli, 1990, pp.
189-192. – Sulle posizioni politiche del CE vedi anche: ARIANELANDUYT, Silone e l'europeismo socialista, in Scritti per Mario DellePiane, Napoli, ESI, 1986, pp. 375-384 e VALENTINO COMPAGNONE,L'eu ropeismo socialista da Turati all'iniziativa Spinelli, in «Mon do -pe raio», marzo 1990, pp. 73sgg.
L'AVVENIRE DEI LAVORATORI, 08/1-2 ta militare delle potenze fasciste deve essere consi-
derata come un preludio delle lotte decisive che si
svolgeranno sul terzo fronte».12
Il Centro estero incomincia a funzionare clande- stinamente a Zurigo nel settembre 1941 con Igna -
zio Silone (Sormani) segretario politico e con Ric -
car do Formica (Minotti, Aldo Morandi), ex ca po di
Stato maggiore della 14a Brigata In ter nazionale in
Spagna, come segretario amministrativo (l'unico a
percepire un modesto compenso).13
Ne fanno parte anche: da Ginevra, Olindo Gorni (Giannini), socialista autogestionario emigrato nel
1924, dirigente della Federazione svizzera e mem-
bro del Consiglio nazionale del Psi, collaboratore
de «Il Nuovo Avan ti» di Parigi;14 e da Lugano,
Piero Pellegrini (Cecco), del partito socialista tici-
nese, direttore di «Libera Stampa».
In seguito, verso la fine del 1942, sono cooptati anche Erich Valär, poi responsabile de «L'Avveniredei Lavoratori», e Luigi Buzzi (Paolino), già colla- 12. I. SILONE, Nel bagaglio., cit., p. 304. Vedi anche: Et le troisième Front?, in «Libérer et Fédérer», febbraio-marzo1 943.
13. II nome di RICCARDO FORMICA non compare nel dizionario biografico Il Movimento Operaio Italiano, a cura di F. ANDREUCCI e T. DETTI(Roma, Editori Riuniti, 1975).
14. Anche il nome di OLINDO GORNI non compare nel citato dizionario biografico a cura di ANDREUCCI e DETTI. – Notizie sulla attività poli-tica e pubblicistica di GORNI sono nel Verbale d'interrogatorio, in I.
SILONE, Memoriale., cit., pp. 55-58 e nei seguenti necrologi: Èmorto a Ginevra il prof. Olindo Gorni, «Libera Stampa», Lugano, 8settembre 1943; La morte di Olindo Gorni, ivi, 9 settembre 1943; Lesolenni onoranze di Olindo Gorni, ivi, 14 settembre 1943.
MERLI, LABORATORIO SILONIANO boratore di Faravelli a Lugano (con lo pseudonimodi «Bernar dino») per il lavoro verso l'Italia, il quale contemporaneamente subentra a EnricoDezza, vecchio socialista reggiano, alla segreteriadella federazione.
Ciò avviene in seguito all'allontanamento di Piero Pellegrini «per ragioni politiche e morali», al
quale vengono mosse accuse di imprudenza e verso
il provocatore Luca Osteria di Genova e verso l'In -
tel ligence
in glese (punto su cui Silone non transi-
ge).15
Infine, nell'aprile 1943, farà parte del Centro anche il vecchio Giuseppe Emanuele Modigliani(Menè), rifugiatosi a Zurigo dopo l'invasione dellaFrancia, in seguito al fortunoso passaggio di fron-tiera che Vera Modigliani racconta nel volume dime morie Esilio.
Il suo «testamento» politico (I socialisti, la guer- ra e il dopoguerra) è già noto a Zurigo, come pureè nota la Tesi di Caffi-Faravelli.
Se quindi un ampio stralcio di questa viene pub- blicato nel n. 1-2 de «L'Avvenire», mentre il «testa-mento» di Modigliani rimane inedito tra le carte diGorni, il motivo va probabilmente ricercato nel fat -to che il suo pacifismo zimmerwaldiano non sa reb - 15. I. SILONE, Nel bagaglio., cit., p. 302. ERICH VALÄR era figlio di GIO - VANNI VALÄR, direttore de «L'Operaio italiano» ad Amburgo e nel1910 del settore Emigrazione della Società Umanitaria di Milano. SuGIOVANNI VALÄR vedi: È morto un veterano, «Libera Stam pa», Lu ga -no, 6 maggio 1942.
L'AVVENIRE DEI LAVORATORI, 08/1-2 be stato accettato dalle forze del Centro Interno im -
pegnate nella lotta di Resistenza. Tuttavia è certa-
mente consonante con la elaborazione del Centro di
Zurigo e con quella di Colorni l'appello alla auto-
nomia e iniziativa del movimento operaio rispetto
alle potenze antifasciste e la prospettiva da agitare
dell'Europa democratica e socialista; anche se poi
in concreto Modigliani, forse per l'età e la stanchez-
za, dà l'impressione di titubanza e timidezza di
fronte alla leadership conquistata da Nenni a Roma
e alle posizioni «classiste» e unitarie della delega-
zione del partito a Lugano.16
Il Centro estero può contare sull'appoggio politi- co e finanziario del partito socialista svizzero (attra-verso il suo presidente Hans Oprecht), del partitosocialista ticinese (attraverso il suo presidenteGuglielmo Canevascini), di alcuni sindacati (qualiquelli degli edili, dei pubblici servizi, dei trasporti edell'arte bianca, per il tramite soprattutto di Au -gusto Vuattolo e Domenico Visani); della coopera-tiva «Concordia» di Zurigo, fon data da emigrati ita-liani; del Labour Party (attraverso Willi Eichler, e -mi grato tedesco a Londra e dirigente del l'In ter na -tio naler Sozialistischer Kampfbund); dell'Italian Ame rican Labor Council (attraverso il suo pre si - 16. VERA MODIGLIANI, Esilio, Milano, Garzanti, 1946, pp. 435 sgg. Vedi anche: A. LANDUYT, Modigliani e l'ordine internazio nale, in AA.VV.,G. E. Modigliani e il socialismo italiano, Roma, Edizioni ESMOI,1983, pp. 127 sgg. e lettera di USELLINI a ROSSI del 4 agosto 1944, neiDocumenti ADL. MERLI, LABORATORIO SILONIANO den te Luigi Antonini); della Federazione socialistaitaliana degli Usa (attraverso il suo segretario Van -ni B. Mon tana, al quale Silone si era rivolto con unalettera del 1° luglio 1942 troppo fiduciosamente an -nun ciando, senza fare i conti con Nenni: «La segre-teria politica del partito è nelle mie mani»).
«Queste dovevano essere – precisa puntigliosa- mente Silone, in modo da non lasciare ombra di
dubbio e spegnere sul nascere qualsiasi insinuazio-
ne – anche le sole fonti dalle quali il Centro attinse
sussidi finanziari per le spese del suo finanziamen-
to».17
Ariane Landuyt, nel suo pionieristico studio,18 di -
stin gue due periodi nella storia del Centro. Un pri -mo periodo, che va dall'autunno 1941 alla Co sti tu -zione del Psiup nell'estate 1943.
Nel dicembre 1942, Silone, Formica e Gorni ven- gono arrestati in seguito alla delazione della radiodi Mosca, la quale per questo modo dà un suggeri-mento ai suoi interlocutori in Italia, che l'appliche-ranno e verso i socialisti autonomisti e verso i dis-sidenti del comunismo nella Resistenza. 17. I. SILONE, Nel bagaglio., cit. p. 302. Vedi anche: I. SILONE, Le «Nuo ve edizioni di Capolago» e gli anni di guerra, in AA.VV., Egidio Realee il suo tempo, Firenze, La Nuova Italia, 1961, pp. 149 sgg.
18. A. LANDUYT, Un tentativo di rinnovamento del socialismo italiano: Silone e il Centro Estero di Zurigo, in L'emigrazione so cialista nellalotta contro il fascismo (1926-1939). A cura dell'Istituto socialista distudi storici, Firenze, Sansoni, 1982, pp. 71 sgg. Sul CE e sui rifugia-ti socialisti italiani in Svizzera vedi anche: CARLO MUSSO, Di plo ma -zia partigiana, Milano, Angeli, 1986, pp. 107-119.
L'AVVENIRE DEI LAVORATORI, 08/1-2 Da allora l'attività organizzativa del Centro ces - sa; ma il dibattito politico può proseguire attraver-so altri canali come «Libera Stampa» di Lugano epoi attraverso «L'Avvenire dei Lavoratori» di Zu -rigo, che inizia le pubblicazioni nel febbraio 1944,ri prendendo una vecchia e gloriosa testata dell'e -mi grazione operaia e so cialista italiana.
Da questo momento, specie dopo lo scioglimento del Centro di Zurigo, nell'aprile, il quindicinale si
con centra sui problemi di linea politica e culturale; e
Si lone, insofferente dei formalismi e dei compromes-
si della vita di partito, matura il proposito – come
scri ve ad Ernesto Rossi – «di restare nell'attuale mi -
li zia politica in seconda linea o in posizione di asso -
lu ta indifferenza dalle gerarchie prevalenti, e di so ste -
nere, nell'interno del partito, Colorni e i suoi ami ci».19
L'indirizzo sul quale Silone intende condurre l'at - ti vi tà del Centro e la elaborazione de «L'Av venire»
ri sul ta chiaramente dall'insieme dei documenti e
delle let tere inviate ai gruppi in Italia, e che egli
riassume in una pagina del Memoriale20 e nella se -
guente di chia razione rilasciata alla Procura federa-
le svizzera il 16 dicem bre 1942: «La qualifica "so -
cial democratico" in serita nel verbale per designare
il mio pensiero po li tico è, in realtà, equivoca e ap -
19. Vedi nei Documenti ADL la lettera di SILONE a ROSSI del 27 giugno 1944. Per la consonanza delle posizioni di Silone con quelle di Co -lorni vedi: NUNZIO DELL'ERBA, Il socialismo riformista tra politica ecultura, Milano, Angeli, 1990, pp. 135-150.
20. I. SILONE, Memoriale., cit., pp. 27sg.
MERLI, LABORATORIO SILONIANO pros simativa. Nel linguaggio usuale socialdemo -cra tico significa: marxista, centralista, statalista; ilmio modo d'intendere il so cialismo (e quello dimol ti miei amici) è diverso: in fi losofia, esso cercadi sostituire al determinismo e co nomico un fonda-mento etico; in politica, al posto del centralismo,un federali smo integrale; in economia, al posto delle statizzazioni burocratiche, un re gi me plurali-
sta che permetta libertà d'iniziativa e au to governo
ai produttori. La qualifica oggi usuale, in Ita lia e
fuo ri, per designare il nostro pen siero e per di -
stinguerlo da quello tradizionale di socialdemocra -
ti co è "socialismo liberale"».21
Infatti in un documento (finora non utilizzato e at tribuibile a Gorni) si afferma che il nuovo partito
non deve essere «una setta fossilizzata nel culto di
un credo invecchiato», ma anzi deve rinnovarsi do -
po «gli errori deleteri del passato» nel solco del
«mo vimento politico che da Andrea Costa a Gia co -
mo Matteotti organizzò, educò, elevò a dignità u -
ma na i lavoratori italiani», lasciando alle spalle il
«mas simalismo vuoto e inconcluden te», il «rifor -
mi smo opportunista e miope» e il «centralismo bu -
ro cratico» che uccide l'autogoverno e il plura lismo
sia nella vita economica che politica.22
21. Lettera di SECONDO TRANQUILLI (I. SILONE) al Capo del Servizio Informazioni della Procura Federale Svizzera, 16 dicembre 1942, orain Memoriale. cit. p. 34.
22. Vedi nei Documenti ADL: (Centro Estero del Psi), Le direttive gene- rali dell'azione socialista, s.d.
L'AVVENIRE DEI LAVORATORI, 08/1-2 L'uscita de «L'Avvenire dei Lavoratori» (avvenuta con il numero doppio del 1° febbraio 1944) è an nun -
ciata da «Libera Stampa» con una corrispondenza da
Zurigo (attribuibile allo stesso Silone) che si premu-
ra di mettere in rilievo il carattere «culturale» del
foglio («aggiornare le nozioni socialiste della politi-
ca e della economia»), per non fare doppioni con le
altre pubblicazioni socialiste in lingua italiana.23
Infatti l'editoriale Ad occhi aperti avverte i letto- ri che la nuova serie trascurerà i compiti abituali
del l'agitazione e della propaganda per consacrarsi
invece «all'esame sistematico dei problemi politici
fondamen tali del socialismo europeo nella situa-
zione presente e in quella che risulterà dalla cessa-
zione della guerra in corso».24
II dopoguerra offrirà ai socialisti l'insperata occasione storica dell'esame di riparazione «per lagrave boc ciatura del 1919».
«Per la seconda volta – continua l'editoriale –, nel breve giro di venticinque anni, la storia sta per offri-re ai socialisti la possibilità materiale di assumere la 23. (I. SILONE?), «L'Avvenire dei Lavoratori», «Libera Stampa», 21 gen- naio 1945. Il CE affianca al periodico anche la pub blicazione di duecollane di opuscoli («Liberare e federare!» e «Memorie»), maschera-te come «Edizioni del Partito Socialista Sviz zero», nelle quali vedo-no la luce: nella prima: O. GORNI, Socialismo federalista; C.
ROSSELLI, Profilo di Filippo Turati; P. GOBETTI, Profi lo di Matteotti;W. FLIES, L'economia dell'Europa federata; UTINAM (G. BATTISTI),Cenni e considerazioni sui monopoli industriali; e nel la seconda:«Uno di allora» (G. E. MODIGLIANI), L'assassinio di Matteotti. 24. (I. SILONE), Ad occhi aperti, «L'Avvenire dei Lavoratori», Zurigo, 1° febbraio 1944, n. 1.
MERLI, LABORATORIO SILONIANO direzione della società europea. Per la secondavolta, nella vita della stessa generazione, spetterà aisocialisti (come dirigenti del movimento operaiodei maggiori paesi eu ropei) la responsabilità di affrontare i problemi essenziali di convivenza e diciviltà dai quali dipende il pro gresso o la definitivadecadenza del nostro vecchio continente».
Ma i socialisti – si chiede Silone, ed è implicita una risposta dubitativa – hanno veramente appresola dura lezione della storia? Il socialismo e l'anti-fascismo sono pienamente consapevoli di questa«responsabilità terribile» che incombe su di loro?Oppure parlano ancora il linguaggio del pre-fasci-smo, il linguaggio del 1919, come se nulla fossesuccesso nel frattempo in Italia e in Europa? I primi passi che stanno muovendo le forze antifa - sci ste e di sinistra, dopo il 25 luglio, sembrano pur -trop po ripetere le orme e quindi gli errori del passato.
«Questo anacronismo curioso, nell'estate scorsa – esemplifica l'articolo –, si è potuto verificare nonsolo negli scritti e nei discorsi dei residui giolittia-ni riportati a galla da Badoglio, ma perfino in mili-tanti del movi mento operaio che contro il fascismosi erano battuti eroicamente. Giolitti for ever!».
Analoga la reazione di Silone appena giunge in Svizzera la notizia della «svolta di Salerno».
«Da Ercoli non mi aspettavo meglio, perché è una semplice eco della voce del padrone – scrive aRos si –; ma Sforza e gli altri, che disillusione».
L'AVVENIRE DEI LAVORATORI, 08/1-2 Ed aggiunge, in preda ad uno stato d'animo di avvilimento e di incertezza: «L'unione sacra per la
guerra di liberazione è diventata l'alibi per masche-
rare il proprio asservimento. Che fare, se i nostri par-
titi si lasce ranno rimorchiare? Proclamare un'attiva
dissidenza, senza arretrare davanti alla necessità di
scissioni? Prote stare, ammonire, lasciare ai traffican-
ti la politica pratica e trincerarsi nella lotta delle idee
e dei principi gene rali? Rifletto a tutto questo e il mio
animo oscilla da una decisione all'altra».25
Anche l'editoriale de «L'Avvenire» dà l'impres- sione che Silone sia più preoccupato a rivederecritica mente il passato, a riprendere la denunciadell'immaturità politica del movimento operaio neldopoguerra (già fatta in Der Fascismus del 1935),che ad offrire indicazioni operative nel presente,salvo esortazioni sul dovere di riflettere, di capire,di rendersi conto, di stare con gli occhi aperti sullanuova realtà, eccetera.
Stessa impressione si ricava dalla lettura di una sua relazione a un convegno dei socialisti italiani
in Sviz zera nell'autunno 1944, poco prima quindi
del rimpatrio: Prospettiva del Dopo-Fascismo.26
Quanto puntigliosa è la documentazione della cecità dimostrata dal partito nel primo dopoguerradi fronte al fenomeno fascista e alla crisi del movi- 25. Vedi nei Documenti ADL: lettera di Silone a Rossi del 9 aprile (1944).
26. I. SILONE, Prospettiva del dopo fascismo, «L'Avvenire dei La vo ra - tori», 1° gennaio 1945, n. 19. MERLI, LABORATORIO SILONIANO mento operaio, tanto generica è la proposta che neconsegue.
Silone individua la tragedia del socialismo italia- no nel primo dopoguerra nel fatto che i suoi diri-genti più qualificati, come i militanti storici, erano«superstiti dell'epoca antidiluviana dal 1900 al1914», avevano quin di gli occhi rivolti a quel pas-sato e nulla videro e capirono degli episodi «piùnotevoli per convogliare in una politica progressi-sta l'attivismo minaccioso del 1919»: furono quin-di condannati all'insuccesso dalla incom prensione(e ostilità) verso «fatti e problemi nuovi che dava-no alla società italiana un volto notevolmente mo -dificato rispetto a quello degli anni precedenti».
Può certo sorprendere di non leggere qui la preoc- cupazione che ha convinto Silone a rientrare nell'a-rea politica, l'impegno a respingere la manovra co -mu nista tesa ad assorbire o delegittimare le forze so -cia liste e antifasciste ed a "bolscevizzare spiritual -men te" il movimento operaio.
Però va riconosciuto che Silone è ormai in radica le contrasto con le pedagogie politiche auto-ritarie e «dall'alto» e in completa sintonia conquelle correnti rinnovatrici del socialismo (sia ita-liane che europee) che rovesciano il rapporto con-solidato partito-masse, tipico della tradizionecomunista e non del tutto estraneo nemmeno acerta ortodossia marxista: il partito deve formarsiin Italia, figlio delle nuove generazioni militanti, e L'AVVENIRE DEI LAVORATORI, 08/1-2 non importato dall'esilio già strutturato per egemo-nizzare una realtà che non si conosce ma che siteme; la teoria non è affare privato degli esperti inrivoluzioni e non va dedotta come inerte citazioni-smo dai sacri testi, ma va concepita come un meto-do duttile, che continuamente si aggiorna e si con-fronta, senza i paraocchi; il socialismo deve aboli-re dal suo vocabolario la parola «massa», peculiaredel linguaggio fascista o comunista, che indica un«mucchio informe di qualche cosa», per sostituirlacon la parola «popolo», specifica della tra dizionedemocratica risorgimentale e socialista, che solle-cita la cosciente partecipazione e iniziativa.
Scrive infatti nell'articolo I socialisti e la "mas - sa": «Per il rinnovamento del socialismo sarà dipri missima importanza l'avere una coscienza chiaradel fatto: che è relativamente facile eccitare, som -muovere, traviare, terrorizzare, imbestialire le"masse", con l'antichissima arte del demagogo [.];mentre è molto difficile e troppo spesso trascuratodagli uomini che sostengono una parte responsabilenella vita pubblica, lo sforzo per conoscere esatta-mente i sentimenti, l'orizzonte mentale, i desideriprofondi degli esseri umani che compongo "masse". Questo contrasto fra de ma gogia e ricercadi una vera "volontà generale" – come fu sentitopro fondamente da Filippo Turati – corrisponde agliopposti obiettivi: di una massa dominata da "un'au-torità che procede dal centro verso la periferia" e di MERLI, LABORATORIO SILONIANO un vero popolo in cui le decisioni matureranno "pro -cedendo dalla periferia verso il centro"».
E ancora: «Per creare in Italia una nuova atmosfe- ra politica è indispensabile eliminare dai partiti anti -
fascisti ogni criterio gerarchico e articolare la volon-
tà politica del paese in modo che dalle fabbriche, da -
gli uffi ci, dalle scuole, dai villaggi salgano diretta-
mente al centro e vi prevalgano, i voti, i desideri, le
mo zioni, le pro poste, i postulati, di libere e coscienti
comunità. Così l'indistinta massa cederà il posto al
popolo. Ma, per cominciare bisogna organizzare in
tal guisa la stessa struttura dei partiti antifascisti, le
as semblee e i congressi. Nell'interno del partito so -
cia lista noi non ammettiamo il ducismo!».27
2. «L'Avvenire dei Lavoratori» inizia le pubblicazioniqualche mese dopo la fondazione del Psiup (22-23 a -gosto 1943), quando Nenni, eletto segretario e di ret -tore dell'«Avanti!», mostra di aver risalito la chinafino alla piena leadership, dopo che nel 1940 era statorelegato ai margini e addirittura minacciato di espul-sione per connivenza con i comunisti. La realtà delnuovo partito unificato dei principali gruppi socialistioperanti in Italia (Psi, Mup, Up) è certamente il moti-vo che convince il Centro estero a cessare l'attivitàorganizzativa per intraprendere un la vo ro di formazio-ne teorico-politica; anche se nel nuo vo organismo, 27. (I. SILONE), I Socialisti e la "massa", ivi, 25 febbraio 1944, n. 4.
L'AVVENIRE DEI LAVORATORI, 08/1-2 nato con criteri troppo verticistici, non sono presenti
suoi delegati, ai quali fu preclusa l'entrata con il
seguente «grottesco» motivo: «Ma chi siete voi? Non
c'è tra voi una sola personalità co no sciuta!».28
Il primo numero del quindicinale pubblica infatti alcuni documenti dell'organizzazione «che prima
del la fusione» si chiamava Centro interno del Psi, ap -
punto con riserve «sulla proclamata unità», dato che
– viene affermato – le forze che facevano capo a Zu -
ri go (comitati regionali, gruppi di fabbrica, comitati
sindacali) «vi furono scarsamente rappresentate».
Tut tavia la funzione pedagogica de «L'Avvenire dei
Lavoratori» ne esce esaltata, perché la situazione
apertasi con l'8 settembre 1943, se ha collaudato la
struttura del Psiup, non ha però permesso «che fosse
proseguito su scala nazionale l'esame dei problemi
politici iniziato nel Convegno di unificazione».29
In sostanza l'unità organizzativa viene accettata, pur con alcune riserve; l'unità ideologica e politica 28. (Centro Estero del Psi), Il carattere della rivoluzione italiana, ivi.
29. Centro Interno del Psi, La rinascita del socialismo italiano, ivi, 1° febbraio 1944, n. 1-2. – Contemporaneamente MORANDI scrive allaDirezione del Psiup dell'Alta Italia, a proposito delle divergenze conil Centro Estero di Zurigo: «Ritengo utile informarvi sull'atteggia-mento dei compagni del Centro Estero, ossia vecchia Direzione emi-grata del Partito: sono uomini di fede e buona volontà, ma fermi suuna rigida pregiudiziale anticomunista, per cui non giudicano favore-volmente il tono dell'Avanti!. Pietro (Nenni) gode di poco buon nomee il Partito passa per il Partito di Pietro. Difficile convincerli che nonè così. Abbiamo comunque esplicitamente dichiarato che non possia-mo dividere alcuna riserva sulla legittimità del P(artito) e la sua azio-ne. Domani se ne discuterà fin che se ne vorrà» (cit. da CARLO MUS - SO, Diplomazia partigiana. Milano, Angeli, 1986, p. 112).
MERLI, LABORATORIO SILONIANO è in vece tutta da costruire, e questo è il compito
che si assegna «L'Avvenire». Il quale pertanto può
diventare il megafono delle critiche dell'ultima
direzione emigrata, del «socialismo liberale» del
disciolto Centro estero e delle nuove opposizioni
escluse o mal rappresentate, che di lì a pochi mesi
si costituiscono in «Comitato politico» (con
Eugenio Colorni e Mario Zagari, tra gli altri, pro-
pugnatori di un «socialismo federalista»).30
Questa è chiaramente la preoccupazione che det - ta l'articolo di Morandi (eletto nella Direzione an -
che se assente al convegno romano, perché in pes-
sime condizioni di salute dopo il carcere), Validità
del partito
,31 in risposta alle perplessità at tor no alla
linea di cui si era fatta eco «L'Avvenire» fin dai
pri mi numeri, e lo stesso Silone in un aspro scam-
bio epistolare con Morandi responsabile del partito
in Svizzera.32
«Nel mio ritorno nel partito socialista vi è forse un po' di nostalgia parrocchiale e certamente amo icom pagni e mi sento ad essi legato da mille vinco-li di amicizia e affinità – scrive Silone, conferman-do che per lui prima del partito viene la verità –, 30. Sul CP vedi La posizione del «Comitato politico», ottobre 1943, in SIMONE NERI SERNERI (a cura di), Il Partito socialista nella Re si sten -za, Pisa, Nistri-Lischi, 1988, pp. 66sgg.
31. (R. MORANDI), Validità del partito, «L'Avvenire dei Lavoratori», 30 marzo 1944, n. 6.
32. Unità socialista, in La rinascita del socialismo italiano, ivi, 1° feb- braio 1944, n. 1-2. Vedi nei Documenti ADL allegati a questo volume:lettera di SILONE a MORANDI del 30 novembre 1943.
L'AVVENIRE DEI LAVORATORI, 08/1-2 ma debbo confessarti che il socialismo mi interes-sa più del partito socialista e la libertà più dei par-titi democratici. Voglio dire che il mio legame ver -so il partito è subordinato al suo pro gramma e almodo come esso lo interpreta».
Morandi è costretto a riconoscere che l'unità si è ri - costituita fondamentalmente sulla base del Psi e delMup, con l'esclusione di alcuni gruppi, come ad e -sempio «i socialisti di Romagna» (il Pil di Tolloy?) e,in par ticolare («per il significato di certe enunciazio-ni ideologiche»), del gruppo del «Terzo Fronte» chefa ceva capo al Centro di Zurigo.
Morandi non ha poi imbarazzo ad ammettere che è risultato impossibile eliminare la presenza di li -nee eterogenee, ma tiene a far risaltare che tuttoque sto non ha impedito l'affermazione organizzati-va del partito: infatti dopo l'8 settembre, sotto l'im -perativo della lotta, «l'unità che non poté essereim posta altrimenti alle varie correnti, è scaturitadal la disciplina dell'azione per conseguire un risul -ta to superiore a ogni finalità par ticolare».
In sostanza, dopo venti anni di fascismo, non de - ve meravigliare – secondo Morandi – la dialetticadelle tendenze presenti nel Psiup, ma la «nuovavia» del socialismo italiano, che anche «L'Av ve ni -re» auspica, non può essere perseguita esclusiva-mente attraverso la ricerca teorica e programmati-ca, oppure stando al di fuori o ai margini della real-tà del partito, in posizione critica.
MERLI, LABORATORIO SILONIANO «Dove si affrontano i problemi dell'azione, che è altra cosa dal dibattere le questioni astratte che sipos sono proporre in sede critica – conclude lo scrit to che mi sembra di poter attribuire a Morandi,
re sponsabile del partito in Svizzera dal settembre
1943 – bisogna apertamente riconoscere che il Par -
ti to, il quale si presenta oggi come luogo d'incon-
tro delle correnti stabilitesi nel processo di ricosti-
tuzione, ha acquistato piena autorità a rappresenta-
re le forze e l'ideale socialista in Italia».33
Infatti sia Silone che Modigliani prendono atto che la partita viene ormai giocata a Roma, dove nel
frat tempo Togliatti ha imposto la sua «svolta» di
stampo giolittiano; e nel Psiup, di cui Nenni ha
con quistato la leadership facendo prevalere la li -
nea «unitaria» che, a dire dei suoi critici, portereb-
be il partito ad una «collaborazione ad oltranza»
nel Cln e ad una «pedissequa uniformità di atteg-
giamenti» con i comunisti, fino a far smarrire
«ogni vitalità e con essa la sua ragione di essere».34
Questo il motivo per cui Silone e Modigliani nel- l'ottobre 1944 rientrano dall'esilio prendendo illoro posto in seno alla Direzione; ma per alloraritengono ancora opportuno, in collegamento con igruppi interni, di non lasciar spegnere l'elaborazio-ne del Centro estero, in sostanza di tenere aperta laprospettiva della «via nuova» del socialismo etico, 33. (R. MORANDI), Validità del partito, cit.
34. La posizione del «Comitato Politico», ottobre 1943, cit.
L'AVVENIRE DEI LAVORATORI, 08/1-2 democratico, federalista, che rischiava di esseresoffocata nella nuova «bolscevizzazione spiritua-le» del movimento operaio.
È appunto questa fiaccola che «L'Avvenire» tie - ne accesa. E sulle sue colonne infatti noi possia-
mo leg ge re la Tesi di Tolosa redatta da Andrea
Caf fi (e firmata da Faravelli, Bertoluzzi e Zan ne -
rini)35 alla ba se della politica di «Critica Sociale»
in questo do po guerra; gli scritti di Saragat, André
Philip, Al berto Preziosi (alias Livio Spada, un so -
cia lista di Chie ti, lettore all'università di Basilea),
Lui gi Preti e altri sul socialismo umanista, sui
rap porti tra so cia lismo e cristianesimo e sulla im -
portanza della de mocrazia politica per la classe
operaia;36 i saggi di Co lorni, Trentin, Si lone, Ales -
san dro Levi, Rossi, Barbara Wootton, Mon dolfo,
Fa ra vel li, del Socialist Vanguard Group e al tri sul -
la federazione europea e sul socialismo fe de ra li -
sta;37 di Morandi, Laski, Carr, Gorni, Cole, Ci tri -
35. (A. CAFFI), Compiti e responsabilità dei socialisti, «L'Avvenire dei Lavoratori», 1° febbraio 1944, n. 1-2. Il documento fu inviato daFARAVELLI a GORNI, come risulta dal verbale d'interrogatorio diGORNI, ora in I. SILONE, Memoriale., cit., pp. 55-59.
36. G. SARAGAT, L'importanza della democrazia politica per la classe operaia, «L'Avvenire dei Lavoratori», 11 febbraio 1944, n. 3; (G.
SARAGAT), La conquista della democrazia, ivi, 15 marzo 1944, n. 5;(G. E. MODIGLIANI), Socialismo umanista, 30 marzo 1944, n. 6; A.
PHILIP, Lo spirito del nuovo socialismo europeo, ivi, 15 aprile 1944,n. 7; G. SARAGAT, Il nostro socialismo, ivi, 30 giugno 1944, n. 12; (L.
PRETI), Socialisti e cristiani, 31 agosto 1944, n. 16.
37. H. J. LASKI, Il socialismo e l'unità europea, «L'Avvenire dei La vo ra - tori», 1° febbraio 1944, n. 1-2; Centro Interno del Psi, Per gli Stati U -ni ti d'Europa, 11 febbraio 1944, n. 3; I socialisti per gli Stati Uniti MERLI, LABORATORIO SILONIANO ne, Schiavetti, Naf tel, Battisti sui problemi della
so cia lizzazione e dell'autogoverno.38
Per rendere la ricchezza della tematica e la dialet- tica del dibattito de «L'Avvenire» bisognerebbericor dare le rubriche tenute dallo stesso Silone: - Vocabolario: per ristabilire il significato origi- nario delle parole, manipolato dalle ideologie (es.:nazio nale e patriota, diventate «sinonimi di comu-nista, per specificarci meglio di stalinista»).
- Libri e Riviste: per aggiornare, soprattutto, sulla elaborazione e la ricerca socialista europea; d'Eu ropa, ivi, 25 febbraio 1944, n. 4; (S. TRENTIN), Attualità diProud hon, ivi, 15 aprile 1944, n. 7; Socialist Vanguard Group, L'Eu -ro pa e la pace mondiale, 15 maggio 1944, n. 9; (I. SILONE), Per la fe -de razione europea. Compiti e responsabililtà dei socialisti inglesi,ivi, 30 maggio 1944; Verso gli Stati Uniti del Mon do. La politica in -ter nazionale dei socialisti tedeschi, ivi, 15 giugno 1944, n. 11; (I. SI - LO NE), Federalismo e socialismo, ivi, 30 giugno 1944, n. 12; (E. ROS - SI), Eugenio Colorni, ivi, 15 luglio 1944, n. 13; (A. LEVI), Il pensierofe deralista di Carlo Cattaneo, ivi, 31 ago sto 1944, n. 16 e seguenti;B. WOOTTON, Il socialismo e la federazione europea, ivi, 15 settem-bre 1944, n. 17; (G. BATTISTI), Federazione europea e monopoli indu-striali, ivi, 1° gennaio 1945, n. 19.
38. (R. MORANDI), «Socializzazione» fascista, «L'Avvenire dei Lavoratori», 1° febbraio 1944, n. 1-2; H. J. LASKI, Pensieri sulla rivoluzione dellanostra epoca, ivi, 25 febbraio 1944, n. 4; Democrazia dei consumatoridi H. K., ivi, 15 marzo 1944, n. 5; O. GORNI, L'azione socialista neldopoguerra., ivi, 15 marzo 1944, n. 5; La falsa «pianificazione» cor-porativa, di V. P., ivi; (F. SCHIAVETTI), Democrazia dei consumatori edemocrazia dei lavoratori, ivi, 1° maggio 1944, n. 8; TH. NAFTEL,Ricostruzione cooperativa, ivi, 15 maggio 1944, n. 9; Freidorf(Villaggio libero), ivi, 30 luglio 1944, n. 14; G. D. H. COLE, L'uni fi ca -zio ne europea e il socialismo, 31 agosto 1944, n. 16; W. CITRINE, Esserepronti, ivi. – Una analisi delle tematiche de «L'Avvenire dei Lavoratori»è affrontata, tuttavia con diverse imprecisioni da: LUCE D'ERAMO, L'o -pe ra di Ignazio Silone. Milano, 1991, pp. 517-520.
L'AVVENIRE DEI LAVORATORI, 08/1-2 - Sale nella piaga: per approfondire temi di altre rubriche (es.: la solitudine dell'uomo nella massa el'op posizione «tra promiscuità e comunità che puòpresentarsi disgraziatamente anche nell'interno delsocia lismo»); - Vino nuovo in otri nuovi: contro l'ortodossia marxista e per la «polifonia spirituale» nei partitisocia listi (secondo l'esempio del socialista-cristia-no André Philip in Francia, del filosofo neo-kantia-no Leonhard Nelson in Germania, dell'a-marxistaAnna Siemsen in Svizzera).
Per completare l'illustrazione dello spettro dei temi de «L'Avvenire», bisognerebbe fare almenoqualche cenno, ma con una competenza ben supe-riore alla mia: - agli straordinari documenti e alle esemplari te - stimonianze della resistenza socialista: Lettere dicon dan nati a morte, Bruno e Fofi Vigorelli, S. Vit -to re, Colorni, Buchenwald e Auschwitz, la «ti toiz -zazione» delle terre giuliane e istriane, l'Italia deldopoguerra; - all'analisi dei nuovi mezzi di comunicazione di massa (la radio, il cinema, soprattutto), in passatoveicoli della manipolazione di regime ma in demo-crazia possibili strumenti di liberazione spirituale; - ai temi riguardanti il nesso tra le «forme» este- tiche e le contingenze storiche e sociali (Modernitàe pompierismo nell'arte di Silone; La lezione del-l'espressionismo di Giorgio Strehler); MERLI, LABORATORIO SILONIANO - alla simbologia del Terzo Fronte e del 1 ‘Mag - gio, resa dalla matita espressionista del grafico zu -ri ghese Max Erni, di cui Buzzi e Fortini ricordanola collaborazione con l'antifascismo socialista; - agli appropriati e calzanti brani, legati alla ri - cerca politica e teorica, tratti da Marx, Proudhon,Tu rati, Battisti, Chiaromonte e da autori classici; - agli studi di Erich Valär e di Augusto Vuattolo sulla storia dell'emigrazione operaia italiana inSviz zera, le cui organizzazioni ora sostengono e a -li mentano il Centro estero; - alla nuova poesia civile che, per la prima volta da molti anni (e non solo in Italia), diventa «il mez -zo più diretto e manifestamente il più proprio adesprimere quel che vivono oggi gli uomini» (comescrive Stephen Spender, commentato da Fortini):Lauro De Bosis, Aragon, Eluard, Emmanuel, For ti -ni («E dopo ver ranno ad ingannarti ancora una vol -ta.»).
Con il numero del 24 febbraio 1945 «L'Av ve ni re dei Lavoratori» è diretto, dopo il rientro di Silone,da Gu gliel mo Usellini, già redattore de «L'UnitàEu fugiatosi in Svizzera nel dicembre 1943, dopo es sere fuggito da Regina Coeli primadella deportazione in Polonia. Usellini, latore diva ri documenti dei gruppi clandestini ro mani e del -la nota lettera di Co lorni agli amici federalisti chetanta importanza avrà sull'indirizzo de «L'Av ve ni -re dei Lavoratori», si stabilisce a Lu gano e in co - L'AVVENIRE DEI LAVORATORI, 08/1-2 min cia a lavorare, come delegato del partito, nel
giornale «Libera Stampa».39
La direzione Usellini continua la linea impostata da Silone, ma vi imprime un tono «meno "aulico" e più
realistico» (come tiene ad affermare), più concreta-
mente legato ai problemi politici del momento, che
attenua il dibattito ideologico e dirada la collabora-
zione socialista e federalista internazionale.40
La scelta caduta su Usellini non è casuale in quanto Usellini (Moreno), bruciato a Roma come
quadro clandestino, stabilisce in Svizzera, su solle-
citazione di Colorni, i collegamenti tra il Centro e ste -
ro e il «Comi tato politico» romano, di cui «L'Av ve -
ni re» incomincia a pubblicare i documenti fin dal
primo numero.41
Colorni nella lettera a Ernesto Rossi, Altiero Spi - nelli e Ursula Hirschmann, in Svizzera già dal set - 39. I dati biografici di G. USELLINI sono in Elenco dei rifugiati politici sussidiati dal Comitato Operaio, Sezione di Lugano (in Archivio G.
Canevascini, Bellinzona). – E. COLORNI, Lettera agli amici federali-sti della Svizzera del novembre 1943, in L. SOLARI, Eugenio Colorni.
Ieri e oggi.
Venezia, Marsilio, 1980, pp. 149-156, ora riprodotta tra iDocumenti ADL.
40. G. USELLINI e E. ROSSI, 14 febbraio 1945, ora in Documenti ADL.
41. Il documento di costituzione l'8 ottobre 1943 di questo «Comitato Po li - ti co», di cui facevano parte M. ZAGARI, G. VAS SALLI, G. BARBERA, E. CO - LOR NI, L. REPACI, A. BORGONI, T. VECCHIETTI, A. CORONA, D. GRISOLIA(i cosidetti «giovani turchi»), è ora in S. NERI SERNERI (a cura di), Il Par -ti to socialista nella Resistenza. I documenti e la stampa clandestina(1943-1945). Pisa, Nistri-Lischi, 1988, pp. 66sgg. I primi documenti delCo mitato Politico (uno dei quali certamente di COLORNI: Socialismo fe -de ralista) vengono pubblicati nel N. 1-2, 1° febbraio 1944, de «L'Av ve -nire dei Lavoratori» sotto il titolo: La rinascita del socialismo italiano. MERLI, LABORATORIO SILONIANO tem bre 1943, afferma infatti di aver aderito «in pie -
no» al programma di azione dei giovani che com -
pongono que sto Comitato, in quanto – nono stante
qualche riserva sulla loro «mentalità» ancora «im -
pastata di preconcet ti» –, essi sono comunque, oltre
che federalisti, anche «uno dei gruppi più aperti a
nuove idee e più interes santi; e costituiscono il
nerbo del futuro partito di sinistra di domani».42
Su l'«Avvenire» incominciano così ad apparire i materiali dell'organizzazione che prima del conve-gno dell'agosto 1943 si chiamava Centro internodel Psi, contribuendo ad affiatare tra loro le variecomponenti del nuovo partito sull'indirizzo delsocialismo liberale e federalista.
Ritengo opportuno riassumere alcuni di questi testi per documentare gli incroci tra l'elaborazionedel gruppo di Colorni e quello di Silone, e la tema-tica della Tesi di Tolosa di Caffi e Faravelli. Questacombina zione realizzatasi allora per la prima voltasulle pagine de l'«Avvenire», non riuscirà a con-quistare il partito, sarà in minoranza rispetto allaleadership di Nenni e alla «politica unitaria», maavrà comunque un'incidenza nel socialismo italia-no oltre il periodo della Resistenza anche neglianni della guerra fredda, prendendosi la sua rivin- 42. E. COLORNI, Lettera agli amici federalisti della Svizzera, cit. Pre su mi - bilmente la lettera è diretta a E. ROSSI, A. SPINELLI e U. HIRSCH MANN chesi trovano in Svizzera dalla metà del settembre 1943, e a B. CAIZZI cheinsegna a Bellinzona: v. C. ROGNONI VER CELLI, op. cit., pp. 129sgg.
L'AVVENIRE DEI LAVORATORI, 08/1-2 cita con la crisi del centrismo e del frontismo e la«svolta» nenniana del 1956.
«Il fallimento del fascismo ha ricondotto sulla sce na politica italiana il suo antagonista storico, il socia li -smo». «Per la seconda volta, dopo appena venticinqueanni, il socialismo italiano è messo alla prova. La suavittoria dipende unicamente dalla coscienza, dal la fe -de, dalla volontà, dall'audacia, dallo spirito di sa cri fi -cio dei suoi aderenti. La responsabilità dei so cia listi èaf fidata ai socialisti». «Noi dobbiamo bollare a fuo coo gni ten tativo di infiacchire nei socialisti il sentimen-to della loro responsabilità a beneficio di pretese leg -gi scientifi che». La storia è storia di uomini e «il so -cialismo è ora unicamente una questione di coscienza,di fede, di vo lontà, di audacia, di spirito di sacrificio».
Non tutto il partito è su queste posizioni, non tutti i socialisti hanno assimilato la lezione degli ultimi25 anni. Non era pensabile del resto che le eteroge-neità dei gruppi che fondarono il Psiup sparisse conun con vegno e con qualche appassionata discussio-ne, «e fu quindi naturale che l'intesa si realizzassesu pochi e ru dimentali punti d'immediata necessi-tà, lasciando impregiudicate le questioni controver-se, nella speranza che gli sviluppi ulteriori della Ri -vo luzione italiana realizzeranno, tra gli uomini e igruppi rimasti separati negli anni della cospirazio-ne, l'unità spirituale che ora fa difetto».
«L'affermazione che in Italia si pone oggi il pro- blema della conquista della democrazia politica è MERLI, LABORATORIO SILONIANO vera, ma è solo una parte della verità. Caratte riz -zare la rivoluzione in corso attualmente in Italia co -me secondo Ri sorgimento significa occultare al po -polo italiano la natura profonda della crisi mondia-le attuale, di cui quella italiana è solo un settore.
L'o riginalità della situazione italiana è nel fatto chei compiti della rivoluzione de mocratica borghese sipongono oggi simultaneamente a quelli del la rivo-luzione socialista».
«Se i socialisti non capissero questo e non ne tirassero tutte le conseguenze essi cadrebbero nelmortale errore di Kerenski; se essi chiamassero ilpo polo ad una lotta per la democrazia formale sen -za alcuna trasfor mazione economica, ripeterebberol'errore di Mazzini e del Pd'A nel secolo scorso. Ilso cialismo non vuol se guire né il destino di Ke ren -ski né quello di Mazzini».
«Socialismo, umanismo, federalismo, unità euro- pea sono le parole fondamentali del nostro program-
ma politico [.]. Questi valori morali hanno salvato
l'antifascismo sotto la dittatura fascista. Questi valo-
ri morali dovranno ispirare il costume politico della
nostra vita pubblica in regime di libertà».43
In un convegno del 16 aprile 1944 il Centro di Zu rigo viene sciolto: conserva la responsabilità de 43. Centro Interno del Psi, Socialismo federalista; Secondo risorgimento o rivoluzione socialista?; Il duro prezzo della libertà; Unità sociali-sta: documenti raggruppati sotto il titolo: La rinascita del socialismoitaliano, in «L'Avvenire dei Lavoratori», 1° febbraio 1944, n. 1-2.
L'AVVENIRE DEI LAVORATORI, 08/1-2 «L'Av venire» e il coordinamento dei socialisti ita-liani all'estero, come organo della federazione so -cialista italiana della Svizzera. Silone passa le con-segne a Marcello Cirenei e Lucio Luzzatto in rap-presentanza del Psiup e viene quindi approvata lapo litica del partito.
Un documento formalizza l'accordo. Viene rico - no sciuto che la situazione è nettamente mutata eche il Psiup «è oggi il partito di tutti i socialisti ita-liani». Pertanto: «l'emigrazione socialista – si af -ferma – ha il dovere di riconoscere senza alcuna re -strizione l'avvenuta unificazione e di sostenere confiducia il Psiup svol gendo un'attiva propaganda presso i partiti socialisti esteri e l'opinione pubbli-
ca internazionale».44
Una soluzione, pare, non del tutto pacifica e indolore, contrastata soprattutto da Silone (secondoil rac conto di Luzzatto), il quale tuttavia – pressatoda Oprecht, Stocher e Canevascini, il primo presi-dente, il se condo segretario del partito socialistasvizzero e il terzo presidente del partito socialista 44. Lettera di M. CIRENEI e L. LUZZATTO, a nome della direzione del Psiup, del 16 aprile 1944 da Zurigo, nella quale si dichiara cessato il CentroEstero, si trova nel Fondo Foscolo Lombardi, presso l'Istituto Storicodella Resistenza in Toscana, nel Fondo Giulio Polotti ed è pubblicata trai Documenti ADL. Vedi anche la testimonianza rilasciatami da L.
LUZZATTO del settembre 1983 e P. NENNI, Tempo di guerra fredda. Diari1943-1956. A cura di GIULIANA NENNI e DOMENICO ZUCÀRO. Prefazionedi GIUSEPPE TAMBURRANO. Milano, Sugarco, 1981, p. 98. – Il documen-to di scioglimento del CE è conservato nel Fondo Giulio Polotti e vienepubblicato nei Documenti ADL.
MERLI, LABORATORIO SILONIANO ticinese – dopo una animata discussione alla fineabbozza; il Centro estero ha esaurito il compito disalvare il socialismo dall'annessionismo del Pci, laprimitiva posizione difensiva viene meno e quell'i-dea di socialismo che si vuole perse guire può esse-re portata avanti nella nuova struttura. Tanto piùche Luzzatto e Cirenei sono appoggiati dallo stes-so Modigliani.
«Avevo vinto grazie a Modigliani – ricorda Luz - zat to –, il quale non era sulle nostre posizioni ma
ri co nosceva che noi del Psiup eravamo i socialisti
che si facevano ammazzare in Italia. Battendo il
bastone per terra disse: io non sarò mai d'accordo
con la vostra politica unitaria, ma con voi faremo i
conti dopo la Resistenza, intanto il Psiup combatte
in Italia e questo ve lo riconosco, siete voi i rappre-
sentanti del partito».45
Su «L'Avvenire» non troviamo quindi l'esaspera- zione polemica che a Roma esprime il «Comitatopolitico» e a Milano spinge Basso a dimettersi da -gli incarichi di partito e a fondare «Bandiera rossa»su posizioni trotskisteggianti.
Nello stesso tempo l'accettazione della linea po li ti - ca del partito non esclude distinzioni (né an ti co mu ni -smo né fusionismo) e approfondimenti (spe cie in di -rezione del socialismo liberale e federalista). Si lo nepensa di contribuire all'omogeneità politica e ideo lo - 45. Testimonianza cit. di L. LUZZATTO.
L'AVVENIRE DEI LAVORATORI, 08/1-2 gi ca con un dibattito su «L'Av ve nire» che o rienti efor mi i qua dri giovani che non hanno subito l'in -fluenza delle vecchie componenti, in modo parti co la -re i quadri colorniani, con i quali si trova in sin to nia,ma che spesso per mancanza di esperienza han no o -scillazioni estremiste e settarie e verso i quali per tanto(come già Colorni del resto) mantiene delle ri serve.
A questi giovani vengono pertanto offerti mate ria li (da Saragat, Caffi, Carr, Laski, Cole, Philip, Gor ni,Trentin eccetera) che soddisfano le loro a spi razionipiù audaci, il loro bisogno di aggiornarsi sull'ela bo -ra zione socialista italiana e europea da gli anni Tren -ta, ma nello stesso tempo vengono rigorosamenteancorati alla iden tità socialista, arricchita di nuoviinnesti e sviluppi e temprata nella resistenza alla co -lonizzazione comunista.
Prendiamo, ad esempio, in esame gli articoli de - di cati al socialismo umanista e liberale, polemicisia verso la concezione comunista dello Stato cheverso la pura e semplice restaurazione della demo-crazia prefascista (perseguita anche da alcune cor-renti tradizionali del movimento operaio): «Un abisso ci separa dai democratici che trasfor- mano la libertà, la democrazia, la pace, in frasi vuotedie tro alle quali noi scorgiamo la realtà dell'abdica-zione [.] di fronte ai doveri da compiere – scriveSaragat in un articolo in cui definisce i caratteri del"socialismo" dei socialisti –. Ma egualmente lontanisiamo da quei rivoluzionari che dalle ferree esigenze MERLI, LABORATORIO SILONIANO dell'azione ricavano argomenti per rinnegare la liber-
tà, oppure della libertà si servono unicamente come
tema propagandistico, svuotando così le loro lotte di
ogni contenuto uma no. Atti ad affrontarle, essi non
sapranno mai esprimere da esse il loro senso profon-
do e, simili al dannato del l'inferno dantesco, si vol-
geranno infine coi denti contro sé stessi, come dimo-
strano note dolorose vicende. La dittatura di un par-
tito tormentato da feroci lotte intestine sarà la conclu-
sione di una vittoria priva di ogni fermento animato-
re di una società di uomini liberi».46
II federalismo e l'europeismo de «L'Avvenire» hanno molteplici fonti ispiratrici, da quelle sociali-ste e sindacaliste alle giacobine e risorgimentali.
Tuttavia il periodico, nella dialettica delle connes-sioni e del con fronto, sembra privilegiare le tesi diLaski e Cole rispetto a quelle di altre correnti oautori laburisti con cui pure collabora strettamente(es. il Socialist Vanguard Group, Barbara Wootton,i cui testi vengono comunque pubblicati con moltorilievo); la tesi di Trentin che stabilisce una linea dicontinuità tra le forme associative e partecipatine daCattaneo a Proudhon a Gurvitch a «Libérer etFédérer» (non a caso assunto a motto pro grammatico); il cooperativismo di Gorni; il federa - 46. G. SARAGAT, Il nostro socialismo, 30 giugno 1944, n. 12; vedi anche: G. SARAGAT, L'importanza della democrazia politica per la classeoperaia, ivi, 11 febbraio 1944, n. 3; (G. SARAGAT), La conquista dellademocrazia, ivi, 15 marzo 1944, n. 5.
L'AVVENIRE DEI LAVORATORI, 08/1-2 li smo di Colorni e del Centro interno rispetto a quel -lo del Manifesto di Ventotene, che infatti non vie neutilizzato, certamente perché ritenuto astratto, so -cial mente po vero e indifferente se non ostile allefor ze socialiste ed al federalismo integrale.
«Verso il socialismo federalista confluiscono attual- mente le ricerche di varie correnti di pensiero che quira pidamente elenchiamo – esemplifica Silone –: ilGuild-Socialism dell'inglese G. D. H. Cole, la Wirt -schafts demokratie di alcuni compagni tedeschi, il sin-dacalismo costruttivo del francese Maxime Leroy, ilcooperati vismo di molti dispersi cooperatori, le teoriegiuridiche dei francesi Hauriou e Saleilles, e infine ildiritto sociale di Georges Gurvitch».
Silone scrive queste righe introduttive alle pagi- ne di Trentin su Proudhon, che riproduce e adatta
in chia ve positiva su «L'Avvenire», perché egli, a
differenza di Trentin che ritiene il riformismo un
«virus malefico», si propone di riprendere e di rivi-
talizzare la dottrina socialista democratica, «note-
volmente schematizzata o inaridita – afferma – du -
rante la troppo lunga prevalenza degli epigoni mar -
xi sti della scuola di Kautski».47
Tra le correnti ispiratrici, non viene così annove- rato il federalismo di Ventotene, nonostante il con- 47. Vedi ad esempio (SILVIO TRENTIN), Attualità di Proudhon, «L'Av ve nire dei Lavoratori», 15 aprile 1944, n. 7 (estratto e arrangiamento del para-grafo Federalismo e proudhonismo di Liberare e federare, ora in S.
TRENTIN, Federalismo e libertà. Scritti teorici 1935-1943, a cura di N.
BOBBIO. Venezia, Marsilio, 1987, pp. 297-304); (ALESSANDRO LE VI), Il MERLI, LABORATORIO SILONIANO tributo di Colorni e Usellini, le più che buone rela-zioni con Rossi e il costante scambio di materialitra «L'Avvenire» e «L'Unità europea».
Alle ragioni dette vanno aggiunte le perplessità di Silone per il «carattere semiletterario» di quellaini ziativa, diffidente dei partiti socialisti e relegatain ambiti esclusivi.
«Il "movimento" purtroppo – scrive senza mezzi termini a Rossi – non esiste che sulla carta, non
cre do che esso conti effettivamente, più di sette o
no ve persone».48
Se prendiamo in esame il documento del Centro interno (quindi precedente al convegno di unificazio-ne dell'agosto 1943) che «L'Avvenire» pubblica conil titolo Per gli Stati Uniti d'Europa, noi possiamoco gliere nettamente le divergenze con l'antisociali-smo e con il federalismo verticistico di Spi nel li e lavicinanza (se non convergenza) con il paragrafoscritto da Rossi sulla riforma della società e dell'eco-nomia, che tiene presente e cerca di assorbire le cri-tiche che potevano venire dalla parte socialista.
pensiero federalista di Carlo Cattaneo, ivi, 31 ago sto 1944, n. 16 eseguenti (probabilmente una dispensa delle lezioni tenute nel Campouniversitario di Losanna). Sui rapporti tra SILONE, ROSSI e SPINELLI vediquanto scrive lo stesso SPINELLI in Come ho tentato di diventare saggio.
La goccia e la roccia.
Bologna, Il Mulino, 1987, p. 63. – Sul «sociali-sme de l'avenir» di «Libérer et Fédérer» vedi Un socialiste parle auxsocialistes, «Líbérer et Fédérer», n. 3, 1° ottobre 1942 e n. 5, gennaio1943. – Sulle fonti ispiratrici del federalismo de «L'Avvenire dei La vo -ra tori», vedi A. LANDUYT, Silone e l'europeismo socialista, cit.
48. Vedi in Documenti ADL lettera di SILONE a ROSSI del 22 agosto 1944.
L'AVVENIRE DEI LAVORATORI, 08/1-2 «Gli Stati Uniti d'Europa – scrive il documento del Centro Interno – si faranno se dopo questa guer ra i
partiti operai impegneranno tutte le proprie forze
nella loro realizzazione; se essi capiranno che l'uni-
ficazione politica dell'Europa assume in sé tutte le
altre questioni particolari; e se avranno coscienza che
i destini del so cialismo sono ormai strettamente lega-
ti a quelli dell'Europa».49
La ricostruzione istituzionale e sociale italiana dopo il fascismo prende pertanto ispirazione dalfedera lismo «funzionale» di Proudhon e Cattaneo,dal «sindacalismo federale» di Gorni, dai modellidi socialízzazione postulati da Rossi, Battisti,Laski, Cole, i ghildisti e infine da Faravelli.
In uno scritto attribuibile a Silone, sul carattere della rivoluzione italiana futura, si afferma che lariven dicazione dell'unità europea «non è in contra-sto con l'altra, essenziale nella rivoluzione italiana,delle autono mie locali e regionali e del federalismofunzionale»; ed inoltre, approfondendo il concetto,vengono ribaditi i fondamenti autogestionari dellasocializzazione contro l'utopismo della nazionaliz-zazione e statizzazione. Quest'ultimo non è presen-te solo nella esperienza sovietica ma anche, comeresiduato, in certa cultura vetero marxista: lo dimo-stra il dibattito tra Faravelli e Rossi da una parte eUgo Guido Mondolfo dall'altra, che vede pur sem- 49. (Centro Interno del Psi), Per gli Stati Uniti d'Europa, «L'Avvenire dei Lavoratori», 11 febbraio 1944, n. 3.
MERLI, LABORATORIO SILONIANO pre nell'esperimento comunista il primo esempio,per quanto primitivo, di proprietà collettiva.
«I partiti operai devono abbandonare gli ingenui, astratti e anti-economici progetti di socializzazione
ad oltranza – scrive Silone, echeggiando motivi pre-
senti in diversi articoli de "L'Avvenire" – e devono
invece mo bilitare tutti i ceti non capitalistici del
paese "per l'espropriazione degli espropriatori" e la
consegna al popolo dei latifondi e di quelle industrie
ed imprese a carattere di monopolio che si sono
impinguate col rastrellamen to forzoso del risparmio
nazionale e col saccheggio autarchico del mercato
interno. Se il blocco progressivo dei partiti operai e
dei partiti democratici, con l'appoggio della mag-
gioranza del popolo e in regime di piena li bertà,
rimarrà compatto nella lotta contro il grande capita-
le monopolista e la grande proprietà terriera, in Italia
si compirà una rivoluzione che potrà servire di
modello ai popoli progrediti dei paesi occidentali
perché per la prima volta l'esigenza del socialismo
si vedrà conciliata con quella della libertà».50
Non si deve però schematizzare e ritenere che le idee fossero già nettamente definite e le sceltechiara mente fatte.
Questo non era e non poteva essere in quella fase di ricerca in cui il magma era ancora in fusione. Tut - 50. (I. SILONE), Il carattere della rivoluzione italiana, «L'Avvenire dei La - voratori», 25 febbraio 1944, n. 4. Ma su questo punto vedi anche G. D.
H. COLE, Che cosa e come socializzare?, ivi, 1° maggio 1944, n. 8.
L'AVVENIRE DEI LAVORATORI, 08/1-2 tavia l'approccio de «L'Avvenire» a un socialismo«e tico» (contrapposto a quello «scientifico»), a unare pub blica socialista (contrapposta a una «dittaturadel proletariato»), all'europeismo (contrapposto al«bloc co» at torno all'URSS o agli anglo-americani), aun federalismo «funzionale» (regionalista e autoge-stionario), è leg gibilmente delineato; anche se la pub blicazione del saggio di Barbara Wootton, Il so -
cia lismo e la federazione europea
,51 e il dibattito che
ne seguì su «L'Av ve ni re» e su «Libera Stampa», pos -
sono confondere le idee e sollevare qualche dubbio.
Soprattutto il dibattito su «Libera Stampa», con gli interventi di Lucio Luzzatto e di François Bon -
dy, l'uno a difesa della ortodossia classista, l'altro,
un socialista svizzero, d'origine berlinese, collabo-
ratore di «Esprit» e del giornale di Lugano, vicino
a Rossi e Spinelli, schierato su posizioni opposte,52
possono far pen sare che i due termini, federalismo
e socialismo, fossero messi in alternativa o in suc-
cessione gerarchica e tem porale.
La stessa presentazione di Rossi (che firma con lo pseudonimo di Usellini incrementando gli equivo-
ci.) al testo completo della Wootton, può indurre
in errore:53 come se la sinistra laburista, alla quale
apparteneva la Wootton, ritenesse che la unificazio-
51. BARBARA WOOTTON, Il socialismo e la federazione europea, 15 set- tembre 1944, n. 17.
52. (L. LUZZATTO), I socialisti e l'unità federale degli Stati, «Libera Stam - pa», Lugano, 5 settembre 1944, a firma L.; (FRANÇOIS BONDY), So -cialismo e federazione europea, ivi, 12 settembre 1944, a firma F. B.
MERLI, LABORATORIO SILONIANO ne federale prescindesse dalla instaurazione delsocialismo, anzi ne fosse la premessa indispensabi-le. Quando invece, almeno secondo il mio punto divista, la Wootton vuole soprat tutto combattere (equesto è anche l'intento di Bondy) la passività e ilmeccanicismo degli ortodossi (come Luzzatto adesempio) e intrecciare i due termini, in quanto ritie-ne socialismo e federalismo «parti complemen taridi un sol tutto» e il disordine internazionale il piùgrande nemico del progresso sociale.
A questa medesima conclusione (lottare contem- poraneamente per la federazione e la socializzazio-
ne) arriva anche Mondolfo nella sua risposta alla
Wootton, che poi in realtà è un pretesto per pole-
mizzare con quei «federalisti sinceramente demo-
cratici che sono fuori del nostro partito» (vale a
dire: Spinelli e Rossi), che ritengono che la pace e
la «democrazia integrale» possano essere conqui-
state senza sostenere il progetto federale con prov-
vedimenti di socializzazione.54
E pochi giorni dopo il suo intervento su «L'Av ve - nire», Mondolfo ribatte il chiodo in uno scritto am -
bi zioso su «Libera Stampa»:55 la federazione di per
se stessa non è sufficiente ad eliminare i pericoli di
53. B. WOOTTON, Socialismo e federalismo, «Quaderni del Movimento Fe - de ralista Europeo», con prefazione di MORENO (ma in effetti di E. ROS - SI), dell'agosto 1944 (ciclostilato). – Vedi anche B. WOOTTON, So cia -lismo e Federalismo. Con prefazione di G. CANEVASCINI (ma in effetti diF. BONDY) e un'appendice. Lugano, Nuove Edizioni di Capolago, 1945.
54. (U. G. MONDOLFO), Federalismo e Socialismo, «L'Avvenire dei La vo - ra tori», 15 marzo 1945, n. 21.
L'AVVENIRE DEI LAVORATORI, 08/1-2 nuovi conflitti, se essa non è integrata con una radi-cale trasformazione del sistema economico.
L'esperienza dimostra – continua Mondolfo e - sem plificando con il caso della Germania del 1914,che ri corre alla guerra per la crisi di sovrapprodu-zione – la necessità di proporzionare la produzioneal consumo e quindi di sostituire ad una economiadisordinata una economia regolata e pianificata.
A questo punto Mondolfo fa una implicita marcia indietro – rispetto a quanto afferma nella serie di
articoli su «Libera Stampa», poi raccolti in opusco-
lo56 – e mostra di aver recepito la lezione di Fa ra -
vel li di non con fondere socializzazione e statizza-
zione, in quanto quest'ultima nega la prima che è
del programma socialista.57
Infatti, in questo saggio su «Libera Stampa», Mon - dolfo, in seguito agli scambi epistolari con Fa ra -velli, è indotto ad ammettere che la «pianificazionea mezzo della socializzazione» evita i pericoli bu -ro cratici degli esperimenti sia fascista che comuni-sta e che se non risolve automaticamente tutti i pro- 55. (U. G. MONDOLFO), Contributo a un programma Socialista del dopoguer- ra, a firma PR. M., «Libera Stampa», 22 mar zo 1945. Attribuisco que stosaggio a MONDOLFO in base all'analisi concettuale e stilistica e a quantolui stesso afferma nella lettera a FARAVELLI del 14 marzo 1945, ora in P.
C. MASINI e S. MERLI (a cura di), Il socialismo al bivio. L'ar chi vio diGiuseppe Faravelli 1945 -1950. Milano, Feltrinelli, 1990, pp. 18sg.
56. MUG (U. G. MONDOLFO), La socializzazione. Lineamenti essenziali. E - strat ti da «Libera Stampa» Lugano, feb. 1945 («Pagine socialiste», n. 5).
57. Vedi lettere di Mondolfo a Faravelli del 6 marzo 1945 e di Faravelli a Rossi del 18 marzo 1945, in P. C. MASINI e S. MERLI (a cura di), Ilsocialismo al bivio, cit.
MERLI, LABORATORIO SILONIANO blemi offre comunque ai singoli paesi possibilità«infinitamente maggiori per tener lontane, ancheaffrontando il rischio di qualche danno economico,tutte le possibilità di guerre».
Richiamandosi al Laski di Where to go from he - re? (di cui «L'Avvenire» aveva anticipato vari pas -
si),58 Mondolfo afferma che le socializzazioni do -
vrebbero logicamente precedere l'ordinamento fe -
de rale, ma che «se l'incalzare degli avvenimenti
renderà impossibile attuare la socializzazione pri -
ma che sia organizzata nell'unità federale la plura-
lità degli Stati che parranno maturi a questa unio-
ne, certo essa dovrà essere preparata contem po ra -
nea mente e compiuta a breve distanza di tempo per
impedire alle forze contrarie di organizzare qual-
siasi azione che minacci la vita e impedisca il con-
solidamento dell'assetto federale».59
L'intervento di Mondolfo sul saggio della Woot - ton viene stampato nel numero del 15 marzo de«L'Av venire», quando la direzione del periodico ègià passata nelle mani di Usellini.
Silone (caduto Colorni, il suo punto di riferimen- to a Roma; scioltosi il Centro di Zurigo), per condi -zionare la politica che Nenni conduce a Roma, ac -cet ta di essere rimpatriato, assieme a Modiglianí, 58. HAROLD J. LASKI, Il socialismo e l'unità europea, «L'Avvenire dei Lavoratori», 1° febbraio 1944, n. 1-2, nella rubrica «Libri e riviste».
59. (U. G. MONDOLFO), Contributo a un programma Socialista del dopo- guerra, cit.
L'AVVENIRE DEI LAVORATORI, 08/1-2 dal l'Office of Strategic Services, attraverso i buoni
uffici dei dirigenti sindacali e socialisti americani,
Antonini e Montana, che già lo hanno appoggiato e
so stenuto nel suo lavoro in Svizzera.60
Nenni descrive come «affettuosissimo» l'incon- tro con Silone alla sede dell'«Avanti!» il 14 ottobre1944, il giorno dopo il suo arrivo in aeroplano dallaSvizzera via Francia e Algeria.
«Silone era molto commosso – ricorda Nenni –.
Per tagliare corto a ogni recriminazione sul passato
egli ha tenuto a dirmi che per lui io ero il capo del
partito, che egli concordava pienamente con la poli-
tica unitaria, che si metteva a disposizione del parti-
to se lo giudicavo utilizzabile, che in caso diverso si
sarebbe rifugiato nella sua attività di scrittore».61
In effetti Silone era più interessato ai programmi, alla ricerca e alla professione della «verità» che alsuc cesso politico, al «socialismo» che al partito so -cialista; per questo si identificava nel ritratto di Co -lor ni tracciato da Rossi su «L'Avvenire» e da PaoloTre ves a Radio Londra: pur portato all'indagine edalla speculazione filo sofica, Colorni sceglie l'impe- 60. E. DI NOLFO e G. MUZZI, La ricostituzione del Psi. Resistenza, Repubblica, Costituente, in Storia del Socialismo italiano diretta daG. SABBATUCCI, vol. V, Il secondo dopoguerra (1943-1945). Roma, IlPoligono, 1981, p. 106.
61. P. NENNI, Tempo di guerra fredda. Diari 1943-1956, cit., p. 98, in data 14 ottobre 1944. Il ritorno di SILONE e MODIGLIANI fu salutatosull'«Avanti!» di Roma con i seguenti articoli: UMBERTO CALOSSO,Ignazio Silone (n. del 7 ottobre 1944); GIUSEPPE SARAGAT, Unità (n.
del 17 ottobre 1944).
MERLI, LABORATORIO SILONIANO gno illegale nel partito socialista e nel movimento fe -
de ralista, spinto da una pro fonda esigenza etica che
lo conduce coscientemente incontro al suo destino di
«eroe della nuova Italia e della nuova Europa».62
«In ogni società, qualunque sia il suo regime, que sto sentimento della responsabilità personale,
que sta attitudine della coscienza a scoprire, a servi-
re e a difendere la verità, ha sempre distinti gli uo -
mini onesti e cre denti nel progresso dal gregge pas-
sivo dei conformisti».63
Ci sono accenti colorniani in questo messaggio in viato da Silone per radio da Roma, dopo quindi-ci anni di esilio: «La sola via per evitare i tradi-menti della nostra insensibilità – continua il mes-saggio –, per dare uno scopo alle nostre sofferenze,per dare un senso alla nostra missione di costrutto-ri del futuro è quella di dire la verità, di servire laverità sempre, in ogni occasione, in privato e inpubblico, nella letteratura e nei giornali, alla radioe dovunque sia possibile».
E questo farà Silone, testimone di verità per il mo vimento operaio,64 prima che leader politico e
62. (E. ROSSI), Eugenio Colorni, a firma Emp., «L'Avvenire dei La vo ra - to ri», 15 luglio 1944, n. 13.
63. Il messaggio di Silone, «Libera Stampa», 16 dicembre 1944; ripreso da «Socialist Commentary», Monthly Journal of the Socialist Van -guard Group (novembre 1944, pp. 353sg.) che lo riproduce integral-mente: Silone's Message Io Italy. Vedi sunto in «Avanti!», Roma, 19ottobre 1944: Silone alla radio. Il testo della «Libera Stampa» èriprodotto nei Documenti ADL. L'AVVENIRE DEI LAVORATORI, 08/1-2 tante di partito, fedele alla lezione etica di Maz zini che aborre la scissione tra morale e politi-ca, tipica invece delle ideologie totalitarie del no -stro secolo, fondate sul culto della ragion di Stato edi partito.
Infatti Silone deluderà sia le speranze di Nenni di averlo al suo seguito per potenziare la politica uni-taria, sia le aspettative di Antonini e dei «giovaniturchi» del «Comitato politico» di utilizzarlo con-tro la politica di Nenni. Egli ricercava e inseguivauna sua idea di socialismo, un disegno di dopo-guerra che non voleva portare costruito in ogni par-ticolare dall'esilio, ma che, dopo averlo sondatoattraverso la ricerca de «L'Avvenire», pensava diverificare e completare stando «con gli occhi aper-ti» sulla realtà nuova che avrebbe trovato in patria.
Scrivono di lui Ennio Di Nolfo e Giuseppe Muzzi nella loro storia della ricostituzione del Psi:65 «Pur fa -
cendo pesare, insieme a Modigliani, chiare riserve
sulle tendenze affioranti, agli inizi del ‘45, nell'Italia
liberata in favore dell'unità organica, egli non mise
in discussione l'intesa unitaria di fatto già esistente
col Pci, né d'al tra parte riuscì ad assumere la guida
dei gruppi giovanili, di cui non condivideva le impa-
zienze rivoluzionarie e anticiellenistiche».
64. LEO VALIANI, Silone: la Verità prima del Partito, «Corriere della Sera», 24 agosto 1978. Il riferimento al legame ideale tra SILONE eMAZZINI è evidenziato anche nella prefazione di UGO INTINI a PAOLOLINGUA, Mazzini il riformista, Genova, Editore Ecig., 1992.
65. E. DI NOLFO e G. MUZZI, op. cit., p. 106.
MERLI, LABORATORIO SILONIANO I delusi dell'una e dell'altra sponda cercheranno le ragioni di questo atteggiamento di Silone nellecom plicate pieghe della psicologia dell'ex-comuni-sta; e può anche essere che il suo temperamentoproblematico (anche in questo si sentiva così vici-no a Colorni) lo portasse al dubbio perenne e quin-di alla indecisione.
Ma se lasciamo da parte la sola psicologia e an - diamo a leggere e a interpretare i suoi testi e il suolavoro politico, noi scopriamo tracce via via semprepiù evidenti della correzione di rotta (se non svolta)che egli com pie una volta sciolto il Centro di Zurigo.
Accettata la realtà del partito, il suo punto di rife - ri mento nel gruppo dirigente diventa Colorni, manon i suoi giovani amici del «Comitato politico»,causa il loro oltranzismo anticiellenistico e antiuni-tario e il loro esasperato classismo.
Esemplare da questo punto di vista il documento da lui steso, Il carattere della rivoluzione italiana,nel quale egli evidenzia gli elementi di ordine so -cia le e culturale che danno alla crisi italiana unaim pronta del tutto originale, togliendo «ogni pre-messa ai piani di moderate riforme» e aprendo lapro spettiva «di un nuovo ordine politico, sociale edeconomico», se forze estranee non interverranno acoartare la libera auto-decisione del popolo.
«Il tratto caratteristico fondamentale della crisi ita- liana – recita infatti questo documento – è nella coin-cidenza storica della rivoluzione democratica con la L'AVVENIRE DEI LAVORATORI, 08/1-2 rivoluzione socialista. Queste due rivoluzioni, che i
paesi più progrediti hanno avuto la possibilità di af -
frontare separatamente e a distanza di secoli tra l'una
e l'al tra, in Italia si presentano oggi simultaneamente
per l'incapacità rivelata dalla borghesia italiana nel
corso del 1800 di dare un carattere nettamente popola-
re e democratico al moto di risorgimento nazionale».66
E ancora: «Le forze motrici del rivolgimento italia- no anti-feudale e anti-capitalistico sono i partiti ope-rai e i partiti democratici. Una coalizione duratura diquesti partiti può assicurare al rinnovamento dellostato e della società italiana l'appoggio attivo dellamaggioranza della popolazione. Esistono cioè inItalia, attualmen te, le condizioni psicologiche perchéil rivolgimento politico e sociale si svolga nel rispet-to delle forme demo cratiche».
«La rivoluzione italiana non potrà raggiungere tut - te le sue mete che nell'ambito di una rivoluzione eu -ro pea affine. Il socialismo nazionale è in Ita lia un'u -to pia. Bisogna dunque considerare la rivo lu zione ita -lia na come l'inizio della rivoluzione europea. Il coro -na mento politico della rivoluzione europea in gesta -zio ne sarà l'unità continentale. La rivendicazione del l'unità europea non è in contrasto con l'altra, es -sen ziale nella rivo luzione italiana, delle autonomie 66. (Centro Estero del Psi), Il carattere della rivoluzione italiana, «L'Av - venire dei Lavoratori», 25 febbraio 1944, n. 4. Questo documento, svi-luppato in articolo, viene pubblicato e firmato da Silone nell'«Avanti!»di Roma del 12 novembre 1944: Alcuni dati del problema politico ita-liano (vedilo riprodotto tra i Documenti ADL).
MERLI, LABORATORIO SILONIANO lo cali e regionali e del federalismo funzionale. La li -
mi tazione delle sovranità degli attuali stati nazionali
com porterà un aumento di vera libertà per gli abitan-
ti dell'Europa se essa avverrà non solo a beneficio
del lo stato europeo, ma anche dei comuni, delle re -
gioni, e delle libere associazioni dei cit tadini».67
Silone mantiene e sviluppa questa sua posizione au to noma e mediana (per questo apparve un Am le -
to) an che nei suoi articoli sull'«Avanti!» di Ro ma,68
sul qua le riprende l'elaborazione del Cen tro estero
e de «L'Av venire», e soprattutto al Con si glio na -
zionale del la fine di luglio 1945 con la mozione
che firma as sie me a Saragat: quando il partito del
Vento del Nord e il partito del Regno del Sud ven-
gono a contatto per la prima volta con la ricchezza
e il travaglio delle cor renti politiche e ideali che
percorrono il socialismo ita liano.
Se volessimo andare avanti con queste sonde all'interno dell'amletismo di Silone, noi potremmocapire l'atteggiamento che tiene sia a Palazzo Bar - 67. Ibidem.
68. Questi sono gli articoli di SILONE sull'«Avanti!» di Roma, dopo il ritor- no dall'esilio e fino alla Liberazione: Vino nuovo in otri nuovi, 22 otto-bre 1944 (riproduzione dell'articolo Vino nuovo in otri nuovi. Mo ra li -smo e moralità, già comparso in «L'Avvenire dei Lavoratori», 1° Mag -gio 1944); Prospettiva attuale del socialismo europeo, 29 ottobre, 31 ot -to bre e 3 novembre 1944 (parzialmente ripub blicato in «Libera Stam -pa», Lugano, 4 gennaio 1945); Alcuni dati del problema politico italia-no, 12 nov. 1944; L'unità europea. Da Pan-Europa alla Federal Union,26 nov. 1944 (riprodotto in «Libera Stampa», 3 febbraio 1945); L'unitàeuropea. Opinio ni inglesi, 3 dicembre 1944; Missione del so cialismo.
Europa di domani,
28 gennaio 1945; L'errore di Antonini, 24 feb. 1945.
L'AVVENIRE DEI LAVORATORI, 08/1-2 berini, che il 18 Aprile, che nel periodo successivo,a favore dell'eu ropeismo e della ricostruzione del-l'unità socialista. Ma questo sguardo complessivonon può non portare a quella visione unitaria del-l'avventura socialista di Silone, che ancora nonabbiamo e che comunque è fortemen te ostacolatadalla incomprensibile ostinazione con la quale lesue carte sono precluse agli studiosi.
Silone rientra in Italia nell'ottobre 1944, ma il nu mero del 1° gennaio 1945 de «L'Avvenire», con -
fe zio nato con materiale redazionale, porta ancora
la sua impronta nell'articolo di Gigino Battisti, Fe -
derazione eu ropea e monopoli industriali
; e soprat-
tutto nella relazione tenuta da Silone stesso a un
convegno della Federa zione socialista in Svizzera,
dove riprende e sviluppa i motivi dell'editoriale Ad
occhi aperti,
più che mai attuali ora che egli è di -
ret tamente immerso nella realtà italiana: stare con
gli «occhi aperti»; non ripetere gli errori del 1919
quando i socialisti si illusero di go ver nare il dopo-
guerra con uomini, idee e metodi «superstiti del
l'epoca antidiluviana dal 1900 al 1914».69
3. Il primo numero con la direzione (informale) diUsellini esce i124 febbraio 1945, dopo qualche ten -tativo infruttuoso e diverse difficoltà: mezzi finan-ziari insufficienti (la precedente gestione aveva cu - 69. I. SILONE, Prospettiva del Dopo-Fascismo, «L'Avvenire dei La vo - ratori», 1° gennaio 1945, n. 19.
MERLI, LABORATORIO SILONIANO mu lato 3.000 franchi di debito), rivalità politichetra Zurigo e Lugano e tra Valär e Usellini per in -fluen zare il giornale.
La spuntano alla fine Lugano, dove il giornale d'o ra in poi viene stampato, e Usellini anche se
Valär, per ragioni cospirative, figurerà ancora come
redattore. I problemi finanziari vengono risolti in
parte dal «padreterno» Canevascini (come affettuo-
samente viene chiamato), e in parte riservando la
quarta pagina alla pubblicità.70
Usellini, ora svolge attività giornalistica presso «Li bera Stampa»; si occupa de La pagina dell'emi-
grazione italiana
,71 che incomincia ad uscire col
nu mero dell'8 gennaio 1944 e coordina il dibattito
sul federalismo (particolarmente intenso tra l'ago -
sto 1944 e il marzo 1945).
70. Vedi nei Documenti ADL la lettera di USELLINI a ROSSI del 14 novem- bre 1944. Inoltre, la testimonianza rilasciatami da LUIGI BUZZI (Pao -li no). Per il contributo dato dal Partito socialista ticinese, dal suo pre-sidente G. CANEVASCINI e dal suo giornale «Libera Stampa», vedi D.
BARATTI, P. GENASCI, C. MUSSO, G. ROSSI, R. SIMONI, Il Partito socia-lista ticinese e l'antifascismo italiano, in AA.VV., Solidarietà, dibat -ti to, movimento. 100 anni del Partito socialista svizzero, Lugano, 1988,pp. 199sgg.
71. Per le note biografiche di G. Usellini, oltre al cit. Elenco dei rifugiati politici., vedi anche C. ROGNONI VERCELLI, op. cit., pp. 96sg. LELIOBASSO a FERRETTI, Milano 2 marzo 1945, in L'archivio Basso e l'or-ganizzazione del partito (1943-1945). Note e cura di MARIAPIABIGARAN. Milano, Angeli, 1988, p. 311. E. SIGNORI, La Svizzera e ifuoriusciti italiani. Aspetti e problemi dell'emigrazione politica 1943-1945. Prefazione di G. SPADOLINI. Milano, Angeli, 1983, p. 181. Che ilcuratore de La pagina dell'emigrazione italiana è USELLINI risultaanche dal carteggio pubblicato nei Documenti ADL. L'AVVENIRE DEI LAVORATORI, 08/1-2 Nell'ambiente di «Libera Stampa», Usellini è pe - rò costretto ad ingoiare più di un rospo (come risul-
ta dal carteggio con Rossi) ed a subire i condizio-
namenti dei rifugiati socialisti di Lugano che, a dif-
ferenza di quelli di Zurigo, sono su posizioni «nen-
niane» e non ritengono certamente prioritaria la
campagna de «L'Av venire», di Usellini, Rossi e
Spinelli a favore del federalismo.72
Usellini si rammarica ovviamente di questa posi- zione che lo relega «in seconda fila»; ma tuttavia
abboz za perché gli permette – scrive a Rossi – «di
far passare tutto quello che mi interessa e interessa
il Movimento federalista e di intervenire, se è il
caso, al momento opportuno».73
«Libera Stampa» infatti, sui problemi italiani, tie ne una linea (incoraggiata soprattutto da LucioLuz zatto e avallata dal direttore Piero Pellegrini,ex o peraio Fiat, formatosi alla scuola de «L'Ordine nuo vo»)74 molto vicina a quella «unita-
ria» di Nen ni, per quanto riguarda il rapporto con
i comunisti e molto vicina a quella dei comunisti,
72. Vedi nei Documenti ADL il carteggio tra SILONE, USELLINI e ROSSI.
73. V. in Documenti ADL lettera di Usellini a ROSSI del 13 settembre 1944.
74. Vedi profilo biografico di PIERO PELLEGRINI (1901-1959) in PASQUALE GENASCI, Il Partito socialista nel Ticino degli anni ‘40. Lugano 1985,pp. 193sg. Vedi nei Documenti ADL carteggio USELLINI-ROSSI e testi-monianza rilasciatami da LUIGI BUZZI (PAOLINO). LUCIO LUZZATTO nelmaggio 1944 va a Mürren a insegnare e lascia l'incarico di responsa-bile del partito a MARCELLO CIRENEI, anche perché «qui si era urtatocon diversi amici» (scrive F. SANTI a U. G. MONDOLFO il 16 giugno1944: in Archivio G. Canevascini, Bel linzona). Giudizio confermato-mi anche da PARIDE ACCETTI, suo allievo a Mürren.
MERLI, LABORATORIO SILONIANO per quanto ri guarda la politica del Cln e del gover-no nazionale.
Per fare qualche esempio, posso ricordare che «Libera Stampa» accetta entusiasticamente il go -
verno del la «svolta di Salerno»; anzi polemizza a -
spra mente con «i sognatori di palingenesi catastro-
fiche e di pseudoeroiche intransigenze formali», e
ri tiene che la funzione da compiere «oggi è più mo -
desta – scrive –, ma è la sola che ci permetta, pra-
ticamente, di attuare qualche progresso e di strap-
pare del terreno ai nostri avversa ri».75
Mentre la delegazione del Psiup a Lugano – come testimoniano sia Luzzatto che un articolo su«L'Av venire» che attribuisco a Marcello Cirenei –ha una posizione molto sofferta e problematica.
«La svolta di Salerno – ricorda Luzzatto – mette la sordina alle nostre posizioni classiste e socialiste
e quindi siamo contrari; in un secondo momento
pesa di più la posizione di unità nella lotta e quin-
di lasciamo cadere le nostre preclusioni».76
Quando Togliatti entra nel secondo governo Bo - nomi, il giornale riproduce da «l'Unità» di Romaun di scorso di Scoccimarro che confuta le critichedei socialisti e degli azionisti rimasti all'opposizio-ne, secondo le quali si tratta di «una capitolazione 75. A disposizione del Comitato di Liberazione, «Libera Stampa», 27 maggio 1944.
76. Testimonianza rilasciatami da L. LUZZATTO nel settembre 1983 e (M.
CIRENEI?), Il governo di coalizione nell'Italia liberata, «L'Avveniredei Lavoratori», 15 maggio 1944, n. 9.
L'AVVENIRE DEI LAVORATORI, 08/1-2 da certi principi pregiudiziali, quali quello anti-
monarchico o quello del l'epurazione del paese dai
responsabili fascisti».77
Per quanto riguarda poi i rapporti unitari tra sociali- sti e comunisti, «Libera Stampa» – come del resto tie -ne ad esplicitare – ha sempre accompagnato gli ar ti -coli sul patto d'unità d'azione dell'agosto 1943 «conun commento inteso non ad altro che a rettificare letendenziose interpretazioni di certa stampa rea naria, la quale pretendeva vedere in tali intese un as -
servimento del socialismo italiano al comunismo».78
Per entrare ancora più nei particolari: quando To - gliatti dalle colonne di «Rinascita» lancia la propo-
sta della «fusione» immediata con il famoso artico-
lo Partito nuovo,79 che scatena la rissa nel Psiup
mettendolo in ginocchio – tanto che lo stesso «uni-
tario» Nenni deve prendere le distanze ammonendo
che la politica non fa salti e che prima del partito
unico viene semmai l'unità d'azione spezzata pro-
prio dalla partecipazione comunista al governo –,
la reazione di «Libera Stampa» è invece entusiasta:
«L'ora auspicata anche dai nostri compagni – scri-
ve il giornale – affrettata anche dal loro desiderio,
77. M. SCOCCIMARRO, L'esperienza fascista ed i suoi insegnamenti, «Libera Stampa», 2 gennaio 1945.
78. Per una vera democrazia. Patto tra socialisti e comunisti nell'Italia occupata, «Libera Stampa», 16 novembre 1944. 79. P. TOGLIATTI, Partito nuovo, «Rinascita», ottobre-novembre-dicembre 1944, anno I, n. 4.
MERLI, LABORATORIO SILONIANO l'ora della fusione è per i compagni comunisti già
suonata».80
Il giornale ammette che la breve notizia di cui è in possesso consente solo poche righe di commento, ma
l'entusiasmo è tale che non si perita di passare sopra
le remore e le perplessità dello stesso Nenni,81 il qua -
le si rende conto dei pericoli per il suo partito che
celano e la fretta e il «salto della quaglia» di To gliat -
ti: «Pos siamo dire – scrive infatti il giornale – che ri -
tar dare di proposito anche di un giorno, un avveni-
mento che tanto potenzierebbe la capacità realizzatri-
ce rivoluzionaria della classe operaia, ritardarlo sen -
za necessità, non può corrispondere né alla volontà
né al desiderio di nessun socialista degno di questo
nome e tanto meno di Pietro Nenni che del l'Unità
pro letaria fu sempre deciso, convinto assertore. E lo
è certamente anche in questa ora».82
Questa l'atmosfera politica che Usellini trova nella redazione di «Libera Stampa». Un'atmosfera che un
poco lo condiziona; un ambiente che spesso lo sca-
valca (e se ne lamenta con Rossi, specie per le intru-
sioni di Luzzatto e per le scelte della direzione).83
80. Tra Nenni e Togliatti, «Libera Stampa», 12 gennaio 1945. Vedi anche Una proposta di Togliatti ed una risposta di Nenni, ivi, 11 gennaio 1945.
81. P. NENNI, La prova del fuoco dell'unità d'azione, «Avanti!», Roma, 7 gennaio 1945, ripubblicato anche nell'edizione mi lanese del l'«A van -ti!» clandestino del 10 gennaio 1945.
82. Tra Nenni e Togliatti, cit. 83. Vedi in Documenti: lettere di USELLINI a ROSSI del 13 settembre 1944 e del 17 novembre 1944.
L'AVVENIRE DEI LAVORATORI, 08/1-2 Si ha addirittura l'impressione che «Libera Stam - pa» e Canevascini più che «unitari» siano «fusioní-sti» senza residui rispetto allo stesso gruppo luga-nese (pur accusato di massimalismo e filo-comuni-smo) degli emi grati (L. Luzzatto, F. Santi, P. DellaGiu sta, L. Targettí, M. Cirenei, R. Morandi primadel suo rientro nel giu gno 1944).
Ci sono ovviamente oscillazioni e diversificazio- ni. Ma nel complesso possiamo dire, senza fare
indebite forzature, che essi accolgono criticamente
la «svolta di Salerno», anche se poi finiscono per
accettarla, che non tutti condividono i successivi
«salti della quaglia» di Togliatti; e che se non par-
lano di «grande partito socia lista» come fa invece
Pertini, svuotano però la parola d'ordine del «par-
tito unico» delle intenzioni strumentali e egemoni-
che dei comunisti, insistendo invece sull'«unità di
classe» e sul «partito nuovo».84
In sostanza, tra Usellini direttore de «L'Av ve ni re» e Usellini coordinatore della collaborazione ita lia na a«Libera Stampa» ci sono delle differenze di posi zio ni,che vanno al di là delle sfumature, e che pon go nodegli interrogativi, non solo a Mondolfo e Fa ra velli asuo tempo sconcertati da questo doppio ruo lo.
La direzione di Usellini de «L'Avvenire» è certa- mente più modesta rispetto a quella di Silone, ma è 84. Vedi il dibattito sulla proposta di «fusione» e «partito nuovo» in S. NERI SERNERI (a cura di), op. cit., documenti nn. 88, 89, 90, 93; L'archivioBasso e l'organizzazione del partito (1943-1945), cit., pp. 288-321.
MERLI, LABORATORIO SILONIANO coe rente con la lezione di questi e con la ricerca delperiodico.
Infatti, mentre infuria nel partito – sia in quello dell'Italia liberata che in quello del Nord – il dibat-
tito sulla proposta comunista di «fusione» immedia-
ta, Usellini nell'editoriale di apertura della sua dire-
zione scrive inequivocabilmente: «In cima a tutti i
pensieri e a tutte le volontà dei socialisti di oggi
un'e sigenza fondamen tale e suprema deve essere
po sta: il partito, l'organizzazione del partito, la com -
posizione, la struttura, la forza del partito».85
Viene quindi affermata la necessità di un «partito forte e organico», con accenti così intensi e convin-
ti che è difficile sottrarsi alla suggestione di un raf-
fronto con quanto Pertini, segretario per l'Alta
Italia, scrive a Nenni e a Saragat, che danno l'im-
pressione di essere ormai rassegnati alla fusione.86
L'editoriale da cui traggo questi concetti, Demo - crazia,87 va valutato attentamente perché rappre-
senta la sintesi del programma di Usellini (che del
resto esplicita più in concreto quello di Silone).
Usellini infatti, non solo respinge la strana (ma non tanto, visto che ancora oggi può avere qualche 85. (G. USELLINI), Contro corrente, «L'Avvenire dei Lavoratori», 24 feb- braio 1945, n. 20, a firma Us.
86. (G. USELLINI), Idee e uomini, ivi, 15 marzo 1945, n. 21, a firma Us.; PERTINI a NENNI e SARAGAT, in S. NERI SERNERI (a cura di), op. cit.,pp. 296sgg.
87. (G. USELLINI), Democrazia, «L'Avvenire dei Lavoratori», 15 aprile 1945, n. 23, a firma Us. L'AVVENIRE DEI LAVORATORI, 08/1-2 sug gestione) teoria secondo cui non ci sarebbe piùspazio per un partito socialista, dal momento chetutti si dicono socialisti; ma va a fondare le ragionidel partito anziché su considerazioni ideologichesulla complessità della composizione stessa dellaclasse lavoratrice italiana. Essa troverebbe infattirappresentanza unitaria proprio solo nel partitosocialista, perché non soffre di esclusivismo classi-sta (come il Pci), o intellettual-cetomedista (comeil Pda), o contadino (come la sinistra cristiana).
In quanto partito dei lavoratori, di tutte le forze del lavoro, il partito socialista «è in potenza destinato a
far precipitare nel crogiolo di un'unica lega "rivolu-
zionaria " tutte quelle forze, a fonderle in un unico
blocco, a unificarle in un unico organismo che, rac-
cogliendo la classe più numerosa di un popolo, ha i
maggiori diritti e conseguentemente i maggiori dove-
ri nel compito di organizzare e trasformare la società
nel legittimo interesse di tale maggioranza».88
Tutti questi ceti e strati popolari possono trovare nel partito socialista, che Usellini presenta quindi co me ilpotenziale «nuovo partito unico della mag gio ranza»dei lavoratori, la loro rappresentanza e il lo ro pro-gramma per il dopoguerra, che viene com pen dia to inuna sola parola, democrazia: de mo cra zia in ter na zio -na le (federalismo), democrazia istituzionale (re pub -blica), democrazia economica (so cia liz za zio ne).
88. Ibidem. MERLI, LABORATORIO SILONIANO Vengono spontanee alla mente le parole che pro- prio in quegli stessi giorni scrive Pertini: «Noi vo -
gliamo un grande Partito socialista, perché in seno
alla classe lavoratrice (cioè in seno all'intero popo-
lo italiano) trion fino le libertà democratiche a noi
tanto care. Se saremo forti noi – socialisti – sa rà l'i-
dea di libertà a trionfare».89
Se vogliamo trovare differenze tra Pertini e U sel - lini, potremmo concederci questa osservazione.
Pertini opta per un «grande partito socialista», per poi andare a costruire con i comunisti il «parti-to nuo vo», nel quale i socialisti possano far valerele loro istanze libertarie (nel partito, nel paese, nel -l'In ternazionale).
Usellini invece dà l'impressione (e per la verità più di una impressione) di ritenere che la «fusione» (non
solo dei comunisti, ma anche di tutte le altre forze
laiche o cristiane che si dicono socialiste) pos sa rea-
lizzarsi solo nel partito socialista, perché es so è risul-
tato vincitore sul piano della storia e, so prattutto, per-
ché tutti i ceti popolari italiani han no già indicato in
lui il contenitore delle loro aspi ra zioni.90
È a questo punto del dibattito che bisogna prende- re in considerazione un articolo di Usellini su «Li be -ra Stampa», proprio di quegli stessi giorni, in pole-mica con Faravelli, che rappresenta un vero e pro- 89. PERTINI a NENNI e SARAGAT, Torino 2 marzo 1945, in S. NERI SERNERI (a cura di), op. cit., p. 298. 90. (G. USELLINI), Democrazia, cit.
L'AVVENIRE DEI LAVORATORI, 08/1-2 prio scarto rispetto ai suoi scritti su «L'Av ve nire» e
che probabilmente non potrà essere chiarito fino a
quando non sarà a disposizione degli studiosi l'ar-
chivio di Ugo Guido Mondolfo, dove probabilmen-
te vi è un carteggio proprio su questo problema.91
E a rendere ancora più ingarbugliato il puzzle è la constatazione che l'articolo di Faravelli contro leprospettive fusioniste, che motiva la risposta pole-mica di Usellini, utilizza, con qualche approfondi-mento teorico, gli stessi argomenti che abbiamolet to nell'editoriale Democrazia.
Vale a dire che – a differenza del Pda e del Pci (il primo democratico non classista, il secondo espres-sione giacobina dell'«avanguardia proletaria») –, ilpartito socialista afferma invece la sua funzionestorica coagulan do volontà di emancipazione di tut te le classi del lavoro, proponendosi di diventa-re (secondo l'espressione di Usellini) «il nuovopartito unico della maggioranza» degli sfruttati.
«In questa visione profondamente democratica – scri ve infatti Faravelli92 – è ovvio come gli interessi
del proletariato possano via via armonicamente e du -
re volmente integrarsi con gli interessi delle altre clas -
si e ceti sfruttati del capitalismo: intellettuali, ar ti gia -
ni, contadini, insomma le classi ed i ceti co mu ne men -
91. (G. USELLINI), A proposito della «fusione». Risposta a G. Lombardi, «Li bera Stampa», 16 aprile 1945, a firma Us. 92. G. LOMBARDI (G. FARAVELLI), La funzione storica del Partito So cia - lista, «Libera Stampa», 14 aprile 1945. MERLI, LABORATORIO SILONIANO te detti "medi" senza i quali – special men te in Ita lia –nessuna rivoluzione socialista sa reb be attua bi le».
Usellini, in base a quanto ha scritto su «L'Av ve - ni re» (nel numero che porta addirittura la data delgiorno precedente la sua risposta a Faravelli), ov -viamente apprezza questa definizione del partitosocialista, ma non può dichiarare il suo accordoanche sul punto dolente della «fusione», in quantoFaravelli la esclude del tutto dall'orizzonte sociali-sta. Infatti Usellini sembra correggere o meglio at -te nuare le perentorie affermazioni che aveva fattenell'editoriale de «L'Avvenire» (forse un prezzopa gato al «fusionismo» di «Libera Stampa»), nelsenso che ora non ribadisce che la «fusione» puòes sere fatta solo nel partito socialista.
Forse qui sta la chiave per capire lo scarto tra i due articoli; tenendo anche presente che le cosenon si vedevano allora con la chiarezza con cui (re -la tivamente del resto) le possiamo vedere noi e chegrande era la confusione e molto cangianti le sfu-mature tra «fusione», «partito unico», «partito nuo -vo» (qualcosa del ge nere sta avvenendo ancora og -gi attorno al problema unitario, che secondo i puntidi vista viene inteso come «unità socialista», «unitàriformista», «unità della Sinistra» o presentato consottigliezze ancora più bizantine).
In sostanza la posizione di Faravelli deve essere parsa troppo difensiva e vetero-socialista a Usellini,il quale vede le cose non ingessate dalla dottrina, che L'AVVENIRE DEI LAVORATORI, 08/1-2 immobilizza, in termini rigidamente contrapposti,
una realtà che è in movimento. Infatti egli si rifà alla
sua esperienza romana, alla conoscenza diretta di
giovani co munisti e senza partito della sua genera-
zione, non oppressi dalle divisioni passate, disposti a
mettere in discus sione le loro scelte, per una «fusio-
ne» (non «assorbimento», come teme Faravelli e
come sarebbe stata nella realtà, potremmo aggiunge-
re noi oggi), che fosse qualcosa d'altro, di inedito e
creativo rispetto a quello che erano stati sia il Psi e il
Pci nella loro storia.93
In un editoriale su «L'Avvenire», dal titolo del resto significativo, Guardare avanti, Usellini si faappunto portavoce delle aspirazioni delle nuovegenerazioni che non hanno vissuto e quindi noncomprendono i motivi delle divisioni, scrivendo: «Occorre liberarsi dai vecchi schemi e dai vecchi nomi coi quali ancora si definiscono contrasti che,
alla base, sono spesso superati dai fatti e dal dive-
nire stesso delle nuove generazioni che non cono-
scono differenze».94
«Nella realtà dunque – conclude Usellini la sua risposta a Faravelli – i due punti di vista sono assaipiù vicini che non nella teoria e pertanto l'esigenzadella "fusione" mentre in questa potrebbe apparire 92. G. LOMBARDI (G. FARAVELLI), La funzione storica del Partito Socialista, «Libera Stampa», 14 aprile 1945. 93. (G. USELLINI), A proposito della «fusione»., cit.
94. (G. USELLINI), Guardare avanti, «L'Avvenire dei Lavoratori», 1° apri- le 1945, n. 22, a firma Us. MERLI, LABORATORIO SILONIANO fuori luogo e fuori tempo, in quella appare, a mio
avviso, legittima, giustificata e non inattuale».95
Questa probabilmente l'interpretazione più cor- retta del dibattito tra Faravelli e Usellini sulla pro-posta di Togliatti; che è in coerenza del resto e conl'elaborazíone complessiva de «L'Avvenire» e conla storia per sonale stessa di Usellini, a fianco diFaravelli nelle scelte fondamentali fatte nel dopo-guerra dalla diaspora del socialismo autonomista efederalista, come collaboratore di «Critica Sociale»e de «L'Umanità», il quotidiano nato dopo la scis-sione di Palazzo Barberini.
«L'Avvenire» del resto dà risalto a un messaggio di Nenni che tranquillizza Pertini: «Su questionefu sione nostra politica identica vostra. Partito inpieno sviluppo» e a un articolo di Saragat che au -spi ca l'«armonizzazione delle esperienze sociali rus se con le esperienze politiche occidentali», sotto
la guida socialista e la burista (mi permetto di sotto-
lineare), in cui «Il Tempo» di Roma vede un auspi-
cio di centro-sinistra «che sarebbe ben accolto –
aggiunge – dalla maggioranza degli italiani».96
Il «fantasma socialista» si affacciava affascinan- do il popolo di sinistra e preoccupando gli operosiartefici del bipolarismo e del consociativismo, giàall'opera.
95. (G. USELLINI), A proposito della «fusione». Risposta a G. Lombardi, cit.
96. Dal Bollettino del Psiup del 7 aprile. (Segreteria del Partito per l'Alta Italia), «L'Avvenire dei Lavoratori», 1° maggio 1945, n. 24. L'AVVENIRE DEI LAVORATORI, 08/1-2 Per intanto questa collaborazione tra i futuri direttori di «Critica Sociale» (U. G. Mondolfo e G.
Faravelli) e il discepolo di Colorni e Silone (G.
Usellini) muove i primi passi appunto sulle paginede «L'Avvenire» e proprio sul tema del federalismosocialista, con il quale Usellini si sente più in sin-tonia rispetto al federalismo di Ventotene, non-ostante il suo rapporto con Rossi e la sua collabo-razione a «L'Unità Europea».
Il nuovo fronte di dibattito è aperto da Mondolfo, intervenuto (come abbiamo visto) sull'opuscolo
del la Wootton, per sostenere l'integrazione tra fe -
de ralismo e socializzazione, proiettando sulle pagi-
ne de «L'Avvenire» una querelle già in corso epi -
sto larmente tra Mondolfo e Faravelli da una parte e
Rossi dall'altra.97
Approdato fortunosamente in Svizzera nel feb- braio 1945, dopo aver «tagliato la corda» (comedice lui stesso) dal penitenziario politico diCastelfranco E. (dove scontava una condanna a 30anni di reclusione) e aver girovagato clandestina-mente per l'Italia qualche mese, Faravelli incomin-cia a ritessere la tela del socia lismo riformista, lacerata dallo «strappo» di Nenni e dagli avveni -men ti del 1940 con la invasione della Francia.
L'inesausta passione politica coagula attorno al suo attivismo (pur frenato dal ricovero in ospedale 97. Vedi il carteggio tra MONDOLFO, FARAVELLI e ROSSI per l'anno 1945, in P. C. MASINI e S. MERLI (a cura di), Il socialismo al bivio., cit.
MERLI, LABORATORIO SILONIANO per i postumi di Castelfranco e dalle leggi svizzere
sui rifugiati)98 un centro informale di elaborazione
e dibattito, che rimette in discussione la leadership
di Nenni, accettata, pur con i distinguo che cono-
sciamo, sia da Silone che da Usellini.
Questo centro informale – pur avendo a disposi- zione poche settimane di tempo, dalla metà del feb-braio del 1945 alla Liberazione – riesce a coinvol-gere nel dibattito diversi protagonisti della ripresaso cialista (Mondolfo, Rossi, Battisti, Santi, Ales -san dro Levi, Vigorelli, Usellini ecc.) e soprattutto aporre gli incunaboli della futura corrente di «Cri ti -ca Sociale», che tanta parte avrà nelle vicende delso cialismo autonomista e federalista dall'agosto 1945 (quando la rivista riprende le pubblicazioni)alla «svolta» nenniana del 1956, alla quale apportaun contributo politico e teorico che la storiografiasta mettendo in luce e valorizzando.
I punti centrali del dibattito tra Faravelli, Mon dolfo e Rossi sono quelli che abbiamo già incontrati inqueste pagine: la «fusione», che Faravelli considera«un fenomeno di pederastia politica passiva» daparte c coloro che Rossi (che pure non la manda adire) chiama «comunisti non riusciti»; la socializza-zíone, che all'opposto di quanto avviene nel comuni-smo, «tende a fortificare la società e l'individuo con-tro lo stato»; il federalismo, che Faravelli rivendica 98. Vedi lettera di FARAVELLI a CANEVASCINI del 1° marzo 1945, in Archivio Canevascini, Bellinzona.
L'AVVENIRE DEI LAVORATORI, 08/1-2 alla tradizione di «Critica Sociale» e alla Tesi diTolosa che ha firmato coi Caffi.
Sul federalismo Faravelli ripete a Rossi le osserva- zioni e le critiche di Mondolfo: evitare di cadere nel
formalismo, stare con i piedi per terra, non prescin-
dere dalle forze concrete che possono sostenere la
lotta per la federazione, vale a dire i partiti socialisti
europei. Salvemini a sua volta gli scrive dall'Ame ri -
ca di non starsene in Svizzera «a fabbricare castelli in
aria», di rientrare in Italia «dove la federazione euro-
pea si costruisce dalla base», e di prendere posto nel
partito socialista per sostenervi l'alleanza «con i re -
pubblicani e i democratici sul serio» e per combatter-
vi «l'associazíone dei socialisti con gli stalinisti».99
«Ho molto piacere che ti interessi del movimento fe - de ralista per il quale ho molta simpatia – gli scrive Fa -ra velli a Ginevra dall'Ospedale Civico di Lugano do -ve è ricoverato. – Già parecchio tempo prima dellaguer ra io sostenevo – contro i sostenitori di una politi -ca di resistenza al fascismo basata sulla difesa dei rot -ta mi del trattato di Versaglia: i cosiddetti "bellicisti"ca peggiati dai comunisti; e contro i fautori del "nonin tervento": i "capitolardi" – sostenevo che il fascismoa vrebbe dovuto affrontarsi con la parola d'ordine: "Sta ti Uniti d'Europa". Non bisogna tuttavia nascon - 99. E. ROSSI a G. FARAVELLI, 16 marzo 1945 e FARAVELLI a ROSSI, 18 marzo 1945, in Il socialismo al bivio, cit.; G. SALVEMINI a E. ROSSI,New York, 12 dicembre 1944, ora in G. SALVEMINI, Letteredall'America 1944-1946. Bari, Laterza, 1967, pp. 58-65. MERLI, LABORATORIO SILONIANO der si un pericolo: che il movimento federalista – per-
dendo e vista le forze sociali e politiche [che] dovreb-
bero esserne il naturale e più forte e risoluto sostegno:
le classi lavoratrici – vada a isterilirsi nel giuridico, nel
formalistico e nell'astratto. Una ten denza di questo ge -
nere darebbe esca a quei socialisti imbecilli per i quali
non è il caso di parlare di federazione europea pri ma
che il proletariato abbia conquistato dappertutto il po -
tere; e ai bolscevichi e bolscevizzanti per i qua li fede-
razione è sinonimo di sovietizzazione generale».100
Faravelli ribadisce queste sue posizioni – che sono poi quelle, abbiamo visto, del federalismo socialista
– anche in un intervento su «L'Avvenire», prendendo
spunto (con il retroscena del carteggio in corso con
Rossi) da un articolo di Erich Valär, già del Centro
estero, che sollecita la Conferenza dei partiti sociali-
sti riunita a Londra nel marzo 1945, a dotarsi di una
propria «politica estera» per superare le tensioni e i
contrasti tra interessi nazionali e necessità interna -
zio nali, causa non ultima della disfatta del vecchio
in ternazionalismo.101
Ma dotarsi di una propria «politica estera» com- porta una profonda autocritica; vuol dire superare i 100. FARAVELLI a ROSSI, 10 marzo 1945, in Il socialismo al bivio, cit., p. 17.
101. (ERICH VALÄR), Per l'Internazionale Socialista, «L'Avvenire dei Lavoratori», 15 aprile 1945, n. 23. Sui tentativi di ricostituzione del -l'Internazionale Socialista nel marzo 1945 vedi RUDOLF STEININGER,L'Internazionale Socialista dopo la seconda guerra mondiale, in LaSinistra europea nel secondo dopoguerra 1943-1949, a cura diMARTA PETRICIOLI. Firenze, Sansoni, 1981, pp. 142sg.
L'AVVENIRE DEI LAVORATORI, 08/1-2 miti contrapposti della Seconda e della Terza In ter -
na zionale (l'una solo ufficio di informazione e col -
le gamento, l'altra appendice diplomatica del go -
ver no russo) e prendere atto che «non esistono più
soluzioni nazionali dei problemi politici, economi-
ci e sociali» (così sostiene Faravelli raccogliendo
le sollecitazioni di Valär); e pertanto «l'Italia di do -
ma ni – come d'altronde ogni altro paese – sarà quel
che sarà l'Europa di domani, quel che sarà il mon -
do di domani».102
Faravelli liquida come «residuali atteggiamenti del massimalismo nullista» posizioni come quelle
espresse da Luzzatto su «Libera Stampa» (prima la
conquista del potere poi le sovrastrutture politi-
che)103 e sostiene la necessità (accogliendo quindi
l'in vito di Bondy)104 di appoggiare, pur nelle im -
man cabili differenziazioni tutte quelle correnti che
vanno nella stessa direzione di portare l'internazio-
nalismo sul terreno della realtà.
«Senza tuttavia nasconderci – chiaro messaggio a Rossi, per ribadire le critiche di Salvemini –, anzi ap -punto nella precisa consapevolezza che quell'opera,se non sarà sostenuta da loro, se non sarà cioè fonda-ta sul concorso della classe lavoratrice e non si ispi- 102. (G. FARAVELLI), Per una vera Internazionale Socialista, a firma G.
LOMBARDI, «L'Avvenire dei Lavoratori», 1° maggio 1945, n. 24. 103)(L. LUZZATTO), I socialisti e l'unità federale degli Stati, «LiberaStampa», 5 settembre 1944, a firma L.
104. (FRANÇOIS BONDY), Socialismo e federazione europea, «Libera Stampa», 12 settembre 1944, a firma F. B. MERLI, LABORATORIO SILONIANO rerà largamente al suo programma, minaccerà di pe -
ri re nel formalistico, nel giuridico, nell'astratto, nel -
l'u to pistico e di naufragare. come il pacifismo del
fu Teodoro Moneta. Senza una Internazionale socia -
li sta, degna di questo nome, che li sorregga – conclu-
de Faravelli –, non ci sono Stati Uniti e Federazioni
eu ropee e mondiali possibili».105
L'articolo di Faravelli compare nel numero del 1° Maggio del 1945 (a Liberazione avvenuta da pochigiorni), che riporta anche un documento del conve-gno interregionale del Psiup dell'Alta Italia, tenutoa Milano il 19 novembre 1944, che sul punto all'or-dine del giorno Ricostruzione dell'Internazionale eU nità Europea, afferma la «stretta e fattiva colla-borazione» tra socialisti e gruppi federalisti: 4. «I socialisti – recita il documento – danno quin-
di il loro appoggio ai movimenti che agitano, senza
mire interessate, l'idea di – una federazione dei po -
po li europei, fondata sull'esigenza popolare di sta-
bilire un'unità economica e politica superiore agli
stati e ad ogni forma di autarchia nazionale».106
Questa a favore del federalismo è l'ultima batta- glia sostenuta da «L'Avvenire dei Lavoratori»,
prima che con il ritorno in Italia degli esuli, dopo il
25 Aprile,107 il periodico perda le caratteristiche che
105. (G. FARAVELLI), Per una vera Internazionale Socialista, cit.
106. Per la Federazione europea, «L'Avvenire dei Lavoratori», 1° maggio 1945, n. 24.
L'AVVENIRE DEI LAVORATORI, 08/1-2 co nosciamo, di elaborazione dibattito e documen-tazione, per assumere quelle, più modeste, di orga-no della federazione socialista italiana in Svizzera.
Tuttavia, per qualche numero ancora, «L'Av ve ni re» si fa eco delle nuove battaglie politiche, che il grup poche lo ha alimentato sostiene in Italia fino al pri moConsiglio nazionale del Psiup del luglio-a go sto 1945,tenuto a Roma alla presenza dei delegati sia del Nordche del Centro e del Sud, che per la prima volta hannol'opportunità di confrontare le varie linee della dialet-tica del partito socialista dopo l'agosto 1943.
Rientrati dall'esilio Faravelli e Usellini e via via tutti gli altri, Mondolfo, rimasto in Svizzera perché
ammalato, si sobbarca non senza qualche preoccu-
pazione, l'impegno di garantire «un'ordinata colla-
borazione nostra» (sono sue parole) a «Libera
Stampa» e a «L'Avvenire»,108 in modo da non la -
sciar spegnere la fucina che ha alimentato il socia-
lismo «liberale» di Silone e Usellini e quello «rifor-
mista» di Mondolfo e Faravelli. Infatti di lì a pochi
mesi, dopo l'equivoca conclusione del Consiglio
nazionale del luglio 1945, costoro riter ranno oppor-
tuno di non perdere altro tempo e di riprendere per-
tanto le pubblicazioni della gloriosa testata di
107. PIERO DELLA GIUSTA, Da Milano operaia e socialista, «Libera Stampa», 14 maggio 1945; U. G. MONDOLFO, Il saluto dei rifugiatiitaliani, ivi, 5 luglio 1945; (G. USELLINI) Saluto, ivi, 7 luglio 1945 (in«La pagina dell'emigrazione italiana»).
108. U. G. MONDOLFO a FARAVELLI, Acquarossa 1° maggio 1945, in Il socialismo al bivio, cit., p. 36.
MERLI, LABORATORIO SILONIANO Turati, «Critica Sociale», come premessa per lacostituzione di un movimento omonimo.
Intanto, il Vento del Nord spazza via il governo Bo - no mi, che i socialisti, pur all'opposizione, dovetterosubire per non intralciare lo sforzo bellico e per nonrompere del tutto il rapporto con i comunisti, già delre sto incrinato dalla scelta moderata di questi ultimi.
Entrato in crisi il regime di compromesso, la candi- datura Nenni alla presidenza del Consiglio si imponecome conclusione della insurrezione partigiana delNord e della politica del Psiup, che ne interpreta le a -spi razioni politiche e sociali più avanzate.
Ma causa veti incrociati, palesi o sotterranei, il ten- tativo socialista di spostare a sinistra la linea del go -verno si scontra con le ambizioni di De Gasperi chesente avvicinarsi l'ora della leadership e con i calco-li miopi di Togliatti che vuole conservare inalterato ilquadro politico per mortificare il ruolo dei socialistie spegnere le velleità dei dirigenti resistenziali.
«Perciò l'appoggio comunista alla candidatura del leader del partito socialista di unità proletaria alla
direzione del governo fu soltanto di facciata»: con-
clude Baget Bozzo la sua acuta analisi del crepusco-
lo della «speranza socialista» e dell'alba dell'egemo-
nia democristiana.109
Nenni, che subisce il fascino di Togliatti e il ricat- to del suo «opportunismo rivoluzionario», non si ac - 109. G. BAGET BOZZO, Il partito cristiano al potere. La Dc di De Gasperi e di Dossetti 1945-1964. Firenze, Vallecchi, 1974, p. 72. L'AVVENIRE DEI LAVORATORI, 08/1-2 cor ge della nuova «bomba Ercoli» (la terza, dopo
quel la di Salerno e quella della «fusione») mimetiz-
zata dietro i cartelli «Vogliamo Nenni al governo»,
«Nenni al governo De Gasperi in sagrestia». Nel suo
viaggio assieme a Togliatti, subito do po la Libe ra zio -
ne, nelle capitali operaie del Trian golo, Nenni è tra-
volto dalla pressione di massa, alimentata dai comu-
nisti e dagli slogans «unità unità»; scrive commosso
nel suo diario: «Ho sentito salire verso di me la fidu-
cia del popolo».110
Quando Togliatti a Torino nel maggio 1945, ri - lan cia la parola d'ordine della fusione immediata,e gli è colto in contropiede, tanto da preoccuparsidel le resistenze autonomistiche nel suo partito an -zi ché avvertire sul tamburo che la candidatura so -cia lista si avvia al tramonto prima di sorgere. I car-telli inneggianti alla sua presidenza tolgono De Ga -speri dalla «sacrestia» – come scrive Baget Bozzo– facendone il leader nazionale delle forze modera-te e mettono lui in quarantena e sotto tutela comu-nista. Togliatti lo scavalca di nuovo con una meto-dologia consociazionista che vede nell'alleatosocialista il suo avversario storico (con un atteggia -mento uguale e contrario a quello della Dc).
Non sappiamo come avrebbe reagito il «laboratorio svizzero» se fosse stato ancora in funzione; proba -bilmente avrebbe condiviso (salvo Faravelli che vede 110. P. NENNI, Tempo di guerra fredda., cit., pp. 116sg., in data 18-28 MERLI, LABORATORIO SILONIANO più avanti di tutti con molti anni di anticipo) le posi-
zioni di Mondolfo, rimasto solo a rappresentarlo, il
quale in uno degli articoli pubblicati dopo il 25 Aprile
capisce la manovra tattica che si ripromette Togliatti
contro la candidatura Nenni, ma non si accorge del
disegno stra tegico bipolare che muove i primi passi e
che avrà molta fortuna e che procurerà altre delusioni
e disavventure alle aspirazioni socialiste: «Intanto è
evidente – scrive infatti Mondolfo – che è bastato l'an-
nunzio di una pos sibile fusione tra socialisti e comu-
nisti per creare ostilità contro una soluzione socialista
della crisi, che altri menti sarebbe potuta apparire la
più opportuna e naturale, dato che del programma del
partito socialista nes sun punto poteva giustificare un
atteggiamento di insuperabile opposizione degli altri
partiti o, almeno della maggioranza di essi».111
Mondolfo non si capacita come mai Nenni, il qua le in volumi pubblicati nell'esilio112 ha aspramente de -
nunciato gli errori dell'altro dopoguerra e fatto l'au -
tocritica del movimento socialista, voglia riper cor rere
an cora nel 1945 l'esperienza negativa del 1919-1922,
quando massimalisti e riformisti, con dan nandosi a
rimanere assieme, si impedirono reci pro camente fino
all'impotenza e quindi alla sconfitta.
111. (U. G. MONDOLFO), La situazione italiana vista da un italiano, «Libera Stampa», 13 giugno 1945.
112. MONDOLFO allude ai seguenti volumi di NENNI: Six ans de guerre civi- le en Italie. Paris, Valois, 1930, pp. 240 e La lutte de classe en Italie,con prefazione di FILIPPO TURATI. Paris, Ed. de la «Nouvelle RevueSo cialiste», 1930, pp. 330.
L'AVVENIRE DEI LAVORATORI, 08/1-2 È un interrogativo che pone ancora oggi la storio- grafia, in quanto su quel nodo si giocarono le chan-ces socialiste in questo dopoguerra.
Lo stesso Mondolfo, che pure denuncia gli errori di Nenni, mostra di non avere a sufficienza gli «oc -chi aperti» sulla attualità (come aveva ammonito Si -lone).
E infatti ancora nel suo ultimo scritto su «L'Av ve - nire», La situazione italiana e i compiti dei so cia li -
sti,
113 Mondolfo ritorna ad esortare a non ripetere gli
er
rori commessi dai massimalismi di Bor Bom bacci e i dele teri scimmiottamenti (da parte de«L'Ordine Nuovo») della «dittatura del proletariato»sovietica con l'occu pazione delle fabbriche; ma infondo non ritiene una sconfitta storica la caduta dellapresidenza socialista. Non solo perché ha portato algoverno Parri, simbolo della Resistenza, ma perchési illude che la candidatura Nenni avrebbe potutoriproporsi, a chances intatte, in situazione più favore-vole e con un partito più consapevole e preparato.
Mondolfo dà così prova di non accorgersi della trappola conosciativa che sia De Gasperi che To -gliatti, abbaiandosi ma non mordendosi, stanno dis -simulando sul cammino socialista, ostruendolo poiper tutti gli anni della incipiente guerra fredda e delcen trismo/frontismo. Ma allora le prospettive delpartito sembravano ancora intatte.
113. (U. G. MONDOLFO), La situazione italiana e i compiti dei socialisti, a firma MUG, «L'Avvenire dei Lavoratori», 15 luglio 1945, n. 27. MERLI, LABORATORIO SILONIANO Al Consiglio nazionale del luglio-agosto 1945, sia Silone che Saragat, sostenuti dall'entusiasmo
del la platea, possono proclamare la loro intatta fi -
du cia nel partito socialista, «centro della vita italia-
na» con un «grande avvenire avanti a sé» e alfiere
di una «unità organica» non egemonizzata dai co -
mu nisti.114
Infatti Saragat, alla fine del 1944, in seguito an che alla esperienza all'ambasciata italiana di Pa ri gi, com-pie una autocritica che, dal sodalizio con Nenni, loporta a studiare con attenzione le ragioni del l'autonomismo di Blum che fa dei socialisti il pi -
lastro della politica francese.115 E Silone, rientrato
dall'esilio, do po essersi ac costato a Nenni e aver po -
lemizzato con il suo antico protettore, Luigi An to -
nini116 pone fine a queste oscil lazioni e assume una
posizione unitaria con Saragat (determinante per
tenere il partito fuori dal secondo go verno Bo nomi),
per poi firmare assieme la mozione di minoranza,
alla prima riunione plenaria dopo la Libe razione, che
fissa le coordinate della politica autonomista.
La vittoria di Nenni al Cn è netta, legittimo il suo compiacimento, peraltro offuscato dalla sensazione 114. Vedi gli interventi di G. SARAGAT e I. SILONE a p. 330 e p. 333 de Il primo Consiglio Nazionale del Psiup, in Almanacco socialista 1946(a cura di G. PINI).
115. E. DECLEVA, La Francia del 1945-1946 nella testimonianza di Giu - sep pe Saragat, da A. MIGLIAZZA e E. DECLEVA (a cura di), Di plo ma -zia e storia delle relazioni internazionali. Milano, Giuffrè, 1991, pp.
503-523.
L'AVVENIRE DEI LAVORATORI, 08/1-2 che il partito lo accetta come capo, «ma non è con-
vinto della necessità di marciare con i comunisti».117
Egli accusa Saragat di essere venuto da Parigi con un discorso già confezionato, per imporre undibattito inutile sulla fusione. Saragat ha certamen-te registrato la sua strategia nell'osservatorio privi-legiato dell'amba sciata di Rue de Varenne; ma ildibattito che Nenni ritiene fuorviante è alimentatoineluttabilmente da una po litica che certo non pre-vede la fusione nell'immediato, ma la sposta peròin avanti, a un momento più oppor tuno dopo laCostituente. Nenni quindi non dà affatto garanzie,considera a tempo il suo partito, che in questo mo -do viene a trovarsi a rimorchio della forza che nelbipolarismo incipiente è destinata a perdere.
«De Gasperi, per agganciare Nenni alla sua can- didatura – scrive Baget Bozzo –, giunse a proporre
una sorta di gestione consolare della presidenza del
consiglio, che il leader socialista rifiutò. Con tutta
probabilità Nenni contribuì con questo rifiuto alle
successive fortune politiche di De Gasperi, poiché
un regime consolare, di cui il segretario democri-
stiano avesse avuto la responsabilità formale,
avrebbe non rafforzato ma indebolito la pretesa
della Dc di rappresentare la forza di ristabilimento
della legalità».118
116. I. SILONE, L'errore di Antonini, «Avanti!», Roma, 25 febbraio 1945. 117. P. NENNI, Tempo di guerra fredda., cit., p. 135. 118. G. BAGET BOZZO, op. cit., pp. 72sg.
MERLI, LABORATORIO SILONIANO Cito ancora Baget Bozzo, perché, tra gli storici di questo periodo, valuta con più lucidità quale posta si
giocano il partito socialista e il suo leader. Ma questi
scrive invece con soddisfazione di aver detto «no»
all'«offerta di una vistosa vicepresidenza»,119 quando
la stessa dirigenza democristiana teme l'incognita di
un gover no a mezzadria con i socialisti,120 che avreb-
bero potuto condizionarla sul problema istituzionale.
Nella mozione che Silone illustra alla tribuna del Cn, come anche nell'intervento di Saragat, è possibile leg-
gere le ragioni che legittimano l'ambizione so cia li sta
al la centralità nella vita politica italiana: «Far gra vi ta -
re intorno a sé un aggruppamento di forze po li ti che che
siano concordi a condurre la bat taglia per la Co sti -
tuente, in base ad un programma comune di azione».121
Ma è ancora possibile una convergenza attorno al par tito socialista, quand'esso è ormai in preda al l'a -nomia, non ha più fiducia in un suo ruolo dirigente,si ri tie ne anzi provvisorio, esponendosi a in fil tra zionie in quinamenti? È ancora possibile questa conver-genza quan do, in conclusione, il cuore batte già perun «par ti to nuovo», i cui termini sa reb bero stati de -fini ti dai co munisti? L'interrogativo se lo sono postiin molti allora e in seguito e la risposta è stata, nel-l'un caso e nell'altro, inequivocabilmente «no».
119. P. NENNI, Tempo di guerra fredda., cit., p. 122. 120. G. BAGET BOZZO, op. cit., p. 73n.
121. I. SILONE, La lotta per la democrazia e per il socialismo, «L'Avvenire dei Lavoratori», 15 settembre 1945, n. 31. L'AVVENIRE DEI LAVORATORI, 08/1-2 Nenni non comprende che la proposta togliattiana per il «partito nuovo» lanciata a Torino, nel pieno
della campagna per la presidenza socialista e alla
vigilia della prima assemblea nazionale, è mirata a
delegittimare il suo partito e ad isolarlo da potenzia-
li alleati. Essa fa quindi da pendant al disegno delle
forze moderate tendenti (come afferra invece
Silone) a spingere i socialisti «nell'ambito dei co -
mu nisti sviluppando una mano vra di isolamento del -
l'avanguardia del proletariato (classe operaia) dal re -
sto dei lavoratori (contadini e ceti medi)».122
Nenni afferma che «l'unità organica non è pro- blema di oggi»; si rende conto che «introdurre ogginella vita politica italiana questo elemento in parteartificiale della creazione a tamburo battente di unnuovo partito unificato potrebbe avere conseguen-ze deplorevoli nei confronti della prossima batta-glia per la Costituente».
Ma poi aggiunge e specifica meglio, per tranquil- lizzare l'alleato comunista, di modo che non ci sia -
no dubbi sulla sua politica: «Ma, o compagni, se
l'u nità d'azione ha un senso e una logica, se non è
un espediente, se non deve servire a mascherare al -
tre intenzioni, il suo punto di conclusione è la for-
mazione in Italia di un grande partito dei lavorato-
ri che seppellisca per sempre le scissioni e ci avvii
verso una vita nuova (Applausi)».123
122. I. SILONE, La lotta per la democrazia e per il socialismo, cit. 123. Intervento di NENNI al I° Consiglio Nazionale del Psiup, op, cit., p. 327. MERLI, LABORATORIO SILONIANO Silone gli risponde che non basta dichiarare il par- tito nuovo un problema da risolvere in futuro, per ché
questa incertezza di linea può indurre nella gen te
l'im pressione che il partito socialista è a termine, de -
stinato ad essere assorbito e diretto dai comunisti.124
Saragat ribadisce che se il partito socialista ri nun - cia alla sua autonomia, «le classi lavoratrici pas sano
sot to il controllo di partiti che, non per ra gio ni mec-
caniche, ma per simpatie ideologiche sono già acqui-
siti ad uno dei grandi Stati vincitori».125 «Non basta
perciò dichiarare – conclude la mozione illustrata da
Silone – che il partito nuovo è un problema da risol-
vere dopo la Costituente, ma occorre che il Partito
So
cialista rivendichi oggi la propria autonomia e fun zione specifica, dissipando quei dubbi e quelle in -
certezze che sono derivati dal la mancanza di caratte-
rizzazione della sua politica, alla quale le oscillazio-
ni e le ambiguità minacciano di togliere qualsiasi
pos sibilità di successo».126
Gli interventi di Saragat e di Silone e la mozione di minoranza da essi presentata, con l'affermazionedel l'umanesimo socialista sul piano teorico e dellaautonomia del partito sul piano politico, riassumonoe conclu dono l'elaborazione e la lotta con dot ta da«L'Avvenire» nell'anno e mezzo di vita in cui il pe -rio dico fu diretto prima da Silone poi da Usellini.
124. I. SILONE, La lotta per la democrazia e per il socialismo, cit. 125. SARAGAT al I° Consiglio Nazionale del Psiup, op. cit., p. 330. 126. I. SILONE, La lotta per la democrazia e per il socialismo, cit.
L'AVVENIRE DEI LAVORATORI, 08/1-2 Nella nuova Direzione che si forma dopo il Con si - glio, entrano per la prima volta, tra gli altri, SiloneSa ragat Faravelli, mentre rimangono fuori Zagari Co rona e gli esponenti del Comitato Politico (ora di«Inizia tiva Socialista»), forse perché isolati per leloro esasperazioni classiste e antiunitarie.
Il socialismo de «L'Avvenire» è minoritario ma non sconfitto al convegno nell'aula magna del liceo Vi -sconti. Infatti da lì incomincia una nuova storia che,pur nel dramma della lotta di corrente, della scissionee della diaspora, lo consacra custode di un'identità e diuna prospettiva, di cui sono poste le premesse nellaTe si di Tolosa di Caffi-Faravelli, nel federalismo diCo lorni, nel Centro Estero di Silone-Gorni.
Il fiume carsico del socialismo liberale e riformista, in grottatosi negli anni del dominio incontrastato delbi polarismo Dc-Pci e del manicheismo della guerrafredda, incomincia a riemergere alla luce del sole giànel 1953, ma poi definitivamente con la «uscita di si -cu rezza» dell'autocritica nenniana al congresso diVe nezia del 1957, al cui successo i socialismi de«L'Av venire», di «Critica Sociale», di «Iniziativa So cialista», di «Europa Socialista», de «L'Umanità»,di «Italia Socialista», de «Il Pon te», ecc. hanno datoun contributo «polifonico» (per usare un'espressionedi Silone) che la storiografia, specie dopo il Midas el'89, sta scoprendo e valoriz zando.
"Compagni amici, e compagni avversari; non voglio, non debbo dire nemici" IL DISCORSO DI FILIPPO TURATI AL XVII CONGRESSO NAZIONALE DEL PARTITO SOCIALISTA ITALIANO Resoconto stenografico LIVORNO, 19 GENNAIO 1921 SEDUTA POMERIDIANA Presiede Altobelli Argentina Il presidente: Ed ora la parola è al compagno on.
Fi lip po Turati. (Mol tis si mi applausi, ai quali si con -trap pone da parte dei co munisti il grido di «Vi va laRussia!». Tutti i congressisti applaudono. Ap plau -de anche l'on. Turati che è già salito alla tri buna.
Commenti a ni ma tis simi).
T U R A T I : Compagni amici, e compagni avver -sa ri; non voglio, non debbo dire nemici.
L'AVVENIRE DEI LAVORATORI, 08/1-2 A Bologna, un anno fa, in un discorso molto con- trastato, che forse ebbe tuttavia qualche conferma daifatti, io vi pregavo di accogliere le mie parole co meun testamento. Io non debbo, senza volere a ve re lasciocca presunzione, e ridicola, di aggiungere lugu-bre solennità alle mie parole, poche parole, nondebbo e non posso farvi altra dichiara zione oggi.
Più che mai, anzi, debbo ringraziare il Partito ed il Congresso che mi ha lasciato in vita, che mi la -scia tuttora in vita.
È stato un po' il mio destino d'essere sempre un im - putato, da vanti a questo o quel tribunale, e quando èun tribunale rivoluzionario, che non vi schianta com -pletamente, che non vi lascia qualche respiro, è un tri-bunale molto mite, a cui bisogna essere grati. Per ciòio invoco ancora la vostra cortesia, tanto più che lemie parole, siano dette per la frazione cui ap par tengo,o per fatto personale, o per di chiarazione an ticipata divoto, potranno essere as solutamente bre vi, più brevidi quelle di tutti gli altri che mi han no preceduto, se,s'intende, avrete la cortesia di non in troppo, e non avrete interesse ad in ter rompermi, spe-cialmente i com pagni che desiderano condannarmi.
Costoro han no tut to l'interesse, perché la loro con-danna abbia un'ap pa renza di fondamento, di sentirela mia esposizione, che non abuserà né del lo ro temponé urterà volontariamente i loro sentimenti.
Lontana da me ogni intenzione, anche se una pa - rola fosse mal detta o male intesa, ogni intenzione urtante od offensiva, e voi, che siete i più bolscevi-chi di tutti, dovrete ammettere questa confessionealla russa, fatta ad alta voce.
Non ho bisogno di molto tempo, né per fatto per- sonale, né per dichiarazione di voto.
Non per fatto personale, perché sebbene in un certo senso tutto questo Congresso sia un po' ancheil mio processo – anzi, io dovevo averne uno spe-ciale, fui rimandato dalla Camera di Consiglio aquesta Corte di Assise per uno speciale processoche forse l'angustia del tem po soltanto non faràcelebrare con tutti i riti – tuttavia io constato che lostesso Congresso, gli stessi oratori che mi accusa-no, mi hanno anche un po' difeso.
E poi, consentite questo orgoglio testamentario e innocuo: credo che nel profondo dei vostri cuorisentiate che, dopo tutto, la mia dife sa personale,più che nelle parole è in me stesso. Ma io non avvi-lirò, non umilierò, non immiserirò il Congresso conuna discussione di pic cole minuzie, quali sono ap -punto i fatti personali.
Che io abbia usato in un'occasione o in un'altra una frase più o meno opportuna, che un mio atto,come quello di chiunque altro, pos sa essere statoqualificato a torto o a ragione – io dico a torto – iorivendico i miei infortuni sul lavoro come una partedella mia sincerità, del mio dovere verso il Partito;ma ad ogni modo, che abbia in cappato in un infor-tunio sul lavoro, tutto ciò non può scompormi mol - L'AVVENIRE DEI LAVORATORI, 08/1-2 to, tutto ciò prova che ho lavorato! Gli infortuni sullavoro non avven gono ai critici inerti, a coloro chenon si prestano al rude lavoro (bravo!), essi d'al-tronde hanno una ben misera importanza per chinon si crei degli idoli, dei feticci personali.
Se il nostro Partito è un Partito di classe, se la nostra azione è veramente un'azione di storia, glierrori, fossero pure tali, dei singoli uomini, comun-que si chiamino, non possono che scalfirne appenal'epi dermide.
Amici e compagni, abbattiamo tutti gli idoli, tutte le idolatrie, an che questa idolatria a rovescio checonsiste nel sopravalutare gli atti e le parole deisingoli uomini, si chiamino Turati, Serrati, ancheMarx o Lenin, come se la forza, la coscienza, l'a-zione fossero in determinati uomini che potesserotutto compromettere, e non fossero nella vostragrande coscienza, nella forza grande di tutto ilPartito socialista.
Dunque alla pattumiera tutte le misere quisqui- glie personali. Le viamoci più alto, al di sopra diqueste miserie, e soprattutto degli uomini e dellepersone.
E neppure varrebbe la pena di un lungo discorso per una dichiararazione anticipata di voto, dopoche nelle parole di tanti altri, di Baldesi, fra gli al -tri, dello stesso Lazzari – che veramente mi ha trat -ta to un po' maluccio, tanto non siamo schizzinosi(i la rità), ma nel cui discorso abbiamo sentito pul - sa re quel senso di profonda umanità che si direbbesmarrito, inaridito, nei teoremi, nei filosofemi a -strat ti, ideo logici dei filosofi nuovi – nelle paroledi Vacirca, c'era quanto basta va per la difesa dottri-nale nostra, c'era quanto bastava per persuaderequelli che potevano essere persuasi, per farli dubi-tare, per farli studia re; quanto a quelli che hanno unvelo settario nella mente che impe disce loro didubitare, per questi ormai sono vani i discorsi e la -scio che l'evoluzione degli spiriti avvenga da sé.
E mi pare che l'evoluzione spontanea degli spiri- ti avvenga e non vi offendete se dico bene di voi.
Sì, io constato, sì, io trovo negli stessi discorsi deicompagni avversari, di quelli che più furono pri-gionieri di sé stessi, delle loro tesi di ieri, sì, io tro -vo questa evoluzione rapi damente in cammino.
E allora, quale e quanta differenza, compagni – e lo dico a elo gio, perché gli immobili, gli statici, co -loro che non sanno mutare non sono che dei capitamortui, delle cose morte, non un partito vivo e cheavanza – quale e quanta differenza tra l'avventatarevisione e pro clamazione di Bologna, e i cauti eponderati discorsi degli stessi estremisti e massi-malisti di questo Congresso.
Voci: Serrati! (Interruzioni. Commenti).
T U R A T I : Non voglio fare personalità, dico un'impressione generale. Vi parla un compagnoavversario: forse non ve ne avvedete, ma voi corre-te verso di noi con la velocità di un treno lampo! L'AVVENIRE DEI LAVORATORI, 08/1-2 Quando la mentalità della guerra – non è colpa di nessuno – sa rà evaporata, quando quella che, confrase felice, Serrati – faccio nomi di persone quandodebbo lodarle, unicamente – chiamava la psicologiadi guerra, il socialismo dei combattenti, sarà svanito,al lora quando l'esperienza, la riflessione avranno fatto scuola e lezione nei cervelli di tutti, io credofermamente che l'unità, che oggi è tanto di spregiatae combattuta, l'unità del Partito tornerà a trionfare.
Ecco in che senso, pur constatando un dissenso che non giova attenuare con foglie di fico compiacenti,che giova analizzare, che giova denudare, per ché lacritica è la vita del pensiero, anche nei Partiti, eccoperché, pur constatando un dissenso, noi rimaniamofermamente unitari.
Ecco perché io stesso, che passo per essere – sarà giusta o no que sta topografia – il più destro dei de -stri, io stesso mi unisco con tutto il cuore alla mo -zione votata a Reggio Emilia – che vi sarà presen -tata qui con la stessa sostanza, mutata solo la for -ma, per renderla a datta al Congresso – mi vi asso-cio, malgrado certe concezioni, certe transazioni,certe – se vogliamo dirlo – ambiguità che essa so -stie ne, do vute ad un onesto opportunismo di Par ti -to, do vute al desiderio di ve nire incontro a tutti icom pa gni per fare la reale, la leale unità.
Compagni, io non toccherò che due note in que- sto – ripeto – breve discorso: una nota dottrinale, u -na nota pratica.
Nella dottrina, sul terreno dottrinale, io rivendico, noi rivendichia mo solennemente il nostro diritto dicittadinanza nel socialismo, che e il comunismo, chenon è per noi il socialismo comunista e il comunismosocialista, perché in queste denominazioni artificio-se, ibride, evi dentemente l'aggettivo scredita il so -stantivo, e il sostantivo rinnega l'ag get tivo.
Il comunismo ebbe due sensi – voi tutti lo sapete – nella storia del moderno movimento proletario. O fuil comunismo critico di En gels e di Marx, il comuni-smo classico, opposto per ragioni tutte tedesche etran seunte ai falsi socialismi che prevalevano un quar to di se colo fa, socialismi filantropici falsi, a tuttii socialismi antirivoluzionari di quel tempo – e tuttoquesto è superato in Germania, come in Ita lia, comedovunque – oppure si chiamò comunismo in sensoideolo gico, nella previsione della forma della futurasocietà socialista, che fosse più in là del collettivi-smo, che al concetto del sistema collettivista: «a cia -scu no secondo il proprio lavoro, salvo gli invalidi, ibam bini, ecc.», sostituiva il concetto più vasto: «acia scuno secondo i propri bisogni» – prendere nelmucchio, come si diceva sinteticamente – che piùche due concetti opposti significavano due fasi suc-cessive di evoluzione. La prima applicabile ad unaso cietà in periodo classico ca pitalistico, la seconda inuna società di ab bon danza, di esuberanza in cui lecondizioni so cia li permettano il grande consumo, lagrande distri bu zione ugualitaria di tutte le ricchezze.
L'AVVENIRE DEI LAVORATORI, 08/1-2 Compagni, questo comunismo, in un senso o nel- l'altro, questo comunismo che è il socialismo, puòanche espellermi dalle file di un Par tito, ma non miespellerà mai da sé stesso.
Perché io ho detto che quando si fa testamento si può essere un po' orgogliosi, perché, francamente,compagni, è un diritto di anziani tà, niente altro,non è un merito. Questo comunismo, questo so cia -li smo e questo comunismo non solo noi lo abbiamoimparato negli anni della giovinezza sui testi sacri– direi quasi – della nostra dottrina, ma lo abbiamoin Italia, per solo merito di anzianità, ripeto, inse-gnato alla massa, al Partito nostro, ai Partiti cheprecedettero il nostro nella evoluzione del so cia li -smo, quando questi lo ignoravano, quando lo te me -va no, quando lo sospettavano, quando lo av ver sa -va no.
Ed è così che io, con pochissimi altri, in un tem - po che i giovani non possono ricordare, abbiamoportato nella lotta proletaria per la prima volta inItalia – oh! copiammo dall'estero, più avanzato dinoi – la suprema finalità del socialismo: la conqui-sta del potere da parte del proletariato costituito inPartito indipendente di classe, questa con quista delpo tere che il compagno Terracini ieri – mi pare ieri– enunciava come un segno di distinzione fra la lo -ro schiera e la nostra, fra il programma antico equel lo tutto nuovo, anzi, come egli ci con fessò one-stamente, tutt'ora in faticosa elaborazione, e che pe rò egli vor rebbe sostituire in blocco al vecchio eglorioso programma del Partito socialista.
Io posso dunque amichevolmente sorridere di que sta novità e di questa scoperta, che furono l'ani -ma della nostra intelligenza e della no stra vita dache cominciammo a pensare. Non è questo che cidi stin gue oggi. Ciò che ci distingue non è la gene-rale ideologia socialista, la questione dei fini, enep pure quella dei mezzi, ma una pura e semplicevalutazione della maturità delle cose e del proleta-riato a prendere determinate posizioni in un datomo mento; è unicamente la valutazio ne della conve-nienza di determinati mezzi episodici della lotta.
La violenza, che per noi non è un programma, non può e non de ve essere un programma, che al -cuni accettano in toto e vogliono organizzare e pre-parare – i cosidetti comunisti puri, chiamateli comevolete – che altri accettano a mezzo, guadagnandotutte le conseguenze dannose e nessun utile che laviolenza potrebbe per avventura, nella mente dique gli altri, contenere in sé, noi, come programma,la rifiutiamo.
La dittatura del proletariato, per noi, o è dittatura di mi noranza, e allora è imprescindibilmente dispoti-smo tirannico, o è dittatura di maggioranza, ed è unvero non senso, perché la maggioranza non è dittatu-ra, è la volontà del popolo, è la volontà sovrana.
E da ultimo, altro segno di distinzione, il proposi - to della costri zione del pensiero all'interno del Par - L'AVVENIRE DEI LAVORATORI, 08/1-2 ti to, la persecuzione dell'eresia, da cui nasciamo;no stra madre, o figliuoli, o fratelli carissimi, comedireb be un predicatore, (ilarità), la persecuzionedel la eresia nell'interno del Partito, che fu l'origi-ne e la vita stessa del Partito, la sua forza rinnova-trice ad ogni istante, la garanzia che esso possa lot-tare contro tutte le forze intellettuali e materiali chegli si parano di fronte.
Tutte forme queste – violenza, culto della violenza, dittatura del proletariato, persecuzione dell'eresia –che si risolvono in una sola: nel culto della violenzainterna, dirò così, e esterna, e che hanno un solo pre-supposto – semplifichiamo la questione nella quale èil vero punto di ogni divergenza – e cioè quello – cheper noi è l'illusione – che la rivoluzione sociale, in -ten diamoci, non una rivoluzione poli tica, che abbat-te e cambia sistema, sia il fatto volontario di un gior-no o di un mese o di qualche mese, sia l'improvvisoalzarsi di un sipario, il calare di uno scenario nuovo,sia il domani di un posdomani di un calendario, men-tre il fatto di ieri, di oggi, di sempre, che esce dalleviscere stesse della società capitalistica, di cui noicreiamo soltanto la consapevolezza, che noi possia-mo soltanto agevolare nei molteplici a dattamenti del -la vita politica, ma non possiamo né creare, né ap pre -sta re, né precipitare, che dura da decenni, che si av -ve rerà tanto più pre sto quanto meno lo sforzo dellaviolenza, quanto meno il culto della violenza provo-cante, bruta, prematura, e quindi destinata al fal li - men to, esasperando resistenze avversarie e provo-cando reazioni e contro rivoluzioni, le ritarderanno ilcammino e l'obbligheranno di ritornare su se stessa.
Onde è che per noi la via vera, quella dell'evolu- zione, è la più breve. Ed è per questo concetto fon-damentale, che il concetto praticato ed accettato danoi, sinceramente, con tutta la devozione, la dedi-zione e l'umiliazione del nostro particolare concet-to, il concetto della sottomissione alle deliberazio-ni del Partito, del nostro appartarci quando nonpos siamo cooperare, per dovere di coscienza, manon vogliamo at traversare, concetto con cui il com-pagno Serrati chiudeva poche ore fa il suo discor-so, formidabile discorso, questo concetto di disci-plina nel l'azione con la libertà del pensiero, delladi scussione e della critica, noi lo accettiamo since-ramente, ma dovrà essere accettato e consideratocon un certo grano di sale.
Perché, quando comincia l'azione a cui è applica- bile la disciplina, e quando finisce? Per chi ha il concetto che l'azione rivoluzionaria sia l'azione di un'ora o di un anno, questo obbligo,a chi non è in quel determinato ordine di idee e chediversificasse nei metodi, di appartarsi, di non par-lare, di essere silenzioso nel momento del combat-timento vero e proprio non si discute e non si fadella critica, è evidente. Ma chi pen sa, come noipen siamo, che questa rivoluzione vi sia già, cheprocede per lente conquiste, che dura dei decenni, L'AVVENIRE DEI LAVORATORI, 08/1-2 allora, amico Serrati, allora qui tu per il primocom prenderai che questa massima deve essere ac -cettata con molta considerazione, perché quandoquesto movimento dura decenni, chi rinunzia allaparola ed al pensiero, non alla solida rietà ad unade terminata azione nel momento che si svolge, evi -den te mente rinnegherebbe se stesso.
Non credo che abbiate piacere di avere dei rinne- gati tra di voi, e sarebbe il maggiore tradimento chesi farebbe al Partito, e, più che al Partito, alla pro-pria vanità, al proprio interesse, alla propria situa-zione. (Benissimo!). Questo culto della violenza, che è agli inizi di tutti i Partiti nuo vi, che è lo strascico di vecchie mentali-tà blanquiste, insaziate, che sembrano sempre tra-montate e che risorgono sempre nella vita dei no striproletari, che il socialismo disperde ed annulla, chela mentalità di guerra – non ne fu la causa unica – harinvigorito, per ragioni in tuitive e da tutti ammesse,questo culto della violenza non è che un fiore di ser -ra, effimero, che dovrà presto morire.
La violenza è propria del capitalismo e delle mi - ranze che intendono imporsi e schiacciare le maggioranze, e non può essere il principio dellemag gioranze che vogliono e possono, con le armiintellettuali, redimersi ed imporsi. La violenza è ilcontrapposto della forza, la violenza è anche lapaura, la poca fede nell'idea, la paura delle ideealtrui, il rinnegamento della propria idea. E rimane tale anche se trion fa per un'ora, se per un'ora sem-bra trionfare, seminando dietro di sé la reazionedella insopprimibile libertà della coscienza umana,che di venta controrivoluzione, che diventa vittoria,ad un punto dato, dei comuni nemici.
Questo avvenne sempre nella storia. Si potrebbe citare il cristiane simo, che fu un'enorme espansio-ne di una idea: una forza che diven tò misera, falsa,traditrice, ipocrita, nulla, im po tente quando si ap -pog giò ai troni, alle armi, a tutte le forze della vio-lenza. (Approvazioni). Ma, soprattutto, questa è verità profonda, che voi riconoscerete un giorno: in regime di suffragio uni-versale, ancora non saputo adopera re, ancora inco-sciente, che dovremmo rendere cosciente, ma chevuol dire: «siete i sovrani, i dominatori», potete fa -re tutto quello che volete, senza versare una stilladi sangue umano, vostro ed altrui, se con la violen-za, che desta la reazione, non metterete il mondoin tero con tro di voi.
Ecco il punto del nostro solo, del nostro vero dis- senso, che fu di ieri, che è di oggi, che è di sempre,contro il quale sempre insorgem mo. E al compagnoTer racini, che ci ha detto qui ieri, come per co -glierci in contraddizione, che se vi è qualcuno chenon ha mai fatto ap pello alla violenza più pazza, tranoi, quegli getti la prima pietra, ebben dico franca-mente: «compagno Terracini, quel qualcuno eccoloqui!».
L'AVVENIRE DEI LAVORATORI, 08/1-2 Pur troppo a noi può dolere, profondamente dole- re, che la vita sia diversa da quella che vorremmo,che questa fioritura di socialismo di guerra ci devii,ci divida, ci faccia abbandonare il più rapido rag-giungimento della meta a cui aneliamo insieme, cifaccia perdere degli anni preziosi, in cui, facendofor za sulle enormi delusioni della guerra e del dopoguerra, noi avremmo potuto fare avere al proleta-riato vantaggi enormi, conquiste relativamente ra -pi de e sicure, che noi invece sacrifichiamo alle no -stre divisioni ed alle nostre impazienze. Sì, noi lot-tiamo troppo contro noi stessi, noi lavoriamo trop-po spesso per i nostri nemici: noi creiamo la reazio-ne, creiamo il fascismo, creiamo il Partito popola-re, intimidendo, intimorendo oltre misura, procla-mando con una suprema ingenuità, anche dal puntodi vista cospiratorio, la preparazione dell'azioneul tima, vuotando del suo contenuto quell'azionepar lamentare, che non è l'azione di pochi uomini aldi sopra degli uomini, ma che dovrebbe essere lapiù alta efflorescenza dell'azione co mune di tutto ilPartito entro i quadri nazionali, e, per accordi reci-proci, anche dentro il grande quadro internaziona-le, che dovrebbe es sere appunto la più alta efflore-scenza del pensiero e dell'azione, dell'in tero Par ti -to, oggi, della intera classe, domani. Noi creiamo lacon tro rivoluzione, e, amici miei, non sempre visarà possibile servirvi del l'ombrello Turati. (Ila ri -tà. Approvazioni). Ma bisogna rassegnarsi al destino, le vie della storia sono piene di cadute e di asprezze, il nostrodovere è di abbreviare quanto più sia possibile ilcammino del divenire del proletariato, pronti sem-pre a mostrargli il pericolo al quale anche per uninvolontario tradimento dei suoi interessi potrebbeessere e spo sto, e questo noi lo faremo sdegnosi diogni popolarità di po polo o di Partito, sicuri nellaincrollabile corazza della nostra coscienza di uomi-ni e di compagni. E questo lo ab biamo fatto, lo fac-ciamo, lo faremo assieme con voi, lo faremo anchese fossimo per un momento, per un'ora, per un an -no, per quanto tempo sarà necessario, separati davoi o da una parte di voi, questo, lo faremo sempre,perché è l'imperativo categorico della nostra co -scienza, la ra gione stessa della nostra dignità di vi -ta! (Vive approvazioni). Noi siamo figli del Manifesto del 1848. Tutti! Sol tanto noi siamo i figli di quel Manifesto, cheaccettiamo come una cosa che non si accetta comeun dogma religioso, ma nel suo spirito, ponendolonel suo tempo, integrandolo coli le revisioni, i per-fezionamenti, gli sviluppi che i tempi consigliano eche gli stessi autori e i più autorizzati inter preti delloro pensiero hanno solennemente consacrato nelladottrina.
Io citai a Bologna la celebre prefazione alle «Lot te di classe in Francia» di Marx, prefazione del suocontinuatore più autorizzato, del suo, non dico brac - L'AVVENIRE DEI LAVORATORI, 08/1-2 cio destro, ma cervello destro, di Federico Engels, incui, dopo quasi mezzo secolo dal «Ma ni festo deicomunisti», se ne faceva dai più autentici interpreti larevisione confessando come, non per gioventù diuomini, ma per la giovinezza del Partito nel tem poessi avessero sopravalutata la possibilità in rezionale, avessero creduto a ciò che non vo le vanopiù. E la potete vedere, questa citazione, negli opu-scoli che l'hanno diffusa: è una vera sconfessione delculto della violenza; ed essi confessano che si eranoingannati, che la storia li ha completamente smentiti,e che essa dimostra come le classi che de ten gono ilpotere hanno più paura dell'azione legale del prole-tariato che dell'azione illegale e dell'insurrezione. Lalégalité nous tue. Per cui essi ci provocano sullepiazze, dove sanno che saremo sconfitti, mentresanno che nell'esercizio dei mezzi le gali essi stessidovranno rompere la legalità, non noi, la legalità cheli uccide, veramente, definitivamente.
E si potrebbero, se volessi farvi un lungo discor- so, ma non ne ho l'intenzione, e passo subito al se -condo punto della mia breve concione, si potrebbe-ro citare altri punti.
Non guardiamo una frase di un discorso, di un o - pu scolo, dobbiamo studiare, e i giovani anche, dob -bia mo guardare l'insieme del pensiero marxista,cercare nelle sue monografie, ed allora, leggiamonella «Guer ra civile in Francia», scritta dopo il1870, leggiamo cosa egli dice quando dichiara che i lavoratori della Comune sapevano che, per rag-giungere la loro emancipazione, per raggiungere leforme superiori della società cui tendevano dove-vano sostenere delle lunghe lotte ed at tra ver sa reuna serie di fasi storiche successive che avrebberotra sformato a poco a poco le circostanze e gli uo -mini, dovevano liberare gli ele menti che la vecchiasocietà tiene nel suo seno, per concludere con lade sione delle congiure, col beffeggiare questa bor ghesia di allora – forse ancora di oggi – che im -magina l'Internazionale dei lavoratori come unasocietà segreta di congiure e di complotti, mentre èl'asso ciazione di tutti quanti i grandi interessi uma -ni che si uniscono per la storia nuova.
Leggete i «Fondamenti del comunismo» di En gels, dove si an nuncia come la sopravalutazione del gradodi maturità per la rivolu zione – in quel senso: la in -surrezione di un giorno – sia il difetto di tutti i Partiti,anche il loro difetto, di Engels e di Marx, per le con -cessioni che dovettero fare i Partiti dal mo mento chela giovinezza del loro spirito, ecc., e come la storia liabbia smentiti, richiamandoli a inoculare al proleta-riato la necessità di quella lotta dura, continua, chedopo una conquista ne assicura un'altra, e poi un'al-tra e solo nei de cenni finalmente trionfa.
Non voglio fare altre citazioni – se ne potrebbero fare a mi glia ia – ma non è con delle citazioni che simodifica l'abito men tale di chi ha fatto uno studioper proprio conto.
L'AVVENIRE DEI LAVORATORI, 08/1-2 Baldesi citava un discorso di Marx ad Am ster dam, nel 1874, in cui ripeteva le stesse cose. I libri diMarx e di Engels sono pieni dello stesso concetto: laprofezia, la modifica nella successiva edizione.
Tutti i Partiti giovani sono caduti nello stesso errore, rovinando così la causa che pretendono diservire, il che vi dimostra che noi ab biamo qualcheragione di ritenerci gli eredi più fedeli del marxi-smo più puro e più completo. Il culto di qualchefrase, la famosa violenza che fa tutto nella storia, evia via, parole da comizio, che per accidia intellet-tuale si affacciano al cervello dei meno colti, cheper loro sono come le chiavi che aprono tutti i chia-vistelli della storia, e velano il vero fondo delladottrina.
Quel culto delle frasi isolate, dei periodi isolati, per cui Marx di chiarava volentieri e spesso – lui dinon essere marxista, come io – uomo di cento cubi-ti più sotto, si capisce – ho avuto tante volte, difronte a certi pettegoli, da dichiarare che non sonopunto turatiano. (Ilarità). Perché nessuna formula, fossero anche i 21 punti di Mosca, nes suna formula scritta ci dispensa dal-l'avere un cervello pensante, sosti tuendosi all'azio-ne del cervello che, al cimento dei fatti che muta-no, si serve bensì di certe leggi intellettuali, di certipunti di orientamento acquisiti, ma modifica conti-nuamente le proprie vedute a seconda del le neces-sità della storia e dell'ora.
E vengo, e sarò più breve, al secondo ed ultimo punto della mia dichiarazione di voto: la nota pra-tica sul terreno pratico.
Consentite ancora alla vecchiaia – amici, ho quasi quaranta anni di milizia e di propaganda – di affer -mar vi un'altra convinzione, che se la parola non fos -se lievemente ridicola, potrei anche dire una pro fe -zia. Una profezia tanto facile che per me è di assolu-ta certezza, per ché vale a compensarmi anche quan-do l'asprezza dei vostri contrasti mi amareggia e mipro duce quel profondo dolore che tutti quelli chehan no veramente amato il Partito sentono. (Ap plau -si). Ad ogni modo io vi faccio questa profezia daBar banera, perché, se tra qualche anno la troveretesmentita, avrete la gioia di poter dire che ero, non unbagolone, ma certamente un illuso.
Tra qualche anno, io non sarò forse più qui, non sarò forse più al mondo, voi constaterete se questosi sia avverato.
Questo culto della violenza, che è la fonte di tutti i nostri dissensi, la nota profonda, vera, unica delnostro dissenso, questa possibilità del miracolo,del la violenza fisica, esterna, verso le altre classi,in terna verso una parte del Partito, della violenza fi -si ca e della violenza morale, perché vi è anche unaforma di violenza morale che è perfetta mente anti -pe dagogica e dannosa allo scopo: la violenza mora-le che vuole precipitare le cose al di là del possibi-le, che vuole violentare le mentalità che non hanno L'AVVENIRE DEI LAVORATORI, 08/1-2 trovato nelle circostanze esteriori – perché dalle co -se na sco no le idee – la possibilità di usare in datimo menti la violenza, che vuole far camminare ilmon do sulla propria testa (se con do la frase con cuiMarx definiva la filosofia di Hegel) mentre il gran -de vanto di Marx è stato di rimettere il mondo suipropri piedi, vi è anche una violenza morale, e ilcomunismo di Marx e di Engels è la negazione ditutte queste violenze in tutto il mondo, tutto questotra qualche anno non potrà più esistere.
Ma per fermarci all'Italia, che, come evoluzione economica sta tra mezzo a quello che fu la Ger -mania ed a quello che è ancora la Russia, sta comeun secolo di mezzo fra due secoli, o anche fra dueere, un medio evo di un evo che per noi è ancora fu -tu ro, per fermarci all'Italia, la storia dei nostri Con -gres si, che riassume in qualche punto, simboleggiale varie fasi di pen siero per cui il Partito è passato –oh! vi darò un consiglio che vi farà ridere, ma atorto lo fareste – storia che è magnifica men te rias-sunta in un articolo contenuto nel numero di di cem -bre della «Nuova Antologia» scritto da un nostroavversario, Filippo Meda, con una comprensionesto rica quale diffi cil mente noi avremmo a vuto –leggetelo quell'articolo – la storia dei nostri Con -gressi dimostra che la lotta di oggi acuita dalla guer -ra, inasprita dalle conseguenze della guerra è la lot -ta che è stata sempre combattuta, e nella quale ilcul to della violenza rinasce, fu smantellato, demoli- to, torna a rinascere in va rie truccature a secondadel momento e delle circostanze, ma è sempre l'uni -ca lotta che si è combattuta e nella quale sempre ilsocialismo antico, quello classico, il socialismo checrea le co scienze, le organizzazioni, gli organismi,venuti a poco a poco, per acquisizioni successive, èsempre stato il vincitore, pure avendo l'indo mani acombattere la stessa lotta.
Non è da oggi che siamo socialtraditori: lo siamo stati per tutta la nostra vita, lo fummo sempre.
All'epoca degli scioperi generali – chi non lo ricor-da? – di quelli anche economici, a ripetizione, none ravamo noi che difendevamo le ragioni della bor-ghesia perché ci opponevamo a quella perdita diforze, a quell'albuminuria, a quel dia bete a cui l'a-buso della grande arma dello sciopero sottoposeroil Partito e la classe? Il Partito operaio, dal 1880 al 1890, era una reazio- ne utile di fronte al vecchio corporativismo infetto ditutta la lue labourista, l'abu so della casacca, e viavia, e noi abbiamo combattuto, cercando di renderloun Partito politico nel senso moderno della parola, efummo derisi, sospetti. Abbiamo poi vinto.
Nel 1891-'92 il Partito operaio a Milano prima, a Genova poi, si allargava nel concetto del Partitodei lavoratori italiani in senso più alto, più vario,più largo, perché nei lavoratori c'è anche l'operaiodel l'intelligenza, il professionale, e via via, e noiimprimevamo nella mas sa quell'anelito alla con- L'AVVENIRE DEI LAVORATORI, 08/1-2 quista del potere politico che oggi ci annunziaTerracini come cosa sua, ed anche allora eravamosegnati a dito come traditori da quell'anarchismoinconscio che c'era nella massa operaia.
A Parma nel 1894, quando si creò il Partito socia- lista con questo nome, la vittoria fu completa e lemanette, il carcere, il domicilio coatto ci servironoper far correre avanti a più rapidi passi la concezio-ne politica che era stata prima derisa, vilipesa,sospettata.
Era il concetto della conquista del potere contro l'azione che – per carità, non ve l'abbiate a male –chiamerò preadamitica di quel Partito operaio chenon ammette che l'azione teorica, che considera lalotta elettorale come un mezzo di propaganda e -scludendo che si possa pensare alla conquista pro-letaria del po te re.
Nel 1892 ci fu la grande lotta a Genova contro gli anarchici, dolo rosa anche per noi. Abbiamo vinto, cene siamo separati, molti degli anarchici di sentimen-to che diventarono più colti, più riflessivi a poco apoco tornarono nelle nostre file e contiamo fra essialcuni dei nostri migliori compagni anche oggi.
Forse che ci divideva dagli anarchici la visione della società futu ra? Ma neanche per sogno! Noi,proiettando la nostra speranza nel l'avvenire, pos-siamo essere anarchici e l'anarchismo è il più per-fetto ideale di società futura, salvo le possibilitàgraduali.
Non era questo quello che ci divideva. Era l'im- pazienza, il mira colismo, il culto della violenza,que ste le sole ragioni di quella lotta nella qualesiamo stati vincitori.
Dal ‘94 al ‘98 ricordate ciò che avvenne? Lo scio- pero generale, il primo, la lotta col sindacalismo, losciopero di Parma; i vecchi ricordano bene, anche isemi-vecchi. Ebbene, anche allora fu la stessa cosa.
lì sindacalismo, l'azione diretta, era il vero sovieti-smo italiano, sola mente tentato all'italiana, era vera-mente la superiorità degli operai, indipendentementedalla conquista dello Stato, che doveva imporsi a re -gna re, – non c'è niente di uguale anche nei fenome-ni storici, che pur si riproducono eternamente identi-ci nella storia nell'intimo loro – era il primo sovieti-smo nostro che precedeva Mosca, eravamo più avan -ti. E oscillazioni, ritorni, transazioni a josa, fu la stes-sa lotta che ab biamo combattuto avanti.
E venne il ferrismo che era il rivoluzionarismo verbale, era, mi pare, quello che è oggi il graziadei-smo. (Viva ilarità). Mutatis mutandis. Tutto si mutae tutto è uguale.
E venne la transazione integralista dell'ottimo Mor gari che durò due anni – mi pare – sui nostripal coscenici di Congresso, che, ba date, ebbe i suoimeriti, perché salvò il Partito, in quanto il labrioli -smo tentava di sommergerlo, ma era una contraddi-zione in termini, era secondo me. (Interruzioni vi -va cissime). Non pretenderete che dica le idee di L'AVVENIRE DEI LAVORATORI, 08/1-2 ciascuno di voi. Le direte me glio da voi stessi!.era, secondo me, l'anticipazione di quello che sipotrebbe chia mare oggi il serratismo, cioè il comu-nismo socialista; il socialismo co munista, che è unpo' di qua e un po' di là (interruzioni), per teneretutti uniti anche allora, ma che aveva la dissoluzio-ne nel suo seno e si dovette dissolvere due annidopo. (Applausi dei concentrazionisti). Stessi fenomeni, stesse identiche mentalità, e, oserei dire, gli stessi tipi antropologici e somatolo-gici. (Commenti. Approvazioni). Ebbene amici, l'anarchismo di un tempo fu dissol- to, fu spazzato via, ma rinasce sempre dalle ceneri otenta di rinascere. Oggi la guerra lo ha fatto rinasce-re. Il corporativismo fu dissolto, il sindacalismo furigettato, il labriolismo andò al potere (ilarità), il fer-rismo fece le capriole che sapete, l'integralismo an -che esso sparì, e rimase il nucleo vitale dei socialtra-ditori, il vile riformismo, il marcio riformismo, peralcuni, il socialismo vero per altri, immortale, invin-cibile, inesorabile, che può essere minoranza oggi,maggioranza domani, ma che salva il Partito, checonduce la classe, che tesse la sua tela ogni giorno ecompie quella dura e tenace fatica di cui parlavaEngels nel periodo che vi ho citato, che non fa mira-coli, che non si culla nelle illusioni delle cose preci-pitate, che crea oggi una cooperativa, domani fa unsindacato di resistenza, posdomani si occupa dellacultura operaia, senza della quale non usciremo mai da questi dolorosi anfratti (applausi), che si impos-sessa dei Comuni, del Parlamento, di tutti gli organi,a poco a poco, giorno per giorno, che crea lentamen-te ma sicuramente la matu rità delle cose e degli animi, crea lo Stato di domani e gli uomini ca paci dimanovrare il timone.
Sempre socialtraditori, in un momento, sempre vincitori alla fine.
Ricordate questo fenomeno. La lotta sarà questa volta più dura, lenta, ma sarà lo stesso l'effetto, efra qualche anno quando anche mito russo, cheavete torto di confondere con la rivoluzione russa,cui applaudo con tutto il cuore (grida di «Viva laRussia!») quando ilmito, quello che è di religiosonei vostri animi, il mito bolscevico, sarà evaporato,quando il bolscevismo attuale o avrà fatto fallimen-to o sarà trasformato dalla forza delle cose, la nostravittoria verrà. Quan do sotto le lezioni dell'esperien-za, e speriamo che non sia troppo dura per l'Italia enon debbano versarsi quei torrenti sanguinosi che siver sarono in Ungheria, quando sotto la lezione dellecose voi avrete inteso più che non abbiate intesoora; quando le vostre affermazioni di oggi sarannoda voi stessi onestamente abbandonate e sconfessa-te; e i Consigli degli operai e dei contadini, a cuinon si aggiungono i soldati non so perché, dovran-no pur cedere il passo a quel grande Parlamentoproletario in cui sarà riassunta tutta la forza intellet-tuale, politica e tecnica di tutto il proletariato italia- L'AVVENIRE DEI LAVORATORI, 08/1-2 no alleato al proletariato di tutto il mondo, solo al -lora avrete inteso come il fenomeno russo sia ungran de fenomeno storico, ma non nel solo aspetto,forse il più caduco, il meno vitale che voi conside-rate vedendone l'applicazione puramente tecnica emeccanica, che non sarà possibile e che se fossepossibile ci ricondurrebbe al medio evo, avrete ca -pi to – intelligenti come voi sie te – che la forza delbol sce vismo russo è in un nazionalismo russo che a -vrà una grande influenza nella storia del mondo co -me opposizione all'imperialismo dell'Intesa, mache è pur sempre una forma di nazio nalismo orien -ta le che è conseguenza della necessità statale ditrasfor mare o perire e si aggrappa a noi, al Partitosocialista italiano (non si meravigli Serrati se cidomanda di più di quanto non oserebbe do mandareall'Inghilterra od alla Francia) si aggrappa a noidisperata mente per salvare se stesso, che non pos-siamo seguire ciecamente perché diventeremmo glistrumenti di quel nazionalismo orientale che avrà,ripeto, anche esso la sua grande funzione nella sto-ria del mondo, apri rà l'Oriente alla vita civile echia merà la Cina, il Giappone, l'Asia Minore levec chie razze che sono ne gli ipogei della storia, allavita della storia, ma non si può sostituire, né di -struggere, né imporre alla In ter nazionale maggioredei popoli più evoluti nel cammino della storia.
Il nucleo solito quindi – con questo finisco – che ri mane di tutte queste lotte, che sono sempre le stes se nelle diverse forme transitorie e caduche, ilnucleo solido è nell'azione. Nell'azione che non èl'illusio ne, che non è il miracolo, la rivoluzione inun giorno o in un anno, ma è la abilitazione pro-gressiva, faticosa, misera, per successive gra dualiconquiste, obiettive e soggettive, nelle cose e nelleteste, della ma turità proletaria a subentrare nellagestione sociale: sindacati, coopera tive, potere co -munale, parlamentare, cultura, tutta la gamma,questo è il so cialismo che diviene! E non divieneper altre vie: ogni scorcia toia non fa che allungarela strada; la via lunga è la sola breve.
E l'azione è la grande pacificatrice, è la grande uni- ficatrice; essa creerà l'unità di fatto, che noi non tro-viamo nelle formule, che non troveremo mai nelleparole né negli ordini del giorno, per quanto abil -mente ponzati con dosature farmaceutiche di fraternoopportunismo. Azione perenne, azione fatale, primae dopo quella tale rivoluzione che si avvera sempre,nella quale siamo dentro, perché essa stessa, questaazione è la rivoluzione. Azione pacificatrice e unifi-catrice; non è a caso che in talune plaghe dove l'azio-ne è più rudimentale, l'organizzazione è una speran-za, dove non si riesce a mettere assieme una lega dicin quanta individui, non per colpa degli uomini, maper situazione arre trata economica dell'industria, della civiltà, ecc. – mi pare che l'affer masse Bordigastesso questa mattina scambiando le rivoluzioni po li -ti che con quelle sociali – non è a caso che proprio in L'AVVENIRE DEI LAVORATORI, 08/1-2 quelle plaghe do ve c'è meno azione, ivi sembra chel'estremismo trovi spesso più facile la via, mentredo ve avete già un'azione di masse coscienti, dovepiù impera la Confederazione Generale del Lavoro,ivi trovate la maggiore resistenza, per le necessità or -ga niche di questo movimento che non riu scirete aplacare con ordini del giorno ne con imposizioni,perché nasce dalle viscere stesse del movimento edal le sue necessità storiche fatali.
Ond'è che quando avrete fatto il Partito comunista, quando avrete – e non mi pare che ancora vi ci si av -vii molto rapidamente – im piantato i Soviety in Italia,se vorrete fare qualche cosa che sia rivolu zionariadavvero, che rimanga come elemento di civiltà nuo -va, voi sa rete forzati, a vostro dispetto, ma dopo civer rete, perché siete onesti, con convinzione, a per-correre completamente la nostra via, a percorre re lavia dei socialtraditori, e questo lo dovrete fare perchéquesto è il socialismo che è solo immortale, che èsolo quello che veramente rimane di vitale in tutteque ste nostre beghe e diatribe.
Dovete fare questa azione graduale, e dovendo fare questa azione, che non può essere che quella,non ce n'è altre e tutto il resto è cla more, è sangue,è orrore, è reazione, è delusione, dovendo fare que-sta opera voi dovrete poi anche fare da oggi un'o-pera di ricostruzione sociale.
Io sono già imputato, e dovrei essere oggi alla sbarra, con le guar die rosse accanto, di un discorso pronunziato alla Camera il 20 giu l'Italia», in cui cercavo di delineare, co me lo pensoio, il programma di ricostruzione sociale del no stropaese, perché abbiamo parecchio da fare nel nostropaese.
Leggetelo. Probabilmente non lo avete letto ed avete fatto male! (Ilarità). Leggetelo e vedrete altreprofezie e vi accorgerete che questo corpo di reatoè il comune programma.
Voi temete oggi di costruire per la borghesia.
Preferite lasciar crol lare la casa comune al conqui-starla per voi. Fate vostro il «tanto peg gio tantomeglio» degli anarchici. Credete o sperate chedalla miseria crescente possa nascere la rivendica-zione sociale: non nascono che le guardie regie e ilfascismo, la miseria, l'ignoranza, lo sfacelo. (com-menti animati. Applausi). Voi non intendete ancora che questa rivoluzione, fatta dal prole tariato con criteri proletari, sarà ilmaggior passo, il maggior slancio, il maggior fon-damento per la rivoluzione proletaria completa diun giorno. E allora, in quel giorno, noi trionferemoinsieme! Io forse non vedrò quel giorno. Troppa gente nuova è venuta per forza di cose, che renderà più aspra edifficile la nostra via, ma indubbiamente si trionferàin quella via; maggioranza, minoranza, non con taniente, non si tratta di numeri, frazione scacciata ofrazione tenuta, alleanza di frazione o non, collabora- L'AVVENIRE DEI LAVORATORI, 08/1-2 zione di frazioni o non, fortuna di uomini scacciativia o tenuti, tutto questo è ridicolo di fronte alle ne -ces sità della storia, tutto questo non ha importanza,ciò che ha importanza è la forza operante, per cui iovissi, nella cui fede onesta mente morrò, con voi osenza di voi, uguale sempre a me stesso, e combat-tendo io resto, e credo nel suo trionfo, con voi, per-ché questa forza operante è il socialismo. Ebbene:Vi va il socialismo! (Triplice salve di vivissimi ap -plausi. Moltissime grida di «Viva il socialismo». Ico munisti intonano l'«Internazionale». Grida entu -sia stiche, ripetute di «Viva il socialismo!». Applausivi vissimi e prolungati). "Salvo lasciare alla storia che insegna a tutti, segnare, solcare le vie di una convergenza che do vrà un giorno ricongiungerci tutti quanti in una azione comune". LA DICHIARAZIONE DI AL XVII CONGRESSO NAZIONALE DEL PARTITO SOCIALISTA ITALIANO Resoconto stenografico LIVORNO, 21 GENNAIO 1921 SEDUTA POMERIDIANA Presiede Bacci T U R A T I : Desidero fare una brevissima dichia-razione, che ha anche il carattere di mozione d'or-dine, che è un po' il concetto interpretativo delladeliberazione che prendemmo o prenderemo inque sta stanca mat tina del nostro Congresso. E lamo zione d'ordine e l'interpretazione dovrebberoessere queste. Noi siamo all'inizio di un nuovo la -voro. Il nostro lavoro è stato in grande parte para- L'AVVENIRE DEI LAVORATORI, 08/1-2 lizzato da quel conflitto aspro, violento, pieno diaccanimento e di astio che vi era fra due frazioniche sono momentaneamente separate. E questo for -se sarà un bene per ché, permettetemi l'espressione,ci rende più interi, più liberi nelle no stre vedute enella nostra azione, salvo, come diceva benissimoBaratono, come io stesso affermavo da questa tri-buna, salvo lasciare alla storia che insegna a tutti,segnare, solcare le vie di una convergenza che do -vrà un giorno ricongiungerci tutti quanti in unaazione comune.
Ma oggi noi siamo all'agonia del Congresso. Non è prudente su questo speciale argomento, su altriargomenti che potremo toccare pri ma del mezzo-giorno, prendere, nell'assenza di molti di noi, dellede liberazioni troppo impegnative. Dobbiamo darea queste deliberazioni carattere di voti, di aspira-zioni, di augurio. Non prendere precise in dicazionie deliberazioni, perché noi siamo al principio di unnuovo lavoro nel quale dobbiamo portare tutta lafraternità, tutta la cordiali tà di una unione e nonpreparare una nuova scissione nell'unità che si èfatta ieri. (Qualche applauso). Appunto per questo dobbiamo avere un po' di fiducia in noi stes si e nelle Sezioni, nelle Am mi ni -strazioni comunali, nel Gruppo parla mentare e nel -la Direzione, tutti dovranno rimettersi al lavoro congran de spirito di fraternità discutendo fra loro, di -scu tendo fraternamente, per giungere alle delibera- zioni. Queste deliberazioni che si pigliano nellaagonia del Congresso hanno sempre qualche cosadi tumultuario. Avete votato una formula sulla que-stione del prezzo del pane quasi vincolativa. Per -mettete ch'io dica che tutto questo deve essere ri -ve duto d'accordo. (Denegazioni, rumori). È unaque stione difficilissima, spi nosa, ma sulla quale non dobbiamo emettere formule precise, impegna -tive, che debbano essere uguali ieri come oggi, co -me domani. Questo sarebbe un rimpicciolire laque stione, sarebbe lo stesso che fare diven tare ilGruppo parlamentare un ente meccanico che seguele formule che gli si impongono.
Conviene rispondere per mio conto, e spero di interpretare il sen timento dei miei compagni di fra-zione, o di ex-frazione, alle parole cosi nobili delcompagno Baratono. È verissimo. Voi ci aveteaccusati e difesi, ci avete rivolto accuse le menomordenti, vale a dire nella dif ferenziazione di alcu-ne idee e vedute, ci avete difesi nella parte chepreme a tutti, nella parte morale, nella parte delleintenzioni, nella par te personale. Noi siamo quindinella migliore disposizione possibile re Noi stessi – per altro lo riconoscerete anche voi –abbiamo fatto quanto era in noi per avvicinarci, perdare la maggiore garanzia delle nostre intenzioni dicollaborare attivamente ad uno scopo comune, dinon rinnovare purtroppo quelle lotte aspre di fazio-ni, non di frazioni, che seminano in fondo il sale su L'AVVENIRE DEI LAVORATORI, 08/1-2 tutte le nostre azioni, che paralizzano le nostreforze. Abbiamo fiducia reciproca. Le prove dei fattihanno dimostrato molto meglio di quello che po -treb be l'opportu nismo e la parola nostra. In ten -diamo: non so se sarà opportuno che le frazioni chec'erano rimangano o si sciolgano. Si scioglie in u -na forma e si ricompone in un'altra. Abbiamo inte-resse che le discussioni si facciano, che le idee siaffiatino, si affermino, che siano evitate an che lefor mule, le rivolte, gli scarti individuali. Quandoun compagno sviluppa una idea evidentemente l'ac -cordo su di essa potrà venire sul terreno comune,nella Direzione del Partito, nel Gruppo parlamenta-re, nei Convegni nazionali e provinciali e si avrà unaccordo superiore. Tutto questo può essere utile edobbiamo augurarci che questi studi particolari siformino nell'ambito del Partito, per la di scussionenel Partito, entro il Partito, senza opposi zio ne alPartito ed alla azione del Partito. (Ap pro va zioni). Applicazione di queste formule, disciplina della azione, discussio ne libera, dignitosa delle idee, esi-gere la maggiore, direi quasi, religione nella inter-pretazione da parte di tutti. È una materia delicatis-sima in cui è facile da un lato piegare in una speciedi coercizione morale che è già la scissione, dal-l'altra arrivare ad una specie di anarchia in cui ilPartito si dissolve. Trovare la linea media in cuitut te le forze utili siano utilizzate in tutta libertà,senza che questo scompagini il Partito nei momen- ti decisivi dell'azione. Questa è la maggior faticache dovre mo imporci voi della maggioranza e noidella ex-frazione di concentra zione. Non occorreche della onestà, della probità, dell'amore al Par ti -to, alla causa che volta per volta si risolve.
Concludo quindi dicendo per la terza volta: Ab - biamo fede in noi stessi, fede reciproca. Cer chia modi portare in questa nuova fase dello svolgimentodel Partito tutta l'abnegazione, tutto lo spirito didevozio ne, di emulazione e non della va nità perso-nale e dei preconcetti settari che ancora possonointorbidire il nostro spirito ed il nostro cer vello enon pregiudichiamo le questioni. Io ho il desiderioed auguro che il Partito diventi la classe e diventi lagrande unione del proletariato na zio nale ed interna-zionale. Ci lavoreremo tanto più at ti vamente quan-to piu saremo animati da rispetto reciproco. Il mio èun desiderio di u nione che non sia né umiliazionené compressione. Il socialismo non è la guerra di ungiorno, di un gruppo; è guerra di un'era storica. Fi -no a questa era storica noi ab biamo il diritto di a -vere la perfetta certezza che siamo stati liberamen-te uniti, che abbiamo liberamente trionfato in que-sta unione che non fu disciplina di caserma comenon fu anarchico risorgere di velleità personali.
Viva il socialismo! (Ap plau si). LA SINISTRA ITALIANA Per chi si professa di sinistra e socialista in modo particolare, il problema è quello di salvare l'idea stessa di sinistra. Come si può altrimenti parlare di socialismo? A qualche mese dalla ricostituzione del partitosocialista, in un congresso pieno di speranza e diemozionante attesa, non abbiamo visto quello cheavremmo desiderato: vale a dire collegare stretta-mente la questione socialista con quella della sini-stra. Non ci sembra pensabile, infatti, che il partitosocialista possa ritenere di risorgere, se pur attra-verso un processo che non può che essere lungo etravagliato, se non assumendo in sé la questionepiù generale della rinascita della sinistra italianacui deve concorrere quale soggetto protagonista.
Se così non è, sarà difficile che ci sia futuro; ci saràaltro ed il socialismo italiano, al di là di ogni inten-zione e ragione, dovrà rimandare a chissà quandol'appuntamento con la vicenda storica del Paese. BAGNOLI, SOCIALISTI A SINISTRA La sinistra italiana sta vivendo momenti oltremo- do difficili. Per affrontarli si richiede uno sforzo diragionamento che coniughi, sostanzialmente, duefattori: il senso della criticità del reale e le motiva-zioni dell'intenzione cui segue la scelta politica.
Vogliamo dire che occorre pensare avendo il sensodel tempo presente e di quelli futuri alla cui costru-zione si vuole concorrere. Occorre cioè rifuggiredalla tentazione di risolvere nella "politica politica-ta" questioni di grande rilevanza senza che ciò, tut-tavia, rimandi ad un futuro più o meno prossimo lasoluzione del problema ed, in primo luogo, occor-re naturalmente aver chiaro quale esso sia. Noi crediamo che oggi, per chi si professa di sini- stra e socialista in modo particolare, il problemaprimario e pregiudiziale sia quello di salvare l'ideastessa di sinistra – se ciò non avviene, infatti, comesi può parlare di socialismo? – e su questa portareil suo contributo ed il suo impegno, all'opera diricostruzione e riposizionamento nel panoramapolitico del Paese, sia definendo idealmente e cul-turalmente la propria posizione, il senso di essa inrelazione alla rappresentanza sociale che si vuoleesprimere, i modi e le forme con le quali caratteriz-zarsi nella lotta politica, le relazioni possibili conl'insieme dei soggetti sociali e politici con i qualisi possono eventualmente realizzare intese edalleanze. Oc corre, cioè, rielaborare un'idea di sini-stra che contribuisca alla definizione di un "pensie- L'AVVENIRE DEI LAVORATORI, 08/1-2 ro compiuto" del Paese visto, appunto da sinistra –per chi scrive da posizioni di "sinistra socialista" –prima ancora che governato anche dalla sinistra. Inaltri termini, occorre recuperare una autonomia difunzione, di valori e di rappresentanza quali lievitodi una ragione che discende direttamente dalla sto-ria del movimento operaio dei due secoli che cistanno alle spalle e che rappresenti, in sé, un'alter-nativa non solo e tanto alla destra, poiché ciò ènella naturalità delle cose, ma a quanto l'attualecapitalismo determina per correggerne le gravistorture sociali, civili e culturali che stanno decom-ponendo il tessuto profondo della società secondoderive veloci camuffate da modernizzazione.
In un mondo nel quale le ingiustizie e le differen- ze sociali si allargano sempre più, le libertà e lademocrazia perdono di valore e sono inevitabil-mente a rischio; i processi di incivilimento regredi-scono e le logiche del profitto e della disumanizza-zione dei rapporti e delle condizioni sociali rischia-no di essere accettate come un qualcosa di inevita-bile; come un prezzo obbligatorio da pagare.
A cosa, però? Purtroppo all'acuirsi delle differen- ze di classe, all'instabilità del lavoro, all'allarga-mento delle sfere concernenti i diritti dell'indivi-duo in quanto persona, a ritenere che la vita degliuomini sia regolata solo dal profitto per cui tra"vivere" e "sopravvivere" alla fine non c'è diffe-renza alcuna, a ritenere che le tutele sociali conqui- BAGNOLI, SOCIALISTI A SINISTRA state nel corso di lunghi anni, talora a prezzo diaspre lotte, siano un qualcosa che non solo le socie-tà attuali non possono permettersi, ma che sia addi-rittura antistorico porsi il problema rispetto al pre-sente, alla rinuncia ad essere protagonisti della pro-pria esistenza e ad avere un futuro. Oggi, per salvare la sinistra, le sue ragioni e quel- le del socialismo, è dalla consapevolezza di tuttociò che occorre ripartire; certo che esiste anchealtro, ma questi ci sembrano i fondamentali. Èchiaro che rispetto a tale quadro vi possono esseree ci sono proposte diverse dovute alle diverse rico-nosciute culture della sinistra, ma prima dellediversificazioni è necessario fissare il presidio divalore dei problemi che, chi si colloca a sinistra,deve affrontare in un fase della vita italiana chesconta la ventata dell'inutilità dell'essere di sini-stra; una ventata che ha permesso alla destra dipossedere una forza senza pari anche perché senzacontrasti e vera opposizione parlamentare. La con-sapevolezza di tutto ciò sembra, tuttavia, un pro-blema che a sinistra non è condiviso; la smaniagovernista della "politica politicata" vive in ampisettori di essa; il problema sembra essere solo quel-lo di ricomporre una relazione di centro-sinistracon il partito democratico come se i tempi ulivistiod unionisti fornissero ancora modelli validi nonsolo per battere la destra, ma per assicurare proces-si riformatori acuti capaci di rompere le concatena- L'AVVENIRE DEI LAVORATORI, 08/1-2 zioni perverse indotte dal capitalismo globalizzatoe da una democrazia concepita senza la gente. Se si ritiene che la sinistra – e, ripetiamo, con es - sa il socialismo – possa rinascere con capacità au -to noma e profilo alternativo solo sul modulo dellarivincita del governo, si fa un grande errore e si di -mostra di non aver compreso la gelida replica dellarealtà che ci viene dal voto: quel modello di gover-no di centro-sinistra è stato cancellato e sepolto;of frire al partito democratico la disponibilità perrimetterlo in piedi per sconfiggere Berlusconi nonsolo è illusorio, ma nega il presupposto stesso dellalezione che alla sinistra tutta, socialisti e comunisti,viene dal voto: mancanza di consapevolezza di sestessa e dei propri valori, sostanziale subalternitànon solo a logiche che sembravano avere il profilodel realismo. Pensiamo che il partito democratico non disde- gnerà le profferte per una colleganza esterna, ma iltutto finirà per vivere dentro l'angusta logica di ungovernismo per di più senza governo. Oggi un pro-cesso serio di ricostruzione della sinistra non puòche esprimersi nell'opposizione; se necessariaanche al partito democratico. Infatti, anche le scel-te per gli enti locali per il cui rinnovo si voteràl'anno prossimo non avrebbero senso per le forzedi una sinistra autonoma e larga, qualora vi fosserocondizioni politiche e programmatiche per farle, seprofilate nella logica dei vecchi centro-sinistra: BAGNOLI, SOCIALISTI A SINISTRA vor rebbe dire non aver compreso quello che è suc-cesso e non voler essere se stessi. Ricostruire una sinistra italiana all'altezza del com- pito significa pensarla in termini larghi nei quali o -gnuno dei singoli componenti faccia la sua parte, ri -fug gendo dalla suggestione delle formule secondo lequali si è, volta a volta, uniti e plurali, radicali, movi-mentisti o riformisti e chi più ne ha più ne metta; si -gni fica pensarla secondo canoni di autonomia cultu-rale e di proposta politica; attenti alle questioni di go -ver no secondo il principio di responsabilità verso laco munità nazionale che non viene meno stando al -l'op posizione; non assillati dalla necessità del gover-no, ma pronti a non tirarsi indietro, ad ogni livello,non perché si deve fare blocco contro la destra, maperché le condizioni delle alleanze sono possibili. Non è facile costruire una sinistra larga, ma occor- re partire da quello che c'è e da chi ci sta senza pen-sare a ricette già pronte; queste non ci sono, ma solol'intenzione comune di rinascere per essere una sog-gettività politica che si ponga di coniugare democra-zia, libertà e giustizia sociale permetterà di trovarepure le forme che concretizzino l'avvio del processo.
A Montecatini abbiamo sperato che questo fosse ilprimo campo di applicazione per il rinato partito so -cialista. Continuiamo a pensarlo, ma il tempo corre ela speranza non basta. IL MONDO VA A DESTRA? Illustrazione e commento del saggio di Raffaele Simone Il Mondo è di destra? Dopo le elezioni italiane con la scomparsa dellasinistra, riformista ed antagonista, dal Parlamento,è arrivata la batosta delle elezioni amministrativebritanniche, anzi inglesi e gallesi per essere preci-si, con la sconfitta, più bruciante di quella di Ru -telli, di una delle icone continentali della sinistra,Ken Livingston, Ken il Rosso.
Ha, quindi, ragione Raffaele Simone1 quando
si interroga se "Il mondo è di destra?" Per Simone "ilcontenitore che chiamiamo «sinistra» appare og gi pressoché svuotato. Almeno per il momento, datoche gli obiettivi falliti sono molto più numerosi diquelli raggiunti, ci sono sufficienti motivi per soste-nere che la sinistra, dopo oltre cent'anni di tentativicompiuti in tutto il mondo, è prossima a dichiararebancarotta e a convertirsi in qualcosa d'altro". R. SIMONE, Il Mondo è di Destra?, "Il Mulino" (rivista), 6/2006, pp.
1160-1171. Gli argomenti del saggio saranno sviluppati nel suo li bro: IlMostro Mite, Perché l'occidente non va a sinistra, Milano, 2008.
BESOSTRI, IL MONDO VA A DESTRA? Una ferma notazione si impone se gli obiettivi fal- liti sono più numerosi di quelli raggiunti, il problemaprincipale è quello di interrogarsi sulla na tu ra deglio biettivi, cioè se fossero obiettivi sbagliati, perché senon si sono raggiunti per incapacità ma gli obiettivifossero giusti significa che, co mun que, non sono ve -nute meno le ragioni della si ni stra.
Fallimento degli obiettivi della sinistra? Nello stesso interrogarsi se il mondo è di destra, l'a -na lisi non può limitarsi all'Europa e neppure all'in-tero Occidente, come fanno i più, per esempio lostes so Giorgio Ruffolo (Perché l'Occidente non vaa sinistra, "La Repubblica", 29.04.2008), che si ri -tiene tra gli ispiratori de "Il mostro mite" di Raf -fae le Simone.
L'Europa è importantissima per noi che ne fac- ciamo parte e ancor più l'Italia perché ci viviamo,tuttavia non siamo l'ombelico del mondo e soltan-to nell'esaltazione narcisistica di qualche dirigentepolitico si può pensare, che la sconfitta di Veltronialle politiche e di Rutelli a Roma rappresentino unavvenimento di portata mondiale.
Detto questo, per ciascuno di noi, che si sente parte della Sinistra, pur con tutte le aporie e le ambiguitàche il termine comporta, non è sufficiente, per com-pensare il lutto, consolarsi con il fatto, che negli stes-si giorni all'ex vescovo Lugo riusciva una impresa L'AVVENIRE DEI LAVORATORI, 08/1-2 storica: mettere fine a 60 anni di dominio incontra-stato del Partido Colorado in Paraguay.
Basta guardare, appunto, al continente latino-ame- ricano per avere una impressione del tutto diversa dalBrasile di Lula all'Argentina dei Kirchner, dal Ciledella Bachelet alla Bolivia di Morales, dal l'Ecuadordi Correa al Venezuela di Hugo Chavez, lo sposta-mento a sinistra è netto ed evidente.
Nel Nepal il 28 maggio 2008 un'Assemblea co sti - tuente ha abolito una monarchia al potere dal XVIIIsecolo, la formazione del governo è stata affidata alPartito Comunista Nepalese (maoista): sarebbe, però,difficile inverarne che l'Asia vada a sinistra. E se ne -gli Stati Uniti vincessero pu ta caso i Democratici, diObama, sarebbe segno di svolta a destra o a sinistranel paese egemone dell'at tuale assetto planetario? In realtà dobbiamo fare i conti con l'ambiguità stessa dei concetti di destra e sinistra: una volta erapiù semplice, alla sinistra si sposava un'idea diprogresso nel cambiamento e nell'estensione deidiritti, mentre la destra era conservazione e difesadell'ordine costituito.
Questa distinzione chiara aveva come presuppo- sto che la sinistra fosse minoranza ed all'opposi-zione: nel momento che conquista la maggioranzae con essa, in un regime democratico, la responsa-bilità di governo diventa essa stessa una parte del-l'ordine costituito, cui spetta di conservare e difen-dere le leggi sociali nel frattempo approvate.
BESOSTRI, IL MONDO VA A DESTRA? La destra si presenta allora con la faccia del rin- novamento e del cambiamento.
L'offensiva non è soltanto politica, ma anche cul- turale, nel senso più ampio ed affonda le sue radicinell'economia.
La distinzione tra destra e sinistra si basava anche sul ruolo dello Stato, ma anche qui con epocaleinversione dei ruoli.
Per la destra una volta lo Stato forte, autoritario e di polizia, era una pedina essenziale per la difesadel proprio dominio.
Con la democratizzazione dello Stato, invece, la destra si è fatta paladina dello stato minimo, chelasciasse a briglie sciolte il mercato e gli spiriti ani-mali del capitalismo.
Per ridurre il peso dello stato sono necessarie pri- vatizzazioni e liberalizzazioni, sempre più spinte,ma soprattutto la riduzione delle tasse, unicomezzo per contenere la spesa pubblica.
Questo in astratto poiché in concreto spesso la sini- stra, e da questo punto di vista il centro-sinistra ita -lia no è stato esemplare, ha privatizzato e liberalizza-to più della destra, ha contenuto il deficit pubblico einiziato a riformare (eufemismo per ridurre) il welfa-re, proprio per rispettare le compatibilità di bilancio.
In Italia, ma anche in altri paesi europei, alla sini- stra si è affidato il compito di affrontare le congiun-ture difficili nella presunzione, che un governo di si -ni stra sappia contenere la combattività sindacale.
L'AVVENIRE DEI LAVORATORI, 08/1-2 Il volto nuovo della Destra La perdita di egemonia ed iniziativa della sinistra nonavrebbe effetti così drammatici da far prevedere unasua scomparsa (In Italia già si è verificata a livello dirappresentanza parlamentare) se nel contempo non cifosse un volto nuovo (?) ed accattivante della destra,quella che Raffaele Simone chiama la Neo de stra, i cuitratti sarebbero i seguenti: "a) esprime in for ma diret-ta il grande capitale nazionale e mul ti na zionale; b) ètecnologica e capitalista, ma di un capitalismo finan-ziario più che industriale; c) è con ser va trice, salvo inun campo: è interessata a e spandere e innovare i con-sumi, perché ritiene che il mercato e il consumo sianol'unica vera mission del mondo mo der no; d) è nemicadell'intervento pubblico nella ge sistemi di servizio (scuola e università, poste e comu-nicazioni, sanità e cura degli anziani, trasporti, perfinoprigioni); e) ha come valori pubblici il consumo, ilsuccesso, il divertimento; f) è totalitaria nella suadeplorazione dell'avversario e delle regole (e le con-seguenti lentezze) dei sistemi de mocratici; g) è popu-lista: rifiuta il principio democratico, sostenendo cheuna cosa sia opportuna so lo se «interessa al popolo»,se la «vuole il popolo»; h) non riconosce classe gene-rale fuori della borghesia (piccola e media), che cercadi portare a li velli sempre più alti di consumi, dibenessere e di en ter tainment, ignorando il resto dellapopolazione (po veri, quasi poveri, gente in pericolo di BESOSTRI, IL MONDO VA A DESTRA? impoverirsi, minoranze e immigrati); i) è durissimanel contrastare le critiche ideologiche, ma imperniatain modo decisivo sull'uso infiltrante dei media, dellacomunicazione e dell'entertainment; j) disprezza lacultura, la ricerca e la scienza (salvo che non produca-no ap pli cazioni e redditi); è indifferente alla creazioneartistica che non si traduca in prodotti mediatici". Nulla di nuovo rispetto ad una destra classica, tradi- zionale di un regime capitalista, ma la parola ca pitalismo per Simone non basta più, bisogna coniarneun'altra: ultracapitalismo. "Si tratta – prosegue Si mo -ne – di una rete sottratta a qualsivoglia controllo poli-tico (sia nazionale che internazionale) – anzi in gradodi dettare leggi ai governi, che sono spesso sua direttaespressione – con una specificità nuova nella storia:accumula enormi profitti non più (come nella tradizio-ne) opprimendo i propri lavoratori, bensì catturando lapropria clientela in tutto il mondo. Questa senzaaccorgersene è diventata captive, lasciandosi avvolge-re nella spirale in cui si intrecciano pubblicità, prodot-to, marketing, facilitazioni creditizie, desiderio di fune di vacanza, speranza di restare giovani per sempre".
In realtà le cose sono più complicate poiché il volto umano dell'ultracapitalismo consumistico nonè uguale in tutto il mondo: con sfruttamento del la vo -ro, anche minorile, continua anzi si estende nei paesisottosviluppati ma anche nelle periferie dei pae si ric-chi (Messico del Nord America rispetto agli USA eEuropa Orientale rispetto al nucleo del L'AVVENIRE DEI LAVORATORI, 08/1-2 Europea a 15, mano d'opera migrante). Le descrizio-ni del lavoro nelle grandi fabbriche del XIX secolo sipotrebbero tranquillamente applicare con i loro orro-ri, ed anche di più, alla produzione manifatturiera dimassa nei paesi di delocalizzazione produttiva.
Lì dovrebbe quindi vincere la sinistra? Non è co sì, perché la repressione politico-sindacale è fortis si mae colpisce soprattutto una sinistra che, con il crollodel l'URSS, non riceve più so ste gno politico ed eco-nomico dall'estero, se non quello sporadico delle or -ga nizzazioni sindacali internazionali.
I movimenti politici di opposizione che ricevono più aiuti da reti estere sono quelli di ispirazione i -sla mica ovvero con forti comunità nella diaspora,come i tamil dello Sri Lanka, come una volta l'IRAdalla comunità irlandese e statunitense.
Quando un movimento di liberazione con parole d'ordine di cambiamento societario (ETA peresempio o FARC) si finanzia con sequestri edestorsioni e con il commercio di droga ed armi èancora espressione della sinistra? È vero che ancheStalin rapinava i treni, ma appunto quella sinistra èstata sconfitta sia pure più di 70 anni dopo.
Le debolezze della sinistra Ci sono fattori strutturali e istituzionali che spiega-no la debolezza della sinistra nei grandi paesi delcosiddetto Occidente.
BESOSTRI, IL MONDO VA A DESTRA? Il primo è la perdita di potere dello Stato nazio- nale, cioè dell'ambito, nel quale la democrazia edil welfare hanno avuto la massima espressione.
Questa perdita di potere non è tanto nei confronti di organizzazioni internazionali regionali, come l'U nio -ne Europea, che tentano di espandere il li vel lo demo-cratico delle loro istituzioni, quanto ri spetto al l'Or -ga nizzazione Mondiale del Commer cio – OMC, delFondo Monetario Internazionale o della Banca Mon -dia le, per non nominare che alcune delle istituzioni,sulle quali non esiste controllo par lamentare.
L'OMC è sorto senza un trattato internazionale alla sua base e, quindi, senza una ratifica parlamentare.
L'espansione capitalistica inoltre è stata molto più finanziaria che produttiva. Per una serie diaccordi bilaterali o multilaterali la libertà di circo-lazione dei capitali è assicurata, ma soprattutto inqualsiasi borsa si può "scommettere" su prodottiche ancora non esistono e che materialmente nep-pure si trovano sul territorio dello stato, in cui sicompie la transazione finanziaria.
Il capitalismo finanziario è per sua natura incon- trollabile anche in termini fiscali.
Lo stato ottocentesco strumento di dominio della borghesia capitalista era quantomeno necessario ele sue leggi potevano regolare i luoghi fisici dellapro duzione.
Lo Stato nazionale, tanto più in tempi di sviluppo economico, invece, è sentito come superfluo e con lo L'AVVENIRE DEI LAVORATORI, 08/1-2 Stato le procedure democratiche di governo: bisognaabolire lacci e lacciuoli e la perdita di tempo dellediscussioni parlamentari e pubbliche in genere.
Simone fa derivare l'indebolimento della sinistra, oltre che dal fallimento delle esperienze comuniste,da tre cruciali fenomeni: "a) la dissoluzione dellaclasse operaia come classe generale, b) la metamor-fosi culturale del popolo della sinistra, c) la nascitadella cultura globale connessa all'ultracapitalismo, dinatura essenzialmente «dispotica». Nel loro insieme,essi significano che l'avversario che la sinistra hadinanzi non è più formato da concreti partiti politici,contro cui si può lottare nei parlamenti e nelle piaz-ze, ma da movimenti storici di ampiezza planetaria,con cui il confronto è immensamente più difficile".
Raffaele Simone è perentorio: che la classe ope- raia non costituisce più "il principale riferimentodella sinistra è evidente in tutto il mondo". Con lestrategie di delocalizzazione industriale si tende "acreare masse operaie solo nelle aree in cui questepossono non dare fastidio". Inoltre "un altro feno-meno, già chiarissimo negli Stati Uniti ma eviden-te anche in Europa, è che gli operai sono semprepiù spesso immigrati, cioè la cui «pericolosità» sin-dacale e le cui pretese sono molto ridotte".
Tuttavia "a dispetto di questi cambiamenti, nei Pa - e si occidentali di operai «veri» (nativi, sindacalizza-ti e potenzialmente «pericolosi» [Simone si è di men -ti cato di aggiungere con diritto di voto, ma è implici- BESOSTRI, IL MONDO VA A DESTRA? to]) ne esistono ancora ed in numero rilevante.
Allargando l'ottica al pianeta, si può osservare checon la crescita economica della Cina e dell'India, piùle altre piccole, medie o grandi tigri asiatiche, mainella storia dell'umanità vi sono stati così tanti ope-rai industriali ed urbanizzati: l'anno scorso per laprima volta gli abitanti in contesti urbani hanno supe-rato il numero di quelli di campagna. Con questa pre-messa di fatto vanno correttamente intese le seguen-ti osservazioni di Simone sui cambiamenti di rilievoche sono intervenuti nella compagine operaia [il ter-mine classe implica non una attribuzione sociologicaad un determinato strato sociale, ma la coscienza diappartenervi]: "a) La classe operaia ha compiuto unacruciale evoluzione politico-culturale. Stanca diessere e sentirsi classe «bassa», di accedere solo aconsumi di profilo modesto, insomma di essere«classe operaia» in senso proprio, ha cambiatoopzioni e gusti e tende ormai a comportarsi e appari-re come la borghesia che vorrebbe essere. Il capitali-smo, una volta nemico assoluto, ha infatti creatomodelli e desideri a cui vorrebbero arrivare tutti,inclusi quelli che un tempo si sarebbero chiamatiproletari. Il motivo di ciò è forse il bisogno di mime-tismo sociale: chi oggi ha davvero voglia di sembra-re un operaio? (…) Nel frattempo il proletariato si èdissolto e trasfigurato, e comprende ormai solo emar-ginati e coatti: frange urbane sottoproletarie e soprat-tutto immigrati, ancora trattati non come un ceto ma L'AVVENIRE DEI LAVORATORI, 08/1-2 come un problema (una «grana») sociale. b) Intantola sinistra tende a «tener nascosta» la classe operaia:non la evoca nei suoi programmi e proposte, non l'a-dopera come asse primario della sua politica. Inpoche parole, ha abbandonato gli operai sia comeclasse generale sia come riferimento politico prima-rio. Gli interessi degli operai sono stati trasferiti paripari ai sindacati, che hanno sì peso politico ma noncostituiscono certo un punto di riferimento centrale.
Insomma la sinistra ha imparato l'ambigua arte distare dalla parte del popolo ignorandone le sofferen-ze e evitando di menzionarlo." Parallelamente a questi cambiamenti nella massa degli operai, la classe operaia non ha più occupato ilprimo posto nei pensieri della sinistra riformista,secondo Simone. La sua analisi è limitata agli anniNovanta, di modo che vede una diminuzione dell'a-rea riformista ed un incremento di quella comunistavariamente ribattezzata. La semplificazione è evi-dente sotto un duplice profilo: elettoralmente la sini-stra antagonista non sta meglio in Europa di quellariformista, si pensi alle ultime elezioni francesi editaliane, e nemmeno la classe operaia in carne edossa è più al centro dei pensieri della sinistra antago-nista. Certamente l'omaggio rituale c'è ancora, maquesta sinistra non ha ancora fatto i conti con l'espe-rienza della classe operaia, espropriata in tutti i sensidalla sua avanguardia, cioè il Partito Comunista alpotere: un'avanguardia i cui componenti, la cosiddet- BESOSTRI, IL MONDO VA A DESTRA? ta nomenklatura, in numerosissimi casi saranno poigli stessi che completeranno l'esproprio con le priva-tizzazioni seguenti al crollo del sistema sovietico.
L'interpretazione di Simone è la seguente: "l'elet- torato della sinistra si è indebolito non solo per legravi insufficienze dei gruppi dirigenti, ma più glo-balmente perché gli «ideali» della sinistra, quelli chela differenziano più nettamente della destra, nonsono più all'altezza dei tempi. Infatti, in un'epocadissipativa, consumista e liberista a oltranza, essiappaiono di carattere restrittivo e quasi pauperistico.
Ciò vale per tutti i traguardi principali: l'uguaglianza(limita l'espansione delle proprie prerogative), lalegalità (limita il soddisfacimento dei desideri), lagiustizia (impone regole), l'equità fiscale (toglie ilproprio, disturba i consumi), l'attenzione per le clas-si inferiori (perturba l'ambizione di far parte di quel-le superiori), la lotta al nazionalismo (limita le pecu-liarità delle patrie), l'austerità … Inoltre, spingendo la considerazione alle strutture sottostanti, si vede che la pratica di questi obiettivipresuppone l'accettazione di meccanismi profondiche non sono, neanche questi, conformi ai traguardidella modernità: il sacrificio, la rinuncia e il trasferi-mento del proprio ad altri. Ora questi ideali (e i mec-canismi sottostanti) sono esposti da almeno vent'an-ni alla bufera della modernità, con le enormi novitàche questa induce. Finora, dall'urto con questa bufe-ra la sinistra è uscita pesta o sconfitta." L'AVVENIRE DEI LAVORATORI, 08/1-2 Il Mostro Mite In nessun paese – secondo Simone – la sinistra ha sa -puto prevedere e tanto meno governare la nascita diquella sorte di moderno dispotismo culturale, che daun ventennio ci avviluppa nella sua rete. È un di spo ti -smo "gestito dalle multinazionali e dai centri mon dia -li del potere finanziario" e che "è imperniato sui con -sumi e sull'ubiquità di media e dell'entertainment".
Alexis de Tocqueville profeticamente aveva previ- sto un possibile «dispotismo del futuro»:2 il regime
che avrebbe potuto prodursi "come sequela della
democrazia". Al posto di un sovrano, che si sarebbe
ingerito anche dei minuti aspetti della vita privata dei
cittadini a forza di accumulare potere, avremmo un
dispotismo più esteso e più mite, che degraderebbe
gli uomini senza tormentarli. Simone chiama questo
dispotismo «Il Mostro Mite», cioè il paradigma cul-
turale planetario elaborato dalla Neodestra.
Tocqueville vede "una folla innumerevole di uomini simili e uguali che girano senza tregua su séstessi per procurarsi piccoli piaceri volgari, con cuisi appagano l'anima. Ciascuno di loro, messo da unlato, è come estraneo al destino di tutti gli altri: isuoi figli e i suoi amici formano per lui l'interaspecie umana; quanto al resto dei suoi concittadini,li ha accanto ma non li vede, li tocca ma non li A. DE TOQUEVILLE, De la démocratie en Amérique (1835-1841) inŒvres, Vol. II, Paris, 1992, 836sg.
BESOSTRI, IL MONDO VA A DESTRA? sente; non esiste che in sé stesso e per sé stesso, e,se una famiglia gli resta pur sempre, si può almenodire che non ha più patria. Alle spalle dei singolis'eleva un potere immenso e tutelare, che s'incari-ca solo di assicurare il loro godimento e di veglia-re sulla loro sorte. È assoluto, minuzioso, regolare,preveggente e mite. Somiglierebbe alla potestàpaterna, se, come questa, puntasse a preparare gliuomini all'età virile; ma questo cerca solo, invece,di fissarli irrevocabilmente nell'infanzia; vuole chei cittadini se la godano, purché non pensino ad altroche a godersela. Lavora volentieri alla loro felicità,ma vuol essere di questo l'unico agente e il soloarbitro; si cura della loro sicurezza, prevede e assi-cura i loro bisogni, facilita i loro piaceri, conduce iloro affari principali, dirige la loro industria, rego-la le loro successioni, divide le loro eredità".
Per Simone "questo quadro somiglia in modo perturbante al mondo d'oggi, dove immense masseetero dirette sono indotte al consumo piuttosto cheall'austerità, al buonumore e al fun forzoso piutto-sto che alla riflessione e al riposo, alla sottomis-sione piuttosto che alla libertà".
La frontiera del tempo libero Il potere ha sempre cercato di intrattenere i suddi-ti, di farli pentire: non per nulla Panem et circensesè una espressione latina.
L'AVVENIRE DEI LAVORATORI, 08/1-2 Le stesse esecuzioni pubbliche sono sempre state u na forma di spettacolo e non solo per le celebri tri -coteuses intorno al palco della ghigliottina.
Le parate fasciste e naziste erano coreografie im - pres sionanti, organizzate dai regimi violenti, altroche "Mostro Mite", che è contrassegnato dalla "ne -ces sità di assicurare al maggior numero di persone e -sperienze gradevoli e vitalizzanti, che favoriscano ilbenessere (inteso come wellness [e non come welfa-re]), ma sopratutto stimolino i consumi".
In questo c'è una differenza con le forme di in - trat tenimento dei regimi passati. Allora si trattavadi dare uno sfogo o di suscitare una adesione emo-tiva all'ideologia al potere. Nel mondo moderno ilmessaggio è invece formalmente diretto al dividuo, che può liberamente scegliere tra di versiintrattenimenti, anche se l'effetto massificante espersonalizzante si verifica regolarmente per ilcondizionamento mediatico che creano la mo da edi comportamenti, ai quali chi vuole essere trendynon può sottrarsi.
Il tempo libero è il luogo privilegiato del «Mostro Mi te», che si preoccupa di rappresentarlo, insiemecon il divertimento in modo diverso: il Mostro Miteha rovesciato i rapporti: "è il lavoro che interrom-pe il divertimento". Questa situazione ha alterato la distinzione tra tempo del lavoro e tempo libero e ha pro dotto unacapillare e permanente "car ne va liz za zio ne della vi - BESOSTRI, IL MONDO VA A DESTRA? ta". Il divertimento è di ven tato una fissazione, an cheper le amministrazioni pubbliche: "lo si pratica inogni momento, in in nu merevoli forme e in tutti ilivelli sociali, attorno ad esso si sono formati com-plessi sistemi economici e ideologici. Inutili «Nottibianche», girandole di di vertimenti e consumi sonoorganizzate in tutta Eu ropa, anche se la sciano sfinitele città, estenuano i cittadini che non vi partecipano esvuotano le casse delle amministrazioni".
Per le necessità del divertimento [a fronte di que- sto bisogna sottolineare con forza una circostanza
che Raffaele Simone spesso dimentica, che l'anali-
si riguarda il cosiddetto primo mondo, quello indu-
strializzato]3 "l'intero pianeta è sottoposto a sfrut-
tamento: si può andare in vacanza in Paesi retti da
fe
roci dittature, dominati dalla violenza e dalla miseria od anche in aree sconvolte da catastrofi na -turali" ovvero in cui – si deve aggiungere – la stes -sa costruzione delle strutture per il divertimento deituristi altera equilibri ambientali e sociali, così comele esigenze delle esportazioni. Solo per memoria: gliallevamenti di gamberetti su scala industriale hannocomportato la distruzione delle mangrovie, che pro-teggevano le coste nel sud-est asiatico.
La critica alle distorsioni dello sviluppo non può diventare moralismo puro e semplice, perché senza La critica riguarda il saggio, non il libro, che nel sottotitolo si riferi-sce, invece, espressamente all'Occidente (v. nota 1).
L'AVVENIRE DEI LAVORATORI, 08/1-2 lo sviluppo del turismo globale alcune aree sareb-bero rimaste depresse e progressivamente abban-donate dalla popolazione.
Pensiamo alle nostre montagne senza il turismo Un punto sottolinea Simone, sul quale si può con- cordare: i paradigmi culturali del «Mostro Mite»non risparmiano il nostro mondo interiore, intacca-no e rimodellano le nostre stesse passioni, se neformano di nuove ed alcune delle antiche si inde-boliscono o si distorcono.
"Di contro alla solidarietà (ideale traguardo della sinistra di tutti i tempi) ed alla compassione (la suaversione cattolica [cristiana?]) il Mostro Mite hainfatti stimolato la nascita di una forma di festosoegoismo".
Questo fatto, per Simone – già segnalato da Zyg - munt Bauman4 – denuncia che la preoccupazione
principale sia quella di "fre nare o sconfiggere" d'un
colpo la bruttezza, la vec chiaia e la malattia, con u na
ricerca sfibrante ed estrema del benessere fisico
(wellness) e della perpetuazione della giovinezza (fit -
ness
). "Un effetto di questa concentrazione os ses siva
sul corpo è la ne gli genza (se non il disprezzo) dei
deboli e dei vecchi", citando ancora Bau man. Per
Simone essere an
ziani diventa una inabilitazione, perché rappresenterebbe la limitatezza dei desideri, Z. BAUMANN, Tutti schiavi del fitness: la compassione dov'è?, "Vitae Pensiero", 87/3, 2004, pp. 40-44.
BESOSTRI, IL MONDO VA A DESTRA? la moderazione dei bisogni, l'insensibilità alle sedu-
zioni del mer cato. In altre parole "essere anziani è un
anatema nella società dei consumatori".5
Questo punto non appare convincente in quanto non distingue tra anziani deboli ed anziani forti oforse hanno in mente, Simone e Bauman, dellefigure di vecchi saggi, quelli di Montaigne, per cuidanno dei buoni consigli, perché non sono piùcapaci di dare cattivi esempi. Gli anziani, come i poveri, sono un segmento di mercato, che va sfruttato dal Viagra ai pannoloni,ormai alla portata di tutti, alle Case di Riposo a cin-que stelle. Sono gli anziani che alzano lo sharedegli spettacoli televisivi e perciò il loro valore sulmercato della pubblicità.
Sono un peso gli anziani deboli, quelli con la pen sione minima, per di più se sono soli, cioè sen -za una famiglia sulla quale scaricare i costi econo-mici di una assistenza alla lungodegenza ed allanon autosufficienza, nella quale le pubbliche istitu-zioni sono carenti.
La capacità di distinguere, ne vedremo l'impor- tanza, non può venir meno: nella globalizzazione cisono i «globalizzatori» ed i «globalizzati», cosìcome nella società dei consumi ci sono i forti«consumatori» ed i deboli «consumati» dall'im-possibilità di accedervi.
Z. BAUMANN, cit., p. 42.
L'AVVENIRE DEI LAVORATORI, 08/1-2 La società dello spettacolo Sempre per Simone, ma con riferimento a Guy De -bord, i climi culturali perduranti comportano ancheprofondi rimodellamenti dei quadri cognitivi. In que-sto quadro il Mostro Mite opera in profondità, indebo-lendo un'essenziale risorsa cognitiva della nostra cul -tura: la capacità di distinguere tra realtà e finzione.
L'ubiquità delle immagini altera il rapporto tra vero e falso e trasforma ogni cosa in spettacolo, in
cosa per gli occhi, senza distinzione tra «cosa
vista» e «cosa vissuta»: "la realtà sorge nello spet-
tacolo, e lo spettacolo è reale […] Nel mondo vera-
mente rovesciato il vero è un momento del falso".6
Debord aveva scritto queste cose negli anni 60 e viene spontaneo chiedersi: quale contromisure cul-turali ha messo in campo la sinistra, che non pos-siede mezzi di comunicazione di massa, neppuredo ve è al potere con metodi democratici? Per lo piùha chiesto un suo spazio nella società spettacoloper recitarvi una parte secondaria. Settori dellasinistra probabilmente sono stati fieri ed orgogliosidella loro modernità, addirittura di essere all'avan-guardia: pensiamo ad un Nicolini ed alle sue NottiRomane. Si è affermato il «delitto perfetto», quel-lo in cui la televisione ha ucciso la realtà, "la tele-visione che intacca e modifica gli eventi (a volte G. DEBORD, La Société du Spectacle, Paris, Buchet-chastel, 1967,citato dall'edizione di Gallinara, 1992, n. 19.
BESOSTRI, IL MONDO VA A DESTRA? prodotti solo perché essa li faccia vedere), li finge
e li crea, li surroga e soprattutto infiltra nelle case
le cose estreme (la morte, la violenza, la degrada-
zione) rendendole familiari, ovvie e banali" sotto-
linea Simone sulla scia di Baudrillard.7
Con l'era digitale l'opera è completa: il «falso» deborda nel vero, lo avviluppa e lo divora. La conclu-sione è tranchant: "Un mondo caratterizzato da tratticome questi sarà inevitabilmente di destra: unaNeodestra mediatica, globalizzata, consumistica, dal-l'aria mite e simpatica. A questo «aroma di destra»non sfuggirà nessuno, se non forse gli irriducibili (cheavranno necessariamente l'aria un po' stravolta dei fis-sati). Già da ora, del resto, una parte delle sinistre (acominciare dai loro dirigenti) emana un deciso odoredi Neodestra, come si vede da talune prese di posizio-ne e comportamenti: la resa al capitalismo e al consu-mismo, l'acquiescenza verso le forme più fruste dicultura trash, il populismo (che non fa che rinviare alpopolo i suoi desideri), abbandono di ogni austerità".
La sinistra è senza futuro? La sinistra italiana, se in essa vogliamo comprendereanche quella parte dei DS confluita nel PD, ma nonsolo, corrisponde alla descrizione di Simone, macosa altro avrebbe potuto fare? Se è vero il suo J. BAUDRILLARD, Le crime parfait, Paris, Galilée, 1995.
L'AVVENIRE DEI LAVORATORI, 08/1-2 assunto iniziale, cioè che la lista delle cose di sini-
stra, che non sono riuscite a imporsi o che sono falli-
te sarebbe lunga.8 E proprio le migliori: innalzamen-
to del livello medio dell'istruzione, della cultura, svi-
luppo pieno della scienza e della ricerca, valorizza-
zione delle energie creative di intellettuali e artisti,
diffusione di una minima mentalità razionale e laica
etc., etc, per non parlare di ridistribuzione delle ric-
chezze o la creazione di nuovi modi di produrre.
Simone non ricopre ruoli dirigenti nei Partiti della sinistra, non è neppure uno degli intellettualidi complemento o di influenza personale sui leaderdella sinistra tipo Verdiglione, ai suoi tempi, o ilpiù attuale Fagioli. Sarebbe, quindi, assurdo chedovesse esporre delle ricette.
Altri si sarebbero dovuti mobilitare quando scri- ve che "l'infiltrazione del Mostro Mite e gli altrimotivi che ho descritto abbiano già prodotto unadoppia erosione dei partiti di sinistra (con tutti iloro ideali) e del popolo della sinistra".
La sinistra avrebbe, quindi, perduto la capacità di "dare forma al mondo". Se una «forma di sinistra»non è tra le possibili forme del mondo, bisogna con-cludere che "il mondo è intrinsecamente di destra?" Simone intende suggerire una risposta: «Sì, il mondo è naturalmente di destra, le speranze dellasinistra rappresentano un risultato in-naturale (cioè R. SIMONE, cit., p. 1161.
BESOSTRI, IL MONDO VA A DESTRA? ottenuto contrastando la natura umana), che perquesto non può restare in vita in permanenza».
«Quali parametri caratterizzano questa «destra naturalistica»? La questione è uno dei temi classicidella teoria politica, che per lo più considera comecontrassegno della destra la difesa della tradizione edella gerarchia. Suggerisco che il fattore peculiaredella destra oggi – che come ho detto non è più unpartito politico, con una sede legale, un presidente eun segretario, ma è la Neodestra, una delle piegheplanetarie della modernità – sia l'idea secondo cui èindiscutibile il diritto di acquisire e conservare laproprietà materiale. Da ciò derivano gran parte deicorollari di un atteggiamento di destra: l'idea che glialtri non debbano immischiarsi negli affari dei priva-ti, e in particolare che lo stato (in quanto forma su -prema di Altro) non debba occuparsi della proprietàindividuale, che un gruppo (un ceto, una cricca, una«razza», una rete di famiglie, una consorteria, secon-do i casi e le dottrine) sia destinato a comandare e unaltro a obbedire, e così via, con tutte le derive, ancheestreme, che questo nucleo può avere. Tra questederive metterei l'idea, propria di alcuni tipi di destra,secondo cui dell'avversario occorre in qualchemaniera liberarsi (mettendolo fuori gioco fisicamen-te o politicamente).» «Se l'idea di destra è più prossima alla natura del- l'uomo, cos'è l'idea di sinistra? Ho già accennatoche una posizione di sinistra è resa possibile da talu- L'AVVENIRE DEI LAVORATORI, 08/1-2 ni meccanismi morali che, per così dire, la attivano:il sacrificio, la rinuncia, e il trasferimento (di unaparte) del proprio ad altri. Accettare siffatti meccani-smi non è un'operazione naturale: al contrario, essisono il risultato di una complicata elaborazione inte-riore (questa sì, un «travaglio»), della negazione diuna catena di impulsi naturali. Le posizioni di sini-stra vanno considerate un «artificio», una costruzio-ne astratta, laboriosa e labile, quindi un risultatoestremamente «in-naturale» e, per questa sua pro-prietà, anche estremamente fragile: aderirvi è costo-so (richiede rinunce), permanervi è arduo (comportail rimodellamento della propria vita), uscirne puòessere una continua tentazione.» A suffragio delle sue tesi Simone, come già ha fatto con Alexis de Tocqueville, cita un passo della
famosa opera di Ortega y Gasset:9 «Era inverosimi-
le che la specie umana fosse arrivata a una cosa
così bella, così paradossale, così elegante, così
acrobatica, così antinaturale. Per questo, non deve
sorprendere che di colpo questa stessa specie
appaia così decisa ad abbandonarla. È un esercizio
troppo difficile e complicato per potersi consolida-
re sulla terra.»
Le nuove tendenze sarebbero quindi state prefi- gurate nel 1835-1840 e nel 1930? Eppure dopo di J. ORTEGA Y GASSET, La Ribellione delle Masse (1930), trad. it.
Bologna, 1984 (cit. da Obras selectas, p. 560, corsivo grassetto diSimone).
BESOSTRI, IL MONDO VA A DESTRA? allora la sinistra nei paesi occidentali, quindi a pre-scindere dal sistema sovietico, ha conosciuto vitto-rie e sconfitte (nazismo e fascismo) ma ha datoforma al mondo a partire dal secondo dopoguerra,specialmente in Europa.
Il popolo della sinistra è «sottoposto allo sforzo continuo di riconfermare la propria adesione a certiobiettivi, un processo che costa enorme fatica e chenei frangenti (come l'attuale) di bufera violenta ètanto gravoso da generare disaffezione, incertezzae apostasie».
In questa situazione per Simone «i partiti della si - nistra dovrebbero considerare parte cruciale del lo -ro compito la ricerca incessante di contenuti al -l'altezza dei tempi per riempire quell'involucroquasi vuoto su cui sta ancora scritto sinistra e, inaggiunta, di buoni motivi per (re)stare a sinistra».
I NOSTRI "INCONTRI" TRA POETI, SCRITTRICI E TESTI INEDITI La letteratura italiana al Coopi di Zurigo tra la vecchia e la nuova sede L'iniziativa era nata una sera di febbraio del 2005,nel Centenario del Cooperativo. Eravamo seduti at -tor no a un tavolo in fondo alla sala del ristorante,sotto un quadro comensoliano che si intitola Di mo -strazione e che evoca le manifestazioni di piazza delSessantotto: un operaio in canottiera che invita all'a-zione, portato sulle spalle da un altro di mostrante. I dipinti Ragazze con operaio e Di mo strazione di Mario Co men soli allepareti del Coopi, ora traslocato alla St. Jakobstrasse 6.
BARINO, I NOSTRI "INCONTRI" Ricordo che eravamo reduci da una seduta nottur- na volta a preparare i festeggiamenti del Cen te na -rio che di lì a poco più di un mese, il 18 marzo2005, avrebbero ospitato alte personalità del mon -do po litico e della cultura. Al nostro gruppo si era aggiunto il poeta Franco Facchini, che aveva in quel momento un compitodif ficilissimo: illustrare a un uditorio già alle presecon un'agenda onerosa un progetto supplementare:creare una sorta di cenacolo di amanti della lettera-tura e della poesia italiana con appuntamenti re -golari, aperti al pubblico. Facchini riaccendeva caparbiamente la pipa, che non voleva obbedirgli, e snocciolava i nomi di unaserie di illustri poeti e scrittori che sarebbero statifelici di venirci a trovare in un luogo così carico distoria e di cultura, per recitare e commentare le lo -ro opere. Ricordandoci che l'esilio era il luo go sacro dei poeti e che "non c'è esilio migliore di questo no -stro, qui a Zurigo", Facchini – chissà come – riuscìa conquistarci all'idea. Tutti eravamo entusiasti,dal primo all' ultimo: dai più prag ma tici come l'av -vo cato Alexander Weber (comunque convinto chela di fesa dell'italianità era uno dei nostri compitiprin cipali) a Maurizio Montana, Renzo Balmelli,San dro Simonitto, al presidente An che pretese nondimeno un pro gram ma "ben am -mobi liato", con date, costi, nomi e cognomi, da L'AVVENIRE DEI LAVORATORI, 08/1-2 pre sentare a una successiva seduta, prima del l'a -vallo definitivo. Oggi, ripensandoci, la mia impressione è che il progetto non poteva nascere in un momento mi -glio re: si voleva ad ogni costo in quei mesi di gran-de passione organizzativa lanciare qualcosa di du -ra turo e di nuovo, una specie di figlio del Cen te -nario, a significare il continuo rinnovarsi delle atti-vità con finalità ideali che rappresentavano la sto-ria viva del Cooperativo.
Un anno dopo, a partire dal 3 febbraio del 2006, ab - biamo inaugurato una serie ben frequentata di In con -tri letterari del Coo pe rativo, curati da Franco Fac -chi ni e dal professor Pietro De Marchi. Questi "In -con tri" hanno rappresentato in dub bia mente un arric -chi mento del panorama culturale di Zurigo, città finlì un po' distratta rispetto alle e si genze dell'italiano.
Con il costruttivo contributo del la So cie tà Dan te Ali -ghieri si ebbe un apporto di pre senze tra il pubblico,diviso in parti quasi uguali tra par tecipanti di madre-lingua italiana e tedesca, ma in grado tutti – comeavrebbero testimoniato le sottili do man de rivolte aiconferenzieri – di cogliere le sfumature anche piùrecondite della lirica e della narra zio ne italiana.
Tra i numerosi letterati intervenuti me ne sono rimasti impressi in par ticolare due: lo straordinariopoeta Giampiero Ne ri che, con quel suo understate-ment tutto lombardo, ha paradigmaticamente espres-so nei versi dedicati al cactus di casa, che a bagnar- BARINO, I NOSTRI "INCONTRI" lo generosamente ingiallisce e muore, il senso dellaso brietà connaturata a chi vive filosoficamente lapro pria esistenza. Ricordo poi l'incontro con Laura Pariani, propizia- to dall'Istituto Italiano di Cultura di Zurigo e dalgrup po Events for friends. La Pariani ha permesso alpubblico di vivere due momenti di lirismo intenso edi verso: legati, il primo alla lettura di brani tratti dalPaese delle vocali che rievocava la ricca tradizionedialettale delle valli lombarde intrecciata con un tes-suto socio-popolare tenero e commovente; il secon-do all'evocazione di passaggi del suo ultimo libro,Tango per una rosa. È questo un colloquio fantasticocon Saint-Exupéry, nato da una visita alle regioni inArgentina dove l'autore del Petit Prince aveva vissu-to un momento appassionante della sua esistenza. A -scol tando la Pariani il pubblico del Cooperativo perse la dimensione del luogo e del tempo ritrovan-dosi a sognare ad occhi aperti, cullato dalle note stra-zianti di un tango. E l'autrice leggeva rapita alcunistupendi passaggi del suo libro sullo sfondo di unquadro evocatore, Do me nica di Mario Comensoli,dove due donne danzano tenendosi sottobraccio, lesvolazzanti gonne variopinte, al suono di una chitar-ra e davanti a un gruppo di popolani che sembranosorpresi da tanta femminile audacia.
Una rassegna completa delle personalità intervenu- te agli "In contri" mi è qui impossibile. Su ciascunodovremo ritornare adeguatamente. Inserisco qui una L'AVVENIRE DEI LAVORATORI, 08/1-2 ce su ra. Compio un salto nel tempo e nello spazio.
Frattanto c'è stato lo sfratto del Coo pe ra tivo dallavecchia sede, quella in cui a cavallo tra gli anni Ses -santa e Set tanta Ezio Canonica aveva condotto vitto-riosamente una storica battaglia di civiltà contro leiniziative xenofobe di Schwar zen bach.
Sì, incredibile a dirsi, il Cooperativo è stato sfrat- tato un'altra volta ("e ‘l modo an cor m'offende").
Ma gli Incontri letterari, sia pure in forma speri-mentale, hanno ripreso il loro corso nella nuova se -de, sotto quella stessa Domenica di Mario Co men - Gennaio 2008 – In questa foto di Mo nica Zürcher il capostruttura delCoopi, Do na to Luongo, carica sul furgone Domenica di Mario Comensolimentre lascia la se de dello sfratto per traslocare alla St. Jakobstrasse 6.
BARINO, I NOSTRI "INCONTRI" soli che ora domina la sala da pranzo della St. Ja -kob strasse 6.
Tra le matinées tenutesi in primavera mi limito qui a menzionare solo l'incontro con Silvia RicciLem pen, che il 25 maggio scorso dinanzi a un pub-blico at tento e numeroso ha presentato in antepri-ma il te sto inedito, Cara Clarissa, che pubblichia-mo su queste pagine per gentile concessione del-l'autrice, cui va un fervido ringraziamento. Si tratta di un "possibile inizio" del suo pri mo ro - manzo in lingua italiana. All'italiano Sil via RicciLem pen torna dopo il ragguardevole cur sus hono-rum realizzato come redattrice culturale, letterata esaggista in lingua francese. E noi assistiamo ammi-rati a questo per cor so, molto speciale, di rammemo-razione del la lingua madre: un'esperienza legata all'esilio letterario da cui hanno pre so le mosse gliIn con tri letterari del Coo pe ra ti vo.
In tema di inediti, siamo particolarmente onorati di presentare qui di seguito anche un testo che LauraPariani ha voluto scrivere in ricordo della sua visitaal Cooperativo. Si tratta di un gesto veramente belloda parte di una delle maggiori scrittrici italiane con-temporanee, un gesto che ci commuove anche per lafinezza della scrittura e la sensibilità con la quale hasaputo ricostruire l'anima che non muore della nostraormai più che centenaria istituzione. Anche a LauraPa riani un fervido ringraziamento.
PER RESUSCITARE I MORTI Fuori della porta rossa del Ristorante Cooperativo,l'annottare di una piovosa serata zurighese. Den -tro, il tiepido del salone da pranzo, con la gente checena o chiacchiera, i ragazzi sorridenti che servonoai tavoli, gli odorini dei mangiari che vengono dal -la cucina sul retro.
La Nives ha una faccia che pare legno, tant'è sca- vata di rughe. «Io sono del '14» esordisce come sefosse un vanto, con un sorrisetto da balossetta chevuole stupirmi. Novantadue anni portati benissimo,origini piemontesi.
Le dico che abito in provincia di Novara. Le si illuminano gli occhi: «Allora te le risaie le conosci… Scusa che io so mica parlare pulito: ascuola ho fatto la terza elementare, neh. Era piùtempo che stavo a casa che quello in classe, perchémemàma aveva da trottare al lavoro e a me tocca-va imbadare ai fratelli più piccoli. Io ero la mag-giore. Ogni due anni ne arrivava uno. Per cui, im -ma ginati, ce ne avevo sempre uno in braccio.» Il cameriere con l'orecchino ci lascia il menù: "Pane vino e pacifismo dal 1905, Italienische Kü - PARIANI, PER RESUSCITARE che, Auserlesene Weine, Konkurrenzfähige Prei se…" Mentre scorro la lista, la Nives continua a rac -contare: «Si viveva fuori paese, in cascina, isolati.
Ogni tanto passava l'ombrellaio o qualche am bu -lante a raccogliere ferrivecchi o stracci, oppure veni-va il mulitta a arrotare i coltelli e le forbici. Quandoarrivava quello dei capelli, urlava dal fondo dellastraèla: "Capelli crodati… capelli crodati…" e noicorrevamo tutti fuori. Ché a quei tem pi là i capellinoi ragazze li portavamo lunghi, in treccia; ci si pet-tinava soltanto la domenica mattina, prima di anda-re a messa, e i cavèj che restavano sul pettine li met-tevamo da parte in uno scartozzino per quando veni-va quell'ambulante: li pagava pochi centesimi, maerano sempre soldi, neh, e io ci avevo una bella testabionda e ricciolina… Una volta è passato uno chenella cesta teneva una scatola di bomboncini di zuc-chero. Figurati noi bambini: abbiamo visto la cestaappesa al manubrio della bicicletta, come si faceva aresistere davanti a quel bendidio, chiaro che ciabbiam messo dentro le mani e mangia tu che man-gio io. Poi, quando l'uomo è tornato, si è messo aurlare, voleva che mepà gli pagasse tutta la scatolache gliel'avevamo svuotata. Ma figurarsi, soldi nonce n'erano mica. Allora, visto che quello là non lasmetteva di sbragiare, mepà gli ha detto: "Un'altravolta che vuoi salvare i tuoi bomboni, la pianti diandare a fare il bamba con le donne della cascina estar lì tutto il pomeriggio…" Ché quell'ambulante L'AVVENIRE DEI LAVORATORI, 08/1-2 entrava sempre nella cucina della Rosa dei Cudìtti,che ci aveva il marito in Merica, e restava lì le ore eore a fare i suoi comodi. Capito?» Alla fine scegliamo cosa mangiare: io saltimboc- ca con patate, la Nives risotto. Naturalmente vinorosso, il Merlot va bene; acqua no, grazie. «Me -nònu Agabio ripeteva sempre: "Il vino fa sangue,invece l'acqua fa tremar le gambe"…» sottolineacon enfasi il proverbio e ride.
«A quei tempi là, quando venivano le tempora giu- ste, tutte le giovani andavano a mondare il riso, astrappare le malerbe. Ché lo sai, no, come si lavora ilriso… Prima si ara, poi si fanno gli argini dove ci vo -gliono, da noi c'erano campi che bisognava pestarli,ché il terreno è sabbia e ghiaia e perciò beve acqua.
Si semina a aprile, si fa entrare l'acqua; poi, quandoil riso ha cinquanta giorni, cominciano i diserbi. Mialzavo alle due di notte e partivo in bicicletta peressere a lavorare alle quattro. Quaranta dì, innanz-in -dré. La capa stava piantata lì sull'argine a controlla-re, con la bacchetta in mano come una maestra diquei tempi là. E la gridava: "Più di pressa, donne!Sbassare la schiena! Muo versi, pelandre!" Ché difretta c'era di bisogno perché il riso bisogna trapian-tarlo prima di San Pietro, altrimenti non fa in tempoa crescere per l'autunno. Quaranta giorni sempre a ri -so e fagioli, fagioli e riso; il secondo nisba. Alla finedel pomeriggio la capa marcava sul registro le oreche avevamo fatto e poi ce le pagava. Prendevo i PARIANI, PER RESUSCITARE miei soldi, mica mi lamentavo, ma tornavo a casa cheera sera, con tutti i lavorèri in stalla che mi aspetta-vano ancora. Dor mire quasi non c'era tempo.» Alle spalle della Nives, sulle pareti del Coo pe ra - tivo, le grandi tele del pittore ticinese Comensoli:visi e corpi che raccontano la fatica del lavoro e lasperanza del riposo… Mi dico che la Nives sareb-be piaciuta a questo pittore. In sottofondo, il ronziodelle chiacchiere, ma pacate.
«Quelle che andavano a fare la monda, come me, non contavano niente. Mestiere da donne. Arrivavidré sirèta che la schiena era tutta un dolore; e poi lezanzare, i colpi di sole, le sanguette che ti gonfiava-no le caviglie. L'unica volta che ci hanno tenuto inconto a noi mondariso, è stato quando ci hanno por-tate a Roma, dal duce. Viaggio in treno, io mai ci erosalita, figurati. Tre giorni tra andata e ritorno. Tutteragazze e donne di risaia. Nel vagone cantavamo: E noi andremo a Roma in cima al vapore evviva l'amore evviva l'amore. Ci hanno messe a dormire in una scuola. Uno stan-zone coi lettini belli bianchi. La mattina ci hannoportate a messa e poi a bere il caffè di donna Ra -chele: distribuivano una veneziana bella murasinacon sopra i granellini di zucchero. Finito noi, arri- L'AVVENIRE DEI LAVORATORI, 08/1-2 vava un'altra squadra. Allora io, che avevo impara-to la strada, facevo finta di uscire e tornavo subitodentro: altra veneziana e altro caffè. Quel mattinola colazione l'ho fatta cinque volte, una pacciatache me la ricordo ancora adesso. Il pomeriggio cihanno messo sulla tranvìa per fare il giro di Roma,l'altare della Patria, la lupa, il Colosseo, quella ro -ba lì. Poi, prima di salire sul treno, ci han regalatoa ciascuna una borsa di tela con dentro pollo e panee frutta, perfino il vino; e pure un ventaglio, perchési era di luglio e faceva un caldo bestia.» Mi pare di vederla al finestrino di quel treno – testolina di riccioli biondi trattenuti da un foularddi tela azzurra – a cantare a squarciagola: E chi sa far l'amore sarà le piemontesi e le mantovane no no no no. Si guarda in giro, accenna alle teste dell'Andrea edel Franco, chini su un tavolo vicino parlottandofitto; poi abbassa la voce: «A loro due però non cidire niente, di Roma e di donna Rachele. Perché,sai, qui al Cooperativo il duce non è mai stato sim-patico…» In effetti: da una parte della sala, il ritratto di Marx; sul muro opposto, quello di Matteotti; sopra PARIANI, PER RESUSCITARE il credenzone, il busto di Turati. Sicuramente un ri -storante piut tosto rosso… Rido e le chiedo se a lei il duce era simpatico.
«Macché, sei matta. Però che ce ne impotevi a quei tempi là? Si doveva sbassare ul cò e far fintadi obbedire. Certo c'era anche chi cantava Ban -diera rossa, co me la mia amica Mariuccia che andòa sposarsi civile a Novara perché lei i preti non lipoteva vedere, li chiamava scorbatti negri: ci andòa piedi, da Lu mellogno a Novara, col vestito nerodella fe sta su cui a veva ricamato una falce e mar-tello rossa. Ma poi la pa gò cara, le fecero la vitaimpossibile al paese, do vette scappare in Me rica.
Povera Ma riuc cia, chissà che fine ha fatto.» «Anche tu però alla fine sei emigrata…»«Sì però molto dopo. Il fatto è che, terminata la guerra, da noi non c'era più lavoro: venivano lemacchine, facevan tutto loro, nelle risaie non tichiamavano più. Il mangiare era troppo poco.
Allora mia sorella è partita per la Svizzera in unalbergo, che faceva la stagione d'estate; e dopo unpo' ha scritto a casa per chiamarmi anche me. Si la -vo rava in cucina: il rösti, le salsicce, gli gnocchi,ché da queste parti qui sono tutti patatari. Un postotranquillo e beato, ma non c'erano divertimenti,non si poteva neanche andare a ballare. Perché lagente di qui è mica come da noi: sono di un'altrarazza, un po' malmostosi, diffidenti… Ci chiama - L'AVVENIRE DEI LAVORATORI, 08/1-2 va no "maccaroni", figurati a me che neanche sape-vo cos'erano perché a casa mia nel piatto c'è sem-pre stato soltanto riso, neh… Ce n'erano di quelliche ti guardavano dall'alto in basso e dicevano:"Gli italiani non ci hanno educazione." E che edu-cazione volevi che ci avessi io, che ho passato lavi ta tra cascina e risaia?. Poi ho imparato un po'la lingua, 'sto scvizzertücc. Alla fine quando unamastica tre parole, se la può cavare. Ho girato varialberghi, sempre in cucina, perché quando una fini-sce in un certo giro è difficile cambiare. Ma non milamento mica: facevo i ravioli, il brasato… la miapa ni scia piaceva a tutti.» Intanto sono arrivate le nostre ordinazioni. Il piatto di risotto davanti alla Nives fuma. «Ma io ilriso lo cucino diverso, alla piemontese. Ché qui cimanca un po' di soffritto di pancetta quadra con lacipolla ta gliata fina fina.», aggiunge con aria unpo' critica, «Ma il segreto sta nel fatto che, appenai chicchi si in do rano, prima ancora di metterci ilbrodo di carne, si versa sul riso un bicchiere di vinorosso. Perché, co me dice il proverbio, "il riso nascenell'acqua e muo re nel vino." Allora l'è ‘na robaproprio da far resuscitare i morti. "Quando vi sem-brerà che ho tirato le cuoia" diceva sempre menò-nu Agabio, "mettetemi sot to il naso un piatto da ri -sotto e vedrete se non mi tiro su." - Ma dev'esse-re un risotto alla maniera piemontese.».
PARIANI, PER RESUSCITARE LAURA PARIANI, laureata in filosofia della storia alla Statale di Mi la -no negli anni Settanta, ha pubblicato presso Sellerio nel 1993 Di cor -no o d'oro; nel 1995 Il Pet tine e La spada e la luna. Presso Rizzoli èu scito nel 1997 La Perfezione degli elastici (e del cinema), nel 1999La signora dei porci, nel 2001 La foto di Orta e nel 2002 QuandoDio ballava il tango. Nel 2000 Il paese delle vocali è edito da Ca sa -grande, dove appare nel 2004 anche Tango per una rosa. Rizzoli pub -bli ca ancora L'uovo di Gertrudina (2003) e La stra duzione (2004).
Del 2006 sono Patagonia Blues (Effigie) e I pesci nel letto (Alet), del2007 Dio non ama i bambini (Einaudi). LAURA PARIANI è stata insi-gnita di numerosi premi e riconoscimenti, tra cui: Grinzane Cavour1994, Donna Città di Roma Opera Prima 1994, Piero Chiara 1994;El ba 1995, Chianti 1995, Procida – Elsa Mo rante 1996, GiuseppeDes sì 1996, Sibilla Aleramo 1998, Se le zio ne Campiello 1998, Ca tan -za ro 1998, Grinzane Cavour 2000, Vit torini 2001, Selezione RapalloCa rige 2001, Alassio 2002, Al ghe ro Don na 2002 e Gandovere 2002.
Silvia Ricci Lempen Possibile inizio di un romanzo in lingua italiana Un passero morto galleggiava in mezzo alla piscina,con le zampette rigide puntate verso il cielo e lepiume scomposte dall'umidità. Ispido, viscido, congli occhietti fissi, magari ancora tiepido, o già mezzomarcio. Aveva il becco leggermente socchiuso. Già, ho pensato, la notte, mentre noi dormiamo, fuori succedono cose violente, risse, incidenti, scric-chiolii, strida strozzate, le bestie lottano per la so -pravvivenza, le erbacce e i rovi bucano la terra. So noandata a prendere il retino nel casotto, quello col ma -nico lungo che serve a togliere le foglie, i petali sec-chi e i fili d'erba soffiati dal vento. L'acqua era im -mo bile, azzurra e densa come gelatina. Non mi aspet-tavo tanta resistenza. Il corpicino morto è venuto su dentro al retino, con uno scroscio di cristallo rotto che ha fatto oscillare, insuperficie, l'ombra del citiso. Stava lì in fondo al reti-no, sgocciolante, le gocce sbavavano sulle mattonelle.
Ho provato a buttarlo, senza toccarlo, nella sie pe, ma RICCI LEMPEN, CARA CLARISSA il becco si è impigliato nelle maglie, e più scuo tevo ilmanico, più quel dannato uccello s'impe la gava nelfilo di nailon. Non c'era verso, mi tremavano le brac-cia. Poi ho sentito cigolare il cancello ed ho pensato èLourdes, meno male, che se la sbrogli lei, faccia comele pare per eliminarlo, quel pas sero mor to. Dopotutto la pago, sì, ho pensato pure questo. Far scomparire gli animali morti, far scomparire glischizzi di merda da dietro il bordo del vaso delcesso. Era ieri mattina e non mi sono vergognata,di avere quei pensieri non mi sono vergognata.
Dopo sono andata a curare le rose.
Ho provato a scrivere, a mano, con la penna, su un foglio di carta da lettere vera, comprata apposta giùin paese, prima di salire. «Cara Clarissa, sono passa-ti quarant'anni, e chissà se ti ricordi di me. Con miomarito abitiamo a Zollikon, un posto molto bello sullago di Zurigo, ma ti scrivo dalla montagna, dallochalet di Grindelwald dove veniamo l'inverno a scia-re, e ogni tanto l'estate, ma di rado, perchè a Zollikonabbiamo la piscina, e ad agosto andiamo sempre almare. Sono arrivata poco fa, da sola.» Ma a questo punto mi sono fermata, perchè esitavo tra due frasi diverse. La prima era : «Il tempo è unpo' coperto, c'è un nuvolone sulla cima dell'Eiger.»Ma che c'entrava l'Eiger, con quello che volevodire? L'altra era meglio, ma se la scrivevo, davveropoi non sapevo come continuare: «Sono venuta perpensare in pace, per pensare a cose sepolte nel passa- L'AVVENIRE DEI LAVORATORI, 08/1-2 to e che mi frullano in testa da ieri, dal momento incui…» – e lì veniva la storia del passero, che però in -ve ce non era il vero inizio, giacché ieri mattina, sem-bra un secolo fa, quando ho visto l'uccello in mezzoalla piscina, non mi è venuto nessun presentimento.
Ho chiamato Lourdes, le ho mollato l'uccello e sonoandata a curare le rose. Volevo scrivere una lettera a Clarissa, ma ho la - scia to perdere, è troppo difficile, e per giunta nonho nemmeno l'indirizzo. Anzi, non so nemmeno seè viva o se è morta. Sto qui a guardare il nuvolonean tracite che non si sposta dalla cima dell'Eiger, ilghiacciaio livido, coi solchi grigio sporco, e piùsot to la conca verde smagliante dei prati, gli cha-lets sparsi qua e là come gioielli, le macchie cupe,a forma di cono, degli abeti. Hugo ha telefonato, hadetto che a Zurigo è piovuto un po', sarà contentoMustafà, che non avrà bisogno di innaffiare. Ho stracciato il foglio e mi sono andata a guardare allo specchio. Ho osservato gli occhi : la cornea bian-ca, leggermente azzurrina, la cornea di una che fauna vita sana; l'iride marrone con dei puntini d'oro,che sembrano intonati alle mèches bionde; la pupillanera, spugnosa, impenetrabile. Chissà da co sa dipen-de lo sguardo. Agli angoli la raggiera de licata dellerughe, messe in risalto dall'abbronzatura. A Hugopiacciono, mi ci posa spesso un bacio. Ha la camiciacolor pesca comprata a Regent Street, le tempie briz-zolate, pochissima pancia, e mi bacia le rughe sul- RICCI LEMPEN, CARA CLARISSA l'angolo dell'occhio – una fo to grafia così, presa sullaveranda della nostra villa con piscina a Zollikon, consullo sfondo il lago di Zurigo, sarebbe perfetta per lapubblicità della cura al ginseng per cinquantenni. Stoqui sen za far niente, salvo fumare, fa un po' freddo,magari più tardi accenderò il caminetto. L'uccello morto, ieri mattina, l'ho visto alle otto, dopo che Hugo se n'è andato alla conquista delWest, facendo tintinnare le chiavi della macchina escalpitando sul vialetto come un cavallo alato. Si èvoltato ed ha detto: - Allora ti ricordi, a mezzogiorno e un quarto, al - l'Hotel Zürichberg. Lui se ne va e io resto seduta in veranda, a bere un'ultima tazza di tè, poi scendo giù a curare le ro -se, l'unica cosa che non lascio fare a Mustafà.
Tanti anni fa, ma nel frattempo non è accaduto nulla, solo il dolce, implacabile dipanarsi della vi -ta. Quando abbiamo comprato la villa a Zollikon,col giardino che allora era una giungla, mi eromessa in testa, dato che avevo spazio, di copiare unroseto visto su House & Garden, coi colori acco-stati in modo da produrre l'effetto di una stoffa ma -rez zata. Mi piaceva tanto, quella parola, marezzata,me la succhiavo come una caramella. - Vedi, dicevo a Hugo, si tratta di ottenere un'al- ternanza di onde lucide e di chiazze opache, ma chenon resta ferma, che quando la guardi si muove co -me l'acqua, anche se non c'è vento. Dipende tutto L'AVVENIRE DEI LAVORATORI, 08/1-2 dalle gradazioni. Per esempio, lì, ho cominciatocon l'avorio, dopo potevo continuare col giallo, in -ve ce ho scelto il rosa, ma pallido pallido, e solo do -po ci ho messo il salmone. E lui, che già faceva tintinnare le chiavi: - Bello, bello, tesoro, bello, bello. Insomma, Hugo è uscito, ho finito di bere il tè, mi sono goduta un momentino la vista sul roseto, cheaspettava la prima leccata del sole per somigliare aquello del servizio pubblicato tanti anni fa daHouse & Garden. Poi sono scesa giù ed ho guarda-to la piscina. Lourdes l'avrà buttato nella pattumie-ra, a meno che non l'abbia addirittura seppellito. Èmolto religiosa ma non sa l'inglese, una volta èvenuta indossando una maglietta con sopra scritto"Fuck Jesus Christ". Potrei uscire un po', fare una passeggiata, visto che quella lettera non la scriverò, non posso mica starequi fino a stasera, seduta sul sofà rustico elegante,davanti al caminetto spento perchè è estate, come ivecchi in quei posti dai nomi tremendi, tipo Licht imHerbst o Abendruhe, fermi, la nuca immobile, gli oc -chi spalancati che sembrano guardare la te levisione,e invece c'è soltanto la finestra, o un mu ro. A fuma-re una sigaretta dopo l'altra. Fino a ie molto meno, soltanto una a mezzogiorno e due lasera, per tener compagnia al sigaro di Hugo. È anda-ta così: tornavo dal quel pranzo, con Hu go e gliSvedesi, all'Hotel Zürichberg; c'erano dei lavori, RICCI LEMPEN, CARA CLARISSA guidavo a passo d'uomo, operai seminudi squassava-no l'asfalto; dal finestrino aperto en tra va il polvero-ne, il caldo soffocante del primo po me riggio; ripen-savo a quella ragazza e mi sentivo strana, comequando sta per cominciare l'influenza, e tu dici a testessa macché, è un'impressione, a desso passa, non èvero che mi ammalo. Sì, è an da ta cosi, ho frugatoalla cieca dentro alla borsetta sul sedile accanto, edho premuto sul cruscotto la capocchia nera, brillante,mai toccata, dell'accendisigari. Puzzava di nuovo, acontatto col tabacco i fili incandescenti hanno fattosentire lo sfrigolio delle cose proibite. Operai semi-nudi, lucenti di su re, torsi atticciati, muscoli, schiavi del Sud. Spe mo almeno che gli diano abbastanza da bere. Se te, calura, polvere, il fumo neipolmoni, l'odore di bruciato, amaro, è andata così.
L'estate, ogni mattina, faccio il giro del roseto, spiando i segni delle malattie, la patina biancastra,appiccicosa, dell'oidio, che infeltrisce le foglie e poile fa cadere. Taglio i fiori appassiti, mi piace quelsuono, il morso delle cesoie sul gambo. Mi ve do dal difuori, Dio come sono bella, con quel ge sto del polsoelegante, preciso, coi capelli che luc cicano al sole,lascio sull'erba lo strascico odoroso dei petali cadutidai fiori tagliati. Intatta, quasi a ves si una secondapelle fatta col cellophan che ser ve a conservare i sur-gelati. Intatta e molto bella, la sposa del re, ed anchebuona, molto buona, come la Madonna. Che Dio ti be -ne dica, diceva la stracciona che mendicava sulla porta L'AVVENIRE DEI LAVORATORI, 08/1-2 della chiesa quando da bambina, all'uscita dallamessa, le mettevo in mano le duecento lire, e già allo-ra mi sentivo in bocca (ragion per cui non mi venivanessuna risposta) il gusto di spumone della mia bontà. Il sole si era alzato, picchiava sul roseto rimesso a nuovo, pulito, pettinato, e cominciava a fare propriocaldo. L'ora del caffè – me lo faccio da sola, gliel'hodetto, a Lourdes, qui mica è come in Equatore, quinon si usa più farsi servire. Mi sono sistemata dinuovo in veranda, dalla parte dell'ombra, col vas-soietto del caffè, ed ho telefonato alla madre diHugo. Come mi piace quel momento in cui la suone-ria squilla a distesa nell'appartamento, ed io sto lìpaziente a immaginare il fruscìo lento delle pantofo-le di felpa sul parquet – mi dico eh, chissà come saràcontenta, e sento sulla lingua quello stesso gusto, sof-fice e raffinato, il gusto della mia bontà. La chiamoOma, comme Martin et Mario. - Buongiorno, Oma. Che, stavi sul balcone?- Ah, sei tu, Giulia cara. Ero quasi sicura, chiun - que altro avrebbe riattaccato. Stavo facendo gliesercizi per l'artrosi. Sai, quelli che mi ha dato ilfisioterapista. Comincia sempre col parlare dell'artrosi, io le do corda, dico: «Quanto mi dispiace. La medicina non fanessun effetto?», e intanto mi accarezzo il polpacciosetoso, cercando con l'indice i peletti sfuggiti allacera. Dopo dipende, se la portiera le ha già portato ilBlick, c'è sempre l'argomento della pri ma pagina, un RICCI LEMPEN, CARA CLARISSA rapimento di bambina, un attacco ter rorrista, comun-que, a un certo punto ecco la solita domanda: «E senti,come sta?» – Soggetto sottinteso. «Tutti quei viaggi,non si stanca, non è che beve troppo whisky, l'ha fatto,poi, il controllo del co lestorolo?» Ma io lo amo, Hugo,ci amiamo davvero – ricompongo affannata le prove –la colazione a letto la domenica mattina, quandoLourdes non viene, e la prepara lui, con tanto di spre-muta di pompelmo, e come ci tenevamo per mano,dietro la linea gialla del controllo passaporti, il giornoin cui Mario è partito per Stanford, e ancora stamatti-na, quando gli ho telefonato e gli ho detto: - Penso di andare per due o tre giorni a Grin del wald.
- Ma vai, sicuro, che a luglio qui ti annoi, tornami in for ma, ti vedo un po' giù. Giù giù giù giù, mi sentosdrucciolare. Davvero dovrei uscire, muovermi daqui, dare aria alla stanza, che è un affumicatoio. Mivie ne in mente una frase di un libro: «A lungo pian-se cer cando la pace sui pascoli della verde Svizzera».
O «sui pascoli verdi della Sviz zera». Roba di Cronin,pen so, Anni ver di? Co mun que uno di quegli autoriin glesi. Adesso il cielo si è abbassato, il ghiacciaio èscom parso e tutte le montagne hanno la testa mozza.
Si ramente pioverà anche qui. Vorrei stare lì in mezzo, in mezzo ai prati ad ascoltare il mormoriodel l'er ba eterna, il cielo zitto e le campane della chie-sa, che vanno lontano da spezzare il cuore. Mi pareche stia no suonando le sei. Abendruhe. No, vorrei es -se re an cora quella ragazzina, sdraiata sul letto della L'AVVENIRE DEI LAVORATORI, 08/1-2 ca mera di Roma, che vagheggiava la ma linconia, laso li tu di ne, i pascoli svizzeri, la vita verde, le campa-ne della sera. - Ma no, sta bene, oggi è tutto eccitato, ieri sono arrivati quei designer di Stoccolma che hanno fatto ilprogetto per la boutique di San Francisco, stamattinastanno in riunione all'Hotel Zürichberg e per il pran-zo vado su anch'io, e poi stasera – accumulo le prove– abbiamo la festa del circolo di vela e poi invece aquella festa non ci sono andata, ho inventato un pre-testo, che avevo mal di testa, che al pranzo con i desi-gner svedesi mi ero lasciata andare a bere troppovino. Sono rimasta un po' a fumare in veranda, poiho messo le cicche in un sacchetto e l'ho nascostosotto certi stracci sporchi, nella pattumiera che forseconteneva anche il cadaverino del passero morto. Ilportacenere, l'ho lavato e l'ho rimesso posto. Quando Hugo è tornato, dormivo già da un pezzo.
Mi ha svegliato il tonfo della saracinesca del garage.
Stavo facendo un sogno dove, per uno strano caso, leporte scorrevoli del vagone di un treno facevano,chiu dendosi, quello stesso rumore; eppure il sognonon finiva lì, c'era un'altra scena, dove stavo seduta,sola, in quel vagone che era come una gabbia di vetroammobiliata in modo futuristico, con i sedili tutti dimetallo e dei cuscini viola piatti e duri. Mi sono sve-gliata in mezzo a questa scena ed ho agitato un po' legambe per liberarmi dall'angoscia, come se mi fossiattorcigliata nel lenzuolo. RICCI LEMPEN, CARA CLARISSA L'angoscia rimaneva. Ho aperto gli occhi. La massa bianca delle tende palpitava piano davantialla porta-finestra socchiusa. Notte d'estate, di lunapiena, che fa venire gli incubi. Al piano terra hosentito Hugo che tirava il catenaccio, poi che anda-va in cucina a bere un bicchier d'acqua, per toglier-si la sete della cena troppo ricca. Dopo è passatonel salottino rosso, a controllare se c'erano mes-saggi sulla segreteria del telefono fisso. Già, hopensato, potrebbe aver telefonato Mario, in Ca li -for nia a quest'ora è mattina. Non c'era niente. Per non svegliarmi, è andato ad orinare nel ba gnetto degli ospiti, che sta all'ingresso, ma ho sentito benis-simo il getto potente dell'orina che rimbalzava sullaporcellana e poi il fragore dello sciacquone, peggiodel Niagara. Ha salito le scale, fa cendo attenzione anon sbattere le suole delle scarpe. Si è spogliato albuio e si è lavato i denti fa cen do scorrere appena unfilo d'acqua. Quando il suo corpo enorme e ruvido èscivolato accanto al mio, smuovendo l'aria tiepida dasotto il lenzuolo, ho continuato a far finta di dormire. Mi è ritornata un'altra sequenza del sogno. Ero andata a sciare alla Kleine Scheidegg, là dove an -diamo sempre con Hugo l'inverno, ma sulla pistac'ero solo io, perchè era già passata l'ora del tra-monto. Masse e valli di neve tinta di rosa velenoso,non un'anima viva, nemmeno una poiana che vol-teggiasse silenziosa fra le vette. Non trovavo piùHugo, volevo tornare allo chalet, ma mi ero persa L'AVVENIRE DEI LAVORATORI, 08/1-2 anche l'ultimo treno. E poi invece, spuntato dal nul -la, ne è arrivato uno, ma era diverso da quello un po'antiquato che prendiamo sempre. Tutto ve trato ecol muso allungato, come il TGV quando an diamoa Parigi. Le porte di un vagone si sono a perte allamia altezza ed ho provato subito a salire, ma qual-cosa me lo impediva, la cinghia di un ba stone chesi era impigliata alla punta di uno scì – o qualcheal tro legame ostinato. Ho fatto un segno al condu-cente, per dirgli di aspettare, ma ho capito al lo ra conorrore che conducente non ce n'era e che quel tre -no, come il treno stellare che abbiamo pre so a Di s -ney land, quando ci abbiamo portato i bam bi ni, eragui da to da un computer, senza intervento umano. A questo punto, nel sogno, c'era un banco di neb- bia, poi veniva il rumore delle porte, identico a quel-lo del la saracinesca del garage; poi la scena di menello scompartimento; poi il rumore vero, non so -gnato, del catenaccio tirato da Hugo.
SILVIA RICCI LEMPEN è nata a Roma nel 1951 do ve si è laureata infilosofia, disciplina nella quale ha poi conseguito il dottorato pressol'Università di Gi ne vra. È stata giornalista e docente universitaria.
Oggi si dedica principalmente alla scrit tura letteraria. Ha pubblicatotre romanzi in lingua francese: Un hom me tra gique (L'Aire, Ve vey,1991); Le sentier des élé phants, (L'Aire, Ve vey, 1996) e Avant (L'Aire, Ve vey, 2000). Nel 1985 ap pare il suo saggio Le sens de l'i-magination (Georg, Ge nève) e nel 1987 con Thé rèse Mo reau pubbli-ca il volume Vers une édu ca tion non sexiste (Éditions Réa li tés socia-les, Lau sanne). Nel 1992 è stata insignita del Prix Michel-Den tan,nel 1996 del Premio Schiller e nel 2001 del Prix Paul Budry. IL DIBATTITO INTORNO AL FASCISMO È in corso all'interno del mondo cattolico, ma nonso lo in esso, una battaglia delle idee sul fascismo.
Fa miglia Cristiana ha gettato un sospetto di fasci-smo sulla destra al governo e sul suo leader, membroin fluente del Par ti to Po po la re Euro peo. Il cattolicis-simo sindaco di Ro ma, in tutta risposta, ha rivendica-to la diversità "nazionale" del fa sci smo mus so linianori spetto al male assoluto del le per se cuzioni razziali,d'ispirazione hitleriana (cer to, ci fu ro no differenze,ma Mussolini e Hitler ri masero al lea ti fino alla fine).
Qualcuno ha paventato che queste polemiche fini- scano per irretire an che l'oppo si zione laica in una fal -sa dialettica sub alterna al Vaticano. Altri ritengono cheil dissidio non si comporrà e che la sinistra cattolicaveleggia or mai ver so forme di fede adulte e riformate.
Uno tra i maggiori studiosi di storia proto-cristia- na, Re mo Cacitti, già enfant prodige della Cattolicadi Mi la no, ha di recente pubblicato con CorradoAu gias un'In chiesta sul Cristianesimo nella qualenon si tace sulla svolta imperiale (Costantino, Teo -do sio) che tra sformò la Chiesa in uno strumento dipotere seriamente esposto alle derive totalitarie.
L'AVVENIRE DEI LAVORATORI, 08/1-2 Penso che il confronto continuerà in modo sempre più esplicito. Perché alla ba se del giudizio sull'essen-za di ogni to ta litarismo, e quindi anche del fa scismo,sta una questione attuale: il discrimine tra per sona enon-persona, che c'interpella in modo bruciante nel -l'odier na costellazione globale, ca rat terizzata da mas-sicci moti mi gratori e d'altrettanto massicce violazio-ni dei diritti. Per co glie re il senso di questo "discrimi-ne" è u tile ri flet tere sulla di stin zione tra la vita u ma nae la "vi ta nuda". Su di essa, come vedremo, ha foca-lizzato la propria attenzione uno dei maggiori filosoficontemporanei, Giorgio Agamben.
Prendiamo le mosse dal caso di Eluana Englaro, la donna in coma irreversibile dal 1992 per la qualeil padre chiede si cessi l'accanimento terapeutico.
Sul "Caso Eluana" è sorta una differenza d'opinionitra la Santa Sede e il suo organo, L'Os ser va tore Ro -mano, dalle cui colonne Lu cetta Sca raffia aveva as -se rito che la dichiarazione di "morte ce rebrale" sa -rebbe insufficiente a san cire "la fine della vita". Seguendo le posizioni della professoressa ultra - cat tolica si dovrebbero vietare i trapianti, perchè,co me ha ammesso il Pon ti fi cio Consiglio per laPa storale della Salute: "gli or gani de vono averean cora dei segni di vita per essere e spiantati". Maa questo punto il portavoce vaticano, padre Lom -bardi, si è affrettato a smentire, pre ci sando che l'ar -ticolo dell'Osservatore non poteva essere conside-rato "una po si zione del magistero del la Chiesa".
ERMANO, INTORNO AL FASCISMO Ricapitolando: gli organi di una per sona considera- ta "mor ta" per assenza di attività cerebrale debbonoes sere espiantati "vivi" (altrimenti non servono); mase sono "vi vi" allora non è ben chiaro in quale sensosi possa parlare di "morte" o di "fine della vita".
Qui è u tile focalizzare la differenza intercorrente tra la "nuda vi ta" e la "vita umana". Essa contribui-sce tra l'altro a debellare i sofismi sulla cosiddetta"di fe sa del la vita", sofismi talvolta letali: quan ti ma -la ti di Aids soffrono e muoiono anche a causa delladifesa della (nuda) vita in pe ren ne lotta contro il pro-filattico? Se si difende la vita umana, e si approvano i tra- pianti, si deve ammettere il criterio della mor te ce re -brale. Se si difende invece la vita nuda (prodotta, pere sempio, dal l'ac canimento terapeutico), appare con -se guen zia le espellere il criterio della morte ce re brale,ma allora anche vietare i trapianti. Il prezzo, tragicoe pa ra dos sale, è la con danna di molti pazienti al lamor te in no me della difesa della (nuda) vita.
Il criterio scientifico della "morte cerebrale" sta - bi li sce che se l'elettroencefalogramma è piatto equin di non c'è attività mentale allora non c'è vitau ma na. "Pen sia mo a Terry Schiavo, il caso ameri-cano che ha in fiam mato le cronache internazionaliperché, dopo grandi polemiche, la sua vita artifi-ciale fu interrotta", nota Umberto Veronesi: "Eb be -ne, all'autopsia il cervello di Terry è ri sul tato com-pletamente devastato per cui è dimostrato che la ra - L'AVVENIRE DEI LAVORATORI, 08/1-2 gaz za non vedeva, non sentiva, non pro vava né fa -me né sete, né null'altro".
I difensori della nuda vita dovrebbero spie gare co - me si possa assimilare la vita umana a quella per e -sempio di un'ape che succhia del miele. Gli studisugli insetti dicono che all'ape può essere staccato dinetto l'intero addome senza che essa mostri neppuredi accorgersene. Continuerà a succhiare il mie le, chefuoriuscirà ora dal tronco del corpo mozzato.
Il sottile orrore che proviamo dinanzi a questo ge - nere di re soconti deriva forse dall'assenza di umani-tà che la nuda vita segnala: assenza di do lore e pia ce -re, d'intellezione e volontà, di con sa pe vo lezza e ri -morso. Ma lungo la via della distinzione tra "nuda vi ta" e vita umana prendiamo co scienza di altri orrori, se cidiamo il coraggio di non distogliere lo sguardo.
Il paesaggio cambia drammaticamente nel transito dalla pro spettiva bio-etica a quel la bio-politica. Laque stione può riassumersi così: se oggi consentite aqualche benintenzionato di stabilire che l'espressio-ne "nu da vita" equivalga in tutto e per tut to all'e-spressione "vita u ma na", chi vi garantisce che do -mani non verranno dei ma lintenzionati e non tratte-ranno la "vita u ma na" alla stregua di "vi ta nuda"? Il filosofo Gior gio Agamben, va imperniando da più di un decennio la propria indagine sugli enigmidel la "nuda vita di fronte al potere sovrano". La ri du -cibilità della persona a "nuda vita", af ferma Agam - ERMANO, INTORNO AL FASCISMO ben, of fre al potere un'eccedenza di sovranità tal-mente ampia da consentirgli la re voca totalitaria diogni cit ta dinanza, democrazia e sovranità popolare.
È già accaduto che i diritti siano sta ti revocati ad in tere categorie di persone. Il caso classico risale al322 a.C. al lor ché il luogotenente imperiale An ti pa troespulse i la vo ratori ateniesi dal novero della cittadi-nanza perché dediti alla fatica delle braccia, conside-rata degna degli schiavi ma non di uo mini liberi. Lastoria pullula di teorie clas sificatorie che attribuisco-no agli schiavi una biologia sub-uma na cui giustap-porre la natura super-umana riservata ai loro proprie-tari. Par ve dunque sacrosanto che gli schiavi doves-sero ob be dire ai loro pa droni. Vietatissimo disobbe-dire. Pe na la mor te. Nel 71 a. C. lungo la via Appia,il pro con so le ro mano Ma rio Licinio Crasso fece de -nu dare per spregio e poi crocifiggere seimila perso-ne: i seguaci di Spartaco, ribellatisi alla schiavitù.
Una volta che il potere abbia assunto la potestà so vrana di de fi nire "schiavi" certe categorie di es -seri umani, come escludere che gli schiavi non ven -ga no poi ul te rior mente riclassificati, poniamo, co -me "sca ra faggi"? In fondo, in passato, la ri duzionedella vita umana a "nu da vita" è stata usata per le -git timare ogni tipo di mas sacro.
Ben si ve de come la questione bio-politica ol tre - passi i problemi bio-etici connessi alla medicina, perin vestire interessi umani di portata generale. Ri flet -tendo su queste gravi tematiche, Agam ben, riprende L'AVVENIRE DEI LAVORATORI, 08/1-2 la categoria giuridica arcaica del l'ho mo sa cer, uomo"sacro" secondo un'accezione se condaria che il ter-mine pos sedeva in latino e che si gni ficava: "ma le -detto", "de testabile", "esecrabile". Homo sa cer eranel diritto ro ma no arcaico u na persona non esplicita-mente condannata a morte, ma che poteva essere am -mazzata da chi un que, sen za che tale uccisione venis-se con siderata dalle autorità un omicidio in sensogiu ri di co.
L'uomo esecrato, il "maledetto", è la figura giuri - di ca di una "vita umana" dichiarata uccidibile, cioèspogliata di ogni sacralità, ridotta a "vita nuda" edesposta all'arbitrio sovrano.
In Oc cidente, la figura del la pubblica maledizio- ne ha fon dato l'antropologia del nemico, del barba-ro, dello schiavo e della donna, ma poi anche del-l'infedele, del l'eretico e della strega. L'apice abissa-le di tutta la vi cenda che A gamben ripercorre "daAri stotele ad Auschwitz" culmina nel Campo nazi-sta. E tuttavia, il campo di sterminio non si presentasoltanto come un luogo di morte assoluta, ma ancheco me sede di un esperimento impensato "in cui iconfini fra l'umano e l'inumano si cancellano". Non si tratta "solo" di cose avvenute sessant'anni fa, insiste A gamben: il Lager si ripresenta sempre più"come il para dig ma biopolitico nascosto della mo -dernità". E ogni tentativo di ripensare oggi lo spaziodella polis pone la necessità di ricomprendere la di -stinzione classica tra "vita umana" e "vi ta nu da".
Stanzetta lirica CORO DI DEPORTATI Quando il ghiaccio striderà dentro le rive verdi, e romperanno dai celesti d'aria amara nelle pozze delle carraie globi barbari di primavera noi saremo lontani. Vorremmo tornare e guardare, carezzare il trifoglio dei prati, gli stipiti della casa nuova, piangere di pietà dove passò nostra madre: invece saremo lontani. Invece noi prigionieri rideremo senza requie e odieremo fin dove le lame dei coltelli s'impugnano. Maledetto chi ci conduce lontano, sempre lontano. L'AVVENIRE DEI LAVORATORI, 08/1-2 E quando saremo tornati l'erba pazza sarà nei cortili, e il fiato dei morti nell'aria. Le rughe sopra le mani, la ruggine sopra i badili: e ancora saremo lontani. Saremo ancora lontani dal viso che in sogno ci accoglie qui, stanchi d'odio e d'amore. Ma verranno nuove le mani come vengono nuove le foglie ora ai nostri campi lontani. Ma la gemma s'aprirà, e la fonte parlerà, come una volta. Splenderai, pietra sepolta, nostro antico cuore umano, scheggia cruda, legge nuda, all'occhio del cielo lontano. Da L'Avvenire dei lavoratori, 15 aprile 1944

Source: http://www.avvenirelavoratori.eu/mediawiki/images/d/de/Centro_Estero_web.pdf

Title of the contribution prepared for the xxviii icpig

31st ICPIG, July 14-19, 2013, Granada, Spain Molecular Beam Mass Spectrometry in Atmospheric Pressure Plasmas Y. Aranda Gonzalvo and P. Hatton Plasma & Surface Analysis Division, Hiden Analytical Ltd., 420 Europa Boulevard, Warrington, WA5 7UN, UK There exist many plasma diagnostics for atmospheric plasma discharges but the most direct technique to measure fluxes of ions and neutral species is molecular beam mass spectrometry. It can be used to measure both negative and positive ions including short lived radicals species formed in the atmospheric pressure plasmas. An overview of different source configurations plasma discharges studied with a molecular beam mass spectrometer (MBMS) is presented.

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Case-Report Facialisparese Das Krankheitsbild: Periphere Fazialisparese Anatomie: Von seinem Kerngebiet im Hirnstamm zieht der Gesichtsnerv durch den inneren Gehörgang in Nach-barschaft zum VIII. Hirnnerven nach lateral und durchläuft in einem geschwungenen Weg, eingebet-tet in seinen knöchernen Kanal, das Felsenbein. Im Bereich des Mittelohrs verlassen ihn sekretorische (Tränen- und Speicheldrüsen), gustatorische (vordere zwei Drittel der Zunge) und motorische (Stapediusmuskel) Abgänge. Nach Austritt aus dem Foramen styloideum zieht er in die Parotis und teilt sich dort im Pes anserinus in die Äste zur mimi-schen Gesichtsmuskulatur auf. Eine grobe Einteilung unterscheidet die fünf Hauptäste: der Zervi-kalast zum Platysma, der Ramus marginalis mandibulae zum Mund, der Bukkalast, der Augen- und der Stirnast (18).

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