I meccanismi di difesa non immunologica delle prime vie aerodigestive 08/01/2004 (livello 2)
I Meccanismi di Difesa Non Immunologica delle Prime Vie Aerodigestive 08/01/2004 (Livello 2)
Associazione Otorinolaringologi Ospedalieri Italiani
I Meccanismi di Difesa non Immunologica
Delle Prime Vie Aero-Digestive
Filogenesi ed Ontogenesi delle Prime Vie Aero-Digestive
Fisiopatologia dello Starnuto
I Riflessi Faringo-Esofago-Glottici
Il Riflesso della Tosse
I Riflessi Polmonari Profondi
I Meccanismi di Difesa della Tuba di Eustachio
Il Riflesso del Vomito
Quando i Meccanismi di Difesa delle Vie Aero-Digestive Superiori Entrano
file:///A /a99.htm [06/01/2004 9.03.43]
XVIII GIORNATE ITALIANE DI OTONEUROLOGIA
MANIFESTAZIONE UFFICIALE DELL'A.O.O.I.
CON IL PATROCINIO DI
SOCIETAÁ ITALIANA DI OTORINOLARINGOIATRIA
E CHIRURGIA CERVICO-FACCIALE (S.I.O. Ch. C.F.)
I MECCANISMI DI DIFESA
a cura di A. CAMAIONI
La protezione delle prime vie aereodigestive eÁ affidata ad una serie di
meccanismi di difesa immunologici e non immunologici, che cooperano
tra di loro creando un mirabile sistema integrato di difesa.
Il tradizionale approccio a questo cosõÁ delicato argomento ha, peroÁ,
sempre focalizzato l'interesse su quel gruppo di meccanismi di difesa
che faceva esclusivo riferimento al sistema immunitaro (vedi sistema
immunitario mucosale, immunoglobuline secretorie, etc).
Purtroppo questo tipo di impostazione ha fatto sõÁ che i meccanismi di
difesa meccanici delle prime vie aereodigestive, seppur importantissimi
, stanno lentamente uscendo dal campo d'interesse della comunitaÁ
scientifica e, specificamente, del mondo otorinolaringoiatrico.
Nella realtaÁ lavorativa di tutti i giorni, tutti noi otorinolaringoiatri, ma
molto spesso anche gli specialisti di altre discipline mediche, ci tro-
viamo, invece, a dover fronteggiare e risolvere problematiche cliniche
che trovano la loro eziopatogenesi in un malfunzionamento di questi
quasi dimenticati meccanismi non immunologici di difesa; basti a que-
sto proposito citare gli episodi di laringospasmo, il vastissimo ambito
della patologia da inalazione, o l'ancora enigmatica entitaÁ nosologica
della Sindrome da morte nella culla.
Diviene peroÁ estremamente problematico confrontarsi con queste
realtaÁ se non si ha ben chiaro il substrato anatomo-funzionale da cui
prendono origine.
Non a caso il primo capitolo tratta di ontogenesi e filogenesi, un argo-
mento che, apparentemente, poco ha in comune con la problematiche
diagnostico-terapeutiche cui noi tutti siamo abituati, ma non si poteva,
a nostro giudizio, parlare dei meccanismi di difesa delle vie aereodige-
stive senza chiarire perche il processo evolutivo li abbia prodotti.
Lo sforzo comune che ha animato la stesura degli altri capitoli della re-
lazione eÁ stato quello di fornire le coordinate essenziali per la compren-
sione delle modalitaÁ di attivazione dei meccanismi di difesa non immu-
nologici nei vari distretti corporei analizzati (rinofaringe, laringe, tra-
chea, etc).
Si eÁ cercato, in altre parole, di fondere le nozioni dell'anatomia funzio-
nale classica con le evidenze neurofisiologiche degli ultimi anni, dando
un particolare peso all'analisi delle modalitaÁ di funzionamento degli ar-
chi riflessi (riflessi faringo-esofago-glottici, della tosse, dello starnuto,
etc) preposti al controllo degli apparati muscolo-tendinei effettori.
I MECCANISMI DI DIFESA NON IMMUNOLOGICA DELLE PRIME VIE AEREO-DIGESTIVE
Filogenesi ed ontogenesi delle prime vie aereo-digestive
C. VITI, P. MONTESI, V. DAMIANI
Ospedale Belcolle Viterbo UnitaÁ Operativa di Otorinolaringoiatria
(Primario: Dott. A. Camaioni)
Il tratto respiratorio superiore, definito piuÁ completamente aereodige-
stivo, funziona come crocevia per le funzioni di respirazione, degluti-
zione e fonazione. La complessitaÁ di tale distretto eÁ il risultato di una
lunga storia evolutiva che trova il suo punto di origine nel passaggio
dalla respirazione ªbranchialeº a quella polmonare con separazione
sempre piuÁ complessa dei due canali, respiratorio ed alimentare, con
elaborazione di un organo sempre piuÁ dedicato alla fonazione posizio-
nato in una parte del collo relativamente piuÁ bassa in grado di permet-
tere una modulazione sopraglottica sempre piuÁ articolata dei suoni. La
regolazione di questo tratto anatomico si basa sostanzialmente sul ri-
flesso di chiusura della prima parte della via aerea e sulla sua partico-
L' obiettivo primario del complesso glottico eÁ la protezione sfinterica
dei polmoni e delle vie aeree inferiori tramite un meccanismo che mi-
gliori il flusso ventilatorio durante i periodi di richiesta respiratoria au-
mentata. La laringe quindi nel complesso tratto aereodigestivo assume
la protezione sfinterica delle vie aeree come la sua funzione piuÁ impor-
tante: nell' uomo lo sfintere si eÁ evoluto per svolgere anche altri com-
piti; facilitare la tosse, la fonazione, la defecazione, la minzione e il
C. VITI, P. MONTESI, V. DAMIANI
Uno studio classico dello sviluppo embriologico della laringe e del
tratto aereodigestivo superiore si deve a SoulieÁ e Bardier fin dal
1907, ed eÁ ancora oggi considerato completo. Sebbene i particolari
dello sviluppo della laringe siano stati identificati fase per fase, la loro
eventuale relazione con lo sviluppo degli archi e delle tasche faringee
rimane oscura.
La vita prenatale puoÁ essere suddivisa nei periodi embrionale e fetale.
Il periodo embrionale, che comprende le prime 8 settimane, eÁ a sua
volta ripartito in 23 fasi evolutive, i particolari delle quali sono giaÁ state
descritte in modo esaustivo (O' Rahilly e Muller, 1987).
A) Periodo embrionaleA 3 settimane, quando l' embrione ha una lunghezza di soli 3 mm (fase
10), eÁ possibile distinguere un solco faringeo mediano (interno) e una
cresta (esterna), il solco faringeo mediano comprende quello laringo-
tracheale. L' abbozzo laringeo quindi si forma nel campo mesobran-
chiale, in un territorio verso il quale tendono a convergere gli archi
che si sviluppano nelle pareti laterali della faringe e questa vicinanza,
come vedremo dopo, rende ancora oggi difficile stabilire l' esatta ori-
gine degli elementi ªmedianiº in relazione agli archi branchiali veri e
propri. Nell' arco di alcuni giorni , la gemma polmonare' ' fa la sua
comparsa come diverticolo respiratorio che protrude dal tubo dige-
rente. Il mesenchima e l' epitelio compresi tra gli abbozzi respiratorio
e digerente definiscono il setto tracheoesofageo.
Il limite piuÁ rostrale del setto eÁ noto come punto di separazione e, con-
trariamente a quanto riportato dalla maggior parte degli studi, rimane
a un livello costante da 4 a 7 settimane. Le gemme polmonari sinistra e
destra divengono ben presto riscontrabili (fase 13) e la trachea diventa
visibile nei campioni piuÁ avanzati. Il punto di biforcazione della trachea
inizia presto a dislocarsi verso una posizione piuÁ caudale.
A circa 32-33 giorni (fasi 14 e 15), la laringe comincia la propria diffe-
renziazione. Le pareti epiteliali laterali si giustappongono sul piano
mediano, formando cioÁ che eÁ noto come lamina epiteliale. Questa su-
perficie bilaminare eÁ situata tra le creste aritenoidee, dietro le quali il
lume faringeo eÁ ancora comunicante con la trachea (dotto o canale fa-
ringoinfraglottico).
La prominenza ipofaringea (un tempo detta ipobranchiale) non pre-
senta l' epiglottide, identificabile solo qualche tempo dopo. A 5 setti-
mane, inizia ad apparire l' abbozzo dell' osso ioide e a 6 settimane la
cartilagine cricoide eÁ identificabile nel mesenchima. Segue la comparsa
FILOGENESI ED ONTOGENESI DELLE PRIME VIE AEREO-DIGESTIVE
di un centro cricoideo cartilagineo, o eventualmente di centri posti bi-
laterali.
La laringe eÁ chiaramente definibile a 6 settimane di sviluppo (fase 17).
A quell' epoca, o alcuni giorni prima, la porzione frontale della lamina
epiteliale puoÁ essere considerata come la sua parte vestibolare. Ben
presto, espansioni laterali di questa porzione formano il vestibolo em-
brionale (fessura coronale o trasversa). Ora la cavitaÁ laringea assume
una forma a T in sezione trasversa, ma la fessura trasversa che costitui-
sce il vestibolo embrionale corrisponde solamente a una porzione del
vestibolo adulto, che comprende anche la fessura mediana.
Si ritiene che l' estremitaÁ rostrale del lume tracheale rappresenti la fu-
tura cavitaÁ infraglottica. Caratteristica eÁ la tendenza del vestibolo e
della trachea a comunicare tra loro (dotto o canale vestibolo-infraglot-
tico). I muscoli laringei iniziano a svilupparsi, ma l' iniziale presenza di
uno o due sfinteri comuni eÁ controversa. L' abbozzo dello ioide subisce
una condrificazione e iniziano a comparire gli abbozzi delle lamine ti-
roidi. Alla 7ë settimana il dotto faringo-infraglottico eÁ ampiamente, se
non completamente, aperto nella maggior parte degli embrioni ed eÁ vi-
sibile la sede del dotto vestibolo-infraglottico.
I ventricoli della laringe iniziano a comparire come gemme epiteliali
protrudenti lateralmente a destra e a sinistra. I foglietti destro e sinistro
della lamina epiteliale iniziano a separarsi ma, al termine del periodo
embrionale (fase 23), in genere persistono delle aree di fusione rostral-
mente e caudalmente. Comunque, il lume faringeo continua nella ca-
vitaÁ infraglottica e quindi nella trachea. Nei ventricoli inizia la cavita-
zione.
Alla fine del periodo embrionale (fase 23), la cartilagine ioide consiste
nel corpo e nei corni maggiori, dato che i corni minori sono noduli di-
stinti separati dai processi stiloidi. Le lamine cartilaginee tiroidee, che
possono mostrare un forame, vengono unificate al di sotto da parte del
mesenchima ( copula' ' ). I corni superiori possono o meno continuare
nelle lamine e nascono dai corni maggiori dello ioide. La cartilagine cri-
coide eÁ un anello continuo che comprende un arco e una lamina.
Ciascuna cartilagine aritenoide eÁ caratterizzata da un processo musco-
lare cartilagineo e un processo vocale mesenchimale.
La maggior parte dei muscoli laringei intrinseci (cricotiroideo, cricoari-
tenoideo posteriore e laterale, tiroaritenoideo, aritenioideo trasverso)
ora sono presenti (sebbene non ancora striati) e la loro innervazione
segue rigidamente lo schema adulto. Le fibre motorie penetrano nei
muscoli. Il muscolo vocale inizia a differenziarsi.
A questo stadio la cavitaÁ laringea comprende (come nell' adulto) il ve-
stibolo, i ventricoli e la parte tra di essi, e la cavitaÁ infraglottica. I ven-
C. VITI, P. MONTESI, V. DAMIANI
tricoli non sono al livello della futura glottide, che giace piuÁ caudal-
mente. L' innervazione sensitiva eÁ in fase avanzata, sebbene la maggior
parte delle fibre non raggiunga ancora l' epitelio. Comunque, nel rin-
gofaringe sono presenti dei recettori.
Come dicevamo il sistema branchiale sembra prendere parte alla for-
mazione della laringe ma eÁ molto difficile riconoscere quelle strutture
che derivano da diverse componenti branchiali. Gli archi branchiali, se-
condo la maggior parte degli embriologi, sono 6 ma giaÁ a 28 giorni (em-
brione umano di 4-6 mm) si possono riconoscere 4 archi e 4 tasche.
Tutti sono concordi nel definire le strutture provenienti dai primi tre
archi ma molte divergenze esistono nella descrizione dello sviluppo
delle condensazioni mesenchimali del IV, V e VI specie in relazione
allo sviluppo della laringe. La revisione della letteratura riportata da
Carlon (1990) evidenzia la notevole disparitaÁ di conclusioni cui sono
giunti vari autori non solo riguardo gli archi branchiali cui attribuire
le singole cartilagini laringee, ma anche sulla duplicitaÁ o unicitaÁ degli
abbozzi cartilaginei (vedi tabelle I e II). Anche l' origine dei muscoli la-
ringei eÁ dubbia (Wind, 1970). La vascolarizzazione della laringe deriva
dall' arteria del III arco branchiale (arteria laringea superiore) e da
quella del IV arco branchiale (arteria laringea inferiore). Alla vascola-
rizzazione della laringe non partecipa l' arteria del V e del VI arco. Il
nervo della laringe (nervo vago) si considera derivare dalla fusione
del IV, V e VI arco branchiale (alcuni considerano il laringeo superiore
con il nervo del IV arco e il laringeo inferiore con quello del VI arco
branchiale).
B) Periodo fetaleDurante il I trimestre il laringe aumenta di dimensioni da 3 a 7 mm
circa. Le lamine tiroidee si fondono e si sviluppa la lamina cricotiroi-
dea. I legamenti vocali iniziano a formarsi in una fase precoce
(33mm) e quelli ventricolari e la glottide sono sempre piuÁ evidenti. I
ventricoli acquisiscono i loro sacculi. Le articolazioni cricoaritenoidee
vanno incontro a cavitazione, seguite dalle articolazioni cricotiroidee.
Raggiunti i 90 mm, la cavitaÁ laringea ha conseguito la sua forma adulta
(Soulie e Bardier, 1907).
Durante il Il trimestre, la laringe aumenta di dimensioni da 8 a 15 mm
circa. La cartilagine tiroidea diviene una struttura unica. L' epiglottide
inizia a condrificarsi. La cartilagine ioide comincia la ossificazione. Si
sviluppano le cartilagini comiculate e cuneiformi. Le articolazioni ac-
quisiscono i legamenti e le ghiandole giungono a svilupparsi. EÁ stata ri-
scontrata la presenza di fibre elastiche nell' epiglottide (Patzelt, 1924).
Durante il III trimestre, il laringe aumenta di dimensioni da 15 a 20 mm
circa, e l' apertura raggiunge i 5 mm di diametro. Durante la crescita,
FILOGENESI ED ONTOGENESI DELLE PRIME VIE AEREO-DIGESTIVE
l' epiglottide scende da una posizione cervicale alta ad una posizione
piuÁ bassa rispetto alle altre strutture della via aerea superiore (Sa-
saki,1977) interrompendo cosõÁ la continuitaÁ della via stessa. Numerosi
studi hanno ben documentato il posizionamento craniale della laringe
nella prima fase dello sviluppo e la sua successiva discesa (Lait-
man1993, Harrison 1995, Laitmann, 1995, Negus, 1949, Crelin, 1976,
Westhorpe, 1987).
La laringe dei bambini rimane alta nel collo fino a 1,5-2 anni di etaÁ. Dal
terzo anno di vita la posizione della laringe diviene significativamente
piuÁ bassa. Al settimo anno di etaÁ la laringe, dall' apice dell' epiglottide
al bordo caudale della cricoide, si trova in corrispondenza tra il bordo
superiore di C3 e il bordo inferiore di C5 mentre nell' adulto la posi-
zione della laringe eÁ ancora piuÁ bassa cioeÁ tra il margine inferiore di
C3/margine superiore di C4 fino al margine superiore di C7. La lingua
conseguentemente, con il segmento posteriore, inferiormente al fo-
rame cieco, assume una posizione piuÁ bassa nel collo formando la pa-
rete anteriore della faringe.
Questa lenta, ªdiscesaº della laringe nel collo eÁ, come vedremo,una ca-
ratteristica dell' uomo adulto ma, la somiglianza della regione aereo-di-
gestiva dei feti umani a termine, nei neonati e nei bambini con il mo-
dello base dei mammiferi rimane certo una caratteristica impressio-
nante. Studi anatomici hanno documentato che alla 21ë settimana l' epi-
glottide eÁ sufficientemente sviluppata da trovarsi in prossimitaÁ del
palato molle. Tra la 23ë e la 25ë settimana l' epiglottide e il palato molle
cominciano a sovrapporsi permettendo cosõÁ l' inserimento della laringe
nel rinofaringe.
Studi ecografici della regione in utero hanno anche documentato la po-
sizione alta e intranarinale della laringe durante i movimenti fetali di
deglutizione, suggerendo che la distinzione tra via respiratoria e deglu-
titoria potrebbe essere costituita in epoca prenatale (Wolfson 1990). La
caratteristica morfologica della posizione alta della laringe, acquisita
durante la vita fetale persiste nel periodo perinatale e nella prima in-
fanzia.
La posizione alta della laringe, come in molti altri mammiferi consente
la sovrapposizione dell' epiglottide e del palato molle e la possibilitaÁ di
avere una laringe intranarinale.
CioÁ permette una netta separazione tra la via aerea e quella digestiva
nella prima infanzia che, in fondo consentirebbe ai neonati di respirare
e deglutire contemporaneamente com' eÁ documentato per altre specie
animali (Kirchner, 1993).
La graduale discesa strutturale della laringe umana, correlata con il ri-
modellamento del tratto aereodigestivo contiguo e delle strutture del
C. VITI, P. MONTESI, V. DAMIANI
basicranio, e la contemporanea maturazione della componente neuro-
logica sono gli eventi che stabilizzano le tipiche caratteristiche respira-
torie digestive e fonatorie degli umani adulti.
La maturazione di queste strutture che porta alla costituzione di tratto
aereodigestivo quanto mai unico non avviene peroÁ senza nessun costo
e questa penalizzazione eÁ rappresentata da un certo numero di pro-
blemi della funzione aereodigestiva.
Per esempio, la comparsa della sindrome della morte nella culla po-
trebbe essere correlata con incomprensibili modificazioni della posi-
zione laringea e del controllo neuromotorio centrale e periferico della
laringe durante il primo anno di vita (Friedland, 1994).
Analizzando le modalitaÁ con cui la laringe esplica il proprio ruolo di
difesa delle vie aereodigestive, possiamo notare che la laringe nel neo-
nato svolge tale compito soltanto sfruttando la propria posizione poi-
cheÁ l' epiglottide eÁ situata sulla superficie nasofaringea del palato molle
(escluso il momento del pianto). CioÁ permette al neonato di succhiare
senza il pericolo di aspirazione e di respirare con la bocca chiusa.
Escluso il momento del pianto la respirazione nasale eÁ obbligatoria
nel neonato umano come eÁ evidenziato dell' interruzione della respira-
zione conseguente alla atresia canale.
Mentre i piccoli umani conservano questo aspetto mammifero di base,
la discesa nel corso dello sviluppo della laringe altera in modo conside-
revole tale configurazione. Gli uomini adulti hanno perso la separa-
zione tra il tratto digerente e quello respiratorio ma hanno ottenuto
un aumento della regione sopralaringea della faringe che permette la
produzione di vari suoni del parlato umano. Questo rappresenta un re-
gresso dal punto di vista del ruolo laringeo di protezione della via aerea
superiore e richiede l' attraversamento della via aerea superiore e dei
sistemi digerenti, ma permette una migliore fonazione e dunque eÁ un
compromesso tra le funzioni del laringe. Il prezzo da pagare eÁ, peroÁ,
costituito dall' impossibilitaÁ di poter sfruttare la laringe come separa-
tore momentaneo delle vie aeree da quelle digestive (come avviene
nei neonati). L' evoluzione ha fortunatamente risolto questa problema-
tica, dotando la laringe, come verraÁ delucidato piuÁ esaurientemente in
un altro capitolo della presente trattazione, di un formidabile apparato
sfinteriale: le tre pliche laringee.
FILOGENESI ED ONTOGENESI DELLE PRIME VIE AEREO-DIGESTIVE
Nel corso della filogenesi, alle primordiali caratteristiche meccaniche
passive e dinamiche fasiche della laringe, connesse con la regolazione
della corrente aerea respiratoria si aggiungono attivitaÁ toniche musco-
lari e meccanismi di controllo legati all' acquisizione delle funzioni sfin-
terica e fonatoria.
Probabilmente la laringe si eÁ sviluppata come caratteristica di creature
anfibie per fornire una protezione meccanica delle vie aeree durante la
permanenza sott' acqua.
L' evoluzione della funzione laringea dalla protezione delle vie aeree
alla funzione respiratoria ed infine a quella fonatoria eÁ rappresentata
dalle differenze nelle strutture laringee tra i pesci in grado di respirare
aria, gli anfibi e i mammiferi. (Negus,1949).
Nell' evoluzione dei cordati l' evoluzione delle vie aeree digestive inizia
nel periodo Devoniano (circa 350 milioni di anni fa) con la comparsa
dei primi Gnatostomi (con bocca provvista di due mezzi archi mobili
ed armati di denti) della classe degli Ictiopsidi. Tra questi si distin-
guono gli Osteitti (pesci con tessuto osseo) ed in particolare la sotto-
classe dei Coanoitti, pesci in grado di utilizzare per la respirazione an-
che l' ossigeno dell' atmosfera.
Il rapido incremento di specie dei Coanoitti lascia presupporre che in
quel periodo vi fossero delle acque dolci, calde e basse e talmente po-
vere di ossigeno da creare un habitat particolarmente favorevole per
selezionare animali in grado di ossigenare il sangue sia con le branchie
sia con i polmoni.
I Coanoitti infatti posseggono le fossette nasali aperte nella cavitaÁ buc-
cale, un apparato polmonare derivato dalla vescica natatoria e una cir-
colazione doppia ma incompleta.
Negli Osteitti Coanoitti, con una sussidiaria respirazione aerea, si sono
formate le coane, cioeÁ le narici posteriori che si aprono della volta buc-
cale, piuttosto in avanti.
Nei Pesci non Canoitti sono giaÁ presenti due sacchi olfattivi comuni ma
questi terminano a fondo cieco: di regola si aprono sulla superficie an-
terodorsale del muso e facilitano il rinnovo dell' acqua soprattutto
quando l' animale nuota con una certa rapiditaÁ.
La migrazione di una narice verso la superficie ventrale della testa in
animali che respirano mediante una continua corrente d' acqua inalata
dalla bocca ed esalata dalle fessure branchiali puoÁ facilitare anche la
corrente di acqua attraverso le cavitaÁ nasali e quindi la recezione olfat-
C. VITI, P. MONTESI, V. DAMIANI
Nei Dipnoi le coane sarebbero dunque comparse come adattamento
dell' olfatto in pesci cattivi nuotatori.
Sempre nei Dipnoi nello sviluppo ontogenetico compare prima una
sola narice esterna per lato che poi si sdoppia: infine la narice poste-
riore migra centralmente fino ad aprirsi nel cavo buccale e la bocca
nei Dipnoi rappresenta quindi l' inizio della via respiratoria, sia bran-
chiale che aerea.
La comparsa successiva di una respirazione esclusivamente polmonare
avviene nei Tetrapodi in cui la separazione delle vie aeree e digestive
rende piuÁ articolato lo sviluppo delle prime vie aereo-digestive.
Questi dati si desumono dalla osservazione di fossili ma soprattutto da
Coanoitti viventi, in particolare i Dipnoi. Questa specie animale eÁ rap-
presentata attualmente, solo da tre generi ancora viventi: Neocerato-
dus in Australia, Protopterus in Africa e Lepidosiren in America.
Per primi di Dipnoi possiedono dei veri sacchi polmonari che prendono
origine come diverticoli della faringe, cioeÁ della stessa porzione del ca-
nali alimentare dove si formano le fessure branchiali.
I polmoni comunicano con l' esterno con le loro vie aeree piuÁ o meno
lunghe ove eÁ localizzato una laringe del tutto primitiva che semplice-
mente consta di uno sfintere muscolare attorno a questo diverticolo re-
spiratorio.
Lo sfintere rimane chiuso durante la vita acquatica per proteggere i ru-
dimentali polmoni.
In questi animali la respirazione aerea sembra qualcosa di molto di-
verso da quella acquatica, ma la differenza non eÁ essenziale percheÂ
l' ossigeno atmosferico non eÁ assorbito in forma gassosa ma deve essere
disciolto nel velo d' acqua che bagna costantemente l' epitelio polmo-
nare.
Il Protopterus (come dicevamo specie di Dipnoi viventi in Africa) pos-
siedono una muscolatura dilatatoria attiva inframmezzata con lo sfin-
tere (Lemere 1934) che nei mammiferi eÁ rappresentata dal muscolo cri-
coaritenoideo posteriore.
Queste specie respirano l' aria con una manovra di deglutizione nella
quale l' aria viene forzata nei polmoni attraverso il sistema digerente
superiore.
C' eÁ quindi una evoluzione rispetto ad alcuni Teleostei (sempre della
classe degli Osteiti) che hanno la possibilitaÁ di respirazione aerea per
organi che non sono omologabili ai polmoni. Tra questi ricordiamo
l' Anabas Scadens, un pesce a vita anfibia che spontaneamente abban-
dona l' acqua per le ripe dei fiumi: Questi animali possono abboccare
l' aria e gli scambi avvengono in corrispondenza di speciali organi con-
FILOGENESI ED ONTOGENESI DELLE PRIME VIE AEREO-DIGESTIVE
tenuti nelle camere branchiali, sotto l' opercolo, definito ªlabirinto re-
spiratorioº non provvisto peroÁ di nessuna valvola che impedisca all' ac-
qua di entrare.
Quando la vita terrestre occupa una maggiore parte della vita dell' or-
ganismo, come in certi anfibi, le richieste ventilatorie sono aumentate.
Questo ha reso necessaria una dilatazione attiva dello sfintere e cioÁ eÁ
stato conseguito tramite l' acquisizione delle cartilagini laterali che
hanno formato delle strutture consistenti su entrambi i lati dello sfin-
tere laringeo sulle quali poi, come ªdilatatoreº si eÁ inserito un precur-
sore della cartilagine aritenoidea.
Infatti, mentre il canale alimentare puoÁ collassate fino a divenire una
cavitaÁ virtuale e le sue pareti si distendono al passaggio del cibo, le pa-
reti delle vie aeree, che durante i periodi d' aumentato flusso ventilato-
rio, l' effetto Bernoulli tende a far collassare, devono rimanere beanti.
CioÁ nonostante le loro pareti vengono mantenute separate dalle neoac-
quisite strutture cartilaginee. Per aumentare il vantaggio meccanico del
dispositivo dilatatore/stecca, i muscoli dilatatori possono essere inseriti
su un anello .cartilagineo completo, che nell' uomo eÁ rappresentato
dalla cartilagine cricoidea. Questo complesso scheletrico eÁ piuÁ o meno
sviluppato in tutti i Tetrapodi.
Cartilagini aritenoidi e cricoide si trovano giaÁ negli anfibi.
Filogeneticamente i rapporti tra le vie aeree e digestive si fanno sempre
piuÁ complessi variando molto in relazione alla posizione che la strut-
tura laringea assume e alle funzioni di protezione delle vie aeree basse.
Nell' alligatore ed altri specie simili un palato secondario rafforza il si-
gillo protettivo rappresentato dalla laringe intranarinale che vedremo
essere presente in tutti i mammiferi. Un lembo di tessuto molle si al-
lunga dal palato verso il basso a livello coanale e combacia con un altro
lembo che dal pavimento della bocca si estende verso l' alto al davanti
dell' epiglottide. Il bordo libero della cornice laringea, conosciuto nel-
l' alligatore come ioide, funziona come l' epiglottide nei mammiferi.
Questo si inserisce tra i due strati mucosi nella tasca che si viene a for-
marsi rendendo possibile al coccodrillo di annegare le proprie vittime
senza inalare acqua essendo questo animale in grado di poter respirare
portando, di tanto in tanto, le narici in superficie, mantenendo la bocca
aperta costantemente immersa nell' acqua.
C. VITI, P. MONTESI, V. DAMIANI
Uno altro straordinario esempio di funzione respiratoria e protettiva eÁ
la posizione intraorale della laringe del serpente. A differenza degli
animali erbivori che riducono erba e foglie ad una poltiglia semisolida
prima di inghiottirla il serpente, un carnivoro, inghiotte la sua vittima
intatta.
Una laringe intranarinale o epiglottide causerebbe un' ostruzione al
passaggio di un oggetto spesso piuÁ grande della testa dello stesso ser-
pente.
Per ingerire una massa cosõÁ larga il serpente disarticola la mandibola:
puoÁ impiegare da trenta a quarantacinque minuti per far muovere l' og-
getto attraverso la bocca e poi nella parte superiore dell' esofago.
Il serpente respira attraverso un meccanismo che l' uomo ha scoperto
solo migliaia di anni dopo: il meccanismo del boccaio da sub. Un mu-
scolo, in qualche modo analogo al nostro muscolo genioioideo, si an-
cora alla parte piuÁ alta della trachea cosõÁ che la laringe puoÁ essere
spinta in avanti non solo a livello dei denti inferiori ma addirittura
fuori.
Usando questa tecnica il serpente ingerisce senza fretta prede, anche
molto grandi, intatte.
La posizione alta della laringe eÁ caratteristica di molte specie animali
ma diviene peculiare nei mammiferi ove l' esatta localizzazione o
l' estensione della laringe all' interno del nasofaringe varia considere-
volmente tra le diverse specie. Queste differenze potrebbero essere
correlate ad un certo numero di fattori quali la dieta, la dipendenza dal-
l' olfatto o perfino dalla necessitaÁ di produrre suoni durante l' alimenta-
zione. Per esempio, tra i mammiferi terrestri quelli che presentano la
maggiore interposizione tra laringe e nasofaringe sono gli erbivori
che sono mascrosmatici, ossia che dipendono in gran parte dall' olfatto
come mezzo di interazione con il loro ambiente di vita. Gli animali che
si nutrono di vegetali presentano una simile epiglottide intranarinale:
mentre questi animali si nutrono la laringe si blocca nel nasofaringe
e rimane aderente alle pareti del palato e della epifaringe.
Questa connessione diretta tra l' aria esterna e il polmone permette al-
l' animale, mentre il cibo scende ai lati della laringe attraverso i canali
laterali del cibo, di respirare mantenendo inalterate la capacitaÁ olfat-
tive. Se un cervo dovesse smettere di respirare durante il passaggio
FILOGENESI ED ONTOGENESI DELLE PRIME VIE AEREO-DIGESTIVE
di ogni boccone di cibo, potrebbe presto cadere vittima di felini preda-
tori o altri nemici.
L' epiglottide intranarinale assicura anche che l' odore di un predatore
sopravvento non sia mascherato dall' aroma del cibo in bocca. Molti er-
bivori oltre alla posizione alta della laringe hanno sviluppato un evi-
dente complesso aritenodi-cartilagine corniculate e una pronunciata
plica ariepiglottica per proteggere la laringe dalla innondazione poste-
riore dei materiale, potenziale minaccia durante la fase di rigurgito
della ruminazione. Mentre il tratto aereodigestivo degli erbivori po-
trebbe essersi evoluto per ottimizzare il riconoscimento olfattivo, altre
specie animali hanno preso una posizione laringea ancora piuÁ alta. Per
esempio alcuni odontociti (balene dentate inclusi delfini e focene) mo-
strano come la loro laringe si sia modificata in una specie di scarico tu-
bulare posizionato cosõÁ in alto nel collo da apparire permanentemente
intranarinale.
Tale localizzazione garantisce una totale e permanente separazione
della unitaÁ respiratoria /vocale dalla via digestiva. Questo consente
da un lato la possibilitaÁ di ottenere una completa protezione del lume
laringeo dall' inalazione di acqua, dall' altro la possibilitaÁ (tipica degli
odontociti) di produrre suoni o per la comunicazione o per la eco-loca-
lizzazione durante l' alimentazione (Reidenberg, 1994).
Studi sui nostri parenti biologici piuÁ vicini, le scimmie (primati non
umani), hanno mostrato che il loro tratto aereodigestivo eÁ simile al mo-
dello mammifero di base. Presentano una posizione della laringe alta,
con possibilitaÁ di sovrapposizione laringea/nasofaringea e la costitu-
zione di vie respiratorie e digestive ampiamente separate. Come per al-
tri mammiferi l' alta posizione della laringe indica che i primati non
umani respirano prevalentemente, ma non obbligatoriamente con il
naso.
Studi cineradiografici hanno dimostrato che i primati non umani pre-
sentano una larga separazione tra le vie respiratorie e digestive e pos-
sono avere la possibilitaÁ di respirare e deglutire contemporaneamente
(Laitman,1977, 1977, 1980, German 1993).
Inoltre la parte craniale della laringe si trova in uno spazioi faringeo
sopralaringea di dimensioni ridotte con la lingua interamente conte-
nuta nel cavo orale.
Questo, cosa che limita l' area adibita alla modificazione dei suoni pro-
dotti dalle corde vocali. I primati non umani, alla stregua di molti mam-
miferi terresti, per modificare i suoni prodotti a livello laringeo si ba-
sano soprattutto sui movimenti della lingua nel cavo orale o sulle mo-
C. VITI, P. MONTESI, V. DAMIANI
E proprio il tratto aereodigestivo degli umani adulti eÁ il prodotto finale
sia della nostra storia evolutiva che di un unico processo ontogenetico.
Sebbene tutti i mammiferi vadano soggetti ad una maturazione delle
funzioni del tratto aereodigestivo (German RZ 1993,1996), poche spe-
cie animali, durante lo sviluppo, sono soggette ad una modificazione di
tali strutture cosõÁ radicale di quanto avvenga negli uomini ottenendo un
prodotto finale del tutto peculiare che identifica in modo esclusivo
l' ºHomo sapiensº
Tabella I - Ipotesi sull' origine embriologica delle strutture laringee
II arco branchiale
III arco branchiale
Born, Roth, Steffenson
III-IV arco branchiale
Ratze, Ganghofner, Franzer
IV arco branchiale
Derivazione non branchiale
Origine intramucosa
Schaffer, Patzelt
secondariaIII-IV arco branchiale
IV-V arco branchiale
V arco branchiale
VI arco branchiale
SqulieÁ e Bardier, Franzer, Walander
Anelli tracheali modificati
Kolliker, Balfour
IV-V arco branchiale
V arco branchiale
VI arco branchiale
Franzer, Kolliker, Balfour,
Ganghofner, Dubois, Kallius
V tasca branchiale
Kallius, Walander, Zaw-Tun e Burdi
Tabella II - Ipotesi sull' origine unica o duplice dell' abbozzo cartilagineo.
Roth, Symington, SoulieÁ e Bardier
Kallius, SoulieÁ e Bonne, Gegenbaur,
Rabl, Walander His
Luscha, Kollinker
Fleischmann, Walander
Nicolas, Schottelius
Luschka, His, Roth Kolliker,
Ganghofner, Dubois,
FILOGENESI ED ONTOGENESI DELLE PRIME VIE AEREO-DIGESTIVE
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C. VITI, P. MONTESI, V. DAMIANI
I MECCANISMI DI DIFESA NON IMMUNOLOGICA DELLE PRIME VIE AEREO-DIGESTIVE
Fisiopatologia dello starnuto
M. PIEMONTE, S. PALMAU.O. Otorinolaringoiatria, Azienda Ospedaliera S. Maria della Misericordia, Udine
Lo starnuto (termine acquisito dal latino di epoca tarda ªsternuÁtumº) eÁ
un riflesso nasale ben noto fin dall' antichitaÁ nelle sue caratteristiche di
processo difensivo meccanico contro la penetrazione nella via aerea su-
periore di sostanze irritanti (6) (7) (11) (14) (16) (27).
Talora tuttavia lo starnuto ha assunto, nel corso della storia dell' uomo,
anche caratteristiche atipiche di manifestazione edonistica, come nel
caso dell' assunzione di tabacco per annusamento (atto che doveva es-
sere seguito, secondo talune interpretazioni, da uno starnuto piuÁ o
meno rumoroso in segno di dimostrazione dell' efficace assunzione e
dell' apprezzamento della polvere di tabacco).
Nonostante l' importanza dello starnuto nell' ambito dei processi difen-
sivi meccanici delle prime vie aeree e della sua inibizione ai fini di una
buona qualitaÁ di vita in corso di rinopatie infiammatorie e disergiche, la
letteratura scientifica ha dedicato solo raramente una specifica atten-
zione a questo argomento. Infatti gli aspetti anatomo-fisiologici dello
starnuto vengono solitamente considerati solo in via collaterale e se-
condaria nel piuÁ ampio contesto della fisiologia e della fisiopatologia
nasale, nelle quali per contro gli aspetti di regolazione e di disreattivitaÁ
nervosa, biochimica e immunitaria sulle funzioni di vasomotilitaÁ e se-
crezione assumono rilevanza preminente.
La prima descrizione organica delle caratteristiche anatomo-fisiologi-
che del meccanismo di starnutazione risale a quasi un secolo fa, ad
un lavoro di Brubaker pubblicato nel 1919 (4).
Da allora la fisiopatologia dello starnuto eÁ stata approfondita sotto di-
versi aspetti, e in particolare nelle sue correlazioni extranasali e negli
aspetti di interrelazione farmacologica (6) (7) (17) (20) (23) (24) (25)
(27) (32) (35).
L' inquadramento generale della fisiologia nasale, tra i cui fenomeni si
deve inquadrare anche lo starnuto, eÁ estremamente complesso ed arti-
M. PIEMONTE, S. PALMA
colato, in considerazione della importante ed insostituibile funzione di
condizionamento dell' aria inspirata e di protezione dell' afflusso aereo
alle vie aeree inferiori e al polmone svolto dalle strutture nasali.
Poiche la trattazione sistematica dei molteplici aspetti della anatomofi-
siologia nasale esula dagli scopi di questo capitolo, ci si limiteraÁ in que-
sta sede a descrivere gli aspetti e i problemi strettamente correlati alla
funzione di starnuto.
Lo starnuto: definizione e caratteristiche generali
Lo starnuto puoÁ essere sinteticamente descritto come un' espirazione
violenta e improvvisa preceduta da una o piuÁ violente inspirazioni, fi-
nalizzata alla difesa meccanica della via aerea nasale e quindi all' espul-
sione di sostanze irritanti o comunque dannose giunte a contatto con la
mucosa nasale (6) (11) (27) (35).
Birch (3) ipotizza che lo starnuto possa non rappresentare un vero e
proprio meccanismo difensivo nasale, notando che normalmente la
maggior parte dell' emissione aerea sotto pressione viene prodotta at-
traverso la bocca (cosiddetto ªstarnuto oraleº o ªstarnuto faringeoº):
in quest' ottica ne consegue pertanto che lo starnuto nasale possa es-
sere effetto improprio di una incoordinazione palatofaringea durante
l' atto starnutatorio. In realtaÁ questa interpretazione appare oggettiva-
mente riduttiva nei confronti dell' importanza dello starnuto nella di-
fesa meccanica della via aerea nasale, soprattutto in considerazione
del fatto che le cause scatenanti dello starnuto agiscono prevalente-
mente a livello nasale e che in tale sede sono situati i recettori princi-
palmente responsabili di questo meccanismo difensivo riflesso.
L' emissione di aria e di fluidi con l' atto di starnutazione rappresenta
infatti un meccanismo difensivo di espulsione di sostanze irritanti o
contaminanti molto simile a quello attivato con il fenomeno della tosse.
La tosse presenta importanti somiglianze con il meccanismo dello star-
nuto (ad esempio nella sua sequenza: inspirazione, compressione, espi-
razione esplosiva), ma anche una significativa differenza. Mentre nello
starnuto, finalizzato alla detersione delle cavitaÁ nasali, il meccanismo
simil-sfinteriale di contenimento della ªvis a tergoº espulsiva eÁ rappre-
sentato dal palato molle e dalla muscolatura palatofaringea, nella tosse
il meccanismo di accumulo della pressione eÁ rappresentata dalla rima
glottica.
Lo starnuto rappresenta una reazione neuromuscolare improvvisa ed
esplosiva a diversi tipi di stimolazione (fisica, chimica, psichica), che
possono interessare differenti aree ªtriggerº. Di queste, la stimolazione
FISIOPATOLOGIA DELLO STARNUTO
irritativa della mucosa nasale rappresenta sicuramente l' evenienza
quali-quantitativamente piuÁ importante per la genesi del riflesso di
starnutoPoiche le terminazioni nervose sensitive del naso sono piuÁ immediata-
mente e frequentemente esposte alla stimolazione da parte di fattori
esogeni irritanti rispetto alle terminazioni nervose bronchiali, appare
logico che l' attivitaÁ riflessa nasale sia piuÁ frequentemente ed immedia-
tamente coinvolta e che tali riflessi sano piuÁ importanti di quelli bron-
chiali per espellere rapidamente e tempestivamente particelle inalate.
Sembra quindi opportuno in questa sede premettere alcuni sintetici ri-
chiami sull' innervazione del delle cavitaÁ nasali.
Richiami anatomici sull' innervazione delle cavitaÁ nasali
La funzione sensitiva/sensoriale delle fosse nasali eÁ deputata:± al nervo olfattorio (I nervo cranico)± alla branca oftalmica del nervo trigemino (V nervo cranico)± alla branca mascellare del nervo trigemino (V nervo cranicoLa funzione di secrezione e di vasomotilitaÁ eÁ invece affidata alla inner-
vazione autonomica delle fibre del sistema simpatico e parasimpatico.
Il nervo olfattorio, rappresentato da numerosi filuzzi a decorso verti-
cale, entra nella cavitaÁ nasale attraverso i piccoli forami della lamina
cribrosa dell' etmoide e innerva la volta e la porzione craniale delle pa-
reti mediale (settale) e laterale delle cavitaÁ nasali. EÁ responsabile della
funzione sensoriale di olfatto, il cui coinvolgimento nel meccanismo di-
fensivo di starnuto non eÁ stato finora dimostrato in modo univoco.
L' innervazione sensitiva termo-tattile delle fosse nasali dipende dal
nervo trigemino e, in particolare, dalle sue due prime branche (nervo
oftalmico, nervo mascellare).
Il nervo oftalmico prende origine dal ganglio di Gasser, in fossa cranica
media, e decorre in senso postero-anteriore, in corrispondenza della
dura madre della parete laterale del seno cavernoso, dove riceve fibre
simpatiche dal plesso simpatico cavernoso e rami comunicanti dal 3ëe
4ë nervo cranico. Il nervo oftalmico lascia quindi la cavitaÁ cranica attra-
verso la fessura orbitale superiore e si divide in tre branche: frontale,
lacrimale e nasociliare.
Il nervo nasociliare si accolla alla parete orbitaria mediale e entra nella
fossa nasale attraverso il forame etmoidale anteriore (nervo etmoi-
dale), distribuendo fibre sensitive e simpatiche alla parete laterale della
M. PIEMONTE, S. PALMA
fossa nasale (ramo laterale, destinato alla testa dei turbinati e al vesti-
bolo) e alla porzione anteriore della mucosa del setto (ramo mediale).
Il nervo mascellare prende origine dal ganglio di Gasser, esce dalla ca-
vitaÁ cranica attraverso il forame rotondo e penetra quindi nella fossa
pterigo-palatina, dove si suddivide in cinque rami di cui uno, il nervo
sfenopalatino, raggiunge verticalmente e in direzione cranio-caudale
il ganglio sfenopalatino.
Il ganglio sfenopalatino eÁ un importante incrocio tra fibre sensitive e
autonomiche (simpatiche e parasimpatiche):± le fibre parasimpatiche pregangliari vi giungono dal nucleo naso-
muco-lacrimale per mezzo del nervo glossofaringeo e il nervo inter-
medio di Wrisberg e contraggono sinapsi con le fibre postgangliari
nel ganglio stesso.
± le fibre simpatiche (postgangliari) vi giungono dal midollo cervicale
dorsale, dalla catena simpatica cervicale, dal ganglio cervicale supe-
riore e dal nervo vidiano.
± le fibre sensitive, come si eÁ or ora detto, giungono al ganglio dal
nervo sfenopalatino (del nervo mascellare, del trigemino)
Dal ganglio sfenopalatino si dipartono quattro rami nervosi:± medialmente i rami nervosi raggiungono le cavitaÁ nasali attraverso i
nervi nasali postero-superiori, che innervano le code dei turbinati e
la parte posteriore della parete laterale e mediale (settale) delle ca-
± inferiormente i rami nervosi si distribuiscono al palato attraverso i
± posteriormente i rami nervosi corrispondono al nervo vidiano, ori-
ginato dall' unione del nervo gran petroso superficiale (del nervo
intermedio di Wrisberg, con fibre parasimpatiche) e dal nervo pe-
troso profondo (costituito da fibre simpatiche del plesso carotideo)
± anteriormente i rami nervosi raggiungono l' orbita attraverso le
branche nervose orbitali.
Oltre all' innervazione sensitiva ora descritta, vi sono evidenze scienti-
fiche in letteratura che dalla mucosa nasale prendono origine anche fi-
bre a funzione sensitiva afferenti al 7ë e 10ë nervo cranico e ai nervi to-
racici spinali superiori. Queste vie afferenti offrono giustificazione ai ri-
flessi dolorosi originati da patologia naso-paranasale e irradiati a di-
stanza ad altri distretti anatomici (spalla, braccia, mano ecc.).
FISIOPATOLOGIA DELLO STARNUTO
Fisiologia e fisiopatologia dello starnuto
Nel processo di starnutazione si possono riconoscere quattro fasi:± Fase di scatenamento: l' elicitazione dello starnuto richiede una sti-
molazione scatenante che, piuÁ frequentemente, trae origine da una
stimolazione nervosa irritativa delle terminazioni sensoriali trigemi-
nali nelle fosse nasali, sul palato o in faringe.
± Fase prodromica dello starnuto: questa fase eÁ caratterizzata dalla
esecuzione di uno o piuÁ atti inspiratori di profonditaÁ sempre mag-
giore volti ad immagazzinare una riserva aerea nei polmoni gene-
ralmente superiore al volume aereo corrente, attingendo al volume
di riserva inspiratorio, ed accumulando quindi maggiore energia
per i successivi momenti espulsivi dell' aria.
± Fase compressiva dello starnuto: a conclusione dei ripetuti atti in-
spiratori, ha inizio la fase espiratoria dello starnuto. In questa fase
il palato molle, l' ostio palato-rinofaringeo e la rima buccale sono
chiusi per contrazione dei rispettivi muscoli, creando un gradiente
di pressione distale a livello di vie aeree inferiori di intensitaÁ sem-
pre maggiore.
± Fase esplosiva dello starnuto: palato molle, ostio palato-faringeo e
rima buccale si aprono improvvisamente permettendo la caratteri-
stica emissione esplosiva di aria attraverso le cavitaÁ orale e nasale,
generalmente accompagnata da emissione di goccioline di saliva e
L' atto di starnutazione eÁ frequentemente accompagnata da un violento
movimento flessorio o flesso-rotatorio del capo e, talora, da chiusura
sincrona degli occhi.
Inoltre si osservano frequentemente a fine starnuto, come manifesta-
zioni riflesse locali secondarie:± una transitoria congestione vascolare delle mucose nasali± una transitoria congestione vascolare della congiuntiva± un aumento di secrezione nasale
(soprattutto sierosa, in minor grado mucosa)
± un aumento di secrezione lacrimale.
Queste manifestazioni di iperreattivitaÁ vasomotoria e secretoria indi-
cano una compartecipazione del sistema parasimpatico nasale al pro-
cesso reattivo di starnutazione, per mezzo delle fibre postgangliari
del ganglio sfenopalatino (13).
L' attivazione dello starnuto viene piuÁ spesso determinata dalla stimo-
lazione irritativa dei recettori trigeminali nasali e, in minor grado, orali
M. PIEMONTE, S. PALMA
e faringei, con preminente riferimento ai recettori istaminosensibili H1,
ai quali si devono attribuire anche le sensazioni di prurito localizzate
alle stesse aree anatomiche. In questo ambito, sembra che le aree recet-
toriali di maggiore efficacia siano localizzate nel meato medio e supe-
riore. (7) (11) (37)I recettori trigeminali possono essere stimolati con un duplice
meccanismo:± un meccanismo di stimolazione diretta, in cui il contatto con so-
stanze irritanti o stimolanti i recettori trigeminali rappresenta la
causa primitiva e scatenante della reazione starnutatoria riflessa;
± un meccanismo di stimolazione indiretta, tipica delle reazioni nasali
disergiche e iperergiche (rinite vasomotoria non allergica, rinite al-
lergica), in cui i recettori subiscono l' attivazione ad opera di media-
tori chimici rilasciati da mastociti, granulociti basofili e altre cellule
flogistiche coinvolti nei processi di iperreattivitaÁ (a loro volta com-
prendente mediatori vasoattivi quali istamina, leucotrieni, prosta-
glandine, fattori chemiotattici, idrolasi lisosomali, ecc.) (1) (12)
(14) (23) (24) (36). Ai fini del meccanismo starnutatorio, l' istamina
sembra rivestire importanza preminente, come peraltro confermato
da studi farmacologici sulla fisiopatologia nasale. Recentemente
tuttavia eÁ stata anche sottolineata l' importanza, tra i mediatori chi-
mici responsabili di iperreattivitaÁ nasale, del NGF (Nerve Growth
Factor), che facilitaÁ anche lo starnuto e l' ipersensibilitaÁ nasale
(28). Non eÁ ancora acclarato con univocitaÁ se lo scatenamento indi-
retto dello starnuto trovi motivo anche in una stimolazione mecca-
nica anomala delle terminazioni sensitive trigeminali nasali a se-
guito dei fenomeni di edema e vasodilatazione tessutali propri della
reazione disergica.
Gli studi finora effettuati sulle mucose nasali non hanno evidenziato re-
cettori sensoriali specifici del riflesso nasale trigeminale e a tutt' oggi si
ritiene che il trigemino presenti terminazioni nervose libere diretta-
mente responsive a stimoli appropriati (5).
La stimolazione dei recettori trigeminali determina l' invio dello sti-
molo nervoso al nucleo del trigemino, da cui si diparte la via efferente
dell' arco diastaltico riflesso dapprima per via discendente tramite il fa-
scicolo longitudinale mediale con i nuclei motori, quindi per le vie ef-
ferenti motorie del S.N.P. corrispondenti ai nervi oculomotori, facciale,
vago e frenico (25).
Le fibre a partenza dal ponte e dal midollo allungato stimolano infatti il
centro respiratorio posto nel quarto ventricolo, che attiva a sua volta
una o piuÁ inspirazioni successive determinate da riflessi tipo Hering-
Breuer e dalla innervazione reciproca dei neuroni inspiratori attra-
FISIOPATOLOGIA DELLO STARNUTO
verso l' azione dei nervi frenici e dei nervi vaghi. Meccanismi riflessi di
natura non ancora identificata scatenano infine la successiva espira-
zione violenta, propria dello starnuto.
La sensibilitaÁ trigeminale responsabile della risposta starnutatoria puoÁ
essere inibita o eliminata da anestesia locale della mucosa nasale o
dalla sezione del nervo trigemino.
Pur sottolineando l' assoluta preminenza dello stimolo irritativo nasale
sui recettori trigeminali ai fini dello scatenamento dello starnuto, si
deve sottolineare che questo non eÁ il solo meccanismo patogenetico
dello starnuto, essendo state via via riconosciute anche modalitaÁ del
tutto diverse.
Sembra quindi opportuno schematizzare come segue gli stimoli atti-
vanti la starnutazione:± irritazione e/o stimolazione meccanica o chimica nasale± stimolazione fotica (luce intensa, lampi di luce)± stimolazione termica fredda della pelle
(soprattutto a livello facciale perinasale/periorbitaria)
± irritazione cutanea a livello di capillizio frontale± stimolazione termotattile della cute del condotto uditivo esterno± stimoli psicogeni (30).
A questi meccanismi si devono altresõÁ aggiungere anche gli importanti
meccanismi indiretti giaÁ sopra citati, di cui la reazione allergenica e la
reazione vasomotoria idiopatica (non allergica) nasale rappresentano
gli esempi piuÁ frequenti. In questo stesso ambito si devono tuttavia ri-
cordare anche altri fattori pro-starnutatori abbastanza frequenti nella
vita quotidiana, che sembrano agire in via indiretta tramite la conge-
stione e/o l' ipersecrezione nasale: l' esposizione cutanea all' irraggia-
mento solare e l' assunzione della posizione di decubito dorsale.
Tra gli stimoli sopra citati responsabili di scatenamento del riflesso
starnutatorio, sembra doveroso sottolineare in particolar modo per la
loro importanza gli stimoli luminosi e visivi, anche in considerazione
delle strette correlazioni tra funzioni difensive meccaniche nasali e ocu-
lari (9) (34) (38). Infatti una stimolazione irritativa trigeminale nasale
di entitaÁ subliminare, insufficiente ad attivare lo starnuto, puoÁ essere
potenziata a livello sopraliminare dalla contemporanea sovraimposi-
zione di uno stimolo di natura fotica. L' associazione di sensazioni ot-
tico-trigeminali, evocate in letteratura per giustificare la fotofobia in
corso di rinopatie iperergiche o infiammatorie, puoÁ ben giustificare
questo fenomeno.
M. PIEMONTE, S. PALMA
Lo starnuto cosiddetto ªfoticoº (da stimolazione luminosa) potrebbe
essere determinato da impulsi veicolati attraverso fibre ottiche para-
simpatiche dirette all' ipotalamo e analogamente da fibre parasimpati-
che nasali (34)Per contro, la inibizione dello starnuto puoÁ essere conseguita con una
stimolazione tattile contrastante, con funzione di antagonista, determi-
nata ad esempio da una forte pressione sul labbro superiore, sul naso o
sugli occhi.
Infine, in alcuni casi e con discreta variabilitaÁ intraindividuale lo star-
nuto puoÁ essere inibito o attenuato su base volontaria.
Nel processo di starnutazione si possono riconoscere quattro fasi:± Fase di scatenamento: l' elicitazione dello starnuto richiede una sti-
molazione scatenante che, piuÁ frequentemente, trae origine da una
stimolazione nervosa irritativa delle terminazioni sensoriali trigemi-
nali nelle fosse nasali, sul palato o in faringe.
± Fase prodromica dello starnuto: questa fase eÁ caratterizzata dalla
esecuzione di uno o piuÁ atti inspiratori di profonditaÁ sempre mag-
giore volti ad immagazzinare una riserva aerea nei polmoni gene-
ralmente superiore al volume aereo corrente, attingendo al volume
di riserva inspiratorio, ed accumulando quindi maggiore energia
per i successivi momenti espulsivi dell' aria.
± Fase compressiva dello starnuto: a conclusione dei ripetuti atti in-
spiratori, ha inizio la fase espiratoria dello starnuto. In questa fase
il palato molle, l' ostio palato-rinofaringeo e la rima buccale sono
chiusi per contrazione dei rispettivi muscoli, creando un gradiente
di pressione distale a livello di vie aeree inferiori di intensitaÁ sem-
pre maggiore.
± Fase esplosiva dello starnuto: palato molle, ostio palato-faringeo e
rima buccale si aprono improvvisamente permettendo la caratteri-
stica emissione esplosiva di aria attraverso le cavitaÁ orale e nasale,
generalmente accompagnata da emissione di goccioline di saliva e
L' atto di starnutazione eÁ frequentemente accompagnato da un vio-
lento movimento flessorio o flesso-rotatorio del capo e, talora, da chiu-
sura sincrona degli occhi.
Inoltre si osservano frequentemente a fine starnuto, come manifesta-
zioni riflesse locali secondarie:± una transitoria congestione vascolare delle mucose nasali± una transitoria congestione vascolare della congiuntiva
FISIOPATOLOGIA DELLO STARNUTO
± un aumento di secrezione nasale
(soprattutto sierosa, in minor grado mucosa)
± un aumento di secrezione lacrimale.
Queste manifestazioni di iperreattivitaÁ vasomotoria e secretoria indi-
cano una compartecipazione riflessa del sistema parasimpatico oculo-
nasale al processo reattivo di starnutazione, per mezzo delle fibre post-
gangliari del ganglio sfenopalatino che si distribuiscono a vasi e ghian-
dole nasali e oculari (13).
Infatti la stessa stimolazione irritativa dei recettori trigeminali respon-
sabile del riflesso starnutatorio genera impulsi nervosi centripeti che
raggiungono i nuclei pontini: da qui la risposta riflessa vasomotoria
ed eccitosecretoria segue le fibre efferenti del nervo intermedio di Wri-
sberg, del nervo grande petroso superficiale (attraverso il ganglio geni-
colato) e quindi del nervo vidiano, per raggiungere la sinapsi parasim-
patica nel ganglio sfenopalatino.
Lo starnuto eÁ la componente reattiva piuÁ evidente e soggettivamente
rilevante di una risposta difensiva riflessa ben piuÁ complessa ed artico-
lata all' abnorme stimolazione nasale mucosa (1) (6) (12) (25).
Infatti, la risposta difensiva meccanica si espleta anche con varie altre
modalitaÁ che possono essere sintetizzate in due gruppi: riflessi ªloco-re-
gionaliº e riflessi ªa distanzaº.
Tra i riflessi difensivi ªloco-regionaliº strettamente interconnessi con lo
starnuto sul piano cronologico ricordiamo:± il riflesso naso-lacrimale, responsabile di lacrimazione sicrona o im-
mediatamente susseguente lo starnuto
± il riflesso naso-palpebrale, responsabile di ammiccamento durante
± il riflesso naso-motorio facciale, responsabile di movimento del
capo in corso di starnuto.
Tra i riflessi difensivi ªa distanzaº si comprendono invece alcune rispo-
ste difensive determinate dall' intervento funzionale di rami effettori
del vago, del sistema simpatico e di nervi spinali, quali in primo luogo:± il riflesso naso-respiratorio, che determina modificazioni del ritmo e
della frequenza del respiro (rallentamento piuÁ o meno marcato
della frequenza respiratoria, fino all' apnea di breve durata per lo
piuÁ in fase espiratoria) dopo stimolazioni irritative della mucosa na-
sale. La variazione del volume gassoso sembra modulata da recet-
tori a lento adattamento e recettori juxtacapillari. Queste modifica-
zioni della funzione respiratoria sono finalizzate alla riduzione del-
l' inalazione di sostanze irritanti e, in particolare, all' arresto della
loro progressione verso le vie aeree inferiori, ma sulla base di alcuni
M. PIEMONTE, S. PALMA
studi di fisiologia comparata con alcune specie animali si eÁ anche
ipotizzato che il ritmo respiratorio possa essere in questo modo sin-
cronizzato con l' arrivo di stimoli olfattivi e sensitivi provenienti dal-
l' esterno, al fine di meglio sfruttare le capacitaÁ sensoriali dell' or-
± il riflesso naso cardiaco, in cui la stimolazione della mucosa nasale
(soprattutto a livello di setto) determina rallentamento della fre-
quenza cardiaca (talora anche fino all' arresto del battito) e modifi-
cazioni della gettata
± il riflesso naso-circolatorio, a seguito del quale si puoÁ determinare
una modificazione della pressione arteriosa e vasocostrizione peri-
I riflessi cardiovascolare consentono di sopperire e ridurre gli effetti
dell' ipossia ipopnoica.
A conclusione della descrizione degli aspetti di fisiologia e fisiopatolo-
gia dello starnuto, sembra doveroso dedicare alcune righe anche al
ªprodottoº dello starnuto stesso.
L' emissione di aria e di fluidi con lo starnuto rappresenta infatti un ef-
ficace meccanismo difensivo di espulsione di sostanze irritanti o conta-
minanti dalle cavitaÁ nasali.
Il risultato dello starnuto eÁ una dispersione in fase gassosa aerea (im-
propriamente detta aerosol) di fluidi, muco, residui epiteliali, leucociti
e agenti infettanti. Il prodotto di dispersione eÁ raccolto in particelle
umide particolari note come ªgoccioline di Fluggeº, eliminate in nu-
mero di circa 20.000 ad ogni starnuto.
Le goccioline di Flugge a genesi nasale, di diametro inferiore a 100 mi-
cron, evaporano rapidamente dando luogo a formazione di ªnuclei di
gocciolineº che, a differenza delle ªgocciolineº vere e proprie, presen-
tano ben maggiore resistenza alla degradazione e possono rimanere
nell' atmosfera per molte ore. CioÁ giustifica la particolare infettivitaÁ
per via aerea, anche a distanza, delle infezioni trasmesse con lo star-
nuto rispetto ad una meno aggressiva diffusione con ªgocciolineº a ge-
nesi orale (di dimensioni variabili da 25 a 2000 micron, relativamente
voluminose e pesanti e quindi meno persistenti in aria).
Lo starnuto contribuisce significativamente alla diffusione per via ae-
rea di secrezioni infette nelle malattie infettive veicolate per via aerea
(quali ad esempio la rinite virale e l' influenza), potendo cosõÁ rappre-
sentare un problema importante di salute pubblica.
FISIOPATOLOGIA DELLO STARNUTO
Aspetti di prevenzione e terapia del sintomo ªstarnutoº
Ogni naso presenta la capacitaÁ di reagire con un quadro sintomatolo-
gico complesso (starnuti, prurito, congestione mucosa, vasodilatazione,
rinorrea sierosa o mucosa) a un' ampia varietaÁ di stimoli irritativi, aller-
genici, disreattivi o infettivi.
Queste manifestazioni reattive, che rappresentano sintomi peculiari di
condizioni patologiche solitamente ben note e identificabili, possono
presentarsi in varia associazione tra loro e con caratteristiche di inten-
sitaÁ e frequenza assai variabili sia su base intraindividuale, sia su base
interindividuale.
La moderna terapia medica rinologica puoÁ oggi contare su una ampia
scelta di sostanze, appartenenti a diversi gruppi farmacologici, con
meccanismi di azione diversi ed effetti terapeutici specifici (8) (10)
(15) (18) (19) (22) (23) (24) (31).
I gruppi farmacologici di piuÁ frequente impiego nelle riniti e nelle rino-
patie possono essere cosõÁ riassunti:± Agonisti dei neurotrasmettitori: Alfa e Alfa-Beta simpaticomimetici
(ad esempio: amine simpaticomimetiche; imidazolici)
± Antagonisti dei neurotrasmettitori: anticolinergici selettivi
(ad esempio: Ipratropium bromuro)
± Inibitori della degranulazione mastocitaria
(ad esempio: disodiocromoglicato, chetotifene)
± Antagonisti dei mediatori chimici: antistaminici; antileucotrienici
(ancora in fase sperimentale nella patologia nasale)
± Antiflogistici: cortisonici± Antibiotici± Mucoregolatori± Altre sostanze: oli essenziali, fitoterapici, ecc.
Tutti i farmaci ora citati presentano un' azione terapeutica articolata e
specifica che, agendo a diversi livelli, interferisce in vario grado con i
meccanismi reattivi immunitari e vasomotori delle cavitaÁ nasali e
quindi agisce efficacemente con varia modalitaÁ sui sintomi delle pato-
logie nasali. Nessuno dei farmaci sopra citati presenta tuttavia un' a-
zione anti-starnutatoria elettiva, pur esercitando, tra i numerosi effetti
terapeutici, anche una piuÁ o meno spiccata azione in tal senso. Ne con-
segue che, in diverso grado, quasi tutti i farmaci sopra descritti possono
presentare un' azione sedativa o riduttiva sui riflessi di starnuto, per lo
piuÁ per via indiretta (tramite una inibizione o una diminuzione delle
reazioni flogistico-disreattive delle mucose nasali).
M. PIEMONTE, S. PALMA
Rappresentano un' eccezione in questo campo gli inibitori dei leuco-
trieni (pranlukast, montelukast, zafirlukast), di recente introduzione
in ambito clinico-terapeutico come antiasmatici e ancora in fase speri-
mentale sulla patologia nasale, perche non sembrano determinare al-
cuna significativa riduzione nel numero e frequenza degli starnuti
(21) (26).
In questa sede sembra fuor di luogo scendere in dettaglio sui complessi
effetti terapeutici dei predetti gruppi farmacologici, per la cui cono-
scenza ed approfondimento si rinvia alla letteratura sull' argomento
(10) (14) (15) (20) (22) (23), mentre sembra piuÁ opportuno accentrare
la trattazione al problema ªstarnutoº.
In particolare lo starnuto eÁ suscettibile dei seguenti provvedimenti pre-
ventivi e terapeutici:± provvedimenti preventivi
± abolizione degli irritanti nasali: rappresenta il piuÁ elementare
provvedimento preventivo al fine di evitare lo scatenamento
dello starnuto. La accurata e tempestiva rimozione degli agenti
irritanti, ivi comprese (se e quando possibile) le sostanze ad
azione allergenica, impedisce ªab ovoº l' attivazione del riflesso
di starnuto.
± igiene ambientale: rappresenta un logico e indispensabile corolla-
rio al punto precedente. Infatti una oculata gestione dell' am-
biente sia dal punto di vista fisico (temperatura, umiditaÁ, illumi-
nazione, movimento dell' aria, ecc. ), sia dal punto di vista orga-
nizzativo/strutturale (prevenzione della diffusione aerea di pol-
veri e acari, utilizzo di materiali costruttivi adeguati, ecc.)
completa validamente la rimozione degli irritanti nasali.
± mezzi di barriera e filtrazione individuali e comunitari: in partico-
lari condizioni di esposizione agli agenti irritanti puoÁ rendersi ne-
cessario il ricorso a mezzi di barriera e filtrazione individuali (ma-
schere) o comunitari (filtri).
± protezione da stimoli fisici (luce, freddo, esposizione al sole,
ecc.): questi provvedimenti tendono a prevenire soprattutto
l' esposizione del soggetto a stimoli pro-starnutatori extranasali.
± astensione da terapie farmacologiche inopportune: alcuni farmaci
possono presentare sfavorevoli effetti collaterali sulla fisiologia
nasale. In particolare sembra opportuno ricordare la correlazione
tra ªstatusº ormonale e reattivitaÁ nasale, con specifico riferi-
mento alla maggiore reattivitaÁ nasale e alla maggiore incidenza
di starnuti nelle donne che assumono pillole estroprogestiniche
FISIOPATOLOGIA DELLO STARNUTO
a scopo anticoncezionale o ciclo-regolatore rispetto a un gruppo
controllo (33).
± provvedimenti igienici topici endonasali
± lavaggi e docce nasali: in caso di contatto mucoso endonasale ab-
bondante con sostanze irritanti, con vivace reazione starnutato-
ria, diventa imperativa la rimozione meccanica delle sostanze ir-
ritanti facendo ricorso a lavaggi o docce nasali con soluzione fi-
siologica, acqua marina, acqua termale o, in caso di necessitaÁ, an-
che acqua ªnaturaleº.
± terapia farmacologica
± antistaminici: di tutti i farmaci ad azione antireattiva nasale, gli
antistaminici sembrano rappresentare l' unico gruppo farmacolo-
gico che esplica un' azione inibitoria/regolatrice diretta ed effi-
cace sullo starnuto.
Gli antistaminici agiscono principalmente come antagonisti recettoriali
competitivi dell' istamina, nei cui confronti presentano una notevole so-
miglianza strutturale.
La particolare efficacia degli antistaminici nell' inibizione dello star-
nuto eÁ legata non solo all' azione indiretta di antagonismo sui complessi
fenomeni disreattivi nasali (azione antistaminica propria, azione anti-
colinergica, azione sedativa sul S.N.C., azione adrenostimolante, azione
anti-vasodilatatoria VIP-dipendente, ecc.), ma soprattutto all' azione
anestetica locale con riduzione degli stimoli irritativi esogeni per com-
petizione recettoriale sulle terminazioni nervose trigeminali con recet-
tori istaminici H1.
L' azione sintomatica antistarnutatoria degli antistaminici eÁ prestata va-
lidamente sia per via sistemica (soprattutto orale), sia per via topica (ad
esempio: azelastina, levocarbastina)Studi recenti hanno dimostrato che gli antistaminici per via orale (anti-
H1) inibiscono significativamente la starnutazione sia in termini di fre-
quenza (numero di attacchi e numero di starnuti per attacco), sia in ter-
mini di intensitaÁ della forza espulsiva (2) (21) (29).
Sostanze ad azione pro-starnutatoria
Infine, nella trattazione della fisiopatologia dello starnuto e delle sue
correlazioni chemiofarmacologiche, corre l' obbligo di ricordare per
motivi di completezza l' esistenza di sostanze chimiche ad azione oppo-
sta a quella terapeutica, incluse nella categoria degli ªaggressivi chi-
M. PIEMONTE, S. PALMA
miciº, finalizzate alla stimolazione di crisi invalidanti di starnutazione
nei soggetti che vi vengano esposti.
Tali sostanze, destinate alla diffusione ambientale in basse dosi al fine
di provocare (per brevi tempi di esposizione) l' inabilitaÁ fisica parziale
del soggetto colpito, rientrano nella categoria dei gas ªstarnutatoriº
che trovano applicazione in ambiente militare o a fini di ordine pub-
blico. La difenilcloroarsina, derivato arsenicale a bassa tossicitaÁ e ad
alta efficacia starnutatoria, e il cosiddetto ªgas al pepeº rappresentano
gli esempi piuÁ noti di questa categoria.
FISIOPATOLOGIA DELLO STARNUTO
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M. PIEMONTE, S. PALMA
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M. PIEMONTE, S. PALMA
I MECCANISMI DI DIFESA NON IMMUNOLOGICA DELLE PRIME VIE AEREO-DIGESTIVE
I riflessi faringo-esofago-glottici
A. CAMAIONI, C. VITI, P. MONTESI, V. DAMIANI
Ospedale Belcolle Viterbo
UnitaÁ Operativa di Otorinolaringoiatria
(Direttore: Dott. A. Camaioni)
La capacitaÁ di parlare eÁ, in senso evolutivo, sicuramente uno dei piuÁ im-
portanti traguardi che il genere umano sia mai riuscito a raggiungere.
La capacitaÁ fonatoria umana eÁ, come eÁ noto, dovuta, in gran parte, ad
una localizzazione orofaringea del complesso laringo-glottico; una po-
sizione cosõÁ bassa di tale struttura ha, peroÁ, richiesto un suo prezzo in
termini di capacitaÁ di separazione delle vie aeree da quelle digestive.
In concreto, nell'uomo adulto, le prime vie aeree incrociano le vie di-
gestive a livello della faringe.
Tale intersezione da una parte compromette la protezione delle basse
vie aeree dal rischio d'aspirazione delle sostanze ingerite, dall'altra
crea una zona di turbolenza aerea e, quindi, di aumentata resistenza
ai flussi inspiratori ed espiratori.
Questa duplice problematica viene risolta, a livello laringeo, da una se-
rie di modificazioni strutturali transitorie, sincrone con il ciclo respira-
torio27,18, e da una delicata rete di riflessi troncoencefalici13,24.
Lo sfintere laringeoL'organo laringeo eÁ coinvolto in quattro funzioni meccaniche di fonda-
mentale importanza per l'organismo: la fonazione, la respirazione, l'oc-
clusione forzata della glottide, la deglutizione.
Nell'ambito della presente trattazione, l'attenzione si focalizzeraÁ, ov-
viamente, sulle ultime due funzioni elencate; in entrambe le situazioni,
la laringe si caratterizza per la capacitaÁ di ridurre, fino all'occlusione
A. CAMAIONI, C. VITI, P. MONTESI, V. DAMIANI
completa, il proprio lume; stiamo parlando, in altre parole, di un ruolo
eminentemente sfinterico di quest'organo.
GiaÁ nel 1929, Negus aveva avanzato l'ipotesi che i muscoli striati della
regione laringea facessero parte di una sorta di sfintere circolare posto
a difesa dell'ingresso tracheale12.
Effettivamente, la laringe del protottero, un dipnoo sudafricano, consta
di un semplice sfintere circolare, circondante il diverticolo respiratorio
di questo organismo, il cui compito eÁ quello di rimanere serrato per la
maggior parte del tempo; eÁ, in questo modo, possibile isolare i rudi-
mentali polmoni durante le fasi acquatiche della vita dell'animale, e
compiere saltuarie ªdeglutizioni d'ariaº per il ricambio dell'ossigeno
nelle fasi di vita sulla terra ferma15(Fig. 1).
Figura 1 - Rappresentazione schematica delle vie aereo-digestive del protottero. (Negus, 1920;
Negli animali piuÁ evoluti, ed in particolar modo nei mammiferi, consi-
derando il ruolo di crocevia delle vie aero-digestive ricoperto dalla la-
ringe, non eÁ piuÁ ipotizzabile un suo funzionamento in senso sfinteriale
In altre parole la laringe non puoÁ assolutamente rimanere serrata per la
maggior parte del tempo ed aprirsi solo per consentire un saltuario
transito, come farebbe se fosse costituta da uno sfintere muscolare cir-
colare (eÁ questa la modalitaÁ di funzionamento dell'esofago, ad esem-
pio); deve, al contrario rimanere beante nelle fasi di riposo e serrarsi
solo in particolari situazioni.
I RIFLESSI FARINGO-ESOFAGO-GLOTTICI
Figura 2 - Rappresentazione schematica delle pliche laringee. E: Epiglottide e pliche ariepiglot-
tiche; Fc: False Corde Vocali; Vc: Vere Corde Vocali (Fink, 1974; modificato)
L'evoluzione ha risolto questa problematica dotando la laringe umana,
non di uno sfintere circolare, ma di un complesso sistema elastico di
pieghe e pliche, la cosiddette ªpliche laringeeº o ªsistema delle tre pli-
cheº5 (Fig. 2).
Le modificazioni dinamiche di tali strutture anatomiche contribuiscono
a creare un meccanismo di protezione delle prime vie aeree articolato
su tre livelli.
Un primo livello di protezione si realizza a livello delle pliche ariepi-
glottiche.
In tale sede, la contrazione riflessa dei muscoli ariepiglottico e tiroari-
tenoideo determina il sollevamento della plica ariepiglottica e la sua
giustapposizione alla plica omonima controlaterale, ed, indirettamente,
in virtuÁ dei rapporti del muscolo ariepiglottico con la superficie supe-
riore esterna della membrana quadrangolare, provoca il sollevamento
delle pliche vestibolari.
I muscoli appena citati sono due dei muscoli striati dell'organismo che
si contraggono piuÁ velocemente; ad esempio nel cane questi muscoli
hanno un tempo medio di latenza di attivazione di circa 14-16 millise-
condi rispetto ai 40-44 millisecondi dei muscoli cricotiroideo e cricoari-
tenoideo posteriore19.
Un secondo livello di protezione si concretizza a livello delle pliche ve-
stibolari, note con il nome di false corde vocali, la cui chiusura ermetica
A. CAMAIONI, C. VITI, P. MONTESI, V. DAMIANI
si realizza per la contrazione delle fibre del muscolo tiroaritenoideo che
si trova localizzato lungo il bordo laterale delle pliche stesse.
Infine, il terzo livello di protezione, il piuÁ efficace, eÁ rappresentato dalle
corde vocali vere, dette anche pliche vocali.
L'occlusione serrata delle corde vocali si realizza ad opera della contra-
zione sinergica dei muscoli intrinseci laringei aventi ruolo adduttorio;
essi sono: il muscolo tiroaritenoideo, che svolge anche funzioni di ten-
sore isometrico delle corde vocali; il muscolo cricotiroideo, che eÁ anche
un tensore cordale isotonico, il muscolo cricoaritenoideo laterale; il
muscolo interaritenoideo, a cui spetta il compito di chiudere la por-
zione posteriore della glottide.
In tale ambito, eÁ di estremo interesse segnalare che i risultati di recenti
studi elettromiografici spingerebbero ad ipotizzare una differente mo-
dalitaÁ di attivazione dei muscoli appena citati a seconda della specifica
modalitaÁ di risposta riflessa necessaria in ogni singola situazione.
Per fare un esempio, nel caso del riflesso esofago-glottico, di cui
avremo modo di parlare diffusamente in seguito, le corde vocali risul-
tano, ovviamente, addotte, ma, allo stesso tempo risultano essere piuÁ
corte di quanto non lo siano nell'ambito del riflesso faringo-laringo-
Questa osservazione ha spinto alcuni ricercatori ad ipotizzare uno spe-
cifico e quasi elettivo coinvolgimento del muscolo tiroaritenoideo nella
prima, ma non nella seconda, modalitaÁ di risposta riflessa appena ci-
Sembrerebbe, quindi, razionale iniziare a pensare che, a seconda del
tipo di riflesso glottico elicitato, venga, in qualche modo, effettuata
un'attivazione preferenziale di soltanto alcuni dei muscoli adduttori
delle corde vocali; prima di poter ritenere confermata questa ipotesi,
saranno necessarie, ovviamente, altre e piuÁ ampie conferme.
Continuando la descrizione del terzo livello di difesa laringeo, eÁ impor-
tante, a nostro giudizio, ricordare che la corde vocali presentano, nel-
l'uomo, un bordo libero leggermente protrudente verso l'alto.
Questa peculiaritaÁ anatomica eÁ in grado di creare, al momento della
chiusura serrata delle corde vocali, un meccanismo a valvola estrema-
mente efficace che, sfruttando la differenza pressoria esistente tra le
alte e le basse vie aeree, rende ancor piuÁ ermetica la giaÁ valida giustap-
posizione delle due rime glottiche20.
I RIFLESSI FARINGO-ESOFAGO-GLOTTICI
Cenni di anatomia della regione laringea
La laringe eÁ un organo cavo, impari e mediano, di forma simile ad una
piramide triangolare con base in alto, al di sotto e al di dietro della ra-
dice della lingua e con apice, tronco, che si continua con la trachea.
La sua proiezione posteriore corrisponde al tratto compreso tra la
quarta e la sesta vertebra cervicale. Le dimensioni medie della laringe
sono di circa 4 centimetri per la lunghezza, 4 centimetri per la larghezza
e 3,6 centimetri per il diametro antero-posteriore; esse, tuttavia, va-
riano notevolmente da individuo ad individuo ed in rapporto all'etaÁ
e al sesso, avendo nelle donne una maggiore larghezza e minore lun-
ghezza rispetto agli uomini.
La laringe risulta costituita da varie strutture cartilaginee (le cartilagini
tiroide, cricoide, aritenoidi, epiglottide, corniculate e cuneiformi) tra
loro articolate per contiguitaÁ e a distanza, tramite legamenti; le cartila-
gini sono, inoltre, connesse, sempre ad opera di strutture legamentose,
con gli organi vicini.
La mobilitaÁ reciproca dei vari pezzi cartilaginei e dell'organo in toto eÁ
dovuta, come avremo modo di descrivere, alla presenza di un ricco cor-
redo muscolare intrinseco ed estrinseco30.
Dinamica articolare
La laringe eÁ in grado di effettuare, durante lo svolgimento dei propri
compiti fisiologici, una vasta gamma di movimenti e modificazioni di-
namiche della propria geometria, che potremmo definire ªroutinarieº;
ma eÁ anche in grado, durante il perdurare di stati parafisiologici (erut-
tazione, rigurgito, etc) o francamente patologici (reflusso gastroesofa-
geo, inalazione, etc), di attivare una serie di modificazioni ªstraordina-
rieº al fine di evitare una tale situazione e quindi il conseguente peggio-
ramento del quadro clinico.
Il complesso sistema di movimenti e modificazioni strutturali che carat-
terizza tale organo ruota, sorprendentemente, intorno a due semplici ar-
ticolazioni: l'articolazione cricotiroidea e l'articolazione cricoaritenoidea.
Articolazione cricotiroidea
L'articolazione cricotiroidea, come dice il nome, si realizza tra le carti-
lagini tiroide e cricoide (fig.3.I).
Si tratta di un'articolazione pari che mette in rapporto, bilateralmente,
la faccetta articolare tiroidea, posta sull'arco della cartilagine cricoide,
con la faccetta articolare cricoidea del corno inferiore della cartilagine
tiroide.
La capsula articolare, sottile e lassa, eÁ rinforzata dai legamenti cerato-
cricoidei anteriore, laterale e posteriore.
A. CAMAIONI, C. VITI, P. MONTESI, V. DAMIANI
L'articolazione cricotiroidea eÁ di per se un articolazione abbastanza
vincolata, tant'eÁ che i movimenti possibili sono, fondamentalmente,
solo due.
La prima modalitaÁ di movimento eÁ rappresentata dalla possibilitaÁ di
una rotazione in avanti ed in dietro della cartilagine tiroide intorno
ad un asse trasversale passante per le due faccette articolari tiroidee
della cartilagine cricoide.
Tale rotazione ha come conseguenza una modificazione dell'angolo cri-
cotiroideo anteriore e dello spazio intercricoideo (Fig. 3.II).
Il secondo movimento possibile eÁ, invece, rappresentato da una trasla-
zione verso l'avanti della cartilagine tiroide, definito ªeffetto a cassettoº.
Quest'ultimo movimento implica un costante scivolamento anteriore
del corno inferiore della cartilagine tiroide con sublussazione dell'arti-
Figura 3 - Rappresentazione schematica dell'articolazione Cricotiroidea. I: Posizione di riposo;
II, III: PossibilitaÁ di movimento. T: Cartilagine Tiroide; C: Cartilagine Cricoide;
m: Muscolo Cricotiroideo. (Uziel, 1986; modificato)
Articolazione cricoaritenoideaL'articolazione cricoaritenoidea eÁ, anch'essa, un'articolazione pari;
essa mette in contatto, bilateralmente, le due cartilagini aritenoidi
con la cartilagine cricoide (Fig.4.I, Fig. 5.I).
Il contatto articolare si realizza tra la faccetta articolare aritenoidea,
oblunga e convessa, situata all'estremo posterolaterale della lamina cri-
coidea, e la faccetta articolare cricoidea, occupante tutta la base della
cartilagine aritenoide ad esclusione della apofisi vocale. Ogni capsula
articolare eÁ, poi, rinforzata da un legamento cricoaritenoideo.
I RIFLESSI FARINGO-ESOFAGO-GLOTTICI
La gamma di movimenti consentiti da questa articolazione eÁ estrema-
mente ampia; le cartilagini aritenoidi sono, infatti, in grado di inclinarsi
anteriormente e posteriormente sul piano sagittale, e di compiere am-
pie rotazioni sul loro asse verticale.
Esiste, inoltre, grazie alla lassitaÁ della capsula legamentosa, la possibi-
litaÁ di uno scivolamento in blocco della cartilagine aritenoide lungo la
faccetta articolare aritenoidea della cartilagine cricoide.
In conseguenza di tale movimento, si assiste ad un reale abbassamento
od innalzamento di tutta la cartilagine suddetta rispetto al piano frontale.
Una cosõÁ ampia possibilitaÁ di movimento consente, sfruttando le reci-
proche contrazioni e i relativi rilasciamenti dei muscoli intrinseci della
laringe, la realizzazione di modificazioni dell'orientamento spaziale
delle cartilagini aritenoidi anche molto complesse.
Nel caso specifico dell'adduzione delle corde vocali, la sequenza delle
modificazioni spaziali delle cartilagini puoÁ essere schematizzata, per
semplicitaÁ, in due fasi successive.
In una prima fase, la cartilagine aritenoide scivola dapprima medial-
mente, dopo di che bascula in avanti, in modo che l'apofisi vocale de-
scriva un movimento ad arco verso l'avanti, l'interno ed il basso (Fig.
4.II, Fig. 5.II).
Figura 4 - Rappresentazione schematica dell'articolazione Cricoaritenoidea (Visione posteriore).
I: Posizione di riposo; II, III: Adduzione delle corde vocali. A: Cartilagine Aritenoide;
C: Cartilagine Cricoide
A. CAMAIONI, C. VITI, P. MONTESI, V. DAMIANI
Raggiunto questo nuovo orientamento spaziale, il cui scopo eÁ quello di
mettere in tensione in maniera massimale le corde vocali, sfruttando la
possibilitaÁ di rotazione semplice intorno al proprio asse della cartila-
gine aritenoide, eÁ possibile avvicinare, ulteriormente, lungo la linea
mediana i processi vocali e completare, cosõÁ la chiusura della rima glot-
tica1,6(Fig. 4.III, Fig. 5.III).
Figura 5 - Rappresentazione schematica dell'articolazione Cricoaritenoidea (Visione superiore).
I: Posizione di riposo; II, III: Adduzione delle corde vocali. (Netter, 1994; modificato)
Muscolatura della regione laringeaI muscoli della laringe sono classicamente distinti in estrinseci, ad ori-
gine od inserzione extralaringee, ed intrinseci, con origine ed inser-
zione sulle cartilagini laringee.
Il primo gruppo di muscoli citato eÁ principalmente coinvolto nel movi-
mento della laringe rispetto alle altre strutture delle vie aeree. Tali mu-
scoli hanno generalmente un'inserzione sull'osso ioide e vengono atti-
vati durante e processi fonatori e deglutitivi.
La muscolatura estrinseca puoÁ essere suddivisa, da un punto di vista
funzionale in due ulteriori sottogruppi; si parleraÁ, quindi, del gruppo
muscolare sopraioideo e del gruppo muscolare sottoioideo.
Il gruppo muscolare sopraioideo, comprende i muscoli digastrico, sti-
loioideo, genioioideo, miloioideo, stilofaringeo, e tiroioideo; si tratta di
fondamentalmente di muscoli elevatori della laringe.
I RIFLESSI FARINGO-ESOFAGO-GLOTTICI
Il gruppo muscolare sottoioideo comprende, invece, i muscoli omoioi-
deo, sternotiroideo, sternoioideo e tiroioideo, a prevalente azione de-
pressoria.
L'azione combinata di questi due gruppi muscolari, considerando an-
che i vincoli imposti dal sistema legamentoso sospensore della laringe,
determina la modificazione dinamica della posizione di quest'organo
lungo il tratto aereo-digestivo superiore.
In linea generale, il complesso laringeo viene elevato durante la mag-
gior parte dell'espirazione e depresso verso il basso durante l'inspira-
zione; comunque il maggior dislocamento della laringe si verifica du-
rante la deglutizione.
La muscolatura intrinseca della laringe, invece, presiede specifica-
mente ai movimenti delle corde vocali e della membrana quadrango-
lare.
Tutti i muscoli intrinseci sono innervati dal nervo laringeo inferiore o
ricorrente, ad eccezione dei muscoli cricotiroidei, innervati dal nervo
laringeo superiore, e sono tutti pari, tranne il muscolo aritenoideo tra-
sverso, detto anche interaritenoideo, che eÁ un muscolo singolo.
Ogni coppia di muscoli intrinseci presiede ad uno specifico movimento
di una delle strutture formanti il complesso laringeo; dalla modulazione
centrale di quest'insieme di contrazioni muscolari si determina la vasta
gamma di movimenti che la laringe eÁ in grado di compiere.
Per fare qualche esempio, la contrazione dei muscoli tiroaritenoidei di-
minuisce la distanza tiro-ariteoidea e quindi la tensione della plica vo-
cale; in questa loro funzione, essi agiscono da antagonisti del muscolo
cricotiroideo, che eÁ invece un tensore della corda vocale (Fig. 6.B).
Inoltre il muscolo vocale vero e proprio eÁ localizzato nell'ambito delle
fibre del muscolo tiroaritenoideo, il che determina il costituirsi di un ul-
teriore meccanismo di modulazione della tensione delle corde vocali15
(Fig. 6.C).
Il muscolo tiroaritenoideo eÁ considerato, infine, un valido adduttore
delle corde vocali, poiche la sua contrazione fa avvicinare la cartilagini
aritenoidi ed i processi vocali lungo la linea mediana (Fig. 6.B).
Il muscolo tiroepiglottico, invece, grazie alla sua azione sul margine li-
bero della plica ariepiglottica, aumenta le dimensioni dell'introito larin-
geo (Fig. 6.B).
Al contrario, il muscolo aritenoideo trasverso, l'unico muscolo non pari
della laringe, traendo, bilateralmente, origine ed inserzione sui processi
muscolari e sul bordo laterale della cartilagine aritenoide, agisce da
forte adduttore delle corde vocali (Fig. 6.C).
A. CAMAIONI, C. VITI, P. MONTESI, V. DAMIANI
Sovrapposti al muscolo aritenoideo trasverso su ciascun lato eÁ possibile
identificare i muscoli aritenoidei obliqui (Fig. 6.A).
Tali muscoli originano dalla superficie posteriore di ciascuna cartila-
gine aritenoide ed incrociano obliquamente la linea mediana per an-
dare ad inserirsi sulla regione apicale dell'aritenoide opposta; superior-
mente alcune fibre continuano lateralmente nella plica ariepiglottica,
andando a costituire il muscolo ariepiglottico, un elemento cardine
del sistema difensivo laringeo (Fig. 6.A).
Nel complesso, i muscoli aritenoidei obliqui e ariepiglottici svolgono,
come avremo modo di definire meglio in seguito, una fondamentale
funzione sfinteriale a livello delle pliche ariepiglottiche30. In tale am-
bito non si possono non citare, per l'importanza che rivestono nell'am-
bito della presente trattazione, i muscoli cricoaritenoidei.
Il muscolo cricoaritenoideo laterale eÁ un piccolo muscolo che origina
dal bordo laterale e superiore dell'arco della cartilagine cricoide e
che trova inserzione sulla superficie anteriore del processo muscolare
della cartilagine aritenoide (Fig. 6.B; Fig. 6.C).
La funzione principale di questo muscolo eÁ quella di ruotare la cartila-
gine aritenoide in modo da avvicinare i processi vocali con conseguente
marcata adduzione delle corde vocali10.
Il muscolo cricoaritenoideo posteriore eÁ, invece, l'unico abduttore puro
delle corde vocali e quindi riveste un ruolo prominente nell'ambito
della funzionalitaÁ laringea(Fig. 6.A; Fig. 6.C).
Tale muscolo nasce, bilateralmente dalla depressione posteriore e dal
rafe mediano della lamina cricoidea e trova inserzione sulla superficie
posteriore del processo muscolare della cartilagine aritenoide.
A tutt'oggi non eÁ ancora ben chiara la dinamica articolare dei movi-
menti determinati dalla azione del muscolo cricoaritenoideo poste-
riore: l'ipotesi piuÁ probabile eÁ che tale muscolo, contraendosi, produca
sia un'inclinazione posteriore, o un dislocamento oscillatorio, della car-
tilagine aritenoide, sia un movimento rotatorio della stessa in direzione
posteromediale.
Il vettore di forza risultante dalla somma delle due componenti deter-
mina l'abduzione delle corde vocali15.
Infine, il muscolo cricotiroideo svolge funzioni sia di muscolo estrinseco
che di muscolo intrinseco (Fig. 6.B; Fig. 6.C).
Come muscolo estrinseco provvede alle modificazioni della distanza tra
la cartilagine tiroide e la cartilagine cricoide; come muscolo intrinseco
influisce sul grado di tensione delle corde vocali30.
I RIFLESSI FARINGO-ESOFAGO-GLOTTICI
Figura 6 - Muscolatura intrinseca della laringe A: Visione Posteriore; B: Visione Laterale; C:
Visione Superiore. 1: m. ariepiglottico; 2: m. aritenoideo obliquo, 3: m. aritenoideo
trasverso; 4: m. cricoaritenoideo posteriore; 5: m. cricotiroideo; 6: m. tiroaritenoideo; 7:
m. tiroepiglottico; 8: m.aritenoideo obliquo e trasverso; 9: m. cricoaritenoideo laterale;
10: m. tiroarineoideo esterno; 11: m. vocale; 12: legamento vocale. (Netter, 1994;
A. CAMAIONI, C. VITI, P. MONTESI, V. DAMIANI
Neurofisiologia della regione laringea
Innervazione perifericaL'innervazione sensitiva e motoria della laringe eÁ fornita dal nervo
vago, tramite due suoi rami, il nervo laringeo superiore e il nervo larin-
geo inferiore.
Il nervo laringeo superiore origina, nel troncoencefalo, dalla porzione
inferiore del ganglio nodoso e, dopo essere uscito dal cranio attraverso
il forame giugulare, si porta verso la laringe, descrivendo una lunga
curva con concavitaÁ antero-superiore.
Nel suo decorso incrocia obliquamente il lato mediale della arteria ca-
rotide interna, aderisce alla parete laterale della faringe e, a livello del
grande corno dell'osso ioide, si divide nei suoi due rami terminali: il
ramo superiore e il ramo inferiore.
Il ramo superiore (od interno) del nervo laringeo superiore, esclusiva-
mente sensitivo, raggiunge e perfora la membrana tiro-ioidea superior-
mente all'entrata dell'arteria laringea superiore; decorre nel recesso pi-
riforme della faringe fino a giungere alle pliche ariepiglottiche al cui li-
vello si risolve in una serie di filamenti terminali, che vengono distinti,
secondo la loro direzione, in anteriori, medi ed inferiori.
I filamenti anteriori si distribuiscono alla mucosa dell'epiglottide e ad
una piccola porzione della mucosa linguale; i filamenti medi forniscono
la sensibilitaÁ alle pliche ariepiglottiche e alla porzione sopraglottica
della laringe; i filamenti posteriori, infine, si distribuiscono alla por-
zione di mucosa faringea che ricopre la faccia posteriore della laringe;
inoltre, uno di essi, piuÁ lungo e diretto verticalmente verso il basso, si
anastomizza con un ramo del nervo laringeo ricorrente omolaterale a
formare l'ansa di Galeno.
Il ramo inferiore (o esterno) del nervo laringeo superiore, nervo misto,
conosciuto anche con il nome di nervo laringeo esterno, decorre obli-
quamente in basso ed in avanti, tra il muscolo costrittore inferiore della
faringe e la tiroide, fino ad arrivare al muscolo cricotiroideo, che in-
nerva; successivamente perfora il senso latero-mediale la membrana
crico-tiroidea e si risolve in rami terminali per la mucosa del ventricolo
di Morgagni15,30.
Il nervo laringeo inferiore, o ricorrente, nasce dal nervo vago con mo-
dalitaÁ differenti nei due emisomi; a destra, si dirama dal tronco del
nervo vago quando questo attraversa anteriormente la prima porzione
dell'arteria succlavia, a sinistra origina, invece nel punto in cui il nervo
vago passa anteriormente all'arco aortico.
I RIFLESSI FARINGO-ESOFAGO-GLOTTICI
Il nervo laringeo ricorrente destro, dal suo punto d'origine, avvolge,
quindi, l'arteria succlavia o il tronco brachio-cefalico in senso antero-
posteriore e risale verso la laringe seguendo il margine destro dell'eso-
fago; giunto in prossimitaÁ del margine inferiore del muscolo costrittore
inferiore della faringe, vi passa sotto o lo perfora per prendere contatto
con la faccia posteriore della laringe a livello della doccia verticale for-
mata dalle cartilagini tiroide e cricoide.
Il nervo laringeo ricorrente sinistro dalla sua origine, situata, come giaÁ
accennato, ad un livello inferiore rispetto all'omologo controlaterale,
descrive anch'esso un'ansa a concavitaÁ superiore, circondando, in que-
sto caso, l'arco aortico per andare ad adagiarsi sulla faccia anteriore
dell'esofago.
Decorrendo lungo il solco tracheo-esofageo, il nervo ricorrente sinistro
ascende fino al livello del margine inferiore del muscolo costrittore in-
feriore della faringe e, dopo aver perforato questo muscolo, raggiunge
anch'esso la doccia crico-tiroidea30.
Nel loro decorso, i nervi laringei ricorrenti inviano rami alle paratiroidi,
alla tiroide, alla trachea, all'esofago e al cuore. Da ambo i lati, il nervo
laringeo inferiore termina, nel 70% dei casi, in sede extralaringea, ri-
solvendosi in due branche terminali: anteriore e posteriore1.
Figura 7 - Innervazione della laringeVisione laterale prima e dopo rimozione della lamina della
cartilagine tiroidea. (Netter, 1994; modificato)
A. CAMAIONI, C. VITI, P. MONTESI, V. DAMIANI
La branca anteriore si dirige anteriormente e superiormente, per rag-
giungere ed innervare i muscoli cricoaritenoideo laterale, tiroaritenoi-
deo esterno ed interno, interaritenoideo obliquo, ariepiglottico e tiroe-
piglottico.
La branca posteriore si dirige, invece, superiormente ad innervare i
muscoli cricoariteniodeo posteriore e inter-aritenoidei.
Infine, i nervi laringei ricorrenti, oltre a provvedere all'innervazione di
tutta la muscolatura intrinseca della laringe, ad esclusione del muscolo
cricotiroideo, provvedono anche all'innervazione sensitiva della laringe
sottoglottica4.
L'innervazione simpatica della eÁ fornita da fibre provenienti dal gan-
glio cervicale superiore che accompagnano le arterie laringee superiore
ed inferiore, mentre le fibre parasimpatiche raggiungono la laringe at-
traverso i nervi laringei superiore ed inferiore1.
Afferenze ed efferenze centraliDalle afferenze periferiche appena descritte, la via sensitiva viaggia
lungo i nervi laringei superiore ed inferiore e, poi, lungo il nervo vago
fino a raggiungere, a livello troncoencefalico, il ganglio nodoso, strut-
tura nervosa in cui si localizza il primo neurone sensitivo7.
Nell'ambito di tale struttura, eÁ possibile riconoscere una precisa orga-
nizzazione spaziale dei corpi cellulari dei neuroni ivi residenti.
In concreto, i neuroni sensoriali, le cui terminazioni periferiche vanno a
costituire il nervo laringeo superiore, si localizzano nella porzione ro-
strale del ganglio nodoso ipsilaterale.
I neuroni, i cui prolungamenti daranno origine al nervo laringeo ricor-
rente, si localizzano, invece, piuÁ caudalmente rispetto ai precedenti33.
Le proiezioni centrali dei neuroni sensoriali localizzati nel ganglio no-
doso prendono, poi, contatto sinaptico con i dendriti dei neuroni loca-
lizzati nel nucleo del tratto solitario ipsilaterale14.
PiuÁ specificamente, le terminazioni assoniche dei neuroni sensoriali fa-
centi capo al nervo laringeo superiore si vanno a situare ad un livello
compreso tra l'estremitaÁ rostrale del nucleo del XII nervo cranico e l'e-
stremitaÁ caudale del nucleo olivare inferiore.
Le terminazioni centrali dei neuroni formanti il nervo laringeo infe-
riore si possono, invece, identificare tra l'estremitaÁ rostrale del nucleo
motore dorsale del nervo vago e l'estremo caudale dell'area po-
strema14,34.
Dal nucleo del tratto solitario, la via sensitiva continua nel talamo,
dove eÁ possibile identificare una terza stazione di contatto sinaptico;
I RIFLESSI FARINGO-ESOFAGO-GLOTTICI
da lõÁ, i neuroni sensoriali di terzo ordine inviano i loro assoni verso le
aree sensoriali primarie e secondarie della corteccia cerebrale31.
La via motoria non presenta, invece, alcuna caratteristica che non sia
stata giaÁ descritta dai neuroanatomici classici: origina dal piede della
circonvoluzione frontale ascendente, decorre nella capsula interna e
nel piede del peduncolo cerebrale, si decussa sulla linea mediana fino
a raggiungere, a livello bulbare, la porzione inferiore del nucleo ambi-
Recenti evidenze neurofisiologicheFocalizzando l'attenzione sull'innervazione sensitiva, abbiamo finora
semplificato il quadro, affermando che l'innervazione della regione so-
vraglottica della laringe eÁ di pertinenza del nervo laringeo superiore,
mentre la regione sottoglottica eÁ innervata dal nervo laringeo ricor-
rente.
In realtaÁ, studi sperimentali condotti sui gatti, hanno dimostrato che i
recettori sensoriali situati nell'ambito della mucosa della regione sotto-
glottica anteriore mediana inviano segnali al sistema nervoso centrale
sia tramite il nervo laringeo ricorrente, sia tramite la branca esterna
del nervo laringeo superiore34.
Figura 8 - Rappresentazione schematica della densitaÁ d'innervazione nella regione laringea. La
densitaÁ dei punti nel disegno eÁ proporzionale alla densitaÁ di fibre nervose sensoriali
(Yoshida, 2000; modificato)
A. CAMAIONI, C. VITI, P. MONTESI, V. DAMIANI
Da recenti studi emerge, anche, che a livello laringeo la densitaÁ d'in-
nervazione, cioeÁ il numero di terminazioni nervose per unitaÁ di super-
ficie mucosale, non eÁ costante; in particolare, risultano piuÁ densamente
innervate la faccia laringea dell'epiglottide, le pliche ari-epiglottiche e
le facce mediali delle cartilagini aritenoidi35 (fig. 8).
Questo fenomeno trova un suo razionale nel ruolo di difesa che l' ªadi-
tus ad laringemº riveste nei confronti delle basse vie aeree; eÁ, quindi,
giustificata a questo livello una maggiore densitaÁ di innervazione in vi-
sta di una piuÁ efficace e veloce risposta agli stimoli nocivi.
Inoltre, si eÁ a lungo ritenuto che la laringe ricevesse, come d'altronde la
maggior parte dei distretti anatomici del corpo umano, un'innervazione
monolaterale da parte dei suoi nervi sensitivi; in altre parole, si rite-
neva che i nervi laringei di sinistra innervassero l'emilaringe sinistra
e viceversa 30.
Recentissime evidenze suggeriscono, invece, che la faccia interna delle
cartilagini aritenoidi, la superficie inferiore delle corde vocali ed un'a-
rea a forma di diamante localizzata a livello della faccia interna della
regione sottoglottica, ricevano una innervazione bilaterale con predo-
minanza omolaterale35.
L'analisi istologica delle mucosa laringea, utilizzando sia metodiche di
microscopia ottica che metodiche di microscopia elettronica, ha eviden-
ziato la presenza di strutture nervose altamente specializzate quali, ad
esempio, le cellule di Merkel ed i corpuscoli di Meissner, a cui si puoÁ
attribuire una probabile funzione meccanocettoria; ma anche il riscon-
tro di semplici terminazioni nervose libere, di cui eÁ nota la funzione di
recettori nocicettivi o termocettivi32.
Sicuramente ben piuÁ degna di nota, eÁ la presenza di strutture nervose
molto simili alle papille gustative della lingua, affioranti nell'ambito
della mucosa laringo-faringea.
GiaÁ nel 1876, Schofield aveva descritto la presenza nei cani e nei gatti
di papille gustative a livello dell'epiglottide21; studi successivi hanno
confermato la presenza di tali strutture a livello laringeo33 e nella spe-
cie umana11.
In un recente studio sugli agnelli, Sweazey ha confrontato i numerosi
dettagli ultrastrutturali delle papille gustative laringee con quelli delle
papille gustative orali, ed eÁ arrivato a concludere per una assoluta so-
vrapponibilitaÁ istologica di questi due tipi di strutture29.
Sembrerebbe, quindi, che, nei mammiferi, una larga parte delle papille
gustative sia dislocata nella regione laringe ed, in particolar modo, a li-
I RIFLESSI FARINGO-ESOFAGO-GLOTTICI
E', tuttavia, in questo contesto, estremamente importante sottolineare
il fatto che la stimolazione della laringe con stimoli gustativi non pro-
duce alcuna sensazione gustativa, ma evoca, semmai, una sensazione
dolorosa o una deglutizione riflessa26.
A nostro giudizio,ancora piuÁ significativa eÁ l'osservazione che il sacca-
rosio disciolto in acqua distillata eÁ in grado di evocare una risposta ri-
flessa; mentre la stessa sostanza disciolta in soluzione fisiologica non eÁ
in grado di elicitare alcun tipo di risposta riflessa2.
Nel corso degli anni sono stati intrapresi numerosi studi con il fine spe-
cifico di valutare la diversa sensibilitaÁ dei calici gustativi laringei nei
confronti di una vasta gamma di sostanze, e di confrontare tale range
di sensibilitaÁ con quello dei calici gustativi linguali.
I risultati di questi lavori portano a concludere che i chemiorecettori lo-
calizzati a livello laringeo, ed epiglottico in particolare, non hanno alcun
ruolo nel processo gustativo; sembrerebbe, piuttosto, che essi servano
per riconoscere rapidamente tutti gli stimoli chimici che non abbiano
una concentrazione ionica simile a quella della soluzione fisiologica3.
In altre parole i chemiorecettori laringei sembrerebbero programmati
per reagire a tutte le soluzioni la cui composizione ionica si discosta
da quella della fisiologica secrezione mucosa laringea.
Si puoÁ, a questo punto, iniziare ad ipotizzare un ruolo di primo piano di
queste papille gustative modificate nell'ambito dei processi d'attiva-
zione della branca afferente dei riflessi di protezione delle prime vie
aeree, preposti alla prevenzione dell'aspirazione di sostanze provenenti
dalle vie digestive.
Il sistema di controllo dei meccanismi di difesa:
i riflessi glottici
Una volta definita l'importanza dei meccanismi di chiusura della rima
glottica, e descritta l'anatomia dinamica preposta allo svolgimento di
questo compito, si puoÁ concludere andando ad indagare quali siano
le modalitaÁ di controllo del sistema nervoso su questa funzione fisiolo-
gica cosõÁ essenziale.
Si tratta, in altre parole, di analizzare quali siano gli archi riflessi coin-
volti nel controllo dell'adduzione delle corde vocali.
E' ormai noto da tempo che il nervo laringeo superiore, ramo del nervo
vago, rappresenta la branca efferente di tutti i riflessi di chiusura della
A. CAMAIONI, C. VITI, P. MONTESI, V. DAMIANI
Quest'affermazione ha trovato cosõÁ tanti riscontri in letteratura che la
registrazione di potenziali di azione nella branca motoria di tale nervo,
a seguito di stimolazioni sensoriali, viene considerata un indice alta-
mente attendibile per validare uno stimolo come idoneo ad elicitare ef-
ficacemente il riflesso glottico20.
Ben piuÁ interessante, e tuttora argomento controverso, eÁ l'identifica-
zione e caratterizzazione delle branche afferenti di questi riflessi.
Studi effettuati alcuni anni or sono sui gatti hanno consentito di defi-
nire che eÁ possibile la registrazione di potenziali d'azione nelle branche
adduttorie del nervo laringeo superiore a seguito dell'elettrostimola-
zione del nervo ottico, del nervo statoacustico, della chorda tympani,
del nervo trigemino, del nervo vago e dei nervi intercostali28.
La suscettibilitaÁ del riflesso ad una cosõÁ ampia varietaÁ di stimolazioni eÁ,
sicuramente, un'ennesima conferma della fondamentale importanza
dei meccanismi di chiusura della glottide per la sopravvivenza dell'or-
ganismo; rimane da chiarire quale sia l'effettivo peso, in termini di ef-
ficacia fisiologica, di ciascuna branca afferente.
Da un'analisi della letteratura specifica degli ultimi anni, emerge che i
riflessi coinvolgenti le corde vocali, d'effettivo valore per l'omeostasi
dell'individuo, siano in realtaÁ soltanto due: il riflesso esofago-glottico
ed il riflesso faringo-laringo-glottico.
Il riflesso esofago-glotticoUna distensione improvvisa dell'esofago, tale da vincere la capacitaÁ di
continenza dello sfintere esofageo superiore (UES), come si verifica,
ad esempio, durante il reflusso gastroesofageo, l'eruttazione, o il vo-
mito, pone le prime vie aeree in una situazione critica di alto rischio
di aspirazione del contenuto o delle secrezioni gastriche.
Fortunatamente, esiste in varie specie animali, uomo compreso, un ri-
flesso, definito riflesso esofago-glottico, specificamente deputato alla
chiusura riflessa della rima glottica a seguito di brusche distensioni eso-
fagee22.
Volendo definire quali siano i recettori sensoriali in grado di mediare
questo riflesso, i primi candidati sono senz'altro i recettori da stira-
mento presenti nella mucosa lungo tutto il corpo dell'esofago.
Le fibre afferenti deputate a convogliare lo stimolo sensoriale fino a li-
vello troncoencefalico sono, molto probabilmente, di pertinenza del
nervo vago23.
Le efferenze del riflesso, sono, per i motivi sopra ricordati, da attri-
buirsi al compartimento motorio dello stesso nervo.
I RIFLESSI FARINGO-ESOFAGO-GLOTTICI
Una conferma di questa ipotesi eÁ il fatto che, nel gatto, una vagotomia
cervicale bilaterale abolisce completamente questo tipo di risposta ri-
flessa24.
L evocazione del riflesso non sembra vincolata all'entitaÁ della disten-
sione esofagea; sono, infatti, stimoli sufficienti, sia una distensione di
tutto il corpo dell'esofago, come quella ottenibile insufflando aria, sia
una distensione parziale dello stesso, come nel caso dell'utilizzo, in
sede sperimentale, di palloncini gonfiabili22.
In ogni caso, l'unico elemento essenziale, per l'efficace attivazione del
riflesso, eÁ la rapiditaÁ della distensione del lume esofageo, nel senso che
piuÁ eÁ veloce la distensione, piuÁ eÁ rapida ed efficace la contrazione dei
muscoli adduttori delle corde vocali23.
Partendo da queste evidenze, si puoÁ ipotizzare che il riflesso esofago-
glottico sia un meccanismo di difesa delle vie aereodigestive, specifica-
mente preposto alla prevenzione della contaminazione delle basse vie
aeree da parte di materiale esofago-gastrico, che potrebbe risalire in la-
ringe a seguito di episodi di transito esofageo retrogrado.
In altri termini, si puoÁ dire che il compito specifico del riflesso esofago-
glottico eÁ quello di serrare le alte vie aeree ogni qual volta si verifichi
una brusca distensione del lume esofageo, come accade in caso di rigur-
gito, vomito o reflusso gastroesofageo massivo.
Il riflesso faringo-laringo-glotticoQualsiasi sostanza, a prescindere dalla modalitaÁ di penetrazione (rino-
faringe, cavo orale, apparato gastrointestinale) prima di giungere a di-
retto contatto con le corde vocali e le basse vie aeree, prenderaÁ, per ov-
vie motivazioni anatomiche, molto probabilmente contatto o con la
mucosa della regione faringea o con la mucosa della regione laringea.
E', quindi, quasi intuitiva l'importanza di un arco riflesso in grado di
determinare la chiusura della rima glottica a seguito di stimolazione,
da parte di sostanze potenzialmente dannose, della mucosa faringo-la-
ringea.
L'arco riflesso, funzionante con le modalitaÁ appena sopra indicate, eÁ
stato descritto per la prima volta nel 1994 da Ren16, e definito riflesso
faringo-glottico, o, meglio, sulla base di piuÁ recenti evidenze neurofisio-
logiche35, faringo-laringo-glottico.
I recettori sensoriali periferici, implicati nella genesi delle afferenze di
questo riflesso, sono molto probabilmente dei chemiorecettori, aventi
forma di papille gustative, di cui solo molto recentemente, come ab-
biamo precedentemente evidenziato in un'altra sezione del testo, sono
state comprese in maniera soddisfacente le modalitaÁ di funzionamento.
A. CAMAIONI, C. VITI, P. MONTESI, V. DAMIANI
Si tratterebbe di chemiorecettori specificamente deputati al riconosci-
mento di tutte le soluzioni con composizione ionica differente da quella
della secrezione mucosa faringo-laringea, e, quindi, considerabili come
potenzialmente dannose35.
Considerando che i mediatori periferici del riflesso sono, in qualche
modo, assimilabili a papille gustative, e che le informazioni gustative
sono generalmente veicolate dal nervo glossofaringeo o dal nervo
vago, eÁ razionale ipotizzare che proprio uno di questi due nervi rappre-
senti la branca afferente del riflesso in esame.
Recenti, e ancora preliminari, risultati di esperimenti di transezione dei
nervi cranici, effettuati sui gatti, spingerebbero a considerare proprio il
nervo glossofaringeo come la branca afferente del riflesso faringo-la-
ringo-glottico25.
Anche nel caso del riflesso faringo-laringo-glottico, le efferenze, sono,
sicuramente, per i motivi sopra ricordati, veicolate dal compartimento
motorio del nervo vago.
I RIFLESSI FARINGO-ESOFAGO-GLOTTICI
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I MECCANISMI DI DIFESA NON IMMUNOLOGICA DELLE PRIME VIE AEREO-DIGESTIVE
N. DARDES***, E. GRAZIANI**, M. PAPALE**, C.VITI*
*** Servizio di Fisiopatologia Respiratoria - Ospedale Fatebenefratelli
ªIsola Tiberinaº- Roma
** Area Funzionale di Medicina UnitaÁ di Pneumologia
Casa di Cura San Giuseppe - Roma
* U.O. ORL, Ospedale Belcolle - Viterbo.
La tosse rappresenta un sintomo estremamente comune che, peraltro,
assume un impatto particolarmente significativo sullo stato di salute
dell'individuo e della popolazione. Basti infatti considerare che:1) eÁ un fondamentale meccanismo di difesa per la rimozione di corpi
estranei e di secrezioni dalle vie aeree.
2) eÁ un importante fattore nella diffusione delle infezioni.
3) determina il mantenimento dello stato di coscienza in corso di gravi
aritmie cardiache e puoÁ determinare la spontanea conversione di
queste in aritmie meno gravi.
4) rappresenta una delle maggiori voci di spesa farmaceutica nei paesi
La tosse come meccanismo di difesa
La tosse interviene come meccanismo di rimozione di materiale localiz-
zato sulla superficie epiteliale dell'albero tracheobronchiale che per
quantitaÁ, dimensioni o caratteristiche reologiche, ecceda la capacitaÁ
di trasporto del sistema mucociliare. Infatti, in condizioni fisiologiche
la tosse si manifesta quando nell'albero tracheobronchiale sono pre-
senti(1):1) abbondante quantitaÁ di materiale inalato2) abbondante quantitaÁ di muco per alterazione della clearance muco-
N. DARDES, E. GRAZIANI, M. PAPALE, C.VITI
3) presenza di abbondanti quantitaÁ di secrezioni anomale quali edema
4) presenza di sostanze potenzialmente lesive in grado di stimolare i
L'efficacia della tosse come meccanismo di rimozione di secrezioni
anomale dipende fondamentalmente dalla capacitaÁ di generare flussi
elevati in seno alle vie aeree. In condizioni normali questo si verifica
attraverso una sequenza di eventi che si riassume come segue:1) Inspirazione di un volume di aria variabile dal 50% del Volume
Corrente al 50% della CapacitaÁ vitale inspiratoria, in maniera tale
da determinare in ogni condizione il rapporto ottimale Lunghezza/
Tensione dei muscoli espiratori.
2) Chiusura della glottide per i primi 0,2 secondi della espirazione for-
zata allo scopo di generare una elevata pressione espiratoria. Que-
sta fase non eÁ indispensabile alla realizzazione di un atto efficace,
ma serve a determinare un incremento ulteriore della pressione in-
trapleurica, determinato dall'azione dei muscoli espiratori, e contri-
buisce a realizzare il miglior rapporto tensione lunghezza dei mu-
scoli deputati.
3) Espirazione forzata a glottide aperta nel corso della quale la elevata
pressione intrapleurica, generatasi nella fase precedente, si scarica
determinando elevati flussi aerei. Nel corso dell'espirazione for-
zata, inoltre, si realizza il fenomeno fisiologico della compressione
dinamica delle vie aeree che genera un ulteriore incremento del
flusso aereo espiratorio attraverso la riduzione del calibro dell'al-
La regolazione neuromotoria della tosse
Perche l'evento fisiologico della tosse si realizzi eÁ necessario che si at-
tivi e si realizzi l'arco riflesso ad essa deputato. Esso coinvolge i recet-
tori della tosse, la via afferente, i nuclei bulbari e la via efferente.
I Recettori della tosse
Appartengono al gruppo dei Recettori di Irritazione ad adattamento
rapido e sono localizzati in seno all'epitelio respiratorio al disotto delle
ªthigt giunctionº. Rispondono a stimoli chimici e meccanici.
Sono distribuiti prevalentemente lungo la pars membranacea della tra-
chea, sulla carena tracheale, sulla parete posteriore dei grossi bronchi e
sugli speroni interlobari. Scompaiono completamente nelle dirama-
zioni piuÁ distali ove sono presenti recettori di altro tipo, prevalente-
mente ad adattamento lento quali i Recettori di Stiramento e i Recet-
tori ªJº secondo la classificazione di Paintal.
Sebbene la tosse possa essere innescata anche dalla stimolazione mec-
canica di sedi extrabronchiali quali il condotto uditivo, i seni paranasali,
il faringe, il pericardio, la pleura e lo stomaco, recettori specifici sono
stati isolati solo nel faringe. Inoltre, mentre i recettori tracheobron-
chiali rispondono sia alla stimolazione meccanica che agli stimoli chi-
mici, al di fuori dell'albero tracheobronchiale si ottiene risposta tussiva
solo con stimoli meccanici. Questi recettori, sensibili agli stimoli mecca-
nici, presentano un rapido adattamento che rende ragione della capa-
citaÁ talvolta elevata di sopportare corpi estranei come tubi di ventila-
zione endotracheali o, soprattutto nei bambini, corpi estranei inalati.
La Via Afferente dell'Arco Riflesso
La via principale di conduzione degli impulsi generati nei recettori di
irritazione eÁ rappresentata dal nervo vago. Sebbene i dati della fisiolo-
gia sperimentale inducano a ritenere che la tosse sia un fenomeno
esclusivamente vagale, i dati clinici concordano nell'indicare che la sti-
molazione del trigemino, del glossofaringeo e del frenico possono de-
terminare la comparsa di tosse.
Il Centro della Tosse
L'esistenza di un centro della tosse ben identificato eÁ controversa e la
sua eventuale caratterizzazione richiede ancora oggi un approccio spe-
rimentale sofisticato. Le fibre afferenti si distribuiscono in un'area non
ben discriminata intorno al nucleo del tratto solitario. Gli impulsi sono
integrati in una risposta tussiva coordinata nel midollo allungato, in
un'area diversa dal centro respiratorio. Gli studi condotti attraverso
la stimolazione di differenti aree del bulbo suggeriscono che il centro
della tosse eÁ localizzato in un'area molto estesa. Gli oppiacei bloccano
la tosse agendo direttamente su quest'area.
Gli impulsi motori si originano dalla porzione ventrale del centro respi-
ratorio nel nucleo retroambiguale dal quale si dipartono neuroni per i
muscoli in ed espiratori, per il laringe e per l'albero tracheobronchiale.
I nervi coinvolti sono il frenico ed altri nervi motori spinali per i mu-
scoli, il laringeo ricorrente per il laringe ed i rami pleuropolmonari
del vago per l'albero tracheobronchiale.
N. DARDES, E. GRAZIANI, M. PAPALE, C.VITI
La tosse inefficace
L'inefficacia del riflesso della tosse rappresenta un elemento cruciale in
molte affezioni rendendosi responsabile di complicanze infettive respi-
ratorie maggiori. Infatti, eÁ concordemente accertato che il ristagno di
secrezioni nelle vie respiratorie eÁ associato con l'insorgenza di polmo-
niti o insufficienza respiratoria acuta sia in pazienti ricoverati che in pa-
zienti ambulatoriali affetti da patologie croniche dell'apparato respira-
torio o del sistema nervoso centrale e periferico.
Pertanto devono essere tenute in considerazione tutte le condizioni fi-
siopatologiche che possono determinare l'inefficacia dell'atto della
tosse per poter porre in atto le contromisure opportune.
Possono essere schematicamente distinte cinque condizioni fisiopatolo-
giche diverse delle quali eÁ necessario tenere conto per l'impostazione
del programma di fisioterapia e della terapia farmacologica:1) Alterata funzione dei muscoli respiratori: Miopatie, Lesioni del
2) Aumento della Compliance Polmonare: Interstiziopatie Polmonari3) Alterazione dei muscoli della parete addominale e del diaframma:
Miopatie, Relaxatio ed Eventratio Diaframmatica, Esiti di Chirur-
4) Alterazione della reologia del muco: Bronchite Cronica, Asma,
5) Alterazione della Funzione Mucociliare: Malattia del Ciglio, Sin-
drome di Kartagener.
La tosse rappresenta il sintomo cruciale di numerosissime malattie. Dal
punto di vista epidemiologico e nella definizione clinica del sintomo
ªtosseº deve essere operata una prima distinzione tra tosse ACUTA
e tosse CRONICA.
Il ªcut offº tra tosse acuta e tosse cronica viene posto a tre settimane
dall'insorgenza del sintomo nella maggior parte degli studi epidemiolo-
gici e degli studi clinici controllati(12).
La Tosse Acuta eÁ generalmente connessa con patologia infiammatoria
delle vie aeree di minore importanza quali le malattie da raffredda-
mento, anche se compare in condizioni gravi come la Polmonite, l'In-
sufficienza Cardiaca Congestizia e l'Embolia Polmonare. Nell'infanzia,
soprattutto al disotto dei sei mesi di etaÁ, la tosse acuta eÁ per lo piuÁ cor-
relata con patologie infettive minori anche se devono essere ricordate
condizioni gravi come la pertosse o la patologia da reflusso gastroeso-
fageo. In alcune patologie infettive, quali ad esempio la pertosse, la
tosse acuta si puoÁ protrarre per piuÁ di tre settimane. La tosse cronica,
invece, eÁ nella maggior parte dei casi correlata con patologie di mag-
giore gravitaÁ e spesso eÁ polifattoriale come ad esempio nel caso dell'a-
sma bronchiale associata a ªpostnasal dripº e a reflusso gastroesofageo.
Sebbene la tosse cronica sia uno dei sintomi piuÁ comuni nella pratica
ambulatoriale, i suoi meccanismi rimangono tuttavia poco compresi so-
prattutto percheÂ, a differenza della broncocostrizione, il riflesso alla
tosse eÁ abolito nell'animale da esperimento anestetizzato(4).
Lo sviluppo dei registratori portatili di tosse ha consentito di studiare
nell'uomo l'andamento del riflesso in diverse condizioni sperimentali
e cliniche consentendo alcuni significativi progressi nella classificazione
e nella valutazione fisiopatologica del fenomeno.
Le basi fisiopatologiche del riflesso alla tosse sono state, inoltre, meglio
caratterizzate con l'introduzione dei test di stimolazione come il test
alla capsaicina, all'acido citrico, all'acqua distillata, etc. Queste metodi-
che hanno consentito di sviluppare un approccio etiopatogenetico allo
studio ed al trattamento della tosse. Monitorizzando con la risposta alla
capsaicina l'andamento della tosse in diverse condizioni fisiopatologi-
che, si osserva che il trattamento eziopatogenetico eÁ associato costan-
temente ad una riduzione della risposta tussiva. Nei pazienti in cui la
causa della tosse cronica rimane non identificata, si osserva, invece,
l'assenza della modificazione della risposta alla capsaicina dopo tratta-
mento sintomatico anche con oppioidi(3). Seguendo questo approccio eÁ
possibile operare una classificazione etiopatogenetica della tosse cro-
nica ed applicare un protocollo dignostico fondato su una base fisiopa-
tologica.
La Tosse da ACE inibitori:La tosse da ACE inibitori rimane un enigma. Si presenta circa nel 10%
dei pazienti sottoposti a terapia con Enalapril. Compare piuÁ frequente-
mente nelle donne e puoÁ presentarsi dopo giorni o anche mesi dall'ini-
zio del trattamento(5). Analogamente si caratterizza per la rapida scom-
parsa dopo la sospensione del trattamento. Nei pazienti con tosse da
ACE inibitori si ha una risposta positiva al test alla capsaicina a dimo-
strazione del coinvolgimento dei recettori e dell'epitelio respiratorio
nella patogenesi del fenomeno. Un recente studio mostrerebbe che
la tosse da Enalapril eÁ dose dipendente (7) mentre, in un'altra serie
di pazienti valutati, sembrerebbe evidenziarsi che con la prosecuzione
del trattamento si abbia un miglioramento spontaneo della sintomato-
logia tussiva. Diverse ipotesi sono state proposte sulla tosse da ACE
N. DARDES, E. GRAZIANI, M. PAPALE, C.VITI
inibitori. La piuÁ affermata eÁ quella secondo la quale essa sarebbe deter-
minata dalla degradazione delle chinine, la bradichinina in particolare,
in seno all'epitelio respiratorio(8).
La Tosse nell'Asma Bronchiale:La tosse secca si puoÁ associare ad asma bronchiale in tre condizioni cli-
niche diverse(2):1) Tosse come sintomo predominante dell'asma puoÁ essere presente
in una prima condizione che potrebbe essere definita come ªasma
a predominanza di tosseª. In questi casi la diagnosi di asma eÁ accer-
tata sulla base delle caratteristiche cliniche e fisiopatologiche quali
la presenza di respiro sibilante e l'ostruzione bronchiale reversibile.
In questi casi, comunque, il sintomo predominante riferito dal pa-
ziente eÁ la tosse persistente che migliora con la terapia antiasma-
2) Asma bronchiale ªvariante tosseº: in questi casi la presenza di tosse
secca rappresenta il sintomo esclusivo ma la caratteristica fonda-
mentale eÁ la positivitaÁ ai tests di broncocostrizione con istamina o
metacolina, e la risposta quasi sempre positiva alla terapia con cor-
3) Persistenza di tosse nonostante il buon controllo della sintomatolo-
gia asmatica con la terapia medica. In questi pazienti generalmente
eÁ presente un'altra causa di tosse come rinite, ªpostnasaldripº, e
sindrome da reflusso gastroesofageo. Pertanto, qualora si verifichi
la persistenza di tosse in un paziente asmatico che abbia risposto
alla terapia farmacologica, eÁ necessario ricercare altre cause di
tosse in modo da poter effettuare il trattamento etiopatogenetico
adeguato. Il meccanismo della tosse nell'asma non eÁ stato ben chia-
rito(1). Non eÁ chiaro perche alcuni pazienti presentino la tosse come
unico sintomo della malattia. D'altro canto non sono presenti in let-
teratura studi sistematici sul riflesso alla tosse in pazienti con asma
bronchiale. Diverse ricerche suggeriscono la presenza di anomalie
del recettore alla tosse o anomalie del canale del sodio delle cellule
epiteliali, particolarmente nei casi in cui eÁ dimostrata un'azione po-
sitiva della furosemide.
La Sindrome da Reflusso Gastroesofageo (GER):La sindrome da reflusso gastroesofageo, insieme alla PNDS ed all'asma
bronchiale, eÁ una delle principali cause di tosse cronica in tutte le fasce
di etaÁ(9,10,14). L'evento primario nella GERD (gastroesophageal reflux
disease) eÁ il movimento di materiale acido dallo stomaco verso l'eso-
fago(16). Normalmente esiste una barriera antireflusso, grazie all'azione
dello sfintere esofageo inferiore e della muscolatura diaframmatica che
impediscono, con la loro attiva contrazione, che durante gli atti respi-
ratori si verifichi il passaggio di contenuto gastrico in esofago. PercheÂ
avvenga un reflusso gastroesofageo eÁ necessario un difetto di funziona-
mento di questa barriera antireflusso anche in assenza di variazioni
delle pressioni transdiaframmatiche. Infatti il meccanismo patogenetico
principale della GERD eÁ rappresentato dal rilassamento transitorio
dello sfintere esofageo inferiore(21,23). Il GER puoÁ essere associato a
diverse patologie respiratorie nelle quali il sintomo tosse svolge un
ruolo primario.
La tosse cronica secondaria a GERD puoÁ essere determinata da diffe-
renti condizioni fisopatologiche(18,19,20).(tabella I).
Tabella I - Patogenesi della Tosse Cronica associata a sindrome da reflusso gastresofageo.
- Polmonite ricorrente da aspirazione
- Ascesso polmonare
- Bronchite cronica
- Fibrosi polmonare
- Bronchiolite obliterante
& Microaspirazione
- Laringite cronica
- Bronchiti ricorrenti
& Riflesso esofageo distale tracheobronchiale Vago mediato
- Tosse cronica in pazienti con reflusso asintomatico
- Asma bronchiale
Il primo meccanismo patogenetico eÁ il piuÁ grave, e rientra in quadri
conclamati di GERD. Nei pazienti con tosse cronica causata da microa-
spirazione di reflusso acido nelle via respiratorie, solitamente la sinto-
matologia gastro-intestinale eÁ predominante, ma sono presenti sintomi
di interessamento faringo-laringeo (faringodinia, disfonia). In questi
pazienti il reperto laringoscopico puoÁ essere anormale con infiamma-
zione cronica della regione aritenoidea e della parte posteriore delle
corde vocali (24). Il piuÁ comune meccanismo patogenetico eÁ un riflesso
mediato dal vago tra il tratto inferioredell'esofago e l'albero tracheo-bronchiale (26). In due terzi dei pazienti
con tosse cronica da GER si ha assenza di sintomatologia gastro-esofa-
gea e la tosse puoÁ essere l'unico sintomo presente (17). Essa eÁ presente
essenzialmente durante il giorno nella stazione eretta con minima sin-
tomatologia notturna ed eÁ solitamente non produttiva e di lunga du-
N. DARDES, E. GRAZIANI, M. PAPALE, C.VITI
In etaÁ pediatrica si ha invece prevalenza dei sintomi legati al reflusso
gastroesofageo mentre la tosse come unica manifestazione eÁ meno co-
mune (25). Nei pazienti affetti da tosse cronica senza altra sintomatolo-
gia deve essere sospettata una possibile patogenesi da reflusso gastro-
esofageo.
Il test clinico piuÁ sensibile e specifico per la diagnosi di GERD eÁ il mo-
nitoraggio ambulatoriale del pH esofageo per 24 ore. Nell'interpreta-
zione di questo test, eÁ essenziale non solo valutare la durata e la fre-
quenza degli episodi di reflusso, ma, in particolare, determinare la re-
lazione temporale tra il reflusso e gli episodi di tosse(22). In pazienti che
presentano episodi di reflusso entro limiti fisiologici puoÁ essere docu-
mentata tosse causata da GER ove sia presente una chiara relazione
temporale tra reflusso ed episodi di tosse. Quando i tests clinici (moni-
toraggio pH esofageo, esofagogastroscopia) non sono facilmente acces-
sibili, eÁ possibile instaurare una terapia empirica antireflusso per risol-
vere la tosse cronica presente. Nei pazienti con tosse cronica da causata
GERD si ha una elevata risoluzione terapeutica valutabile nell'80-
100% dei pazienti (17). Nei casi piuÁ resistenti puoÁ essere presa inconsiderazione una opzione chirurgica.
Post Nasal Drip Sindrome (PNDS)Le patologie delle vie aeree superiori di pertinenza ORL svolgono un
ruolo primario nella genesi della tosse(9,10).
Tabella I - Cause ORL di Tosse
Sindromi da raffreddamento
Faringolaringiti acute
Rinite vasomotoria
Faringolaringite cronica
Inalazione irritanti
Il meccanismo patogenetico attraverso il quale affezioni della sfera
ORL innescano la tosse eÁ rappresentato dalla stimolazione meccanica
dei recettori localizzati nelle vie aeree superiori da parte delle secre-
zioni mucose che dalle cavitaÁ naso-sinusali e dal faringe scendono verso
l'ipofaringe (1).
La Post Nasal Drip Syndrome (PNDS) viene definita come una sin-
drome clinica nella quale la tosse rappresenta il sintomo principale in
pazienti nei quali i dati anamnestici e l'obiettivitaÁ clinica indichino la
presenza di patologia infiammatoria delle prime vie aeree.
L'evidenza radiografica di opacamento sinusale cronico indica PNDS
secondaria a sinusite cronica (11). Una favorevole risposta ad una tera-
pia specifica per PNDS con risoluzione della tosse eÁ un elemento fon-
damentale nel confermare la relazione tra sintomatologia tussiva e
PNDS (1).
La tosse associata alle comuni sindromi da raffreddamento di tipo in-
fluenzale dei mesi invernali viene attribuita ªpostnasal dripº, per tale
ragione anche tale diffusissima patologia puoÁ essere considerata come
una PNDS.
La Tosse in etaÁ pediatrica
La presenza di tosse insistente rappresenta il 2,5-3% delle richieste di
visita medica ambulatoriale pediatrica. L'asma, le infezioni delle alte e
basse vie respiratorie ed il reflusso gastroesofageo rappresentano, an-
che in etaÁ pediatrica, le piuÁ comuni cause di tosse acuta e cronica
(9,10).Meno comuni ma importanti cause di tosse nei bambini sono le
malformazioni congenite, le patologie cardiache, i corpi estranei e fat-
tori ambientali (fumo passivo di sigaretta). Sono qui riportate le prin-
cipali cause di tosse in etaÁ pediatrica suddivise in tre fasce di etaÁ (14).
1o ANNO DI VITA:± Malformazioni congenite (cardiopatie, fistola tracheo-esofagea)± Infezioni delle vie respiratorie± Reflusso gastroesofageo± Sostanze irritanti± Asma bronchiale± Fibrosi cistica1-5 ANNI± Infezioni acute o recidivanti delle vie respiratorie± Asma bronchiale± Sostanze irritanti± Reflusso gastroesofageo± Scolo retronasale± Inalazione di corpi estranei± Malformazioni
N. DARDES, E. GRAZIANI, M. PAPALE, C.VITI
5 15 ANNI± Sostanze irritanti (esposizione passiva al fumo di sigaretta)± Infezioni acute o recidivanti delle vie respiratorie± Asma bronchiale± Scolo retronasale± Reflusso gastroesofageo± Inalazione di corpi estranei± Tosse psicogena± Patologia neoplastica
La Tosse Idiopatica
Sebbene alcuni studi clinici controllati dimostrino che la causa della
tosse cronica possa essere determinata in piuÁ del 90% dei pazienti ,
in alcuni casi si osserva la persistenza di tosse senza che la causa possa
essere individuata. In quasti pazienti, si ha una scarsa risposta alla te-
rapia sintomatica empirica e, a dimostrazione del coinvolgimento del
sistema recettoriale, i test di stimolazione risultano positivi. La biopsia
bronchiale evidenzia un aumento del peptide intestinale vasoattivo an-
che se non eÁ chiaro se questa caratteristica rappresenti l'effetto della
infiammazione delle vie aeree o sia la conseguenza del trauma cronico
determinato dalla tosse.
Il Carcinoma Broncogeno
Il carcinoma broncogeno dovrebbe essere considerato una causa po-
tenziale di tosse cronica in tutti i pazienti, soprattutto nei fumatori at-
tuali ed ex-fumatori e negli individui a rischio occupazionale.
Il carcinoma squamoso e il carcinoma a piccole cellule tendono a ma-
nifestarsi piuÁ frequentemente nelle vie aeree centrali e, pertanto, sono
piuÁ frequentemente associati a sintomi quali tosse, emottisi o respiro
sibilante da ostruzione bronchiale. Sebbene la frequenza della tosse
come sintomo iniziale di carcinoma broncogeno sia estremamente va-
riabile, essa compare come sintomo di accompagnamento nel corso
della malattia in circa il 90% dei casi. Nella valutazione del carcinoma
broncogeno come causa di tosse devono essere considerati come esami
di base la radiografia del torace, l'esame citologico dell'espettorato e la
broncoscopia a fibre ottiche.
Il trattamento sintomatico della tosse
Il trattamento farmacologico della tosse puoÁ essere specifico o non spe-
cifico. La terapia specifica della tosse consiste nel trattamento delle
cause etiopatogenetiche responsabili del quadro patologico. La terapia
non specifica eÁ diretta al sintomo tosse ed ad un suo controllo in attesa
di trattamenti mirati.
Gli obiettivi del trattamento farmacologico aspecifico della tosse sono:± Controllare, ridurre o eliminare la tosse (trattamento sedativo);± Rendere la tosse piuÁ efficace (trattamento espettorante).
Vista l'elevata possibilitaÁ di determinare la causa della tosse e quindi di
prescrivere il trattamento specifico, il ruolo della terapia sintomatica
deve essere limitato al controllo del sintomo nelle forme acute,nelle
fasi iniziali del processo diagnostico o quando non eÁ possibile instau-
rare altra terapia.
Il controllo sintomatico della tosse puoÁ avvenire mediante un azione
farmacologia inibitoria applicata nei diversi punti dell'arco riflesso
della tosse. I farmaci antitussigeni ad azione centrale inibiscono il ri-
flesso, deprimendo il centro bulbare della tosse o i centri nervosi supe-
riori ad esso correlati (Sedativi centrali narcotici e non narcotici). I far-
maci antitussigeni ad azione periferica possono agire sulla via afferente
del riflesso della tosse aumentando la soglia dei recettori periferici
(anestetici locali,sedativi,broncodilatatori) o su la via efferente ren-
dendo le secrezioni piuÁ fluide migliorando cosõÁ l'efficienza del meccani-
smo della tosse (farmaci espettoranti).
La terapia sintomatica generale della tosse va sempre completata con
alcune semplici norme igieniche quali una corretta idratazione,una at-
tenta umidificazione dell'ambiente,l'astensione dal fumo e l'allontana-
mento dei fattori inquinanti.
N. DARDES, E. GRAZIANI, M. PAPALE, C.VITI
Principali farmaci per il trattamento sintomatico della tosse in uso in
Italia:± Sedativi della tosse:
.- Fluidificanti: Ambroxolo
Figura 1 - Linee guida per la valutazione della tosse cronica nel paziente adulto.
(Da Irwin RS., 1998,modif.)
N. DARDES, E. GRAZIANI, M. PAPALE, C.VITI
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N. DARDES, E. GRAZIANI, M. PAPALE, C.VITI
I MECCANISMI DI DIFESA NON IMMUNOLOGICA DELLE PRIME VIE AEREO-DIGESTIVE
I riflessi polmonari profondi
N. DARDES**, E. GRAZIANI*, M. PAPALE*
** Servizio di Fisiopatologia Respiratoria, Ospedale S. Giovanni Calibita
Fatebenefratelli - Isola Tiberina. Roma
* UnitaÁ di Pneumologia, Casa di Cura S. Giuseppe. Roma
Il polmone e le vie aeree posseggono un sistema recettoriale deputato
apercepire stimoli meccanici e chimici. Questo sistema svolge fonda-
mentalmente la funzione di sistema percettivo da un lato e di sistema
deputato al controllo della ventilazione dall' altro.
Per quanto attiene alla funzione percettiva, essa non deve essre intesa
comeuna via diretta di conduzione di stimoli sensitivi integrati a livel-
lotalamico o corticale ma, piuttosto, un sistema deputato a generarein-
direttamente la percezione di dispnea. Infatti, la stimolazione deirecet-
tori delle vie aeree e del parenchima polmonare, determinando feno-
menisvantaggiosi sul piano della meccanica respiratoria, quali l' iper-
ventilazione ed il broncospasmo, sembrano deputati a determinare
lapercezione della presenza di agenti lesivi nelle vie aeree, piuttosto
chead attivare veri e propri meccanismi diretti di difesa. Il sistema
di controllo della ventilazione rappresenta un sistema integratoa di-
versi livelli della via nervosa, deputato ad adeguare costantemente la-
ventilazione polmonare affinche vengano mantenuti costanti, nelle di-
versecondizioni fisiologiche, la PaO2 ed il pH. Questo sistema com-
plesso richiedela presenza di sensori periferici, un meccanismo centrale
di controllo edegli effettori periferici. I sensori periferici sono polmo-
nari edextrapolmonari. I recettori polmonari sono i ªrecettori di stira-
mentoº. Quegliextra-polmonari sono chemocettori localizzati a livello
dei glomi aortico ecarotideo, sensibili alla PaO2 , e sulla superficie ven-
trale del bulbo,sensibili alla concentrazione di ioni idrogeno nel liquor.
Con il termine riflessi polmonari o, meglio, riflessi a partenza polmona-
re,possone essere indicate tutte le risposte complessive del sistemare-
spiratorio determinate dalla stimolazione dei recettori polmonari e,ge-
neralmente, finalizzate o al mantenimento della ventilazione ottimale
oalla determinazione della percezione della presenza di agenti lesivi.
N. DARDES, E. GRAZIANI, M. PAPALE
Tutti i recettori polmonari sono innervati dal vago. I recettori delle
vieaeree tramite fibre mieliniche, i recettori parenchimali tramite fi-
Sono stati identificati tre tipi di recettori:
1) Recettori di Stiramento (Stretch Receptors)
2) Recettori di Irritazione (Irritant Receptors)
3) Recettori Iuxtacapillari (J Receptors).
Sulla base delle caratteristiche fisiologiche tali recettori vengonodistinti
in recettori ad adattamento rapido e recettori ad adattamentolento.
I recettori ad adattamento rapido sono quelli che svolgono la funzione
cheabbiamo definito ªsensorialeº e sono i recettori di irritazione ed ire-
cettiri iuxtacapillari. La ragione di tale attitudine fisiologica eÁ compren-
sibile considerando il fatto che tali recettori, provocandobroncospasmo
e tachipnea, determinano una ventilazione svantaggiosa sulpiano meta-
bolico, che non ha ragione di essere mantenuta o incrementata una-
volta esaurita la funzione di allarme.
I recettori ad adattamento lento, invece, sono i recettori di stiramento,
inseriti nel sistema integrato di controllo della ventilazione.
I recettori di stiramento
Sulla base della caratteristica fisiologica del lento adattamento sono an-
chedefiniti Slow Adapting Receptors (SARs). Essi sono responsabili
delriflesso di Hering Brauer o riflesso di inflazione. Essendo dislocati
lungole cellule muscolari lisce delle vie aeree vengono stimolati dallo-
stiramento passivo determinato dalla iperinflazione, sia nel caso in cui-
questa sia determinata dalla iperventilazione, come ad esempio nello
sforzofisico intenso, sia nel caso in cui sia determinata dal broncospa-
smo, comenell' asma. La loro stimolazione determina broncodilata-
zione ed aumentodella forza di contrazione dei muscoli espiratori.
L' effetto complessivodelle due azioni eÁ quello di favorire la fuoriuscita
di aria dalle vieaeree. Questo riflesso, finalizzato a contrastare l' iperin-
flazioneconseguente all' esercizio fisico prolungato, non eÁ sottoposto al
fenomenodell' adattamento. Infatti, a seguito della stimolazione elet-
trica omeccanica del recettore, si osserva una risposta costante anche
per periodidi tempo protratti (14).
I RIFLESSI POLMONARI PROFONDI
I recettori di irritazione
Sono localizzati tra le cellule epiteliali delle vie aeree, rispondono asti-
moli nocivi come aria fredda, polveri, fumi, aerosol, soluzioniipotoni-
che o ipertoniche ed istamina. Si identificano con i recettori dellatosse
e sono responsabili dell' arco riflesso che determina la crisi asmatica.
Dal punto di vista anatomico sono distribuiti preva-lentemente sulla-
trachea, nei bronchi principali e sugli speroni interlobari diradandosi,-
fino quasi a scomparire, nelle vie aeree periferiche ove, invece, sono-
rappresentati i recettori J. La loro caratteristica fisiologica fondamen-
tale eÁ l' adattamento rapido, la loro stimolazione determina iperventi-
lazione, tosse e broncospasmo ma non intervengono nella normale
dinamica dell' atto respiratorio.
I recettori iuxtacapillari (recettori ªJº)
Sono denominati iuxtacapillari in ragione della loro localizzazioneana-
tomica nella parete alveolare in prossimitaÁ del capillare polmonare. So-
noinnervati da fibre amieliniche appartenenti al vago e sono ad adatta-
mentorapido come i recettori di irritazione. Nell' animale da esperi-
mentorispondono alla distensione meccanica dell' acino polmonare,
alla presenza disostanze chimiche iniettate nel circolo polmonare ed al-
l' aumento del liquidoextracellulere nel piccolo interstizio polmonare
(subedema polmonare). Laloro stomolazione determina broncocostri-
zione, tachipnea ed ipersecrezione. Sulla base di tali dati sperimentali
si ritiene che siano i recettoricoinvolti nella risposta ventilatoria che
si determina nell' insufficienzacardiaca congestizia (asma cardiaco,
dispnea cardiogena).
Il sistema recettoriale polmonare, quindi, costituisce un sistema ªsenti-
nellaº differenziato in base alkla natura degli stimoli e dislocatolungo
le vie aeree e in seno al parenchima finalizzato ad innescare iriflessi
ventilatori responsabili della percezione di condizioni endogene oeso-
gene che alterino la dinamica ventilatoria.
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N. DARDES, E. GRAZIANI, M. PAPALE
I MECCANISMI DI DIFESA NON IMMUNOLOGICA DELLE PRIME VIE AEREO-DIGESTIVE
I meccanismi di difesa della tuba di Eustachio
G. C. PASSAÁLI, E. GAUDINI
UniversitaÁ degli Studi di Siena
Istituto di Discipline Otorinolaringologiche
Direttore: Prof. D. PassaÁli
L'esistenza di un canale di comunicazione tra cassa timpanica e cavo
rinofaringeo eÁ nota fin dal XVI secolo quando Bartolomeo Eustachi
descrisse per la prima volta la tuba che da lui successivamente prese
il nome. Tale condotto costituisce insieme al naso il complesso noto an-
che come unitaÁrino-faringo tubarica a sottolineare la dipendenza fisio-
patologica dell'orecchio medio dalle fosse nasali.
La complessitaÁ funzionale della tuba di Eustachio, organo di non facile
approccio semeiologico, appare intuibile sulla base dei dati stretta-
mente morfologici, per questo motivo ci appare d'uopo ricordarne l'a-
Analogamente al condotto uditivo esterno, la tuba consta di due por-
zioni: una supero-laterale ossea ed una infero-mediale fibrocartilagi-
nea. Le due porzioni risultano unite in un punto ristretto detto pertanto
istmo, poco pronunciato in etaÁ infantile. In particolare la porzione fi-
brocartilaginea si compone della cartilagine tubarica a forma di doccia
e di una lamina fibrosa che completa le pareti tubariche nei tratti non
delimitati da tessuto osseo o cartilagineo. La faccia concava della doc-
cia eÁ orientata lateralmente e in basso, mentre l'estremo inferiore costi-
tuisce il margine posteriore o labbro posteriore dell'ostio tubarico fa-
ringeo. La lamina fibrosa costituisce la parete inferiore ed antero late-
rale del canale. L'ostio faringeo della tuba ha forma triangolare con
base rivolta verso il basso ed eÁ situato nella parete laterale del rinofa-
ringe, circoscritto da un margine o labbro anteriore e da uno poste-
riore. Quello anteriore si continua con la plica salpingo-palatina, men-
G. C. PASSAÁLI, E. GAUDINI
tre il labbro posteriore si continua inferiormente nella plica salpingo-fa-
ringea; dietro al labbro posteriore si evidenzia la piccola fossetta, di
Rosenmuller.
La porzione ossea della tuba, scavata per circa 13 mm nella rocca pe-
trosa dell'osso temporale, eÁ rivestita da epitelio sottile, a cellule piatte,
analogo a quello della cavitaÁ timpanica, in cui sono rappresentati alcuni
elementi ciliati e rare cellule mucipare. A livello istmico la mucosa as-
sume caratteristiche di tipo respiratorio sollevandosi in pliche longitu-
dinali e ricoprendosi di un tappeto ciliato uniforme, tali caratteristiche
si mantengono per tutto il segmento fibro-cartilagineo.
Le differenze anatomo-istologiche dei due segmenti tubarici, risultanti
dalle specifiche derivazioni embriologiche, rispondono alle peculiari
competenze funzionali, piuÁ numerose e complesse nella porzione carti-
laginea in grado di condizionare con la sua dinamica tutti gli eventi fi-
siopatologici interessanti il cavo del timpano.
Il corretto funzionamento della tuba eÁ dovuto all'azione integrata dei
muscoli peristafilini esterno ed interno, che costituiscono la muscola-
tura dello sfintere velofaringeo. La contrazione sincrona di questi mu-
scoli, insieme a quella del costrittore superiore del faringe, determina
un movimento del palato molle tale da escludere il cavo rinofaringeo
durante l'emissione delle consonanti nasali e, naturalmente, durante
la deglutizione (1). Svariate cause, organiche o funzionali, possono pro-
vocare un'insufficienza dello sfintere velofaringeo. Le insufficienze su
base organica possono a loro volta essere distinte in locali e neuromu-
scolari. Tra le forme locali congenite si annoverano principalmente le
schisi palatine nelle diverse manifestazioni anatomocliniche, le schisi
sottomucose, il palato corto congenito, facenti spesso parte di quadri
sindromici dovuti ad aberrazioni cromosomiche quali la trisomia 13,
la trisomia parziale 7q, la trisomia parziale 11p. Le insufficienze orga-
niche locali acquisite sono rappresentate da lesioni del palato molle do-
vute a traumi o iatrogene (post-adenoidectomia, tonsillectomia, farin-
gotomia, palatoplastica). Le forme organiche neuromuscolari rientrano
nei quadri di sindromi in cui sussiste una patologia lesiva delle compo-
nenti nervose che interessano il distretto velofaringeo quali: le paralisi
di Jackson, di Vernet, Di Collet-Sicard, la distrofia miotonica, la mia-
stenia gravis, la sclerosi multipla, le sindromi alterne, etc. (2).
Le insufficienze velari funzionali sono caratterizzate da assenza di alte-
razioni morfologiche evidenti. Esse possono essere distinte in attive e
passive; le prime sono dovute ad una errata abitudine all'uso degli or-
gani fonatori velofaringei oppure a spasticitaÁ. Le IVF funzionali pas-
sive possono essere causate da un errato uso dell'organo faringeo, o
da alterazioni psichiche e neuropsichiche, o infine da una concomitante
I MECCANISMI DI DIFESA DELLA TUBA DI EUSTACHIO
patologia faringea con imponente componente algica. Tutte le succitate
situazioni si manifestano con disturbi del linguaggio di varia entitaÁ. Sin-
tomo comune eÁ la rinolalia aperta, dovuta all'aria che sfugge dalle fosse
nasali durante la fonazione, il cui grado eÁ stato quantificato dall'utilizzo
della rinomanometria anteriore attiva, utile per determinare la fuga
d'aria per ciascuna fossa nasale (3).
La rinolalia puoÁ accompagnarsi, nel bambino, ad un ritardo del lin-
guaggio, nell'adulto ad una disfonia od ad una laringopatia funzionale
(4). Va ricordata inoltre l'ipoacusia trasmissiva dovuta all'alterazione
delle funzioni specifiche della tuba di Eustachio legata alle strette cor-
relazioni che esistono nell'ambito dell'unitaÁ rino-faringo-tubarica.
Alla tuba di Eustachio competono tre diverse ed importanti funzioni:
quella di ventilazione, di difesa e di clearance muco-ciliare.
Funzione di ventilazione
La cassa del timpano e gli spazi mastoidei da essa dipendenti necessi-
tano di una periodica immissione di aria dall'ambiente che si realizza
mediante la periodica apertura della tuba di Eustachio. A questa fun-
zione dinamica partecipa peroÁ solo la porzione cartilaginea che subisce
modificazioni morfologiche in relazione al diverso stato funzionale. Il
lume tubarico iuxtafaringeo eÁ infatti virtuale in stato di riposo, e di-
venta pervio per eventi attivi o grazie a fenomeni passivi. La porzione
ossea al contrario mantiene per sua natura uno stato di costante per-
vietaÁ.
L'apertura attiva della porzione cartilaginea della tuba avviene perio-
dicamente in concomitanza con gli atti di deglutizione, la cui frequenza
di uno al minuto durante la veglia scende durante il sonno ad uno ogni
cinque minuti. Nel lattante tale frequenza sale rispettivamente a 5 e 3
atti al minuto. Attivamente, ma con cadenza aperiodica, la tuba si apre
anche durante lo starnuto e lo sbadiglio. A tale attivitaÁ sono preposti i
muscoli peristafilini: il muscolo peristafilino interno, o elevatore del velo
del palato contraendosi nella fase iniziale della deglutizione, sposta me-
dialmente l'eminenza tubarica, mentre il peristafilino esterno, o tensore
del velo palatino, opera con la sua contrazione uno spostamento an-
tero-laterale della porzione esterna della tuba.
La corretta realizzazione della suddetta dinamica costituisce il presup-
posto per lo svolgimento della funzione ventilatoria, a sua volta fonda-
mentale per le attivitaÁ di protezione e drenaggio. Il significato clinico
della ventilazione tubarica puoÁ essere compreso sulla base di nozioni
G. C. PASSAÁLI, E. GAUDINI
di fisiologia dell'orecchio medio, le cui condizioni pressorie vengono
adeguate a quelle atmosferiche: lo sforzo equipressorio ha lo scopo
di mantenere l'impedenza a livelli minimi, compatibili con una effi-
ciente trasmissione dell'onda sonora dall'ambiente esterno ai liquidi la-
birintici.
EÁ possibile sperimentare le conseguenze di una alterazione dei mecca-
nismi fisiologici appena ricordati in condizioni particolari, ad esempio
nei rapidi movimenti ascensionali, come accade durante la fase di de-
collo di un volo aereo, o nella fase di risalita in corso di attivitaÁ subac-
quee. In queste condizioni, si realizza una rapida diminuizione della
pressione atmosferica, con conseguente aumento relativo della pres-
sione vigente nel compartimento auricolare medio: la membrana tim-
panica si estroflette comportando, come conseguenza, la ben nota sen-
sazione di ovattamento auricolare. Un atto di deglutizione in questo
caso consentiraÁ il ripristino del gradiente pressorio ai due lati della
membrana timpanica attraverso la fuga d'aria della quota in eccesso,
meccanismo che si verifica passivamente ogni volta che una differenza
pressoria di 15 mmHg forza l'ostio faringeo. Al contrario, durante la
discesa aerea rapida e nell'immersione, la diminuzione relativa della
pressione della cassa non puoÁ agire sull'apertura tubarica, che avviene
solamente per meccanismi attivi di contrazione realizzabile mediante
continui atti di deglutizione.
Oltre che in situazioni ªestremeº legate a brusche variazioni pressorie,
l'aria contenuta nella cavitaÁ timpanica va incontro a modificazioni an-
che per fenomeni di riassorbimento cellulare: eÁ stato calcolato che il
tasso di riassorbimento aereo della mucosa timpanica eÁ di circa 0,5-1
mm3 /min. Verrebbe pertanto a crearsi progressivamente un ambiente
povero in O2 se non intervenissero fenomeni di apertura capaci di con-
sentire il rinnovamento dell'aria immessa con l'atto deglutitorio prece-
dente. Al pari dei seni paranasali che respirano attraverso i meati, al-
l'orecchio medio viene fornito dalla tuba quel ricambio aereo necessa-
rio per l'eutrofismo cellulare.
Oltre che dall'atto deglutitorio, un ulteriore contributo allo scambio ae-
reo eÁ garantito dal muscolo tensore del timpano la cui contrazione de-
termina l'adduzione della membrana timpanica: quando tale attivitaÁ eÁ
sinergica con la contrazione dei muscoli peristafilini si realizza una
ªspremituraº dell'aria residua contenuta nel cavo del timpano. Varia-
bili fisiologiche quali l'etaÁ, ed il passaggio dal clino all' ortostatismo
condizionano le dinamiche rino-tubariche. EÁ infatti ormai appurato
che nei soggetti adulti la funzione tubarica eÁ migliore che nel bambino
e che il passaggio dalla posizione supina a quella eretta determina un
aumento del 40% della resistenza all'apertura tubarica.
I MECCANISMI DI DIFESA DELLA TUBA DI EUSTACHIO
Nella regolazione della pressione endotimpanica assume un ruolo non
trascurabile la presenza di recettori nervosi che ampiamente studiati e
conosciuti nella sottomucosa delle guance, delle labbra, del palato
molle come triggers del riflesso della deglutizione sono poco noti a li-
vello naso-faringeo. La loro presenza a questo livello eÁ stata dimostrata
da Guindi (5) soprattutto in quella ristretta zona che prende nome di
fossetta di Rosenmuller, in particolare in prossimitaÁ del torus Tubari-
cus. Si tratta di recettori non capsulati, presenti in larga misura nel tes-
suto sotto epiteliale, che avrebbero la funzione di meccanocettori. Re-
cettori analoghi nella cavitaÁ orale e a livello faringeo giocano un ruolo
fondamentale nel meccanismo della deglutizione. Nel rinofaringe essi
potrebbero essere implicati nel controllo dei riflessi tubarici, control-
lando la muscolatura della tuba di Eustachio ed in particolar modo il
muscolo salpingofaringeo, elemento fondamentale nell'autoregola-
zione della pressione endotimpanica. Lo studio di Guindi confermava
l'intuizione del collega francese Terracol (6) che quasi trent'anni prima
aveva descritto la fossetta di Rosenmuller quale importante area rifles-
sogena, responsabile di un controllo diretto della tuba di Eustachio e
non indiretto come si era ritenuto attraverso il riflesso di salivazione-
deglutizione.
Garantendo la ventilazione negli spazi aerei otomastoidei il sistema
tubo-timpanico puoÁ essere paragonato a quello polmonare nel quale
la tuba rappresenta il piccolo ªbroncoº che ventila l'orecchio medio;
un ulteriore motivo di paragone eÁ rappresentato dalla sostanza ten-
sioattiva surfactante simile (STLS= Surface Tension Lowering Sub-
stance) che si ritrova a livello tubarico analoga a quella presente nelle
strutture alveolari. Pur ricca in fosfolipidi la STLS eÁ meno attiva del
tensioattivo polmonare nell'abbassare la tensione superficiale del film
mucoso endotubarico. EÁ stato ipotizzato che l'organizzazione in micelle
dei fosfolipidi del surfactante tubarico comportandosi come ªcuscinetti
a sferaº faciliti lo scorrimento del film mucoso, potenziando cosõÁ le ca-
pacitaÁ di drenaggio della tuba (7). Il surfactante tubarico agisce inoltre
come mezzo di difesa superficiale in quanto essendo particolarmente
ricco di glicoproteine, eÁ dotato anche di un elevato potere antinfiam-
matorio e antibatterico.
Funzione di difesa
Mentre ne garantisce la ventilazione, la tuba di Eustachio svolge altret-
tanto importante funzione di protezione delle strutture dell'orecchio
medio dall'offesa di agenti chimici, fisici e biologici che possono raggiun-
gere l'orecchio medio veicolati dalle secrezioni rinofaringee. Un basi-
lare meccanismo di protezione passiva eÁ rappresentato dalla barriera of-
ferta dalle pareti tubariche che,al di fuori dei periodici movimenti che si
realizzano in concomitanza con la deglutizione, la masticazione e lo sba-
G. C. PASSAÁLI, E. GAUDINI
diglio, in condizioni di riposo si presentano collabite, rappresentando
cosõÁ un ostacolo meccanico alla risalita di materiale estraneo e di micror-
ganismi patogeni dal rinofaringe. Tale funzione difensiva eÁ incremen-
tata dal comportamento ªa valvolaº proprio della dinamica tubarica. In-
fatti, la resistenza offerta dalle pareti tubariche al passaggio dell'aria eÁ
diversa nelle due direzioni: maggiore quando l'aria entra nel cavo tim-
panico, minore ad ogni incremento della pressione endotimpanica. Per-
tanto l'aria arriva nell'orecchio medio solo per l'intervento ªattivoº dei
muscoli peristafilini: la loro contrazione avrebbe il fine di impedire che
la tuba si trovi in condizioni di pervietaÁ in presenza di un elevato gra-
diente pressorio tra timpano e cavo rinofaringeo, con valori negativi
nel primo compartimento. In tale situazione infatti si verrebbe a creare
una forza capace di aspirare secrezioni rinofaringee, eventualmente
contaminate da agenti infettivi patogeni, nell'orecchio medio.
La funzione di difesa eÁ garantita non solo da fenomeni meccanici, ma
anche da fattori biochimico-immunologici locali, che proteggono le mu-
cose tubarica ed endotimpanica da possibili infezioni ascendenti; ne
sono responsabili sistemi difensivi superficiali e profondi.
I primi sono rappresentati da sostanze batteriolitiche, quali il lisozima,
contenute in modo particolare nelle secrezioni delle formazioni ghian-
dolari. La difesa profonda eÁ invece garantita dal tessuto linfoide ben
rappresentato a questo livello: la rete linfatica delle mucose rinofarin-
gee si continua con quella tubarica concentrandosi in modo particolare
a livello dell'ostio faringeo, a costituire la tonsilla tubarica di Gerlach.
Accolto negli strati superficiali del chorion, il tessuto linfoide diminui-
sce progressivamente fino a scomparire quasi del tutto in corrispon-
denza della porzione ossea. Gli aggregati linfoidi peritubarici, esube-
ranti nel giovane, contribuiscono alla costituzione dell'anello linfatico
del Waldayer con le tonsille faringee, palatine e linguali. Come avviene
in tutto il tessuto linfatico associato alle mucose respiratorie (MALT)
anche a livello tubarico il contatto con microorganismi patogeni attiva
la risposta immunologica specifica, il cui ruolo difensivo eÁ integrato
dalla funzione di drenaggio.
Funzione di clearanceAnalogamente a quanto avviene a livello nasale, la clearance viene ga-
rantita anche nel segmento cartilagineo del canale faringo-timpanico
mediante l'attivitaÁ del sistema muco-ciliare per depurare l'aria immessa
nell'orecchio da elementi virali o batterici, polluttanti inorganici e da
ogni sostanza potenzialmente dannosa veicolata dalla respirazione na-
sale. Il ristagno di particelle a livello dell'orifizio tubarico viene impe-
dito dall'azione di due correnti mucociliari, una proveniente dalle cel-
lule etmoidali posteriori e dai seni frontali e l'altra che origina nel seno
I MECCANISMI DI DIFESA DELLA TUBA DI EUSTACHIO
sfenoidale. EÁ il sinergismo di tali correnti a depurare momento per mo-
mento l'orifizio faringeo della tuba. Il trasporto mucociliare eÁ comun-
que attivo in tutta la porzione iuxta-faringea della tuba e, grazie al con-
tinuo movimento delle ciglia vibratili, il muco viene veicolato verso il
rinofaringe.
L'efficacia della clearance mucociliare a questo livello eÁ in funzione del
trofismo cellulare oltre che della peculiare distribuzione dell'epitelio di
tipo respiratorio, prevalentemente rappresentato a livello della parete
mediale, con le cellule caliciformi addensate nel fondo delle pliche lon-
gitudinali. Il sistema di drenaggio opera pertanto una continua ed effi-
ciente pulizia dell'orecchio medio e del lume tubarico da secrezioni pa-
tologiche raccoltesi nel cavo timpanico o da patogeni e agenti nocivi
penetrati attraverso l'orifizio faringeo della tuba.
Il buon funzionamento di tale sistema, cosõÁ come avviene per la mucosa
respiratoria delle vie aeree superiori, dipende da parametri fisico-chi-
mici quali la temperatura, il tasso di umiditaÁ, ma soprattutto il pH,
che variando oltre limiti fisiologici condiziona negativamente il movi-
mento ciliare e le caratteristiche reologiche del muco.
Le funzioni di ventilazione, difesa e drenaggio della tuba oltre ad es-
sere in relazioni di reciproca dipendenza, costituiscono parte integrante
della complessa fisiologia del distretto respiratorio superiore.
G. C. PASSAÁLI, E. GAUDINI
1) Passali D., Bellussi L., Ferrarra-Gorga A.: Fisiopatologia dello sfintere
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I MECCANISMI DI DIFESA NON IMMUNOLOGICA DELLE PRIME VIE AEREO-DIGESTIVE
Il riflesso del vomito
E.DE CAMPORA, M. RADICI, L. DE CAMPORA, P. MONTESI
Definizione e cenni storici
Il vomito eÁ un meccanismo attraverso il quale la parte alta del tubo di-
gerente puoÁ liberarsi del suo contenuto (4).
Lo stimolo capace di provocare il vomito puoÁ insorgere in qualsiasi
punto del tubo digerente anche se i tratti maggiormente sensibili sono
rappresentati dall'orofaringe (stimoli meccanici tattili), dallo stomaco e
dal duodeno (stimoli irritativi e da sopra-distensione).
Tralasceremo in questo capitolo, la trattazione dei vomiti cosõÁ detti ªnon
finalizzatiº prodotti cioeÁ da motivazioni diverse da quelle di una diretta
protezione delle vie aereo-digestive, quali i vomiti ªcentraliº, quelli psi-
cogeni o da stimoli sensoriali (visivo, uditivo, olfattorio).
Mangiare, respirare, procreare, sono state, senza dubbio in tutti i
tempi, le preoccupazioni principali per l'umanitaÁ. Le alterazioni di que-
ste funzioni hanno colpito, piuÁ di altre, lo spirito dell'uomo al punto da
tramandare vari racconti e varie testimonianze tragiche o buffe.
Dal momento della comparsa dell'uomo sulla Terra, due funzioni vitali
furono assicurate da vie molto simili: l'alimentazione attraverso la
bocca, l'esofago, lo stomaco, fino all'intestino; la respirazione attra-
verso il naso, la laringe, la trachea, i bronchi, fino ai polmoni.
Le due vie hanno anche un tratto comune: la faringe dove esse si incro-
ciano e che a buon diritto viene definito ªcarrefour aerodigestivoº.
EÁ dunque nella natura delle cose la possibilitaÁ di false vie: corpi alimen-
tari o altre sostanze estranee possono finire nelle vie aeree; bocconi
troppo grossi o altri corpi intrusi si possono bloccare nelle vie digestive.
L'etaÁ, la disattenzione o altri fattori sono tutti elementi che facilitano
l'incidente, le cui conseguenze possono essere gravi e talora tragiche.
E.DE CAMPORA, M. RADICI, L. DE CAMPORA, P. MONTESI
In tal ambito il vomito rappresenta il piuÁ arcaico meccanismo di difesa
e di liberazione delle vie digestive da boli troppo voluminosi e di pro-
tezione delle vie aeree dalla accidentale penetrazione di corpi estranei.
Anche la storia ci narra episodi drammatici in tal senso. Attila morõÁ la
sera delle sue nozze con Idlico per l'asfissia provocata da un boccone
troppo grosso di carne o dalla inalazione nel sonno del suo stesso vo-
mito provocato dalle eccessive libagioni.
Un altro episodio, sicuramente piuÁ curioso e a lieto fine ci eÁ viceversa
tramandato da Boileau, illustre medico francese. Egli narra l'episodio
di un suo vorace paziente curato per alcuni giorni per una presunta in-
digestione da tartufi. I sintomi regredirono immediatamente dopo che
il malato vomitoÁ con forza un grosso tartufo rimasto incastrato in eso-
fago.ªil tartufo era scappato alla masticazione in quanto i denti di
M.S. non erano piuÁ in grado di sostenere il lavoro cui erano sottoposti;
in piuÁ alcuni erano caduti, altri non conservavano piuÁ la desiderabile
Le vie nervose e gli effettori dei riflessi viscero-motori e
somato-motori connessi con il vomito
Il vomito eÁ il risultato di un complesso meccanismo, regolato da una
ªcentralina di comandoº collocata nella formazione reticolare del
bulbo, contigua (funzionalmente ed anatomicamente) ai centri della re-
spirazione, della salivazione e della deglutizione. Nella stessa zona
sono localizzati neuroni che possono influenzare il centro spinale della
defecazione (1).
Gli impulsi per il vomito sono trasmessi lungo le vie afferenti sia vagali
sia simpatiche al centro del vomito. In particolare, per quanto riguarda
il vago, il neurone afferente EÁ composto da un assone periferico che
origina dai recettori situati nelle aree viscerali reflessogene (orofaringe,
stomaco, duodeno), da un corpo cellulare situato nel ganglio nodoso e
da un assone centrale che penetra nel midollo allungato raggiungendo
il centro del vomito. Come giaÁ riferito, tale centro EÁ situato bilateral-
mente nel bulbo, in prossimitaÁ del fascicolo solitario, circa all'altezza
del nucleo motore dorsale del vago.
Le reazioni motorie atte a provocare il vomito e gli impulsi finalizzati
allo scopo, partono dal centro bulbare e pervengono alla porzione alta
del canale alimentare lungo il nervo trigemino, il nervo facciale, il
nervo accessorio spinale, il nervo vago ed il nervo ipoglosso e al dia-
framma e ai muscoli intercostali attraverso i nervi spinali.
IL RIFLESSO DEL VOMITO
In particolare, il neurone efferente si sviluppa lungo varie vie neurali:1) neurone efferente vagale che, attraverso il X paio di nervi cranici
invia impulsi alla muscolatura della faringe, della laringe, dello sto-
maco e delle ghiandole salivari (previa connessione con i nuclei sa-
2) neurone efferente dell'ipoglosso che invia stimoli al nucleo del XII
influenzando i movimenti finalizzati della lingua;
3) neurone efferente somatico che invia sinapsi a:
a) nucleo facciale per i movimenti delle guance e della muscolatura
mimicab) nucleo motorio del trigemino per i muscoli masticatori (impulsi
inibitori)c) centri spinali motori per il nervo frenico e per i nervi intercostali
4) neurone efferente splacnico che attraverso connessioni con la ca-
tena simpatica, il ganglio celiaco e le fibre simpatiche post-gangliari
contribuiscono a regolare l'attivitaÁ motoria gastrica ed intestinale.
5) neuroni efferenti destinati ai centri vasomotori (pallore, sudora-
zione, ecc.), quelli respiratori e quelli deglutitori (12).
I riflessi viscero-viscerali e viscero-somatici scatenati dalla stimolazione
del centro del vomito, realizzano una coordinata cascata di eventi che
provocano:± elevazione del palato molle± spostamento in avanti della laringe e dell'osso joide± incremento della salivazione ed apertura forzata della bocca± chiusura serrata della glottide± rilasciamento dell'esofago± apertura del cardias± rilasciamento flaccido dello stomaco± contrazione dell'estremo inferiore dello stomaco± inibizione della normale respirazione preceduta da una profonda
± contrazione spastica del diaframma e dei muscoli addominali± atteggiamenti posturali caratteristici (flessione in avanti del dorso,
chiusura dei pugni, ecc.).
La sequenza dei suddetti fenomeni viscerali e somatici conduce di fatto
ad una protezione delle vie respiratorie dal rischio di inalazione (inspi-
razione forzata di preparazione; chiusura serrata della glottide), alla
massiva spremitura dello stomaco precedentemente rilasciato (contra-
E.DE CAMPORA, M. RADICI, L. DE CAMPORA, P. MONTESI
zione spastica del diaframma, dei muscoli addominali e di quelli inter-
costali), alla facilitazione dell'espulsione del materiale presente nel
tratto alimentare (rilasciamento esofageo e dello sfintere esofageo su-
periore), alla protezione dal rigurgito nasale del vomito (elevazione del
palato molle).
Oltre agli stimoli provenienti dalla irritazione del tubo digerente, il vo-
mito puoÁ essere prodotto anche da alcuni farmaci presenti in circolo e
da stimolazione motoria (cinetosi).
Il centro cerebrale deputato allo scatenamento del vomito per cause
extra-enteriche EÁ separata dal centro del vomito p.d. EÁ stata infatti in-
dividuata una piccola area, situata bilateralemnte sul pavimento del
quarto ventricolo, al di sopra dell'area postrema, detta ªzona chemo-
cettrice di avviamento del vomitoº. EÁ noto che tale zona eÁ molto piuÁ
permeabile a molte sostanze che non il resto del bulbo. Anche la stimo-
lazione elettrica di tale area eccita il vomito e la somministrazione di
alcune sostanze tra cui l'apomorfina, la morfina, il solfato di rame e
certi derivati della digitale, puoÁ stimolare questa zona chemocettrice
e provocare il vomito.
La distruzione della zona chemocettrice di avviamento del vomito, non
impedisce l'emesi provocata da irritazione gastrointestinale, ma aboli-
sce il vomito da morfina e diminuisce il vomito dell'uremia e nella ma-
lattia da radiazioni ( vomito sostenuto, in ambedue i casi, dalla forma-
zione endogena di sostanze emetiche circolanti).
EÁ inoltre ben noto che quando si eÁ soggetti a movimenti la cui dire-
zione varia continuamente, EÁ possibile l'insorgenza del vomito il cui
meccanismo EÁ il seguente: il movimento stimola i recettori labirintici,
donde impulsi vengono trasmessi al cervelletto, sia direttamente che
per il tramite del nucleo vestibolare. Dal cervelletto si ritiene che gli
impulsi, dopo essere passati per l'uvula ed il nodulo, vengono trasmessi
alla zona chemocettrice, donde passerebbero al centro del vomito pro-
vocando l'emesi (4).
I meccanismi di protezione delle vie aeree durante il vomito
e la loro correlazione con la patologia da disritmia
Come giaÁ riferito, il vomito eÁ preceduto dalla messa in atto di alcuni
importanti meccanismi di difesa delle vie respiratorie, volti alla preven-
zione della accidentale inalazione di materiale alimentare e succhi ga-
IL RIFLESSO DEL VOMITO
Nel caso del vomito massivo, la messa in atto del torchio addominale
viene preceduta da una lunga e forzata inspirazione, e quindi (sincrona
con la massima contrazione spastica del diaframma, dei muscoli addo-
minali ed intercostali) dalla chiusura serrata della glottide.
Tale meccanismo protettivo ben evidente nel caso di spinta espulsiva
massima, viene messo in atto anche nel caso di rigurgiti di minore en-
titaÁ e, financo, nel caso del rigurgito notturno del lattante.
La registrazione del ritmo respiratorio e del pH ipofaringo-esofageo
consente di osservare come in corrispondenza del picco di aciditaÁ, sia
registrabile un arresto del respiro preceduto da una accelerazione si-
gnificativa del ritmo degli atti di inspirazione (9).
Prima della riapertura delle vie respiratorie e della ripresa del ritmo
ventilatorio normale, si innestano multipli atti di deglutizione (la cui fi-
nalitaÁ eÁ quella di riconvogliare nelle vie digestive i residui di materiale
gastrico eventualmente ancora presenti in ipofaringe).
Gli episodi di rigurgito sono inoltre accompagnati (in circa 1/3 dei casi)
da tosse o da sternutazione.
Tali meccanismi, rilevati da Menon et Al. nel lattante (8), vengono og-
gigiorno revocati sempre piuÁ frequentemente in causa nel determini-
smo della sindrome da apnea da sonno dell'adulto giungendo a modi-
ficarne sensibilmente l'approccio clinico e la terapia.
EÁ del resto noto come i disturbi della giunzione esofago-gastrica pos-
sano produrre riflessi di spasmo laringeo (talora erroneamente inter-
pretati come secondari a reazioni allergiche).
EÁ del resto noto (10) come uno spasmo parossistico della laringe puoÁ
anche costituire il sintomo di esordio di una malattia da reflusso ga-
stro-esofageo (rilevabile endoscopicamente solo con segni di iperemia
a carico dell'esofago distale).
Tali osservazioni vengono peraltro confermate anche da studi condotti
su modelli animali, in cui sarebbero registrabili spasmodici movimenti
di adduzione glottica per stimolazioni esofagee distali.
Il corollario di tali considerazioni cliniche e sperimentali, originate
dalla analisi dei meccanismi viscero-motori correlati con il vomito, ci
consente di accedere al piuÁ vasto capitolo delle disritmie respiratorie
cui oggigiorno si presta crescente attenzione.
E.DE CAMPORA, M. RADICI, L. DE CAMPORA, P. MONTESI
La genesi del riflesso del vomito
da stimolazione dell'area orofaringea
L'evocazione del riflesso del vomito secondaria a stimolazione mecca-
nica del tratto orofaringeo eÁ ben nota ad ogni Specialista Otorinolarin-
goiatra, giungendo ad ostacolare, talora in maniera insormontabile, l'o-
biettivazione dell'istmo delle fauci, della laringe e dell'ipofaringe.
La rappresentazione dei recettori tattili in corrispondenza del palato
molle, dei pilastri palatini, della radice linguale e della parete poste-
riore dell'orofaringe, eÁ variabile da individuo a individuo, cosõÁ come
la loro frequenza di scarica.
Da alcune ricerche (3) risulta come il potenziale d'azione dei suddetti re-
cettori sia inversamente proporzionale allo stato di eccitazione psichica
dell'individuo (cioÁ giustificherebbe l'abbassamento della soglia del ri-
flesso del vomito a seguito di stimolazioni orofaringee in pazienti ansiosi
o con precedenti esperienze sfavorevoli scaturite da visite alla gola).
La massima rappresentazione dei recettori tattili tributari delle vie af-
ferenti al centro del vomito si trova in corrispondenza del margine li-
bero del palato molle, ai lati dell'ugola, sulla base linguale (ai lati della
V linguale) e sulla parete posteriore della meso-faringe.
Specie nel caso di stimoli migranti (coinvolgenti cioeÁ in successione piuÁ
parti delle aree reflessogene) si ottiene la massima reazione emetica.
Sembrerebbe infatti che la percezione di uno stimolo tattile ªin movi-
mentoº induca la massima reazione di difesa finalistica (10).
EÁ peraltro da considerare come stimoli meccanici auto-somministrati
(basti pensare al transito di cibi) non siano in grado di evocare la me-
desima reazione, verosimilmente in relazione a meccanismi di controllo
inibitorio post-sinaptico (ªgate controlº) (10).
La frequenza di scarica dei recettori orofaringei sarebbe inoltre diret-
tamente proporzionale alla pressione applicata e alla rapiditaÁ di som-
ministrazione dello stimolo (3).
La reiterazione dello stimolo non consente il completo ªrilascioº del
recettore provocando, di fatto, l'abbassamento della soglia del riflesso
del vomito.
Oltre alla stimolazione tattile dei recettori dell'orofaringe, importanza
rilevante sarebbe anche rivestita da recettori di tensione presenti nelle
inserzioni dei muscoli dell'arco delle fauci e del velo del palato. La sca-
rica di tali recettori (simili ai fusi neuro-muscolari degli altri muscoli
scheletrici) aumenta con l'incremento del pre-carico. Quando cioeÁ il
palato molle eÁ giaÁ innalzato per la risposta a precedenti stimoli, una sti-
IL RIFLESSO DEL VOMITO
molazione aggiuntiva (in condizioni normali non effettrice) sarebbe in
grado di precipitare il riflesso del vomito (3).
Le manifestazioni otorinolaringoiatriche del rigurgito e del
Negli ultimi anni, si sta assistendo ad un drastico decremento della ma-
lattia ulcerosa e, di contro, ad un incremento del numero di soggetti
che presentano sintomatologia suggestiva per malattia da reflusso ga-
stro-esofageo (GERD), tanto da considerare quest'ultima come la ma-
lattia acido-correlata con cui cimentarsi piuÁ frequentemente in ambula-
torio.
Tra le presentazioni cliniche della malattia da reflusso gastro-esofageo
o da rigurgito abituale, assumono sempre piuÁ importanza quelle cosid-
dette ªalteº, che coinvolgono organi di pertinenza otorinolaringoia-
trica.
Storicamente, l'osservazione che il contatto abituale con i succhi acidi
provenienti dallo stomaco potesse essere causa di sintomi o patologie
laringee era giaÁ stata formulata al Congresso dell'Associazione Larin-
gologica Americana nel 1903 da Coffin. In seguito numerosi studi
hanno confermato la possibile associazione tra le due patologie.
Sebbene non esistano ancora dati attendibili, raccolti sul territorio, circa
la frequenza di sintomi ORL in corso di malattia da reflusso gastro-eso-
fageo e di vomito abituale, un'idea delle dimensioni del fenomeno pos-
sono essere desunte da molteplici esperienze specialistiche. EÁ possibile
affermare che, nell'ambito delle affezioni laringee, in due pazienti su
dieci il quadro morboso possa essere attribuito con certezza a reflusso
gastro-esofageo mentre, per converso, in un quarto dei pazienti con ri-
gurgito abituale eÁ documentata l'associazione con sintomi ORL.
L'esperienza degli Otorinolaringoiatri supporta l'ipotesi che le patolo-
gie laringee associabili in qualche misura a malattia da reflusso, rag-
giungano il 50%.
In tal ambito, in accordo con Di Mario e Dal Bo (2), eÁ possibile distin-
guere:a) Sintomi tipici± Pirosi± Rigurgito/Vomitob) Sintomi atipici± Disfagia± Odinofagia
E.DE CAMPORA, M. RADICI, L. DE CAMPORA, P. MONTESI
± Dolore toracico simil-anginosoc) Sintomi extra-esofagei± Asma bronchiale± Tosse cronica idiopatica± Bronchiti croniche± Broncopolmoniti recidivanti± Bronchiectasie± Fibrosi polmonare± Ascesso polmonare± Disfonia± Crisi di apnea e di laringospasmo± Sindrome della morte improvvisa del lattante± Laringite cronica± Carcinoma della laringeEÁ interessante considerare, in questa sede, i meccanismi di danno delle
strutture orofaringee e laringee correlati con il vomito abituale o con il
reflusso gastro-esofageo ªsilenteº. Essi possono essere sostanzialmente
raggruppati in due percorsi fisiopatologici le cui tappe sono diversa-
mente sintetizzate a seconda che prevalgano sintomi da reflusso pros-
simale o sintomi da reflusso distale.
Il primo dei due meccanismi, correlato a sintomi da reflusso prossi-
male, riconosce come causa un'azione irritante del refluito diretta-
mente sulle mucose faringo-laringee, con alterazioni permanenti quali
ipercheratosi e polipi flogistici secondari. A questo proposito, uno stu-
dio pH-manometrico condotto su volontari sani da Kahrilas et Al. (6),
ha dimostrato come la pressione dello sfintere esofageo superiore si ri-
duca in modo notevole durante le ore notturne, cosõÁ da permettere al
contenuto esofageo di raggiungere l'ipofaringe e persino l'orofaringe.
Il secondo meccanismo, mediato attraverso vie nervose vagali, sarebbe
correlato ai sintomi da reflusso distale e ricalca quanto giaÁ dimostrato a
livello bronchiale per la patogenesi degli attacchi di asma legati a ma-
nifestazioni del reflusso gastro-esofageo (decremento della saturazione
arteriosa di ossigeno e reazione broncocostrittiva con incremento delle
resistenza delle vie aeree) (7).
I mediatori del danno sono costituiti dall'acido cloridrico e dalla pe-
psina, enzima proteolitico secreto a livello della mucosa gastrica di
cui eÁ ben nota l'azione lesiva quando sia cimentato a valori di pH infe-
riori a 3 con mucose non adattate a prolungati periodi di contatto (11).
IL RIFLESSO DEL VOMITO
La fisiopatologia del contatto abituale del refluito gastrico, al di laÁ dei
meccanismi in gioco (danno diretto e mediato), si traduce in una sen-
sibilizzazione delle mucose non predisposte a tollerare l'acido clori-
drico, la pepsina e componenti della bile come i sali bliliari, la lisoleci-
tina, ecc. Tale sensibilizzazione EÁ a carico non solo della mucosa eso-
fagea ma anche di altri tipi di epitelio come quello della laringe, della
faringe, del cavo orale, dei bronchi, ecc. (5).
In tali distretti, la soglia di sensibilitaÁ per stimoli che risultano fisiologici
per quanti non soffrono di malattia da reflusso abituale, risulta abbas-
sata in maggiore o minore misura nei reflussori o nei pazienti soggetti a
vomito abituale e cioÁ eÁ stato dimostrato non solo per gli stimoli in
grado di evocare dolore retro-sternale ma anche per stimoli collegati
alle manifestazioni ORL (ad esempio: soglia tussigena).
E.DE CAMPORA, M. RADICI, L. DE CAMPORA, P. MONTESI
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I MECCANISMI DI DIFESA NON IMMUNOLOGICA DELLE PRIME VIE AEREO-DIGESTIVE
Quando i meccanismi di difesa delle vie aereo-digestive
superiori entrano in crisi:
la sindrome da aspirazione cronica
E. DE CAMPORA, M. RADICI, L. DE CAMPORA
Ospedale Generale ªS. Giovanni Calibitaº
Fatebenefratelli - Isola Tiberina - Roma
Divisione di otorinolaringoiatria (Primario: Prof. E. de Campora)
Introduzione e considerazioni storiche
EÁ del 1968 la prima segnalazione a riguardo di possibili patologie delle
vie aeree, secondarie a malattia da reflusso gastro-esofageo (5). Ai
tempi gli Autori si soffermarono sulla incidenza di alterazioni organi-
che della laringe, in pazienti affetti da ulcera da contatto e contempo-
raneamente portatori di patologia dispeptica di conosciuta rilevanza
clinica.
Negli anni successivi cominciarono a giungere sempre piuÁ numerose, le
segnalazioni di affezioni delle VADS, correlabili con disturbi della
giunzione gastro-esofagea, con alterazioni dei ritmi circadiani influen-
zanti l' alimentazione ed il sonno e con disabitudini alimentari prodotte
dall' attivitaÁ lavorativa della societaÁ moderna (sedentarietaÁ, turnazione,
iparalimentazione, diete incongrue, ecc.).
Per molti anni, tuttavia, solo pochi credettero spiegabili alcune sin-
dromi storicamente attribuite ad altri meccanismi etiopatogenetici,
con il reflusso gastro-esofageo (si pensi ad esempio a molte disfonie
ªfunzionaliº, alle faringiti croniche, al laringospasmo, ecc.).
EÁ del 1972 ,da parte di Delahunty (7) la prima definizione di ªlaringite
da aciditaÁº. Nel contributo presentato dall' autore sul Journal of Laryn-
gology and Otology si pose finalmente l' accento su alcune alterazioni
non solo morfologiche ma anche funzionali della laringe (eretismo la-
E. DE CAMPORA, M. RADICI, L. DE CAMPORA
ringeo, facile suscettibilitaÁ tussigena ad esposizioni irritative sommato-
rie) in pazienti affetti da patologia dispeptica inveterata.
I suddetti lavori nella loro brillante intuizione ebbero il merito, piuÁ che
di definire con esattezza i caratteri clinici di quella che a distanza sa-
rebbe stata universalmente conosciuta come GERD (gastric esopha-
geal reflux disease), di aprire un nuovissimo filone di ricerca ed una
conseguente rinomenclatura di molte sindromi respiratorie dall' incerta
connotazione.
Spesso la correlazione con evidenti diminuzioni del pH esofageo, in
corrispondenza dei periodi di riacutizzazione dei quadri morbosi ªaltiº,
non era dimostrabile. CioÁ sembroÁ porre in seria discussione quanto
brillantemente rilevato sul finire degli anni ' 60 e nei primi anni ' 70.
Nel 1975, tuttavia Downing e Lee (8) individuarono nella chemosensi-
tivitaÁ laringea il possibile meccanismo responsabile della c.d ªsudden
deathº del neonato e nel 1978, Sarwar e Sprague (25) riportarono la
loro esperienza a proposito di pazienti affetti da crisi di laringospasmo
(Laryngospasm as an early indicator of aspiration).
L' interesse intorno alle riverberazioni del reflusso gastro esofageo si
riaccese con prepotente impulso. Molte ªimpressioniº cliniche sono
state confermate da sempre piuÁ accurate e sofisticate ricerche strumen-
tali e l' applicazione delle medesime a quadri clinico-patologici coinvol-
genti le VADS e l' albero respiratorio medio-basso, forniscono ogni
giorno sorprendenti rilievi dai quali potrebbero scaturire riconsidera-
zioni critiche di affezioni date ormai per acquisite nei loro piuÁ intimi
meccanismi etiopatogenetici.
Tornando all' ambito che piuÁ direttamente ci interessa, eÁ del 1996 la
pubblicazione della piuÁ rilevante casistica riguardante il laringospasmo
parossistico in pazienti con reflusso gastro-esofageo documentato (21,
22). Del resto Kaufman nel 1991 (16, 17) aveva giaÁ pubblicato una in-
vestigazione piuÁ ampia (225 casi) circa le manifestazioni otorinolarin-
goiatriche in pazienti con reflusso gastro esofageo studiato mediante
pH metria delle 24 ore e, nel 1995 addirittura un intero capitolo (nel-
l' ambito del volume di Rubin e Sataloff: Diagnosis and Treatmen of
voice Disorders) dal titolo Gastroesophageal reflux and voice disor-
ders.
EÁ del 2000, infine, lo studio condotto da Knight et Al. (15) circa la cor-
relazione di sole alterazioni della motilitaÁ esofagea con sintomi e segni
ascrivibili a reflusso laringo faringeo (LPR) o reflusso extra-esofageo
(EERD) e, per tale motivo, definito ªatipicoº.
EÁ noto che negli esseri umani, la funzione laringea consiste di tre ele-
menti in equilibrio tra loro: protezione delle vie respiratorie (funzione
sfinterica), respirazione e fonazione.
QUANDO I MECCANISMI DI DIFESA DELLE VIE AEREO-DIGESTIVE SUPERIORI ENTRANO IN CRISI:
LA SINDROME DA ASPIRAZIONE CRONICA
EÁ peraltro da sottolineare come la funzione fonatoria sia in relataÁ una
evoluzione della funzione sfinterica. Le strutture muscolari intrinseche
della laringe, necessarie per la protezione delle vie respiratorie, sono
state progressivamente impiegate per l' emissione di suoni.
Per permettere il coordinamento delle funzioni laringee di base, sono
stati necessari degli adattamenti strutturali e funzionali. La complessitaÁ
dei meccanismi di regolazione che si sono evoluti per la produzione dei
suoni ne ha fatto aumentare le potenzialitaÁ di danneggiamento in molti
punti del sistema nervoso (centrale e periferico) noncheÁ a livello degli
stessi organi effettori.
Tale ªdelicatezzaº eÁ direttamente proporzionale al grado di evoluzione
e di perfezionamento funzionale dell' organo. Nell' uomo che ha acqui-
sito, con il perfetto utilizzo della laringe e della sua struttura neuro-mu-
scolare delle competenze espressive, comunicative e relazionali non re-
peribili in nessuna altra specie animale, il rischio di una lesione di tale
complesso meccanismo eÁ massimo.
Se, fino a non molti anni fa si riteneva che la spasmofilia laringea po-
tesse essere secondaria solo a irritazioni meccaniche o chimiche dirette,
Bauman, Sandler e Schmidt, nel 1994 (2) dimostrarono la possibilitaÁ di
uno spasmo laringeo prodotto dalla stimolazione dell' esofago distale
(attraverso riflessi vagali a lungo arco diastaltico).
La deglutizione normale eÁ, ad esempio, una funzione altamente com-
plessa regolata dal centro della deglutizione del midollo. Tale funzione
consiste in una sequenza ordinata di eventi neuro-muscolari che produ-
cono, quale effetto, la progressione del bolo alimentare. Durante la de-
glutizione la respirazione si arresta in quanto le due funzioni sono re-
ciproche. Tale meccanismo di auto-limitazione fa sõÁ che intervenga un
controllo automatico che agisce da ulteriore protezione delle vie respi-
ratorie nei confronti di accidentali inalazioni. Se la prima parte della
deglutizione eÁ un meccanismo di tipo volontario (fase orale), la fase fa-
ringea e quella esofagea sono automatiche e gli impulsi afferenti ed ef-
ferenti sono mediate dal nervo glossofaringeo e dal vago.
Se, accidentalmente, il bolo alimentare ªcadeº in laringe, i recettori tat-
tili ed i chemocettori presenti nel segmento sopraglottico, sono in
grado di evocare immediatamente il riflesso della tosse. Tale riflesso
di protezione continua ad essere sollecitato anche nel caso in cui si ab-
bia una totale ablazione delle afferenze sensitive della sopraglottide e
della laringe vestibolare (veicolate dal nervo laringeo superiore del X)
grazie a meccanocettori presenti nel cono sottoglottico (afferenze vei-
colate dal nervo laringeo inferiore).
E. DE CAMPORA, M. RADICI, L. DE CAMPORA
In un lavoro del 1996 pubblicato su Layngoscope, Laughlin et Al. (21,
22) riferiscono a proposito di un modello canino nella valutazione del
laringospasmo indotto da stimolazioni acide.
Gli Autori notarono una massiva e sostenuta contrazione del muscolo
tiro-aritenoideo a seguito di toccature della mucosa sopraglottica con
soluzioni a pH decrescente di HCl.
Lo spasmo indotto fu massimo per pH di 3 o meno. La sezione dei
nervi laringei superiori abolõÁ lo spasmo anche per toccaure con solu-
zioni a pH 2.
Lo spasmo si ripresentoÁ per la toccatura del cono sottoglottico con ca-
psaicina 1%, mentre nessun effetto era prodotto dalla toccatura sotto-
glottica con soluzioni di acido cloridrico.
Tale osservazione va a confermare la presenza di meccanocettori e di
chemocettori spasmogeni nella sopraglottide (tributari del nervo larin-
geo superiore) e di meccanocettori spasmogeni nella sottoglottide (tri-
butari del nervo laringeo ricorrente).
Considerazioni fisiopatologiche e nomenclatura
della sindrome da aspirazione
La sindrome da aspirazione si caratterizza per la penetrazione sostanze
estranee (solide, liquide, in forma di sol) nell' albero respiratorio.
A proposito della forma fisica inalata a seguito della quale eÁ possibile
lo scatenarsi di una reazione di difesa delle vie respiratorie Curtis e
Crain (1987) (6) presentarono un contributo dal titolo ªAerosol regur-
gitation as a laryngeal-sensitizing event explaining acute laryngo-
spasmº. Gli Autori concludevano affermando che talora puoÁ essere
la forzatura dello sfintere esofageo inferiore prodotto dalla eruttazione
(l' aria eruttata funge da veicolo gassoso per l' emissione di particelle di
succhi gastrici, micelle di cibo ingerito e HCl) piuttosto che una insuf-
ficienza cardiale vera e propria) ad indurre uno spasmo esofageo e a
promuovere l' inalazione.
Se l' inalazione avviene con frequenza abituale, se essa assume caratteri
di spiccata massivitaÁ e se il materiale inalato raggiunge l' albero bron-
chiale, essa puoÁ produrre polmoniti chimiche, batteriche o l' ostruzione
meccanica delle vie respiratorie.
Se eÁ vero che la sindrome da aspirazione cronica eÁ nota nel corteo sin-
tomatologico di quadri morbosi neurologici o neuromuscolari, essa eÁ
stata riscontrata in una percentuale sorprendentemente alta (fino al
20% dei casi) in pazienti con reflusso gastro-esofageo o con acalasia.
QUANDO I MECCANISMI DI DIFESA DELLE VIE AEREO-DIGESTIVE SUPERIORI ENTRANO IN CRISI:
LA SINDROME DA ASPIRAZIONE CRONICA
Percentuali assai elevate di inalazione abituale sono state riscontrate a
seguito di interventi chirurgici in grado di sovvertire la funzione e
l' anatomia del carrefour aereo-digestivo superiore (laringectomia so-
praglottica - laringectomie sopra-cricoidee). In tali pazienti, segni di
inalazione sono presenti nel 100% dei casi entro i primi 2 mesi dall' in-
tervento, nel 70% dei casi dei pazienti sottoposti a laringectomia sopra-
glottica e nell' 86% dei pazienti sottoposti a laringectomia sopra-cricoi-
dea a risultati stabilizzati (dopo 2 anni dall' intervento) (26).
La dimostrazione di tali rilievi eÁ resa possibile e facilmente riproduci-
bile mediante l' osservazione di coloranti (bleu di metilene) deglutiti
e quindi emessi con le secrezioni tracheo-bronchiali dalla cannula tra-
cheostomica ovvero mediante il reperimento (alla Rx del torace) di
mezzo di contrasto deglutito il giorno precedente nell' albero respirato-
rio del paziente.
In molti casi di asma bronchiale ªintrinsecoº o nei neonati con crisi ri-
correnti di laringospasmo puoÁ essere proposto con successo il c.d.
esame radioisotopico funzionale (Pulmo-Scan) in cui del tracciante ra-
dioattivo ingerito in minime quantitaÁ il giorno prima viene reperito allo
scanning del torace con gamma-camera.
Tale test di imaging ªfunzionaleº ha consentito di gettare nuova e pro-
mettente luce su molte forme di patologia bronco-polmonare altrimenti
inspiegabili con la diagnostica comune.
Nell' adulto sano la sindrome da aspirazione cronica, anche se discreta-
mente frequente (si rimanda a tal proposito ai casi secondari a reflusso
gastro-esofageo) solo di rado eÁ in grado di provocare gravi affezioni se-
condarie del polmone.
EÁ possibile tuttavia individuare alcune popolazioni a rischio per lo svi-
luppo di una aspirazione cronica significativa con polmoniti secondarie
ªab ingestisº.
Le categorie piuÁ frequentemente esposte a tali temibili complicanze
sono:1) pazienti con ridotti livelli di coscienza, con compromissione della
chiusura glottica e del riflesso della tosse;
2) pazienti affetti da disfagia causata da disordini neurologici, esofagei
o neuromuscolari;
3) pazienti con modifiche anatomiche delle vie aereo-digestive supe-
riori (traumi, interventi chirurgici.
Talora le cause della disfunzione possono essere multiple, coesistere e
convergere verso un critico sinergismo sommatorio.
E. DE CAMPORA, M. RADICI, L. DE CAMPORA
Condizioni promuoventi la sindrome da aspirazione cronica
A) Sequele di interventi chirurgici
± Interventi neurochirurgici± Interventi oncologici di laringectomia parziale orizzontale± Interventi oncologici sul cavo orale e sulla laringe± Interventi sulla tiroide± Interventi di disostruzione carotidea± Interventi sulla colonna cervicale
B) Riduzione dello stato di coscienza
± Alcolismo± Tossicodipendenza± Traumi cranici± Tumori cerebrali± Male epilettico
C) Malattie gastro-intestinali
± Reflusso gastro-esofageo± Diverticolo di Zenker± Neoplasie esofagee± Acalasia esofagea
D) Malattie neurologiche e neuromuscolari
± Esiti di ictus cerebrale± Tumori cerebrali± Sclerosi laterale amiotrofica± Sclerosi multipla± M. di Parkinson± Miastenia gravis± Distrofia muscolare± Encefaliti± Paralisi ricorrenziali
QUANDO I MECCANISMI DI DIFESA DELLE VIE AEREO-DIGESTIVE SUPERIORI ENTRANO IN CRISI:
LA SINDROME DA ASPIRAZIONE CRONICA
I meccanismi di base cui ricondurre una sindrome da aspirazione cro-
nica sono essenzialmente due:a) la penetrazione abnorme di secrezioni e/o di materiale estraneo de-
stinato alla deglutizione nelle vie respiratorie;
b) la penetrazione abnorme di materiale precedentemente deglutito e/
o di succhi digestivi, nelle vie respiratorie.
Nel primo caso l' affezione riguarda un deficit delle varie fasi della de-
glutizione. Nel secondo caso eÁ il deficit della progressione in esofago
del bolo alimentare ovvero una incompetenza della funzione sfinteriale
gastro-esofagea a promuovere l' inalazione.
Analizzeremo qui di seguito le cause di maggiore interesse otorinola-
1) Sequele di interventi oncologici di laringectomia parziale orizzontale
La chirurgia riguardante il carrefour aereo-digestivo superiore ha costi-
tuito probabilmente la piuÁ importante conquista nella storia della oto-
rinolaringoiatria moderna.
Neoplasie coinvolgenti la porzione sopraglottica della laringe, trattate
un tempo mediante la laringectomia totale vengono ormai universal-
mente affidate alla chirurgia parziale orizzontale sec. Alonso e ai suoi
ªallargamentiº.
Tali interventi, se da un lato hanno consentito il risparmio d' organo in
molti casi altrimenti destinati a scelte terapeutiche demolitive, hanno
introdotto un nuovo ordine di problematiche nella gestione post-opera-
toria del paziente: la riabilitazione deglutitoria.
L' amputazione della porzione sopraglottica abolisce, di fatto, lo sfin-
tere vestibolare della laringe. Ne deriva che la propulsione deglutitoria
del bolo alimentare puoÁ sospingere materiale estraneo nelle vie respi-
ratorie.
Il compenso a tale quadro dismorfico e disfunzionale su base jatrogena,
viene raggiunto spontaneamente (o ancor piuÁ rapidamente con l' ausi-
lio di personale riabilitatore) mediante la retro-pulsione linguale (che
giunge a far ªscavalcareº al bolo alimentare il neo-vestibolo laringeo).
Al momento in cui la spinta deglutitoria eÁ massima, anche l' adduzione
glottica raggiunge la massima potenza realizzandosi, altresõÁ una con-
temporanea elevazione della pressione sotto-cordale. Tali meccanismi
ancillari svolgono un importante ruolo aggiuntivo di protezione delle
vie aeree.
Se eÁ comprensibile come, nelle prime fasi della riabilitazione, l' inala-
zione cronica possa costituire un evento prevedibile, nel periodo di sta-
bilizzazione degli esiti, la sindrome da aspirazione cronica si realizza
E. DE CAMPORA, M. RADICI, L. DE CAMPORA
nel caso di deglutizione incauta di boli particolarmente abbondanti
(specie liquido/vischiosi), nel caso in cui il paziente non rispetti la ne-
cessaria coordinazione deglutitoria, ovvero nel caso in cui il livello di
coscienza eÁ ridotto (deglutizione delle proprie secrezioni salivari du-
rante il sonno).
Anche nel caso in cui il paziente adotti tutte le dovute attenzioni, pic-
cole quantitaÁ di bolo tendono a depositarsi sulla faccia superiore delle
corde vocali. Nella successiva inspirazione post-deglutitoria, tali parti-
celle vengono attratte nelle vie respiratorie e cioÁ tende a verificarsi
dopo ogni atto di deglutizione (26).
Va inoltre considerato come l' alterata elasticitaÁ e la ridotta capacitaÁ
dei seni piriformi, riduca l' azione di ªvaso a capacitanzaº dell' ipofa-
ringe. Ne deriva che il costante ristagno di bolo al di sopra della bocca
di Killian possa favorire l' inalazione tardiva del materiale deglutito che
tende a ªtracimareº passivamente nel versante laringeo.
Per quanto piuÁ specificamente attiene alla chirurgia sopra-cricoidea, ol-
tre alle sopra-menzionate problematiche legate alla abolizione dello
sfintere vestibolare, va considerata l' ablazione dello sfintere glottico
(le corde vocali vengono asportate in blocco con la cartilagine tiroide).
Il rischio di inalazione viene pertanto aggravato dalla abolizione dei
meccanismi ancillari di protezione delle vie aeree (adduzione cordale
forzata; aumento della pressione sottoglottica).
La riabilitazione deglutitoria viene cosõÁ affidata alla esaltazione della
retropulsione linguale e alla antero-flessione della/e aritenoide/i resi-
dua/e (il c.d. ªsalutoº della aritenoide). L' inalazione eÁ costante nelle
prime fasi del programma di riabilitativo, e permane, seppur in forma
sub-clinica, anche nel periodo di stabilizzazione degli esiti, in circa il
75% dei pazienti con rispetto di entrambe le aritenoidi e in circa il
90% dei pazienti con rispetto di una sola aritenoide.
Problemi di inalazione cronica si realizzano anche in seguito ad altri in-
terventi di chirurgia orizzontale parziale della laringe.
Nella glottidectomia orizzontale alla Calearo-Teatini, si assite alla abla-
zione del solo sfintere glottico. Anche in tale intervento eÁ necessario un
periodo di riabilitazione deglutitoria volto al ripristino di una valida re-
tropulsione linguale.
La laringectomia glottico-ipoglottica alla Bartual-Serafini, riproduce
una condizione simile a quella della glottidectomia orizzontale. In ag-
giunta va considerato come le aritenoidi vengano completamente de-
connesse dal loro supporto cricoideo (la cricoide viene infatti aspor-
tata) e divaricate nella confezione della pessia con lo stump tracheale.
QUANDO I MECCANISMI DI DIFESA DELLE VIE AEREO-DIGESTIVE SUPERIORI ENTRANO IN CRISI:
LA SINDROME DA ASPIRAZIONE CRONICA
Il meccanismo di protezione del neo-vestibolo laringeo da parte delle
aritenoidi viene cosõÁ per buona parte compromesso. Ne deriva che
l' inalazione puoÁ presentarsi come complicazione anche assai persi-
stente nel decorso riabilitativo post-operatorio.
Negli ultimi anni eÁ stato da noi proposto il sistematico impiego di tubi
siliconati a T di Montgomery al fine di evitare il disallineamento degli
stump prossimale e distale e la stenosi anulare a livello della pessia. Gli
innegabili vantaggi in termini di decannulazione a distanza, vengono in
parte ªpagatiº con i superiori tempi di riabilitazione deglutitoria (ri-
spetto ai casi operati senza impiego di stent endoluminale). Il tubo a
T produce infatti la drastica rettilineizzazione dell' endolaringe e, spe-
cie nel caso in cui la protesi risulti posizionata troppo in alto, impedisce
la dorsoflessione dell' epiglottide in fase deglutitoria.
La lunghezza dello stent va pertanto accuratamente adeguata evitan-
done un posizionamento eccessivamente alto e, nel contempo, un peri-
coloso infossamento nell' endolaringe (che vanificherebbe l' utilitaÁ
dello stent stesso).
2) Sequele di interventi oncologici sul cavo orale e sull' orofaringe
L' inalazione cronica o abituale secondaria alla chirurgia demolitiva del
cavo orale e dell' orofaringe va ricondotta al grado e alla estensione del
danno anatomico e funzionale. A tal proposito andranno valutate:± sede ed estensione della perdita di sostanza± grado della reazione cicatriziale± deficit dei nervi sensitivi, dei nervi motori ed interruzione degli ar-
chi riflessi.
Il ripristino della funzione deglutitori constituisce il cardine dell' affran-
camento del paziente da uno dei vincoli piÐ limitanti la quotidiana vita
di relazione e la possibilitaÁ di alimentazione con dieta libera.
I vari tipi di difficoltaÁ deglutititoria prodotti dalla chirurgia demolitiva
del cavo orale e dell' orofaringe, in grado di sostenere una sindrome da
aspirazione cronica vanno sostenzialmente ricondotti ad quattro mec-
canismi fondamentali:a) Inalazione dei cibi prima della deglutizione. Tale problematica eÁ
prodotta da ampi difetti linguali, da estese resezioni mandibolari
o dalla interruzione dell' arco riflesso della deglutizione. Il riflesso
della deglutizione non viene evocato. Il cibo ªcadeº posteriormente
prima che le vie aeree possano chiudersi.
b) Inalazione durante la deglutizione. Un siffatto disturbo si associa a
demolizioni comprendenti anche il segmneto sopraglottico della la-
ringe (vedi a tal proposito il cfr precedente). Come giaÁ riferito,
E. DE CAMPORA, M. RADICI, L. DE CAMPORA
mancando la protezione sopraglottica, i cibi tendono a penetrare
nelle vie respiratorie.
c) Inalazione dopo la deglutizione. Simile condizione viene promossa
dalla exeresi di ampie porzioni della muscolatura faringea. Ne de-
riva che il cibo deglutito si accumula in orofaringe e/o nell' ipofa-
ringe e non progredisce. Esso viene inalato successivamente.
d) Inalazione silente, prodotta dalla abolizione del riflesso tussigeno,
come accade nelle lesioni bilaterali del nervo laringeo superiore.
Il cibo inalato, non viene espulso da alcun meccanismo di difesa
delle vie aeree. l' irritazione delle vie respiratorie inferiori eÁ per-
tanto sostenuta nel tempo.
Le tecniche attraverso le quali eÁ possibile la riabilitazione dei deficit
deglutitori si avvalgano di posizionamenti favorevoli del bolo mediante
cucchiai e siringhe, di flessioni ed estensioni del capo sul collo al mo-
mento della deglutizione, rotazioni del capo dalla parte piuÁ debole
(quella della maggiore perdita di sostanza), deglutizioni multiple a
vuoto (nel caso di deficitaria progressione del bolo), adeguamenti della
3) Sequele di interventi sulla tiroide e sulla carotideI meccanismi etiopatogenetici attraverso i quali la chirurgia della ti-
roide e dell' asse carotideo puoÁ complicarsi con disturbi ascrivibili alla
inalazione cronica sono gli stessi: la lesione mono o bilaterale del nervo
laringeo inferiore o del tronco del nervo vago.
Data la durata della fase faringea della deglutizione, la respirazione si
interrompe solo per una frazione del normale ciclo respiratorio. Du-
rante questa fase il centro della deglutizione inibisce specificamente
il centro respiratorio bulbare, fermando la respirazione in qualsiasi mo-
mento del ciclo respiratorio, onde consentire lo svolgersi dell' atto de-
glutitorio.
Il meccanismo della chiusura laringea durante la deglutizione eÁ molto
complesso. EÁ generalmente accettato che l' aspirazione nella paralisi ri-
correnzile eÁ causata da incompleta chiusura della glottide. Tuttavia eÁ
stata dimostrata la chiusura completa della glottide durante la degluti-
zione anche dopo sezione bilaterale dei nervi ricorrenti.
EÁ stato dimostrato che l' aspirazione eÁ attribuibile a diversi fattori come
l' alterazione della sensibilitaÁ della faringe e della laringe e l' altera-
zione della elevazione laringea.
Sebbene la funzione sfinteriale laringea eÁ alterata nella paralisi ricor-
renziale monolaterale la chiusura glottica eÁ completa in quanto eÁ stato
QUANDO I MECCANISMI DI DIFESA DELLE VIE AEREO-DIGESTIVE SUPERIORI ENTRANO IN CRISI:
LA SINDROME DA ASPIRAZIONE CRONICA
osservato che non vi eÁ alterazione della pressione dopo sezione unila-
terale del nervo laringeo ricorrente.
4) Sindrome da inalazione cronica nelle malattie neurologiche
L' alterato controllo della deglutizione e della progressione del bolo in
esofago, sia esso sotenuto da affezioni del sistema nervoso centrale e/o
periferico che da affezioni dell' effettore muscolare, puoÁ essere alla
base di una sindrome da inalazione ricorrente.
I meccanismi attraverso i quali si realizza l' accidentale passaggio del
bolo alimentare e delle secrezioni salivari destinate alla deglutizione
nelle vie respiratorie, sono sostenuti dal deficit delle fibre sensitive del-
l' orofaringe, e del vestibolo laringeo. In alcuni casi eÁ la compromis-
sione della coordinazione dei movimenti buccali e linguali (disprassia
bucco-faringea) a determinare una deficitaria elaborazione del bolo ali-
metare. Il cibo, non ªpreparatoº adeguatamente per la deglutizione, di-
venta in tali casi, poco idoneo alla progressione nel canale alimentare,
determinandosi il suo ristagno nelle porzioni retro-buccali ovvero la
sua ªcadutaº prematura verso l' imbuto ipofaringo-laringeo.
Deficit del nervo facciale, del nervo ipoglosso, del nervo glossofaringeo
e del vago, possono cosõÁ sostenere problematiche di tipo ªmistoº (si as-
sociano alle turbe motorie anche quelle sensitive). Il riflesso della de-
glutizione viene evocato tardivamente o manca del tutto talcheÁ, specie
nelle circostanze in cui l' attivazione volontaria della muscolatura de-
glutitoria viene a mancare (sonno), eÁ assai probabile una inalazione ri-
petuta e protratta.
Diagnosi ed inquadramento clinico dei pazienti
con aspirazione cronica
La diagnosi e l' inquadramento dei pazienti con sospetta sindrome da
aspirazione cronica, si affida a metodiche cliniche, endoscopiche e di
imaging.
Dal punto di vista strettamente orientativo, andranno sottoposti ad ap-
profondimento diagnostico strumentale tutti quei pazienti con sintomi
e/o manifestazioni di tipo ªmaggioreº ovvero caratterizzate da elevata
recidivanza.
In tal ambito, la tosse cronica, le crisi asfittiche (specie quelle da decu-
bito notturno) e le complicazioni infettive tracheo-bronco-pneumoni-
che, dovranno essere opportunamente caratterizzate. Altro sintomi se-
condari di impegno del vestibolo laringeo sono i frequenti schiarimenti
E. DE CAMPORA, M. RADICI, L. DE CAMPORA
di gola, crisi disfoniche ªsine materiaº, perdita di peso, contrazione
della diuresi, repulsione nei confronti di alcuni cibi (quelli liquidi in ge-
nere provocano piuÁ problemi di quelli solidi). Nei pazienti portatori di
tracheotomia, le secrezioni tendono a divenire abbondanti, maleodo-
ranti e dal caratteristico colorito giallo/carico. Dall' esame dei rapporti
infermieristici risulta la frequente necessitaÁ di aspirare il paziente attra-
verso la cannula.
Un esame facilmente eseguibile al capezzale del paziente puoÁ essere
quello del blu di metilene. Una piccolissima quantitaÁ di colorante viene
fatta deglutire al paziente. Nel caso in cui sia presente una inalazione, il
tracciante cromatico viene rapidamente reperito all' imbocco della can-
nula. Nei casi piuÁ gravi, il bolo colorato viene addirittura espulso mas-
sivamente con un prepotente atto di tosse.
Nel decorso post-operatorio di pazienti sottoposti ad interventi chirur-
gici coinvolgenti le VADS, puoÁ essere necessaria la periodica valuta-
zione della laringe (o dei suoi residui) per controllarne la riduzione del-
l' edema, la ripresa della motilitaÁ e, di conseguenza il ripristino della
sua funzione sfinteriale. Talora la semplice laringoscopia indiretta
puoÁ essere ostacolata dal ristagno di secrezioni, dal dolore, dalla scarsa
collaborazione del paziente. In tali casi viene comunemente indicata
l' opportunitaÁ di eseguire frequenti video- fibro-laringoscopie al letto
del paziente (1).
Tale metodica riduce la necessitaÁ di ricorrere a ripetuti esami radiolo-
gici, consente con esami seriali di valutare l' efficacia della terapia ria-
bilitativa e offre anche l' opportunitaÁ di un addestramento di feed-back
visivo per il paziente.
La valutazione della deglutizione con pasto di bario deve essere con-
dotta con notevole attenzione. Alcuni m.d.c., infatti, se inalati in quan-
titaÁ massive (Gastroview), possono provocare gravi quadri bronchitici
da aspirazione di sostanze altamente osmotiche.
Lo studiodelle fasi orofaringee della deglutizione possono richiedere
delle tecniche di pasto baritato ªmodificateº (ad esempio quella ideata
da Sonies con deglutizione di un biscotto imbevuto di bario). Tali me-
todiche permettono di analizzare la cronologia della inalazione (inala-
zione pre-deglutitoria, deglutitoria, post-deglutitoria). Tutte le fasi si-
gnificative della deglutizione orofaringea possono essere attentamente
visualizzate per individuare i settori nei quali le procedure di riabilita-
zione possono risultare piuÁ efficaci.
Se piuÁ del 10% del bolo radio-opaco viene inalato, si deve prendere se-
riamente in considerazione di non somministrare alcun cibo al paziente
per le vie naturali e di fare affidamento sull' alimentazione enterale non
orale (sondino naso-gastrico, PEG, digiunostomia).
QUANDO I MECCANISMI DI DIFESA DELLE VIE AEREO-DIGESTIVE SUPERIORI ENTRANO IN CRISI:
LA SINDROME DA ASPIRAZIONE CRONICA
Lo studio dinamico della deglutizione viene affidata alla fluoroscopia e
alla cine-radiografia con m.d.c. Tali esami permettono di valutare la
coordinazione delle spinte deglutitorie e di esaminare l' eventuale man-
cato rialsciamento dei distretti sfinteriali.
La determinazione dell' avvenuta aspirazione tracheo-polmonare, oltre
ai segni indiretti desumibili dai sintomi settici (febbre, tosse, ecc.) e
dalla Radiografia del torace (opacitaÁ, versamenti, ecc.), viene oggi-
giorno affidata, specie nel caso in cui il passaggio abituale di alimenti
nelle vie respiratorie, non assuma caratteri di massivitaÁ, alla valuta-
zione scintigrafica. Tale metodica proposta sul finire degli anni ' 80
da Humphreys (1987) (12) e da Muz (1989) (24) consente di diagnosti-
care inalazioni anche di minima entitaÁ, dimostrando come in olte il
58% dei pazienti operati per neoplasie della testa e del collo sia ancora
presente inalazione cronica nella fase di stabilizzazione degli esiti.
Trattamento non chirurgico della sindrome
da inalazione cronica
EÁ ben noto che tutti i disturbi da inalazione cronica successivi a chirur-
gia delle VADS o ad alterazioni morfo-funzionali acquisite degli organi
effettori della deglutizione, debbano essere sottoposti ad un periodo
(variabile per durata) di riabilitazione funzionale.
In tal ambito, le metodiche di svezzamento della deglutizione, passano
attraverso una prima fase di nutrizione enterale non orale (sondino
naso-gastrico o PEG) durante la quale il malato viene trattato con fisio-
terapia guidata da personale specializzato e con individuazione di diete
facilitanti.
L' attivazione di archi riflessi della deglutizione interrotti dalla rese-
zione chirurgica o compromessi nelle loro strutture effettrici (exeresi
di masse muscolari; fibrosi post-attiniche) puoÁ essere compensata me-
diante l' attivazione di movimenti compensatori e la stimolazione di
aree del cavo orale o dell' orofaringe con medodiche termotattili.
La postura deglutitoria va ugualmente curata dal personale logopedico
al fine di automatizzare potenziamenti vicarianti della spinta musco-
lare.
PuoÁ essere talora necessario ridurre la quota di secrezioni salivari, me-
diante l' impiego di farmaci parasimpatico-mimetici. Tal metodica ri-
duce il rischio di inalazioni passive di saliva durante le ore notturne,
di ristagni patologici in corrispondenza dell' imbuto ipofaringeo ma
puoÁ ostacolare l' effetto di ªlubrificazioneº del bolo alimentare durante
gli esercizi deglutitori. L' impiego di farmaci atropinici va pertanto in-
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dividualizzata al singolo caso e, comunque, sottoposta ad una critica va-
lutazione di opportunitaÁ di tipo interdisciplinare.
Il trattamento di disordini gastro-esofagei, responsabili di inalazioni
croniche da reflusso, si pone parallelamente quale cardine della terapia
della sindrome da inalazione cronica nel caso in cui il problema scatu-
ruisca da una alterata progressione del bolo lungo il canale esofageo
(acalasia) ovvero nel caso di deficitaria tenuta dello sfintere cardiale
(ernia dello jatus; beanza cardiale, ecc).
Il trattamento di elezione delle sindromi da reflusso gastro-esofageo, si
basa sulla terapia con farmaci antiacidi (inibitori dei recettori H2 ov-
vero inibitori della pompa), farmaci procinetici e farmaci di barriera.
La normalizzazione del quadro da reflusso si avvale anche di norme di
igiene alimentare e posturale notturna (assunzione di decubiti in posi-
zione di anti-Trendelemburg).
Trattamento chirurgico della sidrome
da aspirazione cronica
La selezione dei pazienti candidati al trattamento chirurgico della sin-
drome da aspirazione cronica eÁ spesso difficile ed eÁ riservata ai casi in
cui il fallimento della terapia funzionale eÁ documentato dalla persi-
stenza di disturbi ªmaggioriº quali flogosi ricorrenti dell' albero tra-
cheo-bronchiale o episodi settici polmonari.
La conoscenza della fisiopatologia della sindrome da aspirazione di cui
il paziente eÁ portatore, l' entitaÁ della compromissione polmonare, le
condizioni mediche di base e la prognosi finale prevista, noncheÁ la co-
noscenza delle varie tecniche disponibili, possono mettere il chirurgo in
condizione di scegliere il trattamento piuÁ idoneo e di individualizzarlo
caso per caso.
La strategia di intervento prevede due fasi: la prima basata sull' im-
piego delle tecniche non chirurgiche (vedi cfr.precedente). Solo se le
misure di intervento conservativo non riescono a garantire al paziente
una migliore qualitaÁ della vita ovvero a proteggerlo dalle potenziali se-
quele da aspirazione (talora ad esito infausto), si dovraÁ prendere in
considerazione l' intervento chirurgico. La scelta del procedimento ot-
timale dipende dalle condizioni mediche di base del paziente, dalla dia-
gnosi, dalla gravitaÁ della morbilitaÁ dovuta alla aspirazione stessa e dai
rilievi delle indagini pre-operatorie volte alla definizione della fisiopa-
tologia della sindrome da aspirazione cronica (Video-endoscopia; vi-
deo-fluoroscopia, cine-radiografia della deglutizione).
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LA SINDROME DA ASPIRAZIONE CRONICA
Gli interventi chirurgici proponibili sono distinguibili in:a) Interventi facilitativib) Interventi definitivi
Tra i primi vanno considerati:1) Tracheotomia di elezione.
EÁ bene sottolineare che la tracheotomia non contribuisce al controllo
deglutitorio del bolo alimentare. La presenza del tracheostoma puoÁ ad-
dirittura peggiorare la situazione (fissazione dell' asse laringo-tra-
cheale; impedimento dei moti di innalzamento deglutitorio della la-
ringe).
Una tracheotomia, tuttavia, puoÁ facilitare la cura infermieristica dei pa-
zienti affetti da sindrome da aspirazione cronica e puoÁ essere un' utile
fase temporanea per migliorare la detersione dell' albero respiratorio e,
mediante l' impiego di cannule cuffiate, per proteggere la trachea ed i
bronchi dalla inalazione accidentale di boli ostruenti.
2) Miotomia crico-faringea.
Nel caso in cui la disfagia derivi da una notevole disfunzione isolata
dello sfintere crico-faringeo (valutabile con la cine-radiografia della de-
glutizione o con la video-fluoroscopia) o da un inadeguato solleva-
mento della laringe durante la deglutizione, la miotomia crico-faringea
deve essere considerata quale scelta chirurgica primaria.
Taluni Autori eseguono la miotomia in tempo unico con l' intervento
demolitivo sulle VADS presupponendo il miglioramento del recupero
funzionale con tale tecnica facilitatoria.
La miotomia secondaria prevede la sezione verticale del muscolo co-
strittore inferiore della faringe, del muscolo crico-faringeo e delle fibre
superiori dello sfintere esofageo per un tratto compreso tra 4 e 6 cm.
3) Sospensione laringea.
Sono candidati a tale procedura chirurgica quei pazienti sottoposti a re-
sezione del carrefour aereo-digestivo superiore (laringectomia sopra-
glottica; laringectomia sopra-cricoidea) ovvero a resezione della base
linguale in cui sia reperibile un insufficiente innalzamento deglutitorio
della laringe, o una inadeguata protezione del neo-vestibolo della la-
ringe da parte della retropulsione linguale.
Ne deriva che, durante la deglutizione, l' aditus laringeo rimane espo-
sto alla accidentale inalazione del bolo.
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La tecnica di sospensione laringea viene in genere esegiuita per via an-
teriore, passando alcuni fili di sutura non riassorbibile tra la cartilagine
tiroide (o la cricoide, nel caso delle laringectomie sopra-cricoidee) e
l' arco mandibolare.
Oltre alle tecniche mediane, sono state proposte tecniche di sospen-
sione laterale (11) e tecniche associate di sospensione mediana asso-
ciata a miotomia crico-faringea (29).
4) Resezione parziale della cricoideLa tecnica di resezione parziale della cricoide eÁ stata descritta per la
prima volta da Krespi e Sission nel 1985 (18, 199 quale tecnica facilita-
tiva nel recupero deglutitorio dei pazienti sottoposti a chirurgia funzio-
nale delle VADS, con esiti da inalazione non trattabili.
La tecnica si pone lo scopo di resecare, per via sottomucosa laterale, la
porzione postero-inferiore dell' arco cricoideo facendo attenzione a ri-
spettare le articolazioni crico-aritenoidee ed i muscoli crico-aritenoidei
posteriori. Tale procedura avrebbe, come effetto, l' ampliamento del-
l' aditus ipofaringeo ed il restringimento delle dimensioni antero-poste-
riori della laringe.
Le gravi complicazioni connesse con tale tecnica (stenosi sottoglottica
da collasso; paralisi crico-tiroidea) ne rendono tuttavia discutibile e non
rutinaria l' applicabilitaÁ.
5) Medializzazione delle corde vocaliUna sindrome da aspirazione cronica sostenuta da una emiplegia larin-
gea non compensata dalla corda vocale controlaterale, possono essere
dei buoni candidati a tecniche di plastica aggiuntiva o di medializza-
zione della corda vocale paretica.
In tali casi l' inalazione viene sostenuta dalla persistente apertura glot-
tica (vedi cfr. 3: Sequele di interventi sulla tiroide e sulla carotide) e
puoÁ essere aggravata dalla coesistenza di turbe della sensibilitaÁ ipofa-
ringea (lesione del tronco del nervo vago ovvero contemporanea le-
sione del nervo laringeo superiore ed inferiore).
Le tecniche di plastica aggiuntiva consistono nella iniezione (lateral-
mente al muscolo tiro-aritenoideo, nei 2/3 centrali e posteriori della
corda vocale) di Gelfoam, Teflon, Collagene, Grasso autologo. La pro-
cedura viene preferibilmente eseguita in anestesia locale al fine di con-
trollare in tempo reale il grado di medializzazione ottenuto (viene con-
siderata sufficiente una medializzazione cordale atta a garantire la pro-
duzione di un atto di tosse di forte intensitaÁ). Il materiale iniettato va
purtroppo incontro a riassorbimento. Nel caso del Teflon esiste il con-
QUANDO I MECCANISMI DI DIFESA DELLE VIE AEREO-DIGESTIVE SUPERIORI ENTRANO IN CRISI:
LA SINDROME DA ASPIRAZIONE CRONICA
sistente rischio di reazioni granulomatose e di reazioni condritiche an-
che assai gravi.
Da alcuni anni vengono pertanto preferite le tecniche di medializza-
zione mediante inserzione di blocchetti di Silastic per via sottopericon-
drale, con approccio esterno (a tipo tiroplastica).
Un altro metodo per conseguire la medializzazione delle corde vocali eÁ
la reinnervazione delle corde vocali con un lembo neuro-muscolare,
come descritto da Tucker (1979) (28).
Un innesto di muscolo omo-joideo con il suo corredo neurale viene su-
turato al muscolo tiroaritenoideo laterale (muscolo maggiormente at-
tivo sulla tensione e sulla adduzione della corda vocale).
A proposito degli interventi definitivi eÁ necessario che gli stessi risul-
tino di semplice esecuzione, affidabili e potenzialmente reversibili.
Gli stessi problemi che conducono ad una indicazione chirurgica volta
alla soluzione della sindrome da aspirazione cronica, possono determi-
nare debilitazione, calo ponderale di grado estremo, turbe metaboli-
che, incompatibili con procedure chirurgiche complesse ed impegna-
tive.
L' intervento c.d. ªdefinitivoº deve fornire una separazione drastica ed
efficace delle vie respiratorie superiori dall' esofago, permettendo, se
del caso, una eventuale ricostruzione chirurgica laddove le condizioni
responsabili dell' aspirazione dovessero migliorare.
1) Stent laringeoLo scopo degli stents siliconati endolaringei eÁ quello di ªsigillareº la la-
ringe impedendo l' inalazione ma consentendo la fonazione (lo stent eÁ
infatti fissurato al suo interno).
Tra le varie proposte di stent laringeo per il trattamento della sindrome
da aspirazione cronica, quello ideato da Eliachar (1987) (9) puoÁ essere
inserito attraverso il tracheostoma.
I problemi prodotti dall' impiego degli stents riguardano la scarsa tolle-
rabilitaÁ da parte del paziente, il rischio di decubiti, reazioni granuloma-
tose e di condriti ed il rischio di stenosi cicatriziali secondarie. Tali
aspetti limitano l' impiego della metodica a periodi circoscritti di tempo
nei casi in cui si preveda un rapido recupero della funzione laringea.
2) Sutura sopraglotticaLa sutura sopraglottica fu proposta per la prima volta da Habal e Mur-
ray nel 1972 che realizzarono una ªtubulizzazioneº dell' aditus laringeo
suturando reciprocamente l' epiglottide, le pliche ari-epiglottiche ed i
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cappucci aritenoidei, per il trattamento di una incoercibile sindrome da
aspirazione cronica dopo resezione limitata delle VADS in faringoto-
mia laterale.
Un tecnica di epiglottopessi venne proposta da Krespi e Sission nel
1983 (18, 19) (sutura di un lembo mucoso di epiglottide sulla parete po-
steriore dell' ipofaringe subito al di sopra delle aritenoidi), volta alla
protezione meccanica del vestibolo laringeo.
Nel 1983 Biller propose una revisione dell' intervento di tubulizzazione
proposto da Habal e Murray. Nella nuova tecnica il risultato era quello
del ªtubo da sommozzatoreº che determinava l' innalzamento della
presa d' aria della laringe creando un tubo mediante l' epiglottide e le
pliche ari-epiglottide suturate reciprocamente.
3) Sutura glotticaLa sutura glottica fu presentata per la prima volta da Montgomery nel
1975 (23). La tecnica prevede la cruentazione del bordo libero delle
corde vocali e la loro sutura reciproca mediante un approccio tireoto-
mico mediano.
La possibilitaÁ di una fibrosi secondaria e di una stenosi laringea perma-
nente rende questa procedura assai poco duttile e, di conseguenza,
poco utilizzata.
4) Sutura sottoglotticaLa sutura sottoglottica consente la separazione del tratto respiratorio
dal tratto aereo-digestivo superiore, eliminando l' aspirazione, ma
senza modificare la laringe glottica o sopraglottica. Le due varianti pos-
sibili sono costituite dalla deviazione tracheoesofagea (TED) e dalla
separazione laringo-tracheale (LTS).
Lindeman (20) propose per primo la deviazione tracheo-esofagea che
consisteva in una divisione tracheale con una anastomosi tracheo-eso-
fagea termino-laterale (tra moncone tracheale superiore ed esofago)
ed in una tracheotomia distale. Il materiale aspirato veniva quindi de-
viato in esofago.
La prodedura eÁ reversibili mediante reanastomosi degli stumps larin-
gei.
La separazione laringo-tracheale, proposta da Snyderman nel 1988
(27), viene realizzata dividendo la trachea a livello della precedente
tracheotomia ed eliminando un anello dallo stump prossimale per via
extra-mucosa. Il lembo di mucosa sottoglottica, cosõÁ sbrigliato, viene in-
troflesso e suturato a cul di sacco (tasca sottoglottica). Lo stump tra-
cheale distale viene suturato alla cute a realizzare un tracheostoma.
QUANDO I MECCANISMI DI DIFESA DELLE VIE AEREO-DIGESTIVE SUPERIORI ENTRANO IN CRISI:
LA SINDROME DA ASPIRAZIONE CRONICA
5) Laringectomia totaleCostituisce la procedura estrema, non reversibile, ovviamente risolu-
tiva, nel trattamento della sindrome da inalazione cronica., realizzando
la definitiva separazione anatomica tra vie respiratorie e vie digestive.
Il considerevole investimento emotivo correlato con tale procedura
viene talora vissuto dai pazienti e dai loro familiari con un basso livello
di accettazione, specie quando sono disponibili altre procedure poten-
zialmente reversibili e meno mutilanti.
E. DE CAMPORA, M. RADICI, L. DE CAMPORA
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Antibiotic Therapy vs Appendectomy for Treatmentof Uncomplicated Acute AppendicitisThe APPAC Randomized Clinical Trial Paulina Salminen, MD, PhD; Hannu Paajanen, MD, PhD; Tero Rautio, MD, PhD; Pia Nordström, MD, PhD; Markku Aarnio, MD, PhD;Tuomo Rantanen, MD, PhD; Risto Tuominen, MPH, PhD; Saija Hurme, MSc; Johanna Virtanen, MD; Jukka-Pekka Mecklin, MD, PhD;Juhani Sand, MD, PhD; Airi Jartti, MD; Irina Rinta-Kiikka, MD, PhD; Juha M. Grönroos, MD, PhD
a quarterly newsletter for healthcare professionals Spring 2014 Why Does He Act Like That? Aggressive Behaviors in FTD Partners in FTD Care Do you have questions about how to Because many individuals with frontotemporal degeneration (FTD) are not aware of serve individuals with FTD? Partners their illness, they may become frustrated at limitations or constraints they do not